Prendi una
giornata in compagnia di un amica e compagna di cordata, sommaci un itinerario
che sogni da tempo (e che ti propone lei stessa), mettici la voglia di chiudere
in bellezza la stagione appenninica invernale, ed eccoci! E invece no, perchè
quel canale non c'è più. Ma un po' di pepe nero in tutto questo pepe rosa..ce
lo metteremo.
Si parte
nemmeno troppo presto, anzi siamo in cammino che la frontale manco serve.
Noioso avvicinamento su forestale, in mezzo a un bosco spoglio, senza neve e
senza panorama: ma me l'aspettavo, qui sono già stato poco tempo fa. Fa caldo, e anche questo me
l'aspettavo. Però ho la speranza che almeno una debole linea di neve e ghiaccio
ci sia lassu, poi si ragionerà di misto e amen. Yeppa!
La forestale
si fa sentiero, Stefania inizia col "ma quanto manca?". Finalmente
qualche cima si vede davanti a noi, col suo versante nord innevato, e la
speranza sale. Arriviamo al bivio dei cartelli, mi giro per guardare la parete
nostra meta di oggi, e..mi cascano le balle. Tutto secco. Ma secco secco. Manco
un puntino bianco. E niente, ripiegheremo sul Canalone Ovest.
Si traversa
a testa demoralizzata verso il parco giochi di oggi: fuori dal bosco pause
numerose a chiacchierare scoraggiati dalla vista di erba e rocce dove volevamo
trovare ghiaccio e neve. Ma almeno la striscia di neve del Canalone Ovest c'è:
parte da lassu e arriva fin quaggiù. Qualcosa si può fare. Alzo lo sguardo,
miro lontano: il Canale dell'Ombra pare avere un tratto non soltanto secco, ma addirittura friabile. Ma
alla sua destra..
Ci mettiamo
i ramponi, e così scopro che i miei Petzl Sarken, acquistati a giugno 2011
grazie alla busta di una lunga trasferta all'estero, compagni di gioco di cime
di 4000, 3000, 2000, 1000m, di ghiaccio neve roccia erba, dalle cascate di
ghiaccio all'Appennino, con sul groppone non so quanti mila metri di dislivello
e marcia, sono crepati. La punta esterna in particolare balla, non è legata al
resto del rampone sul lato esterno della scarpa.. Probabilmente era rotto già ieri!
Continuiamo
a salire, su neve patocca, guardo verso l'alto, non so se qualche mia parola o
semplicemente i miei sguardi mi hanno tradito, fatto sta che la mia amica già
mi ammonisce "no, niente robe strane, saliamo il canalone ovest". Un
ponte di neve crolla sotto i miei piedi, a momenti metto le zampe a bagno: con
i movimenti tipici di una foca sulla spiaggia, mi corico e esco rotolando da
questa trappola.
Ma il mio
sguardo va sempre verso l'alto: ho addocchiato quella lingua nevosa a destra
del Canale dell'Ombra. Sono pochi metri, probabilmente con uno o due tiri si
risolve, e non pare nemmeno difficile. Certo è tutto incognito, terreno
d'avventura. "Ste, ti propongo la lingua!" esclamo speranzoso di
essere accompagnato in questa idea.
Dubbiosa
lei, ma senza insistere intuisco che potrei spuntarla. Saliamo tenendo la
sinistra per stare sotto questa variante, l'importante è verificare che con
pochi e semplici passi possiamo scappare sul più facile e conosciuto canalone.
E la mia amica inizia a già a sgradare i canali, parliamo di questo e quello,
osserviamo l'Ovest alla nostra destra. Quando poi inizia a dire "ma
eravamo laggiù? Io non sono nemmeno stanca", capisco che devo sistemarla
io.
"Pelle,
basta che lo fai a tiri e niente conserva", pronti stellina! Traversino su
erba per tornare su neve, e ora siamo proprio sotto la linea designata come
terreno d'avventura odierno. Le pendenze si mantengono sui 45°, qualche decina
di metri sui 50°, su neve che migliora ma non è mai di quella che suona
metallica. Scruto le rocce per capire dove poter sostare, vedo una bella placca
solcata da rughe, si va!
La ruga che
da lontano mi ispirava, è in realtà una schifezza svasa e bagnata: per fortuna
altre fessurine sono ideali per piazzare nuts. Niente controventatura,
avventura pura. Sosta almeno ben riparata da eventuali scariche di materiale
che potrei provocare: l'Appennino non è noto per esser fatto di roccia solida.
Si parte,
sbuco dietro l'angolo e scopro mio malgrado che c'è molta meno neve di quello
che sembrava, rimpiazzata da erba, roccia e terra. Ma ormai siamo qui, andiamo
verso l'alto, al massimo si farà una doppia e ritirata. Il terreno non è mai
troppo ripido, salvo qualche saltino. Un bel diedro di ghiaccio scollato dalla
roccia, e qualche trazione su picca piantata nella terra. It'only Appennino but
i like it!
Piazzo poche
protezioni per lasciare la libertà alla mia amica di passare dove vuole (e si
complicherà la vita in ciò), un pendio di neve a chiazze dove pianto la picca
in pozzanghere di un metro quadro (che spero ben ancorate all'erba sotto, e poi
un po' di misto roccia per arrivare a un pulpito con un maestoso spuntone.
55m puliti:
guardo il proseguo e inizio a dubitare della cosa. Vedo 3m di rocce marce di un
buon III, poi chissà. La cresta non è vicina, e la cima men che meno. A destra
ci si può forse calare e tornare nel Canalone Ovest, ma abbiamo solo una mezza
corda, ovvero calata di 30m. Momah!
Parte
Stefania, e la sento ben presto borbottare e maledirmi. "Dai Ste che ti
diverti!" "Taci Pelle, taci, accidenti a me quando t'ho detto che non
ero stanca!". Mi raggiunge issandosi sulla mia gamba, "oh mi strappi
la ghetta!", un accenno di risata isterica. "Beh Ste, ora vediamo,
non so se si riesca a uscirne da qui" "Te adesso esci, io non mi calo
per tornare a salire!", agli ordini capo!
Metri
delicati e friabili, qualche mano buona ma la maggior parte in sostituzione su
ghiaino. Lo sguardo supera il tratto verticale e può tirare un sospiro di
sollievo: niente salti insormontabili o paretine lisce e dritte. "Ste, si
va, terreno facile!". Potrei sgattaiolare verso sinistra, andare subito a
incrociare la cresta nevosa che poi con molta tranquillità ci porterebbe in
cima.
Invece verso
destra noto un canalino incassato tra le rocce, per arrivarci un po' di crinale
erboso e mugoso, qualche placca ghiacciata. Nel canalino ghiaccio, neve e
sopratutto roccia. Sono affezionato ai nuts, e dopo S0 a nuts, su questo tiro
mi proteggo solo con quelli: per la gioia della mia amica che si impegnerà per
disincastrarli tutti.
Qualche
metro di misto, la corda che finisce, e dove sosto?! Fortuna che questo buco
nella neve mi rivela una roccia solcata da piaghe, spacco un po' di ponti e
incastro due bei nuttoni e ne faccio sosta. Di nuovo in barba alla
controventatura, siamo in avventura! Ormai è fatta, la cima è vicina e
facilmente raggiungibile: posso davvero iniziare a pensare a un nome per questa
variante.
Stefania parte,
la vedo arrivare comodamente ramponando l'erba. Ora sì che mi dice "son
stanca", e ti sta bene, anzi ti fa bene! Appagamento dopo la fatica, senza
essa siamo appagati a metà! Al bivio mi guarda e dice "Ma non potevi
salire a sinistra vero? Che era più facile? No eh?" "Ste ma l'ho
fatto per te, vedi che qui sotto potevo proteggermi" e mi piglio un vaffa.
Raggiunto in sosta le dico "Allora questa variante la chiamiamo "Una
lingua per la Ste",ok?": secondo voi poteva acconsentire? Ride sì, ma
poi di nuovo un vaffa.
"Dai,
vuoi andare avanti tu?", e non mi ci vuole mica un'altra parola per
convincerla. Parte, con calma, la corda sta per finire e inizio a smontare per
poterla seguire. La seguo: marcia calma e con numerose pause, va bene. Poi vedo
che la velocità di recupero della corda aumenta incredibilmente: capisco che
deve esser arrivata in cima e mi sta recuperando a mano, ma veloce, per tirarmi
il collo, per farmela pagare. Non te la do vinta, e inizio a correre!
Eccoci in
cima , spazzati dal vento che prima ci accarezzava sopra, trovando Giorgio e Giovanni che
hanno salito la Via AnniSettanta (in condizioni nettamente diverse da come la trovammo io e Simone). Due veloci
chiacchiere, poi giù a cercare un luogo appartato da Eolo per mangiare e bere,
che ce lo meritiamo! Niente Canale del Masso, ma ben più avventurosa,
alpinistica, appenninistica la giornata: la battezzata della Ste.
Al riparo di
un ometto, di un omone, possiamo picnicare. Ci godiamo lo spettacolo del mare
di nubi a sud, che copre il mare ma che fa emergere le montagne innevate della
Corsica e le Apuane, che paiono galleggiare e esser cuspide dall'altezza non
decifrabile. Nuvole che cercano di scavallare il Passo del Cerreto, ma che
giunte in Emilia si dissolvono.
Come rendere
felice una donna. Questa donna. Dallo zaino estraggo una bottiglia di prosecco,
parlottando per chat in settimana gliel'avevo scherzata, e lei invece "sì
sì portala", ed eccola quindi. "Ste, la beviamo alla macchina se
no?" "No no, per chi mi hai preso, apri!".
Non resta
che scendere lungo la cresta Est, e poi buttarsi nel Vallone del Rio Pascolo.
Assolato, al riparo dal vento, silenzioso ma affollato: su Anni Settanta
cordate stanno ancora salendo, che traffico! Altri che gironzolano verso l'Alpe
di Succiso, chi verso il Casarola. La parete Ovest era ben più selvaggia, più a
nostro agio.
Nel vallone
ci spogliamo, si starebbe da Dio a petto nudo, ma poi avrei l'abbronzatura più antisesso
del mondo, con il segno degli spallacci. maglietta e via andare. Chiacchiere e
risate accompagnano una lenta e calma discesa, non sforziamo il ginocchio della
ragazza in ripresa: e poi così si parla meglio. Si parla e si sogna cibo e
birra: che fame e che sete!
Orami
abbiamo deciso dove andare a rifocillarci: la nomea del Tiramisù della
Foresteria è un cruccio che abbiamo da mesi, e oggi si può sfruttare.
"Pelle muoviti" "Pelle guida forte" "Pelle quando
arriviamo" "Ho fame" "Ho sete", mii, sembra di essere
sulla A14 destinazione Leuca con un bambino di 10 anni! Eccoci in Pietra, gnocco,
formaggi, birra, tiramisu, vin brule. E chi c'amazza?!
Considerazione:
a leggere la "materia" che andiamo a spicozzare, dobbiamo sembrare
folli: si chiama Appenninismo, fratello trasandato dell'Alpinismo, ma col suo
fascino. O un rospo che in realtà è un principe.
Qui altre
foto.
Qui report e
relazione.
Qui la
guida.
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