sabato 19 dicembre 2015

Alpinismo d'altri tempi: Wagnis und Glück

Ci sono giornate che vanno bene e che vanno male, che potrebbero andar meglio e che potrebbero andar peggio, che partono bene ma finiscono male e viceversa. Questa è una giornata che appartiene all'ultima categoria:partiti carichi, smorzati tristemente male, e quando eravamo ormai rassegnati..un'illuminazione da lontano e l'inizio di una bella avventura.

La voglia di ghiaccio si fa sentire, neve in giro non ce ne è, report incoraggianti fanno ben sperare nelle condizioni che si possono trovare (NB: condizioni medie pessime, ma alcuni posti si salvano). Essere in 6 complica notevolmente le cose, logistica, trovare itinerario che piaccia a tutti e sopratutto adatto a tutti. Scovo un paio di idee (per la verità di più, ma il dislivello proibitivo per alcuni o le pessime condizioni me le fanno scartare).

Resta solo la Valle di Riva di Tures, nota per essere una delle più fredde d'Italia: in più viste le due volte che ci sono già stato (Ursprung e Jahrzahlwand), conosco un bar che apre a orario decente per accontentare chi predilige la colazione alla salita. Alle 2e30 siamo al solito parcheggio, auto divise per cordate e si parte. Menzione particolare da riservare alla nebbia: ovviamente ne troviamo nella nostra “valle” ma poi pure in Val di Tures, due balle.
Le complicazioni di essere due auto si fanno sentire: io, Giorgio e Simone arriviamo per primi al bar, mentre Fiorella, Gianluca e Nicola sbagliano strada e arrivano un bel po' dopo. Riusciamo a scambiare due battute, poi meglio che almeno noi intanto partiamo: arriviamo al parcheggio che è ancora buio, meglio così! Magari riusciamo a salire per primi! Ormai pronti, Simone si accorge di avere ancora il cartellino su un rinvio.. Tutto fila liscio per ora, a parte il caldo.
Seguendo le indicazioni di Cappellari, utilizzando la cartina dellaTabacco, saliamo su per il bosco sul sentiero che porta al rifugio Roma. Ma sali sali, il famigerato ponticello non si trova: saremo ormai belli alti, e sulla poca neve che c'è non si vedono impronte di predecessori nemmeno dei giorni passati. Continuiamo fiduciosi a seguire il sentiero, ma nulla: qualche flusso lassù, ma non pare la cascata che cerchiamo.
Torniamo giù, si prende la strada, e toh chi si vede! Gli altri tre che salgono a cercare Tristenbach anche loro: allora Gianluca ha convinto Nicola, meno male dai, così ci fa sei risate insieme. Continuiamo a scendere verso est, trovate le indicazioni per la cascata, saliamo su per il bosco, ecco la cascata! Tutti belli carichi, ma col morale che si smorza man mano che ci si avvicina.
Mamma mia se è messa male. Buchi, ghiaccio sottile, l'acqua che si vede scorrere attraverso entrambi. Meduse. Ma come, ci han detto che ieri l'han salita! Il liscio del filare si sgretola. La mia cordata tenta caparbiamente di risalire la boscaglia sul lato destra, per vedere se lo stato del secondo e terzo tiro è ugualmente scarso, mentre Nicola tutto festante coi suoi “ragazzi, proviamo a questo punto ad andare su Ursprung”: la goccia cinese ha trovato man forte nelle scarse condizioni di Tristenbach, e ora trotterella festante verso la cascata con cui ci ha fiaccato le balle per una settimana. Le nostre strade che si erano riunite, si dividono per non incrociarsi più.
“Raga, niente da fare, troppo pericolosa” e l'entusiasmo e le aspettative che avevamo implodono lasciando un cumulo di amarezza. Dopo il Gran Pilastro, un altra ritirata. Scendiamo alla bene e meglio su un terreno che era già infido in salita, notando un'altra cordata alla base che guarda sconsolata le condizioni della cascata.
Giorgio e Simone avrebbero piacere di andare a vedere Ursprung a questo punto, e li accontento: non credo proprio che saliremo, io di affrontare del 4/4+ adesso a inizio stagione non me la sento. Scendiamo anche noi, dopo esserci spogliati, e prendiamo il sentiero 7. Mamma cara, quando ero passato di qua qualche anno fa, ricordo ci fosse almeno un metro di neve!
Col cuore spezzato, il cervello ragiona. Mentre camminiamo sul sentiero, ragioniamo su alcuni aspetti che ci fanno ancor più pensare che oggi non metteremo i ramponi. Nessuno di noi se la sente di tirare Ursprung. Ci saranno almeno già quattro cordate impegnate sulla via, e se mai decidessimo di provare a salire, avremo doppia razione di ghiaccio in testa: chi sale e chi scende in doppia. Siamo rassegnati.
Poi, all'improvviso, vediamo l'apparizione: passato un ponte notiamo un flusso ghiacciato lassù, esposizione nord. Oh però, si potrebbe.. “Oh, se no andiamo a provare quello là” propongo io, ma un comprensibile scetticismo aleggia sulle facce dei mie amici. Riprendiamo l'avvicinamento verso Ursprung. Ma qualcosa sta nascendo in noi, l'idea si insinua come le radici nel terreno.
Riprendiamo a ragionare: siamo sempre più sicuri che se anche arriviamo a Ursprung, ci piazziamo li sotto a mangiare il panino mentre vediamo gli altri che salgono. Bello. Quella cascata vista prima invece.. Non sembra difficile, ma sembra piena. Non ci scorre acqua sotto. Dai che magari.. Di comune accordo torniamo indietro, la rivediamo, e la puntiamo. Scatto una foto alle facce dei miei amici che giustamente pensano alle probabilità di successo di questa avventura.
La risalita del bosco ci preoccupava, invece è quasi agevole. La pochissima neve rende tutto più facile, anche se scivoloso. Solo che vedere il flusso diventa sempre più difficile e dubbioso: si vede qualcosa a destra, ma la nostra doveva essere a sinistra. Provo ad andare a sinistra, ma trovo solo barriere di roccia. Oh allora sarà sopra di noi e non la vediamo, ci sarà da aggirare a destra.
Trovato un posto comodo, mettiamo i ramponi, picche fuori, le nostre propaggini metalliche sono pronte a scatenare la loro rabbia! Ma ci riusciranno? Pronti, rifocillati, via. Sguscio verso destra, lasciando la parete rocciosa sotto la quale ci eravamo posizionati, primi metri camminati su ghiaccio, e poi la nostra cascata si svela davanti a miei occhi. Salgo qualche metro, e finalmente anche i miei amici, eccitati, la vedono. Le facce cambiano.
E la voglia di avventura, di scoperta, salire un flusso sconosciuto e non relazionato, ci fa salire la fierezza di aver tentato. Non siamo ancora riusciti, ma almeno qualcosa si fa. Una placca ghiacciata lascia posto a qualche gradino, tutta roba facile che saliamo slegati. Man mano la goulottina si avvicina, è ora di fare le cose sul serio: preparare una sosta. Pianto un chiodo da roccia, che poi cambierò, una vite e un friend: una sosta più varia di così!
Nella lotta di chi parte per prima vince Simone. Io vorrei fare l'ingordo e farla da primo tutta io, ma ho rispetto per i miei amici, e se posso scegliere mi terrei il tiro finale che da lontano pareva avere un muretto invitante. Ora che la corda ci unisce, siamo ancora più smaniosi. Le viti che ci siamo portati appresso, iniziano ad avere un senso.
Il primo tiro è una serie di salti dentro una goulotte larga un paio di metri, non troppo incassata ma che merita di certo come estetica. Un tratto è pure salibile con un piede su ghiaccio e uno su roccia, a mo di diedro misto, una chicca. Mentre il nostro amico sale, io e Giorgio siamo ancora poco vestiti, e il freddo inizia a pungere: d'altronde abbiamo intimo e una maglia, l'orsetto e la giacca sono ancora dentro lo zaino!
Simone esce dalla nostra visuale, fuori dalla goulotte, sosta e ci chiama. It's time to dance! Parto prima io, smonto mezza sosta e lascio a Giorgio il chiodo che avevo piantato, che viene via senza troppe difficoltà, ops. I ramponi e le picche mordono bene questo ghiaccio un po' bagnato, il migliore che si possa trovare per non faticare come un ossesso sentendosi comunque sicuri.
Mentre sono lì che salgo e mi diverto, noto però che la mia corda sta facendo l'effetto grondaia con l'acqua che scorre sul ghiaccio, bagnandomi il pantalone. A questa vista, la mia velocità di progressione aumenta di botto, ma continuo a godermi un bell'ambiente e un bel ghiaccio. Ghiaccio nuovo, che abbiamo la presunzione sognatoria romantica che nessuno abbia mai salito prima di noi.
Eccoci in sosta, su ghiaccio, la spada (la vite da 22) che ci tiene saldamente insieme a sua sorella spadina (la 19). Scambio di corde e parte Giorgio per il secondo tiro, che si presenta di quella pendenza stronza inizialmente, ovvero quella in cui devi comunque usare le punte perchè il resto non terrebbe, e le picche obbligano a essere quasi coricati e quindi scomodi. Ma il ghiaccio è burro, e Giorgio sale.

Lo si vede un pelino più impegnato su un saltino sopra una roccia, io e Simone ce la ridiamo mentre lo vediamo con un rampone che scivola (ce la ridiamo perchè comunque si tiene, siam mica delle cornacchie) e mentre scommettiamo che per uscire da quel cambio di pendenza userà un ginocchio. Ma nulla di tutto ciò succede. Scompare anche lui alla nostra vista, la corda quasi finisce, e poi tocca a noi.
Tocca a noi assaporare la pendenza scomoda e il saltino problematico, mentre osservo che anche a sinistra poteva esserci qualcosa di interessante. Non certo oggi con questa magra in giro, però un giorno chissà: dopo la goulotte obbligata, la cascata si apre a diverse possibilità. Mentre salgo osservo meglio quello che mi aspetta, e come prenderlo.
Ultimi passi quasi camminando ed eccoci alla sosta, tutti contenti che finora sta andando tutto bene e stiamo sfamando la nostra voglia di ghiaccio in un modo inaspettato ma di certo più alpinistico. Forse però qualche segno sul ghiaccio che pare essere una spicozzata di qualcuno prima di noi, ci guasta la festa.
Tocca a me. Guardo il muretto che vedevo fin da basso, prima di decidere di salire a provare questo flusso fantasma: candele e festoni a sinistra, un buco roccioso al centro, a destra muretti a rampa. Si potrebbe provare in mezzo alle cendelette bagnate a mo di diedro, però ora che sono un po' più vicino sembrano tre metri delicati e non proteggibili. Andiamo a vedere, intanto prendo un po di tutto che sopra non si sa cosa troverò.
Parto con del facile, qualche vite, ma resto qualche metro  destra rispetto alla verticale del muretto, in pratica sotto la roccia scoperta, in modo da vedere e capire quanto sia spesso il ghiaccio a sinistra, o se ci sia una grotta e quindi sia un free standing delicato. Free standing o no, è delicato. Due picozzate su lastroni echeggiano come rumori nefasti. Poi ci vanno i piedi, e il mio pensiero corre a quelli simili trovati sulla Madre, anche se erano più grandi.
No no, lascia stare a sinistra, sto già pestando un tappeto di bicchieri di cristallo, sotto il muretto vedo che il tappeto è bello consistente, e il muretto è un tappeto verticale. Troppo rischioso. Salgo verso destra, che poi anche qui un paio di metri un po' verticali ci sono, osservo, sogno passaggi più duri per mettermi alla prova, ma questa è la prima della stagione, può andare bene anche così! rampetta a sinistra, e in questo modo sono sopra la roccia scoperta, e con mezza corda sono fuori dalle difficoltà.
Non resta che "camminare" e gattonare su questa pendenza bastarda verso qualche albero su cui sostare, davanti a me una distesa di ghiaccio bella spessa ma poco inclinata. Ma agli alberi non arrivo, tocca fare una nuova sosta su ghiaccio e richiamare i miei amici, che mi stanno urlando che la corda è finita.
Appronto la sosta e gli dico che possono partire. Intanto do un'occhiata alla cartina e cerco di fare due conti per capire come scendere. Salire su qualcosa di sconosciuto è un primo passo, ma scendere è molto più complicato! Si poteva pensare a corde doppie su alberi, o abalakov, ma nell'ottica di un'ascensione davvero clean e green, si scende per sentiero o sentiero improvvisato.

Giorgio e Simone ci mettono un po' a salire, mi diranno che c'erano dei giri strani della corda, io intanto ho tempo di valutare. Secondo me siamo nell'impluvio che scende direttamente dal Rifugio Roma, saremo forse a 2000m circa, quindi possiamo benissimo salire verso il rifugio e scendere per sentiero (vista la poca neve non dovrebbe essere complicato trovare il sentiero).

Eccoli che arrivano, sosta scomoda che mi fa recuperare la corda in modo scomodissimo, espongo il mio parere su come scendere e li vedo d'accordo, proprio per il discorso clean and green. Siamo comunque su un mini lago ghiacciato largo 7-8m, davanti a noi un saltino di un metro e mezzo, oltre chissà: magari ci sono altri salti e possiamo fare un altro tirello in conserva.
Parto famelico, supero il saltino poi mi tocca fermarmi perchè le corde sono indemoniate. "Andrea ci devi una birra, guarda che casino!" eh quanto vi lamentate. Intanto che aspetto lo sbroglio, osservo davanti a me un bosco fitto ma spoglio, niente ghiaccio visibile, sassi, mi sa che finisce tutto qui. Esco verso sinistra con del radici-climbing e recupero gli altri due.
Slegati, sramponati, e con solo una picca che non si sa mai, saliamo nel bosco. Servirebbe un machete (c'è Simone che fa il boscaiolo con la sua Viper) per capire come e dove e riuscire ad andare, ma non c'è. Risalendo 50-60m di dislivello, arrivo su un bel traccione largo un metro, il sentiero! Esulto festante, ora possiamo fermarci, festeggiare la salita e dividere il Mars.
Facce da felicità, ci abbiam creduto ed è andata bene. Ma festa troppo in anticipo..l'avventura non è finita, anzi! Pare logico seguire questo sentiero verso destra faccia a monte, ma dopo 5 minuti si perde. Seguiamo tracce di animali allora che sembrano continuare nella direzione corretta, ma poi stop. Se questo non è il sentiero del Roma, allora saliamo a cercarlo!
E si ricomincia a ravanare nell'ignoto, tirando arbusti come i mughi del Carega, col tempo che scorre inesorabile: si sperava in una birra a valle, ora temiamo dover fuggire a cena a casa! Finalmente si torna a mettere piede su un altro sentiero, ma anche questo non segnato, però pestato, il che ci conforta. Sempre in salita, giungiamo su quello che non può che essere il sentiero vero, il sentiero CAI, strisce bianche e rosse.
Sopra di noi i muretti a secco indicati dalla cartina a quota 2125 circa, io e Giorgio saliamo per vederli da vicino. Ecco lassù il Rifugio Roma, sovrastato da una bella luna che pare voler atterrare sul suo tetto. E il ciccione Tristennockl che sembra un contrafforte poderoso e insormontabile. Ma sopratutto, vediamo più alto di noi e verso ovest, un muro di ghiaccio imponente, con sotto e sopra pendii di ghiaccio, e più su prosegue ancora in flussi meno larghi.
La mente viaggia, la fantasia vola, siamo ancora in discesa da una salita sconosciuta, e già se ne sogna un altra. Deve essere il continuo di Tristenbach, ma tipo 300/400m più su! Alla faccia dell'avvicinamento, e comunque pericolosissima quando ci sarà neve. Oltre che nascosta dalla stessa.
Si torna sul sentiero, che in realtà non è il sentiero segnato (che come sospettavo giace sull' altro versante dell'impluvio di Tristenbach), ma le tracce di uno sciatore folle ci fanno ben sperare di arrivare giù senza dover fare corde doppie o trovare ostacoli. Come si fa a sciare con 5cm di neve, sassi sotto, erba, ma chissene, l'importante è che tu ci faccia da apripista!
La neve scarseggia, le tracce si perdono, noi temiamo far la stessa fine. Giorgio scende, io vado a destra, mi sembra che ci sia qualcosa, una debole taccia, e infatti, solo che mi pare notare degli scarponi in entrambe le direzioni: o qualcuno è salito e sceso per di qua, oppure come noi ha preso questa traccia e poi è tornato indietro perchè non conduce e nulla. Seguiamola nella speranza della prima opzione.
Pare scendere, ma pare anche arrivare in un posto familiare.. Stiamo girando in tondo! Un brivido mi assale, le ore di luce che restano non sono tante, una e mezzo forse. Ma tutto rientra, di qui non siamo passati. Un nuovo muro di ghiaccio di fianco al quale passiamo, risveglia in noi la voglia di picche.
Finalmente una traccia ancor più chiara e che scende a capofitto, laggiù si vede la strada, siamo salvi. Ma in ritardo. Ora che tutto è più tranquillo occorre pensare a un nome per la nostra salita: non che abbiamo la presunzione di essere stati i primi a picchiare quel ghiaccio, ma fateci sognare.
Valichiamo un ponte che ci porta sul lato destro orografico del Ruscello di Riva, così siamo sulla strada e abbiamo "allungato" il rientro. Iniziamo a chiederci come staranno i nostri tre amici e proviamo a chiamarli, invano. Per accorciare la discesa, tagliamo i tornanti attraversando un prato appena concimato, ma il letame è marmoreo!
Eccoci all'auto, scherzosamente spostiamo la bottiglia di birra dei nostri amici che hanno lasciato fuori dall'auto, e ci cambiamo in fretta e furia che Giorgio ha gente a cena, richiamiamo i nostri amici che finalmente rispondono, hanno appena finito le doppie, bene. Arriva un'auto che ci chiede cosa abbiam fatto. Gli spieghiamo la storia, loro invece Tristenbach l'han salita, va beh. Ma hanno anche notato il flusso che abbiamo salito noi, e con la nostra descrizione uno di loro "ecco, ti avevo detto che doveva esser bella!".
La salita nel complesso è facile, ma con ghiaccio oggi ottimo: bagnato al punto giusto, burro nel quale penetrare interamente con ramponi e picca. Solo all'ultimo tiro qualche metro di infida crosta. Ma il fascino di andare a caso, fiutare una salita e provarla senza saperne nulla, cercare una discesa improvvisata.. Davvero una gran bella giornata, d'altri tempi!

Qui altre foto.
Qui e qui relazione.

1 commento:

  1. Complimenti a parte la cascata, ma per la descrizione che hai fatto e come se avessi fatto anch'io la cascata Ciao ( Su FACEBOOK Ettore di Vicenza )

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