Prima uscita
dell’anno nuovo, e non poteva iniziare meglio. O peggio. Chissà. L’uscita è
sfruttata per la formazione dei nuovi aspiranti istruttori sezionali,
Cristian,
Federico,
Giorgio,
Roberto. Altri presenti, io, Gianluca, Nicola.
In realtà
l’idea era di andare a fare un vaio in Carega, ma la neve caduta lo sconsiglia.
E tra le cascate papabili, la Val Paghera è l’unica che ci fa confidare di
andare sul sicuro e trovare qualcosa di salibile. E così, dopo una bella
colazione nel bar scoperta
l’altra volta, ci addentriamo nella valle, salendo salendo..e
fermandoci. Dopo poco i pneumatici invernali non sono più sufficienti, servono
le catene. Ma Roberto le ha, Gianluca no. Partiamo male.
Saliamo a piedi,
andiamo a casa, ci facciamo un trekking, sono pronto a ogni evenienza. Poi si
opta per fare un doppio giro con l’automobile di Roberto, e così perdiamo 45
minuti stamani, e 45 stasera. Va beh, almeno si sale.
Ci
ricompattiamo al parcheggio, carichi come delle molle ormai superata questa
difficoltà, ma quanta gente davanti a noi! Speriamo vadano altrove.. Ci
incamminiamo, il sentiero è ben pestato e scavato, basta non uscire dalla
traccia. Scorgiamo subito
Terrordactyl, ma oggi la destinazione è un’altra:
Albero di Natale, e poi su da Mazinga Zeta a fare della didattica.
Al bivio dei
sentieri lasciamo gli zaini, ci prepariamo, armiamo e saliamo. Nicola dice “io
vado a destra, voi fate quella di sx, guarda che belle gobbette al centro”, va
beh, fidiamoci. Prendo quindi l’Albero di Natale sx, ma al centro. Parto io,
Giorgio mi fa sicura (ma ha dimenticato il secchiello, perciò gli presto il mio
Reverso), dopo poco Gianluca mi segue con Roberto che gli fa sicura. Ma che
belle gobbette, infide! Non è che il ghiaccio sia proprio buono.. E intanto
Nicola se la gode a destra, il solito!
Delicatamente
raggiungo la sosta, lassù ne vedo un’altra ma è troppo lontana, va bene per chi
parte da sinistra. Non vedo l’ora di essere in quattro in questo spazio
angusto. Arriva Gianluca, qualche foto, recupero la corda e dico a Giorgio di
partire. Qualche metro e “Andrea calami, si è slacciato il rampone”, e con un
po’ di fatica (sto recuperando col Gigi) lo calo. Va beh dai, aspettiamo.
Giorgio
riparte, mentre Roberto sta già salendo. Qualche metro e “No Andrea, si è
slacciato di nuovo, e ho perso la gabbietta” “Giorgio vedi se la ritrovi e
magari con un cordino lega stretto il tutto”, ha dei ramponi non abbastanza
rigidi avendo uno snodo sotto, scoperto ora.. Aspetta e aspetta e “Ok Giorgio
mi calo, aspettami”.
Giornata
finita prematuramente, non mi sto a legare con gli altri due e lasciare Giorgio
da solo, saliremo per sentiero per ritrovare gli altri cinque all’uscita della
loro cascata. Invece un local alla base della cascata (sta facendo sicura al
suo compagno sulla parte sx) insiste fino a offrirsi di darci una mano con
cordini e cordini. Come ci dirà poi “ricordatevi dell’ospitalità camuna”: se
stai leggendo, mi ricordo eccome! Ad averti trovato giù ti si pagava una birra!
O anche due!
E dopo aver
perso una buona ora e mezzo (il tiro in solitaria, la discesa, l’aggiustare i
ramponi), riparto, stavolta a sinistra, più facile e più lavorato, ma comunque
il ghiaccio non è tanto. Il difetto di questo “versante” è che raccoglie tutto
ciò che cade da sopra. Salgo senza ancora esser sicuro se Giorgio ce la farà,
ma spero che i gradini che ci sono gli permettano di usare i piedi solo in
appoggio e non di lanciare le punte per scalfire il ghiaccio.
Alla prima
sosta mi preparo al recupero, con il nostro salvatore che mentre arrampica ci
chiede come va, davvero gentile. Con un po’ di calma e tante braccia, Giorgio
arriva, mentre sale anche un’altra cordata, che impareremo essere composta da
Stambek1 (il suo gesto di incrociare le picche a fine via è inconfondibile, e
in seguito avremo conferma da Selvadec).
Riparto
subito, prima che ci sia traffico, Giorgio si aggiusterà il rampone dopo. Il
secondo tiro è anche più facile del primo, solo ci sono vari tratti di ghiaccio
bagnato dove le protezioni sono psicologiche, ma qui il solo problema è che ti
cada qualcosa in testa, piedi e picche reggono bene. Raggiungo la sosta tra le
urla di Gianluca che mi chiedono se stiamo salendo e che mi dice che la cascata
è poi finita, resta un pendio di neve.
Arriva
Giorgio, sempre con calma ma almeno sale. Finire la giornata senza un nulla di
fatto credo avrebbe roso più a lui che me, e invece ce l’abbiamo fatta. Una
bella foto ai miei e ai suoi ramponi a confronto, e lascio l’uscita a lui,
sopra c’è una comoda sosta su albero, dove gli altri ci aspettano.
Dopo due
chiacchiere con Selvadec su come e quanto proteggersi, invece che Mazinga Zeta
optiamo per scendere e fare didattica allo Scudo, anche se c’è chi invoca birra
e panino per finire la giornata subito.
Costruiamo
così un fungo di neve, ma il primo decreta la morte di Roberto, mentre il
secondo salva Federico. Poi recupero della vite, dal quale capiamo che le
Grivel non sono proprio il meglio, e un Abalakov. Poi basta, adesso siamo tutti
volti a mangiare e bere.
Doppio giro
in auto, e alla chiesetta all'inizio della salita si imbandisce un piccolo
buffet grazie al vino e salame portato da Nicola, affiancato dal pane fatto da
lui stesso. Quanto ci vizia questo ragazzo! Si torna nella piana, credo che
come
Marco dopo Excalibur,
domani Giorgio sarà già in negozio a comprare i ramponi.
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