Dopo la scorpacciata solitaria di km e
paesaggi della Translagorai,
in questo periodo di ferie da smaltire avrei apprezzato e di molto
arrampicare un po', ma accidenti a tutti, adesso tutti lavorano e
nessuno ha tempo in infrasettimanale.. Siccome mi è rimasta un po'
li la giornata con Marco
nella quale per la fretta non abbiamo potuto fare dislivello, torno
nella mia palestra.
Dopo poco meno di tre ore dalla
partenza, sono in cima al Cusna, ottimo timing, ma quello che vorrei
fare di giro è ben più lungo. Ma l'altra volta quanto ci ho messo?
Non mi ricordo. Vorrei mangiare, ma è troppo ventoso quassù. Arriva
altra gente, io corro giù sul sentiero che scende a Presa Alta,
sperando sul versante sud il vento sia minore e possa fare una pausa.
Giunto quasi al Battisti, pestando
altri metri di foglie, trovo altro ghiaccio, ma almeno la fontana è
salva! Altra lauta pausa cibo, col vento che qui va e viene complice
le barriere naturali intorno all'edificio. Ma quando viene, si sente.
Un'occhiata la locale invernale, e via giù per il classico e noioso
605, dando un'occhiata da vicino al cervo finto che avevo visto con marco l'altra volta.
Parto forse troppo tardi per fare
quello che vorrei, ovvero un giro circa già collaudato, un periplo dell'Appennino Reggiano, alla ricerca dei colori dell'autunno
che quando venni con Marco non erano ancora esplosi, mentre oggi sono
già passati, ahimè.
Parto quindi da Case di Civago, risalgo
il 607, lungo e dissestato verso l'incrocio con la forestale che
porta alla “sbarra”. Lo ricordo un sentiero a tratti ripido, in
mezzo al bosco, un perfetto luogo autunnale, e così è. Solo che le
piogge dell'estate e i metri di foglie secche, rendono la salita
spesso ostica.
Uscendo dal bosco sento poi la botta,
il vento. Nei giorni passati sferzava bene anche in pianura, speravo
che oggi si fosse acquietato: non certo passato, in Appennino c'è
sempre vento, ma oggi sarà fastidioso e mi farà desistere da un
pezzo di tracciato. Soffia e soffia, e raffredda un tot. Già non c'è
caldo, ma c'è il sole, il vento provoca un effetto wind chill
notevole.
Sulla cresta del Ravino il panorama è
ampio, l'Abetina Reale ha solo due colori: verde abete e marrone
faggio. Niente giallo e rosso. Torno a ripetermi che questa cresta
devo assolutamente riuscire a percorrerla d'inverno, ormai sono un
paio d'anni che lo sogno: una bella cavalcata a lume di luna piena
come quella di oggi, ma con neve.
Vado a testa bassa e corpo inclinato
per combattere le folate, lascio il sentiero che scende per
continuare in cresta, e dopo l'Alpe di Valestrina corro giù lontano
dal vento, trovando al Passone un po' di ghiaccio e il laghetto a
lato del sentiero che ha solo mezza superficie increspata dal vento:
il resto è fermata da qualche cm di ghiaccio.
Via sulla schiena del gigante, e ora il
vento me lo sento tutto squassarmi, cammino grazie ai bastoncini, il
mio sguardo cade a piombo molto laterale rispetto al piede esterno,
anche il mio baricentro non è in mezzo ai piedi ma al loro esterno.
Tira eh! Faccio pure fatica a respirare. Inizio a rivalutare il
progetto iniziale.
Devo scendere abbastanza per esserne al
riparo, pensare di tornare sul crinale per prendere dell'altro
proprio non mi alletta come idea. Mangio e bevo, poi traverso verso
ovest sulle rocce che mi dovrebbero portare giù a Presa Alta, dopo
un bel tratto nel bosco dove sorprendo due cervi e un cinghiale: o
non mi hanno sentito, o il vento portava via il mio odore, o ormai il
mio odore è per loro di casa.
Arrivato all'incrocio sulla forestale
guardo l'ora, penso al vento che soffia sul crinale: no non mi va,
non risalgo per andare sullo 00, salire sul Prado e farmi fino al
Passo delle Forbici sullo 00, ore e ore esposto alla furia del vento
che si sta pure rafforzando. Segue il 629 risalendo la forestale e
ammirando la pace e la lenta “morte temporanea” del bosco.
Una sosta al laghetto prima del Rifugio
Segheria mi fa venire una voglia di fare un bagno.. Che acqua chiara!
E adesso che non sento più il vento, non ho più freddo. Però fame
sì. Nell'Abetina Reale trovo una bella sorpresa, sopra un tronco una
scatola con dentro dei libri, una piccola biblioteca, e intorno altri
tronchi a far da sedia. Altre cose simili disseminate qua e la
cercano di valorizzare il nostro territorio.
Mi abbevero alla fontana prima del
bivio per il Rifugio San Leonardo, poi scendo cercando di pensare a
quanti miliardi di foglie sono accasciate in questi boschi, quante
sono vecchie di almeno un altro autunno. La calma, l'inarrestabile
vita e morte degli alberi, è impressionante.
Il parcheggio più lungo del mondo mi
accoglie, poi vedo il cartello della nuova ferrata e mi maledico: ma
perché non me lo sono ricordato? Potevo partire prima e farla! Ora
sono stanco ed è ora che vada che stasera c'ho una cena, ma
tornerò.. Comunque i miei 35km anche oggi sono in saccoccia.
Qui altre foto.
Qui report.
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