Mia mamma diceva sempre “fate quel
che dico, non fate quel che faccio”. E noi, dopo tutti i proseliti
sull’acclimatamento, sul mal di montagna ecc, che facciamo?! No
beh, in realtà siamo semi costretti a farlo, col senno di poi (ma
anche di pre) era la scelta la giusta, e tutti ce ne siamo resi
conto, chi prima e chi dopo. Di certo l’importante è non fare come
l’anno scorso io!
L’ultima uscita del corso A1 2014 del CAI di Carpi prevede il pernotto al Rifugio Gniffetti e la salita a Punta Parrot:
bella cima, e anche altina, già salita
Ma il meteo si mette di traverso, come accade ormai spesso
nell’instabilità di questa estate (ma anche prima): domenica il
peggioramento si preannuncia sempre più in anticipo ogni giorno che
passa, e sarebbe un peccato non riuscire a far raggiungere una cima
agli allievi. Già ci sfava la rinuncia al nostro lunedì, almeno il
corso va salvato.
Entriamo in autostrada nemmeno presto,
e già questo bastona un po’. Sosta per una bellissima colazione in
autogrill e uscita a Quincinetto per cercare di regalare meno soldi
possibile alle autostrade della vda. Poi un’irrefrenabile voglia di
gnocco alla cipolla mia, e di altro degli altri tre, ci spinge a una
sosta veloce a Gressoney, ora si che siamo pronti. Al parcheggio di
Staffal ci prepariamo a essere sparati a 3200m di Punta Indren.
Il meteo non pare già dei migliori, la
corsa della funivia sfiora e finisce in mezzo alle nubi, ok
aspettative basse, ma almeno oggi doveva essere buono! Arrivati alla
massima quota meccanizzata, un po’ rischiara, fa un caldo notevole,
e la voglia di salire aumenta. Saliamo.
Il tormentato Ghiacciaio Indren è oggi
una distesa nevosa abbastanza uniforme, incontreremo parecchi sci
alpinisti, beati loro che si godono un spanna di neve morbida su
fondo duro. Il gruppo si spezza, ora ognuno fa riferimento al proprio
istruttore, e così proseguiamo fino al Rifugio Gniffetti,
dopo la risalita delle roccette ben attrezzate a canaponi.
Al rifugio tocca prendere l’ardua
decisione: ci si prova o no? In fretta e furia si diventa tutti
indipendenti, le cordate pronte possono partire, si tenta la Piramide
Vincent, unica meta proponibile oggi: le altre troppo lontane, la
Giordani lasciata alle spalle prevedeva una risalita finale per
arrivare al rifugio, oltre che la risalita di un pendio esposto al
sole.
Raduno Dario e Cristian e ci spostiamo
in alto per passare alla modalità ghiacciaio. Il discorso è chiaro:
a me non interessa arrivare in cima per gusto personale, ci sono già
stato, ma capisco che un allievo vede il raggiungimento della cima
(che oggi è anche il suo primo 4mila) come il coronamento
dell’uscita, e forse del corso. Perciò, io non costringo e tiro
nessuno, se volete andiamo, se siete stanchi poi torniamo indietro,
ecc ecc. E secondo te cosa rispondono?!
La prima parte del ghiacciaio è un
falso piano al cospetto del roccioso versante sud ovest della
Piramide Vincent. Altre cordate in giro, ma tutte in discesa. Solo
noi saliamo. La regola direbbe che non è sano mettere piede su
terreno nevoso alle 13e30, ma onestamente pericoli particolari oggi
non si pongono: crepi belli tappati dalla neve, percorso arci noto e
super tracciato (anche con nebbia ci vuole dell’impegno a
perdersi).
Siamo davanti noi, e iniziamo così a
filare a lato dei seracchi che ci lasciamo sulla destra, mentre
risaliamo un pendio che si fa più ripido. Gianluca, con Cristian,
Alessandro e Stefano, ci seguono, poi ci supereranno, con cristian
che da capocordata mi confesserà “cavolo, con questo vento fa più
wild, è una figata”. Già, il vento, inizia ad alzarsi, e in cima
sarà una mitraglietta di neve.
Il mio Cristian non è in formissima,
ma è normale, fisicamente oggi è un endurance, in meno di 12 ore da
0 a 4000 non è sano, però di certo assicurerà un miglior
acclimatamento per la notte visto che dormiremo 600m più in basso
della massima quota raggiunta. Ma le pause per riprendere fiato
giovano a tutti, è innegabile!
Tra una nuvola e l’altra spunta il
Lyskamm Orientale e il Naso
del Lyskamm, un alpinismo un po’ più di grado! Questo ambiente,
che a un alpinista navigato fa venire un po’ di orticaria (mi
riferisco all’affollamento) deve essere per un corsista mai salito
in simili posti come il giardino dell’eden, e un po’ queste
emozioni ce le passano anche a noi istruttori, rendendo la giornata
più piacevole.
Svolta a destra per iniziare la
risalita verso il Colle Vincent, che poi si abbandonerà per salire
dritti alla cima. Pausa biscotti, un sorso d’acqua, e ripartiamo.
Il vento sferza sempre più, ma è maggiormente alle nostre spalle,
quindi per ora non troppo fastidioso, almeno finché siamo in
movimento.
La parte finale aumenta di pendenza, e
ciò rende le ultime fatiche..più faticose, ma ormai ci siamo.
Gianluca e i suoi stanno già scendendo, non si sono goduti la cima
che si è tutta coperta, e hanno optato per una discesa rapida. Varco
il collettino e aspetto i miei filmandoli.
È a questo punto la forza del vento si fa impetuosa, mi becco una
raffica di proiettili di neve e ghiaccio in faccia che mi fanno
subito girare.
Vetta, ci spostiamo un po’ più a
sinistra su quella che pare essere la vera cima (30cm di più), ma
più che altro lì c’è meno vento. Dario e Cristian sono contenti,
questo è importante. Riusciamo a goderci un pochino la cima, il
vento cala, un po’ di panorama si apre, anche se poco. Facciamo in
tempo a veder arrivare Ivan e Fiorella (doc’è il terzo?) e Giorgio
con Marco e Elena (dov’è l’istruttore?).
Di certo ci sarà qualcuno che non è
stato bene o che troppo stanco ha chiesto di tornare giù. Incrociamo
la cordata di marco che sale, e ne vediamo una verso il Balmehron:
chi sarà mai? Quella faina di Nicola, in cordata con due ragazze e
bam, si spara la vetta (4mila non ufficiale però) solitaria e con
bivacco annesso.. Eh eh!
Io faccio andare avanti Cristian, così
vedono un po’ anche loro cosa voglia dire stare davanti e provano
qualche emozione in più. La strada da seguire non lascia scampo.
Scendiamo col meteo che peggiora man mano, sempre più nuvole, più
alte o più basse di noi, ci accompagnano e accarezzano, meno male
non ci schiaffeggiano.
Passato il tratto di cambio pendenza,
tento il colpaccio, come fece sul San Matteo l’allora mio
istruttore Nicola quando ero corsista: all’improvviso mi butto per
terra a simulare la caduta in un crepo, Dario si gira e sbambana un
po’ senza capire, mezzo colto in fallo! E Cristian esclama “sapevo
che l’avresti fatto”.
Faccio passare davanti Dario, per
l’odio intrinseco nei due allievi che devono fermarsi e manovrare
con nodi e cordini. Dai su, un po per uno! Nella parte finale, quando
il ghiacciaio spiana, siamo in mezzo alle nuvole, Dario davanti è
già una sfumatura di grigio: senza questa autostrada sulla neve
sarebbe un casino trovare il rifugio. La risalita finale, 10m forse,
mette a dura prova le ultime energie dei miei due, arrivati al colle,
sdraiati per terra a fare due chiacchiere per riprendere energie.
Al rifugio trovo Gianluca che ha due
notizie per me: 1, c’è uno zaino in un crepaccio, e che crepaccio;
2, Mirko sta da bestia. Mirko la quota l’ha patita parecchio, ecco
perché Giorgio (aspirante istruttore) era da solo con due corsisti.
Poi si riprenderà grazie alla bomba energetica che gli han dato in
rifugio, ma che spavento.
Deciso che l’attività di domani sarà
divisa in chi va a cercare di recuperare lo zaino (che bello,
finalmente mi calo in un crepaccio) e chi va a fare manovre e ARTVA,
posso darmi alla pazza gioia, bere a mangiare. È una soddisfazione
stare bene fisicamente, avere fame e sete, dopo quello che era stato
il malessere provato al V Alpini e Suldengrat.
Cena allegra, spensierata, bussolotti
di vino, tanto mangiare, piccola riunione finale per decidere bene
per domani, grappino e torta, e poi le barzellette di Alfredo.
Poi l’incazzo. Vado e prendere i mie scarponi per portarli al caldo
in camera, e non ci sono. Ci avevo messo pure sopra i mie ramponi
perché nessuno li scambiasse, e invece. Io sono una persona
pacifica, posso pensare alla buona fede di uno scambio, ma mi sale un
nervoso..
Cerca, chiedi (ai gestori, perché
tutti sono a letto, ottima disponibilità dei ragazzi gestori a
cercare), esci 3-4 volte in maniche corte a vedere se qualcuno li ha
messi fuori (e queste uscite mi fregheranno), niente. Cerca nella
stanza, un paio simile c’è, ma manca un segno di usura che mi fa
dire non sono i miei. A mezzanotte passata vado aletto con quelli in
ostaggio, se domattina qualcuno si sveglia che gli mancano, gli ho
lasciato un biglietto per dire dove dormo.
Alle 3 mi sveglio con un mal di pancia
che faccio appena in tempo ad arrivare in bagno per vomitare, ecco,
ho bevuto troppo mi dico, bravo coglione. Invece col senno di poi
capisco che è stato il freddo preso a cercare gli scarponi: non mi
sentivo brillo, la mattina dopo stavo bene (altro che post sbronza),
e la non solidità dei miei escrementi mi fa capire che laggiù ho
preso freddo.
Il risveglio non è piacevole, non
sfrutto la colazione e mi prendo una coca cola per sistemare la
pancia. No no, io non esco fuori a prendere altro freddo, scendo poi
con Mirko che ancora non sta bene. Breafing, chi sale verso il crepo
(invano, crepo a campana, troppo rischioso per uno zaino), chi verso
il primo metro quadro di ghiacciaio per fare teoria, e noi due giù
verso il benessere, e scappando da un meteo che ci ha svegliato con
un cielo terso, ma che ora è già nuvolo.
Oh, sto già meglio, mi viene una fame
che giù a Staffal ci spariamo una bella colazione, un giretto e poi
a Gressoney a passare il tempo e comprare un crema dopo solo: che
pirla che sono, ieri mi sono protetto collo e orecchie, e non la
faccia: sono un panda, fronte e guance ustionate. Mentre ci prendiamo
il prnazo, Gianluca chiama che sono giù, via a recuperarli!
Ben presto scendono tutti, e ci
dirigiamo verso la Pineta di Gaby per camminare un po’ (contenti
tutti, eh!) e poi bere e mangiare. Cin cin finale a una chiusura di
corso A1 all’insegna del “così non si fa” ma “flessibilità
in montagna, valutare e capire dove finisce la teoria e inizia la
pratica”.
Qui altre foto.
Qui report.
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