Weekend di aggiornamento Istruttori Scuola Montanari: programmata da tempo, ma il freddo previsto
scombussola tutti i piani. Noi cinque ci giravamo mail da una
settimana fantasticando della est del gigante Catinaccio, come bimbi davanti al lecca lecca, con
io che speravo di riuscire a partecipare (grazie sorella), ma il
giovedì alla riunione, tutto scende un po’..
Ma ci siamo, sono le 4 al parcheggio e io, Mirko, Gianluca Nicola, Roberto, riusciamo a partire: la frase emblema dell’altra sera
è stata “se fossimo bravi quanto siam carichi, avremmo già
scalato l’Everest”, quanta verità e saggezza in questa perla di
Gianluca. Un’altra macchina partirà un’ora più tardi con Luca e socio, Enrico e Fabio, l’altra macchina ha deciso che c’è
troppo freddo e se ne andrà a Ledro domani: un aggiornamento strano,
che finirà più come un weekend di arrampicata, ma anche questo è
aggiornamento!
All'arrivo al parcheggio degli
impianti però, il morale è un po’ sceso: c’è nuvolo. Ma per
Dio, salendo col servizio taxi scopriremo che si tratta di nubi di
valle (come più volte ho detto per caricare la ciurma, visto che
l’avevo letto sulle previsioni meteo) e arrivati al Gardeccia
intravediamo le pareti gialle dolomitiche, dai c’andom! In realtà
ce la prendiamo comoda, inutile correre per poi soffrire il freddo,
ma io scalpito.
Saliamo più veloci delle nubi, e
questo ci permette di ammirare una foto da cartolina: le cime
dolomitiche sopra un tappeto di nubi, con il sole che ancora non è
piena potenza e quindi da un effetto di luce soffusa. Già questo
merita il viaggio. Beh, più o meno.. Scorgiamo la nostra meta, Punta
Emma, bel torrione roccioso che appare piccino a fianco della bestia
catinaccio, ma si tratta in realtà di pur sempre di 400m di
arrampicata.
Al Vajolet, dove pernotteremo, lasciamo
i secondi zaini, e intanto le nubi ci raggiungono: siamo gorilli
nella nebbia ormai. E ci siamo. Stavolta non ci mettiamo molto a
trovare l’attacco della via, o meglio a essere d’accordo che sia
questo. Io e Mirko siamo in cordata insieme, poi glia altri tre ne
formano un’altra: noi partiamo per primi, e io per primo: la vista
del chiodo mi conforterà notevolmente sul fatto che la via sia
davvero questa!
Ma la roccia, freschina.. Urca! Dopo
pochi metri di contatto con la dolomia le mie dita sono già
insensibili: gustoso afferrare la roccia senza esser sicuro di averlo
fatto bene, ma più si indugia peggio è. Agli altri grido “oggi
c’è da fidarsi delle mani, non dei piedi, perché non si sentono
più!”. E concludo il primo tiro, che parte già alla grande con un
IV e qualche passo di IV+: ma oggi siam troppo frenetici, niente può
fermarci!
Pian piano le nubi si alzano, lasciano
il posto al sole che inizia a scaldarci bene a modo, tantochè io
resto quasi in maglietta e temo la scottatina al coppetto. Alla
faccia di chi temeva il freddo! Anche la roccia si scalda, e tutti
gli altri tiri saranno ”sensibili”; solo nel camino finale, dove
il sole non arriva, e in cima, dove il vento arriva eccome, ci sarà
un po’ di fresco. Ma nel complesso dal punto di vista meteo e
temperature, fantastico.
Mi inizio già a divertire un sacco.
Come al solito non si prende troppo sul serio l’arrampicata (e
forse per questo siamo lenti, o comunque meglio crederlo) e si
scherza, si ride, si fa gli asini in parete. Ridiamo nel pensare agli
escursionisti che passano sul sentiero sotto di noi che congiunge
Gardeccia e Vajolet e sente queste bestie dire porcate e sparare
cazzate. Poi presto arriva Luca e socio (che verso metà parete
sarà al pari di me e Mirko), e le cazzate aumentano. Ma senza questa
componente di ilarità, non sarebbe la stessa cosa..
Il terzo tiro mi preoccupa alquanto (ci
alterniamo, quindi a me toccano i tiri dispari, a Mirko i pari), girà
un po’, sono 40m con solo un chiodo alla fine, perciò ho ben paura
di perdermi. Intanto mi proteggo su una clessidra di vendetta su
quella del tiro precedente di Mirko: almeno la sua era verticale, la
mia è addirittura orizzontale.. Ecco il chiodo, che conforto, ed
ecco la sosta, fiuuuu. Che spettacolo, tutto verticale sotto di me,
tutto esposto, tutto bello. Bel posto, bella compagnia, bella via.
Alla terza sosta iniziamo ad
affollarci, Mirko mi raggiunge e parte, poi arriva Luca e infine
Roberto: tutte e tre le cordate. Osservo Mirko sudare sul quarto
tiro, e la cosa inizia a preoccuparmi: lui è molto più bravo di me,
perciò se fa fatica lui.. Ma alla fine ce la farò! Riesco ad
abbandonare la terza sosta prima dell’arrivo de “mi presento son
l’orsetto ricchione, e come avrai intuito adesso ti..”, l’uomo a cui non voltare mai le spalle.
L’orologio scorre, ma il divertimento
insito in me non me ne fa accorgere: siamo nei tempi per finire la
via senza le frontali, ma ben più lenti della relazione. D’altronde
è la mia terza via in Dolomiti, la sesta in ambiente, spero in
miglioramenti futuri!
La quinta sosta è da brividi: la relazione parla di chiodo e cuneo, quando arrivo vedo solo un chiodo e poco sopra altri due..ma senza occhiello, spezzato. Oh ma che bello! Poi scorgo un bel metro più su un altri due chiodi: uno che esce due cm, e si muove un pochino, un altro che pare essere più fuori che dentro e che balla l’hip pop. E dopo c’è il tiro col V-. Ah, e il terrazzino su cui si sta è piccolo, scomodo ed esposto. Non vedo l’ora di abbandonare questa sosta.
La quinta sosta è da brividi: la relazione parla di chiodo e cuneo, quando arrivo vedo solo un chiodo e poco sopra altri due..ma senza occhiello, spezzato. Oh ma che bello! Poi scorgo un bel metro più su un altri due chiodi: uno che esce due cm, e si muove un pochino, un altro che pare essere più fuori che dentro e che balla l’hip pop. E dopo c’è il tiro col V-. Ah, e il terrazzino su cui si sta è piccolo, scomodo ed esposto. Non vedo l’ora di abbandonare questa sosta.
Starci in tre è da contorsionisti,
Mirko per fortuna supera agile il sesto tiro, così che posso
abbandonare questa brutta sosta! La parte finale del tiro, dove c’è
il passaggio chiave, è da leggersi come un traverso, non come una
salita dritta, e detto fatto si giunge a una bella sosta con anelli
di calata, ora si che son tranquillo!
E adesso tocca a me, il camino finale.
Camini e diedri mi piacciono assai, ben più della placca: non
essendo buono ad arrampicare infatti, prediligo l’uso delle mani,
coi piedi non sono bravo.. Poi cazzo, il camino è sempre
emozionante: chiuso in tre lati dalla roccia, ma dietro, sopra, e
soprattutto sotto, solo aria, vuoto, da vertigine. Ma questo camino
va salito delicato, è un po’ sporco, e porca vacca mi viene un
tuffo al cuore quando faccio cadere qualcosa.
La guida del Bernanrdi prevede un tiro
di 50m con uscita dal camino, ma verso la fine dello stesso trovo due
anelli di calata: non posso certo dire di no a questa bella e comoda
sosta, che tra l’altro mi concede delle belle foto panoramiche. E
poi non voglio rischiare di smuovere troppa roba con tanti metri di
corda fuori: qui servirebbe lo spazzacamin. Così mi fermo qui, e
chiamo il mio compagno della giornata, che ben presto mi raggiunge e
prosegue verso l’uscita.
Dietro di me Luca, che una decina di
metri sotto di me deve aggrapparsi a uno spuntone per permettere alla
cordata da tre di superare il passaggio ostico: Luca si accoppia con
Punta Emma. Mirko trova il modo di far sosta da qualche parte nel
colatoio, e così posso partire anche io scavalcando Luca e socio
(sosta comoda, ma mica un salotto). Ah peccato, ormai siamo fuori, la
giornata volge al termine, e io sono insaziabile.
Eccoci fuori, ma ci aspettano ancora un
centinaio di metri di colatoio per uscire in cima. Saluto Mirko e
salgo per tutta la lunghezza della corda, tanto qui è I e II: il
problema sono i detriti che si muovono. Cerco di esser delicato
delicato, di cercare di stare sempre e solo sulla roccia, anche se
ciò comporta passaggi più difficili (beh mica del V!). Accidenti,
riesco a mettere giù più protezioni adesso che in via!
Recuperato Mirko a spalla, optiamo per
una salita in conserva lunga e buonanotte, se no ci mettiamo una vita
a fare dei tiri, e lo stomaco reclama cibo, oltre che la gola acqua.
E così si arriva in cima, con un bel panorama, un bel venticello e
un bel fresco visto che il sole ormai è sparito dietro al
Catinaccio. Ecco le Torri del Vajolet (dove scorgiamo delle cordate,
tra cui probabilmente quella composta da fabio e Enrico), il
Catinaccio d’Antermonia, le pope, la Marmolada, i Dirupi di
Larsech, l’Agner, le Pale di San Martino, il Lagorai, Cima d’Asta,
il colosso del Catinaccio (che sulla colata nera presente sulla nord,
ha dei bei grappoli di ghiaccio!).
Arrivano anche Luca e socio mentre noi
ci rifocilliamo e vestiamo, e adesso sparare due cazzate è ancor più
semplice. Gli altri tre ci metteranno un po’ ad uscire, ma la
nostra preoccupazione (nel colatoio è volato giù un bel masso) si
placa quando li vediamo uscire.
Le insidie non sono finite, per andare
a cercare la doppia di discesa c’è da scendere ripidi e poi fare
un traverso esposto proteggibile solo da un capo. Luca si stufa di
aspettare (è il primo sceso) e quando io e Nicola arriviamo
all’anello di calata (siamo i due ultimi), sfila le sue corde:
simpatico! Attrezziamo di nuovo e la doppia e via giù come il vento.
Ed eccoci giungere a uno dei momenti
più ilari della giornata. Nicola chiede a Mirko di infilare la corda
nello zaino, Nicola si abbassa un po’ per facilitare il compito a
Mirko, “no Nico, ce la faccio stai così” “ma no dai, mi
abbasso un po’” si china e “ahhhh la mia schiena”!
E via verso il Rifugio Vajolet,
ripartizione del materiale tra le cordate, una veloce cambiata e poi
la cena è servita. E si parla già di cosa fare domani, sconvolgendo
più e più volte i programmi maturati in dieci minuti di
discussione.
Qui altre foto.
Qui relazione coi tempi.
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