I programmi erano altri, ma il meteo ci
ha costretto ad abbandonare l’idea e programmare di scendere dal
Monte Rosa insieme al corso A1 2014 del CAI di Carpi. Però dai, un giorno di
ferie preso non si spreca, quindi occorre trovare rimedio e
inventarsi qualcosa: si bramava dolomiti, alla ricerca di una bella
salita off limits al weekend a causa dell’affolamento, ma anche li
meteo infame, nessuna voglia di rischiare 6 ore di macchina per poi
prendere l’acqua. Mamma Pietra chiama.
Ma anche Pietra c’è una vietta off
limits nel weekend, quindi il “due piccioni con una fava”
funziona anche qui! Povero Nicola che bramava questa via da tempo, e
che forse oggi gli fregheremo. Oggi gliela fregheremo. Siamo io,
Federico e Giorgio, e all’arrivo al parcheggio tutto ha già un
altro sapore rispetto al solito caos che troviamo sulla palestra di
roccia reggiana: siamo la terza macchina che si infila tra le strisce
bianche, bella giornata, e silenzio e pace. Tutto un altro aspetto
rispetto a quello che ricordiamo, questa è vita.
Una volta vestiti saliamo verso il
Rifugio della Pietra, cavolo
è chiuso, peccato, scorriamo verso il settore Gare Vecchie alla
ricerca dell’attacco, che dopo un po’ troviamo, indecisi se ci
sia da attaccare da questa “placchetta” o da quel diedro. Ma in
quel diedro non ci sono spit, qui si, e alla destra si vede quella
che doveva essere la via di salita classica, invasa dalla
vegetazione. Dia dai, vediamo se riusciamo a salire, col naso
all’insù scorgiamo il resto della salita, anche se parte resta
nascosta da quella protuberanza di arenaria.
Parte Federico, sale bene con le sue
nuove corde super sottili: temo già che essendo nuove e “dure”
oggi ci faranno penare di nodi e matasse varie, anche perché
l’arrampicare in tre non aiuta di certo. Sale bene, poi delicato su
un tratto che pare piuttosto friabile, ma che in realtà si dimostra
meglio delle apparenze. Sosta dove non lo vediamo, ora tocca a noi.
Arrivato in sosta vedo il caratteristico anello di filo di ferro
cementato nella pietra, presente in vari punti della via, ma..meglio
gli spit o gli ancoraggi comunque un po’ più moderni.
Giorgio parte per il secondo tiro, bel
tratto atletico, ma preceduto anche qui da un tratto dove tocca
essere dei gatti per non smuovere dei sassi che comunque vengono
smossi dalle corde! Mi osservo intorno, le pareti sono deserte, le
cenge alla base di esse silenziose. Che regalo. Anche la seconda
sosta è un bel regalo, e anche quello che mi fanno i miei compagni
di oggi lo è “abbiamo deciso che i prossimi due tiri li fai tu”,
avanti!
Il terzo non presenta difficoltà, ma
già dalla partenza sembra di muoversi sui piatti, e questo spinge a
essere prudenti e lenti. Scorgo la corda fissa che serve da
trasferimento verso il diedro che parte erboso e poi torna roccioso.
Mi ci appendo come un orango, sotto l’erba tanta terra e sassi,
quelli che smuoverei finirebbero sugli edifici sotto: ecco perché è
vietata nel weekend, anche se a questo punto ce ne sarebbero tante da
vietare in Pietra..
Ecco la terza sosta, mi pare chiaro sia
lei, anche se avrei la tentazione di salire un altro po’, per
mettere al riparo i miei compagni quando sarò sul quarto tiro e
potrò smuovere qualcosa. Ma no, va bene qui. Sosta, e osservo quanto
lontani sono Federico e Giorgio. Inizio a recuperarli, siate
delicati! E invece un bambino duro e grigio scende giù.. Mmmm.
Dai dai, sono carico, se il prossimo
tiro riesco a passarlo, dovremmo uscire e portarla a casa, il Passo
del Francobollo è qui. Ma poi perché si chiama così? Mah, sarà
una placca stretta dove spalmarsi, ma io vedo solo strutture che mi
danno la parvenza di necessitare di passi atletici. Già la partenza
non è male, quando non ci sarà più questa radice/tronco acquisterà
un grado!
Salgo, la zona dove cercare appigli e
appoggi piano piano si assottiglia, scorro di fianco al tettone, ma
cosa ci fanno dei chiodi vecchi li sotto?! Che palle, su questa bella
“manetta” non posso tirarmi che sembra un mattone pronto a
scendere, riesco a passare, oddio dov’è il rinvio, se cado dopo mi
ritrovo nel vuoto. Cerco come passare, sarebbe bello avere 10cm di
gamba in più, o le anche molto più snodate.
Sul passo per finire sulla cengia dove
si sosta mi impegna un po’, cerco in due tre modi come passare, non
è banale. Ci sarebbe anche un cordone su sui tirarsi, ma voglio
riuscire pulito. Ed ecco che prendendo un po’ di coraggio, tac, si
passa. Olè! Dai che Nicola si rode.. Poverino. Ma poverino un corno,
lui che in infrasettimanale se ne fa una a settimana!
Sosta bella esposta, appeso verso il
vuoto, avanti voi due! E anche loro faticano un pochino, con Federico
che si ritrova quasi a infilare la testa come un nuts, per poi
riuscire a proseguire. Una volta tutti in sosta..dai ormai è fatta!
Foto di via. Chi tira il prossimo? Avanti Federico, portaci su che la
fame e la sete imperversano! E Dopo tre ore e mezza scarse, siamo sul
pianoro sommitale ad ammirare il paesaggio, la pace silenziosa, e i
panini. La prima via salita alla Pietra (con aggiornamenti), la
“classica” di altri tempi, è salita.
C’è tempo, corriamo giù per andare
a fare anche la Pincelli. Ci sarebbe quella variante mediana che mi
attizza, e poi vorrei uscire per la classica, che non ho mai fatto
visto che ho sempre salito
la variante alta (quella che poi esce per l’uscita della classica).
Arriviamo alla base dopo aver constatato con tristezza che il Rifugio della Pietra è chiuso.. O
forse meglio così, se no ce la saremmo buttata a birra e gnocco e
fritto, e in vacca la Pincelli.
Alla base, ancora tanta vegetazione, ma
i fiori sono tutti secchi, non come l’ultima volta che sono venuto con Giorgio. Parte Federico, che è quello che non l’ha mai tirata,
e una volta che ci siamo ricompattati alla prima sosta, “no no,
andiamo per la classica, niente variante mediana”, ok, prossima
volta. Parte Giorgio allora, e optiamo per la soluzione rapida:
faremo la via in tre tiri.
Giorgio concatena il secondo e terzo
tiro, titubando un po’ sul passagino del secondo tiro che mette
sempre le orecchie dritte. Che gentile, fa sosta in modo che si possa
ancora decidere se fare la variante alta o meno, ma no, voglio
esplorare la classica che non ho mai fatto. E così parto io, con un
tiro lungo esco fuori.
Uso tutti i rinvii lunghi che ho per
evitare di dover tirare come un matto, ma un po’ mi tocca uguale.
Prima del passo chiave, noto le particolari formazioni rocciose di
fianco alle quali passo, calcare che sembra sputato o vomitato sulla
parte. Che roba strana e affascinante. Ma bando alle ciance,
assottigliamoci e passiamo in questo pertugio dove diventa chiaro che
non per gente sovrappeso!
Poi sono fuori, col cielo minaccioso ma
ormai al sicuro, tanto anche gli altri due ci metteranno poco a
raggiungermi. E così, dopo aver salito la Pincelli classica in poco
più di un 1h30 siamo fuori, assetati e affamati, ma più assetati. E
pare giusto finire la giornata alla Foresteria, davanti a un boccale e a un cellulare dove nel gruppo di
Whatapps regnano gli insulti dell’invidia di chi oggi era a
lavorare: una volta che sono io in ferie, lasciate stare!
Qui altre foto.
Qui report coi tempi.
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