Siamo stati indecisi fino all'ultimo, ma alla fine.. Un
weekend libero da tutto, previsioni con sole ma..temperature fresche. Poi
giovedì sera alla cena del corso AR1 2014 del CAI di Carpi, Luca mi gela con un “ma hai visto quanto ha nevicato?”. Telefona
di qua, webcam di la, previsioni, consigli, in poche ore cambiamo idea 3-4
volte, poi si decide per andare, proviamo. Mai scelta fu più azzeccata.
In zona c'ero già stato con Marco per salire la Ferrata Costantini, e poi con Nicola, Paolo e Ivan per
la Via del Topo alla Torre Jolanda, e rimembravo un posto magnifico, ma così
tanto?! Quanto ha da offrire il Moiazza all'arrampicata! E sotto consiglio di
svariati personaggi, per il sabato l'obiettivo è la Via Decima allo Scalet
delle Mesenade, un classicone.
Il Passo Duran è magico, offre un'ottima vista sul Pelmo
all'alba, lo si raggiunge dalla valle di Zoldo e sbuca all'improvviso dopo aver
terminato il bosco autunnale. E al di là, un mezzo tappeto di nubi nella valle
agordina. Il cielo è sereno, il sole si sta alzando..ma fa un freddo bestia!
Dubbiosi ci incamminiamo verso il Rifugio Carestiato, con questo freddo si farà qualcosa? E la neve che si vede esser
caduta altrove, ha davvero risparmiato il Moiazza? Intanto ci godiamo un
paesaggio fiabesco, luci e ombre, sole e foschie basse sulla valle agordina.
Poi ci si ringalluzisce il cuore nel vedere come il sole
illumina con prepotenza la Pala del Belia e le altre pareti a sud: sta a vedere che Nicola ci ha visto giusto, e anche
noi. Adesso famelici ci incamminiamo verso il sentiero che conduce all'attacco
della ferrata, e che poi scende per passare sotto tutta la bastionata sud del
Moiazza.
Cerchiamo la nostra parete, ma è ancora presto per vederla,
giriamo un angolo ed eccola, deve esser lei. Cercare tracce verso destra che
conducono all'attacco..eccole! Saran queste? Mah, andiamo, e ci rendiamo conto
che forse siamo saliti troppo presto, ma le tracce ci portano al posto giusto.
Almeno non faremo come le altre due cordate che hanno proseguito dritto e si
sono circumnavigati la parete!
Ci armiamo, adesso al sole si sta anche bene, speriamo la
roccia si sia scaldata. La salita anche se all'ombra ci ha accaldato, e ora
siamo senza maglia. Fotografiamo la relazione del libro e ci resto un po' così
così. Lo schizzo della guida di Riccardo è davvero magro accidenti. Errore mio,
che non ho ancora avviato la stampante a casa.
Poco prima delle 10 siamo pronti. Ricky parte sul traverso
del primo tiro, difficile da proteggere ma non difficile, non fosse che
trattandosi di un traverso fa cagare in mano sempre. Almeno siamo bene a vista
e possiamo comunicare. Si sta bene, sole, poca gente in giro, pace e..dolomia,
mica calcare delle falesie!
Tocca a me adesso, e il mio iniziale e doveroso timore si
trasforma ben presto in gioia, felicità, divertimento. Metto giù un po' di
friend e salgo allegramente, mano il più possibile incastrata nella fessura del
diedro, ma tocca un po' stare in placca, mia odiata. Un masso incastrato per
una sosta piuttosto scomoda!
Il bel diedro prosegue, affrontato da Riccardo che deve poi
abbandonarlo perchè per continuare dritto c'è da essere proprio dei pro. Alla
ricerca dei chiodi iniziamo a scherzare sul “ma dove sono tutte queste
clessidre?! Avremo mica sbagliato via”. Il “passaggio difficile” indicato dalla
guida ci lascia un po' sorpresi, nel senso che non ci pare così difficile..
Al quarto tiro mi complico la vita, ma qui si vede la poca
esperienza. “salire verso destra, poi traversare a sinistra”, ma traverso
troppo presto, prendo una cengetta stretta e strapiombante, mi sta che sto
spostando il tiro chiave della via qui. Oppure sono riuscito a prendere la
variante: ma no, quella è più a sinistra ancora e ci stanno per salire una
coppia di bolzanini. Giro e rigiro, ma ormai son qui, tocca salire. Tiro tosto
davvero, arrivare al cordone di sosta è un sollievo. Bello!
Forza Ricky, ora stiamo per entrare nel vero colatoio, ma le
distanze della guida ci traggono un po' in inganno, questi tiri li combiniamo
un po' male, troppo corti, troppo lunghi, chissà. Ma adesso è tutto divertente,
ludico, soste da attrezzare ovunque, ora iniziano a vedersi queste benedette
clessidre.
Lo raggiungo a una sosta improvvisata, non sembra
l'ufficiale, ma poco importa. Poi riparto io e sosto presto su quella che
invece sembra davvero ufficiale, perciò meglio non mancarla! L'arrampicata è
verticale, ma le maniglie sono buone.
Il mio amico riparte ormai non c'è relazione che tenga, si
va su e bona, e si va su bene anche! Sotto di noi la coppia di bolzanini
prosegue seguendo invece le soste ufficiali, e alla nostra destra una cordata è
impegnata su una via ben più dura, sulla quale han tolto da poco gli spit
anche.
Ottavo tiro, goduria pura. Il colatoio bianco levigato. Ma
quel “levigato” che tanto ci intimoriva, non è un levigato stallavenico.
Numerose manette, piccoli strapiombi, tratti verticali, ma tutto ben
ammanigliato, si sale da papa, vorrei durasse cento metri questo tiro! Arrivato
a uan specie di vasca però, quella clessidra gigante mi invoglia a una sosta,
anche perchè mi pare sopra di me ci sia l'ultimo tiro.
Giunge anche Riccardo, che sul nono tiro sotto quel torrione
staccato patisce un po di freddo rispetto al tepore che avevamo al sole. Lo
vedo un po' titubare a uscire, ma poi da scaltro che è, lo vedo scomparire in
quella che credo sia la cengia di fine via. Scaltro lui, io arriverò a sbucare
su con la mano che a tentoni cerca qualcosa senza trovare altro che saponette
lisce e i piedi nel vuoto in strapiombo! L'uscita vera era più a destra, ma
riesco anche di qua.
Spettacolo di via, spettacolo di roccia, spettacolo di
giornata e spettacolo di tempo: 5h! Siamo proprio soddisfatti.
Pausa cibo e bere, ci godiamo il panorama e il caldo,
tantochè per fare invidia a chi è rimasto ben più a sud scattiamo qualche foto
a petto nudo da inviare per telefono, che al Passo Duran non prende, ma al
Carestiato si.
Sopra di noi un paio di chiodi indicano la possibilità di
proseguire, ma non si sa su cosa, perciò vai con la cengia che offre un'
abbastanza comoda discesa, e panoramica. Ridendo e scherzando sul fatto che
l'attuale sia il passaggio di III, e non quello precedente, arriviamo giù alla
base della parete con calma, a osservarne i tetti e le placche lisce.
Alle 16e20 siamo di nuovo al Carestiato. Ancora il tempo di
ammirare ciò che ci sta intorno e ciò che ci sovrasta, ma soprattutto di
verificare l'integrità del locale invernale: l'idea è scendere all'auto al
passo, cenare, preparare la roba per domani e andare a dormire all'invernale
con la colazione. Tutto a posto, possiamo iniziare a scendere dopo aver salutato la mascotte del rifugio.
Mentre scendiamo il freddo ricomincia ad avvinghiarsi a noi
e le nuvole al cielo: cielo coperto vuol dire più caldo di notte, ma più freddo
di giorno. Intanto ci facciamo antipasto a formaggio che abbiamo una fame
assassina, poi mentre tremiamo quasi per il freddo si cuoce la pasta, non
vediamo l'ora di finire e salire a dormire che abbiamo pure sonno!
Il tutto però godendosi un bel tramonto..
Alle 20e15 siamo dentro i nostri sacchi a pelo nel rifugio,
che spettacolo dormiremo comodi forse anche 10 ore: domattina ci svegliamo e
guardiamo il cielo, e decidiamo se tornare a letto o provare ad arrampicare.
Andiamo a letto che il cielo è nuvoloso, ciò non ci fa ben sperare. Poi a
mezzanotte irrompono altri quattro arrampicatori che svegliandoci per il rumore
ci comunicano anche che il cielo è sereno adesso..
Domani qui.
Qui altre foto.
Qui report.
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