Doveva essere un giro probabilmente palloso, fatto giusto
per fare della gamba e sfruttare questo weekend nonostante le avverse
condizioni meteo. In una zona un po’ selvaggia del Baldo, alla ricercadell’orso,
ma pur sempre sul Lago di Garda, ultra frequentato e quindi turistico. E
invece..
Poi invano cerchiamo di salire fin dove la cartina dice che
sia possibile, fin verso quota 350m, giusto per guadagnare un po’ di dislivello
(c’è da arrivare ai 2071 della cima dell’Altissimo di Nago, e essere a Carpi
per le 19). Gira di qua gira di la, vediamo due cinghiali, ma questa strada è
inaccessibile in auto: si parcheggia pochi metri sopra il lago, i 2000m di
dislivello a questo punto sono assicurati..
Poi si parte nel bosco. Per fortuna la temperatura è quasi
perfetta (la perfezione non esiste) e ciò ci consente di non sudare come dei
trichechi. In più il sentiero sale lento lento.. Beh questo ci rompe le palle,
perché più sale lento, più km e tempo saranno da percorrere! E ovviamente in
giro per questi sentieri non c’è nessuno..
Ogni tanto dopo qualche tornante, il diradarsi momentaneo
del bosco ci regala scorci sul Lago di Garda, ma io penso già alla fattibilità
di percorrere questo sentiero in MTB, aggressive. La vista del ricovero sul
sentiero 6 è desolante, che schifo e che decadimento, peccato. Ma come, si
scende?! Ma quanto ci mettiamo a fare sto giro?! Sto già calcolando i tempi
alle tappe che ci consentano un rientro nei tempi stabiliti.
Finalmente si inizia a salire più ripidi, era ora, anche se
il fango che troveremo appena prendiamo il sentiero 8, ci costringerà a
delicatezza nel muoversi. Fango sul Lago di Garda?! Prima volta che lo vedo. Il
sentiero 8 sulla cartina è puntinato, ma vista la zona in cui siamo questo non
mi preoccupa, sarà comunque tutto ben tracciato e segnato. Ed eccoci capitare
su una cengia esposta: inizia il wild.
Questo lato dell’Altissimo è impervio, pareti di roccia,
cenge erbose esposte, canaloni ecc. Anime vive solo le nostre, più i camosci.
Ci guardiamo intorno e capiamo che salire verso l’alto non sarà da semplici
trekker, perché l’asprezza del luogo è piuttosto ragguardevole. E infatti
iniziamo ad avvistare camosci, sintomo di poca gente che passa di qui, anche se
il sentiero è ben segnato. Ci ritroviamo in un canalone da salire un po’ su
ghiaione merdoso, un po’ su erba umida lunga, un po’ su sentiero.
Il canalone si restringe e alla nostra sinistra una parete
rocciosa strapiombante piscia acqua. Segni CAI procedono sotto di le verso
l’alto, una traccia non segnata sulla destra percorre una tranquilla cengia, ma
che non si sa dove vada, io giungo davanti a un grosso masso che da lontano
vedevo riportasse una scritta un po’ sbiadita: mi avvicino e scopro che è un
teschio con le ossa incrociate e una freccia verso l’alto. Noi dobbiamo andare
verso l’alto..
Ma si dai, i segni CAI son nuovi, il teschio è vecchio,
andiamo, nel wild! Marco fatica sui gradini terrosi più alti di lui, ma ci
divertiamo, abbiamo dato un pizzico di pepe a un giro che doveva solo esser
lungo. Poi giungiamo al bivio tra sentiero delle Mandriole e 8: il primo
dovrebbe salire più ripido e arrivare a nord della cima, il secondo più
tranquillo e giunge a sud della cima. Andiamo sul primo se vogliamo fare un
anello!
Ma già da qui vediamo che i segni sono rari e sbiaditi,
dall’altra parte nuovi. Due camosci ci osservano da sopra, proprio dove sembra
passare il sentiero delle Mandriole (altrove è troppo impervio): scappano verso
l’alto, poi tornano giù, ci passano vicino per fuggire verso ovest. Perché son
scappati? L’orso? Impervio? La dove non osano i camosci, noi saliremo.
E il pizzico di pepe diventa una buona abbondanza, qui si
fatica, saliremo su 45-50° di pendenza, sul roccete, erba bagnata, terra, mica
comodo! Ma ci godiamo il sole che illumina le pareti rocciose della sponda
ovest del Lago di Garda. Tanto indietro di qui non si torna, perciò saliamo. E
nonostante il tempo perso a cercare una traccia, un passaggio, l’equilibrio, si
sbuca fuori sui prati e boschi di mugo a nord dell’Altissimo.
Ci districhiamo nei mughi alti e nell’erba possente per
cercare il sentiero che sale al rifugio, che troviamo dopo un po’. Marco è
cotto, gli prometto una birra su in cima per alleviare le fatiche. L’esultanza
è alta nello scorgere il tetto della struttura, anche se purtroppo le nubi han
preso possesso della cima e il panorama è tipico da pianura padana autunnale.
Birra alla goccia, panino e poi giù, che il tempo stringe, e
finora il meteo è stato clemente. Usciamo dalle nubi e già si fantastica sui
4mila da salire la prossima estate: ma si può non essere mai sazi? A Bocca di
Navene iniziano gocce grosse, per fortuna c’è una tettoia, mi ci rifugio sotto,
giro l’angolo e vedo una cuccia con una catena che ci entra dentro..via da qui!
E la merdosissima discesa gardese inizia: pendenza, sassi
smossi, ghiaia taglia grande, rocce scivolose, terriccio infimo, e piove. Col
mio ombrello non manco di stile, ma Marco mi deride “la prima cosa che
insegnano a escursionismo è avere le mani libere!”, però non mi voglio bagnare,
o meglio, non voglio bagnare la macchina fotografica. Invidiamo i due che
scendono sparati in bici, bardati di armature (e ci credo cazzo, guarda che
discesa!).
Verso quota 1000m saluto Marco, voglio scendere veloce per
andare a mettere gli scarponi nel Lago e poter dire “dall’ acqua del lago di
Garda alla cima dell’Altissimo”. Due o tre ruzzoloni su questo sentiero infimo
non me le evito,anche perché corricchio con l’ombrello in una mano. La pioggia
si attenua, poi scoppia un bel temporale, adesso sì che piove!
Dai dai, è quasi fatta, ma cosa vedo?! Il biker che porta
giù la sua bici a spinta perché ha forato: pazzo, ma cambia la camera d’aria!
Non ce l’hai? Altro che pazzo, scemo! Scopro che dall’auto all’acqua del lago
ci sono 30m di dislivello: faccio la mia minchiata, foto con gli scarponi immersi
nell’acqua, e risalgo ad aspettare Marco. Temporale finito, esce quasi il sole,
è tempo di pizza e birra cazzo!
Qui altre foto.
Qui relazione coi tempi.
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