“E chi ce lo vieta?”: una bella
domanda mi pone il mio amico Riccardo al mercoledì sera, e non riesco a trovargli risposta. Un itinerario
che il nostro Nicola ci
decanta da tempo, ma che ancora non è riuscito a salire per mancanza
di tempo quando le condizioni erano favorevoli. E vedi su web un
tentativo a fine novembre finito quasi male, e vedi il primo weekend
di dicembre salito, e vedi il secondo weekend di dicembre salito, e
vedi che dicono sia in ottime condizioni, e vedi che questo weekend
c’è sole, e vedi che la poca neve presente sull’avvicinamento lo
facilita e lo rende senza rischi, e vedi che abbiamo il weekend
libero da cene o morosa, e vedi che oltre al pelo tira anche una
goulotte, “chi ce lo vieta?”.
Sono le 14e15, speravo avremmo fatto
prima, ma pazienza. I veneti si stanno già calando, due veronesi
padre e figlio sono appena arrivati anche loro, una coppia di
altoatesini è arrivata ma scende quasi subito. Avremmo voluto
goderci di più la cima, il panorama, ma la discesa sarà lunga,
trafficata, non perdiamo la concentrazione, non perdiamo troppo
tempo.
Dopo un bel weekend a Roma,
venne il weekend nei monti. Giovedì sera il mio letto
è già apparecchiato di tutto ciò che mi porterò dietro. Venerdì
ore 20e00 la macchina di Riccardo parte, bella piena, destinazione
Passo Sella. Ci arriviamo verso le 23e30, un freddo becco fuori, un
cielo stellato da paura, nessuna voglia di metter giù la tenda,
ficchiamo gli zaini e borse in ogni buco della macchina, tiriamo giù
i sedili e ci infiliamo nei sacchi a pelo. Buonanotte, per poche ore.
Alle 4 suona la sveglia, i vetri dell’auto sono ricoperti da un bello strato di ghiaccio,
internamente anche. Ci vestiamo cercando di evitare il più possibile
scambi termici tra esterno e interno auto. Svito il tappo del
thermos, il caffelatte preparato ieri sera è ancora caldo, i
biscotti burrosi di Riccardo rincuorano. È un gran giorno, o almeno
speriamo.
Partiamo che sono le 5e20, non vediamo
intorno a noi nessuno, meno male. Ah no, è appena arrivata un’auto:
a quest’ora del mattino e in questo parcheggio, dove vuoi mai che
vadano? Temo l’affollamento sulla via visto quanto sia diventata
popolare grazie ai report su internet, per questo ho voluto
svegliarmi presto, ma alla fine non abbastanza presto forse. Mettiamo
piede sulle piste, nessuna voglia di ravanare, anche perché le
ciaspole sono rimaste in macchina, nessun peso superfluo.
I cannoni sparano neve per sopperire
alla mancanza di quella naturale. Che tristezza. Ma forse per noi
oggi è meglio così. Il frastuono di questi mostri per il
divertimento cozza con la pace che ispira questo cielo stellato. E
che stelle. E quante cadenti. Riesco a finire i desideri da
esprimere! Quattro o cinque, di cui uno dedicato alla buona riuscita
della salita di oggi, ovviamente.
Ma ecco che vediamo tre frontali lassù
sul crinale, bene, siamo già tre cordate. Pazienza, la montagna è
così. Almeno la compagnia renderà meno temibile questa salita.
L’ambiente in cui si svolge è già selvaggio di per se, l’essere
da soli metterebbe a prova la testa ancor di più. Alcuni report che
ho letto parlano proprio del distacco che si trova al rientro, quando
si rimette il naso sulle piste dove gli sciatori sferzano: un
distacco che oggi non subiremo, visto che rientreremo a piste già
chiuse da tempo.
Abbandoniamo la pista, saliamo verso il
crinale. La neve è poca, davvero poca, ampi tratti pelati, ma tanto
ghiaccio: si vede che qui sono passati in molti ultimamente, e non è
che porti da tante parti questa direzione. Al ritorno meglio tenere i
ramponi. Laggiù le altre due frontali della macchina che era
arrivata al parcheggio salgono svelte. Io non voglio bruciarmi
sull’avvicinamento, ci sarà modo di stancarsi dopo.
Giunti quasi alla fine del crinale
(oltre si innalza Punta Grohman) si va decisi verso sinistra, verso
una staccionata con cancellino per il passaggio dei bipedi. Avanti!
Traverso di sali scendi vari, ghiaia infida, ghiaccino, un po’ di
neve, viva i bastoncini che mi aiutano a stare in equilibrio!
Siamo smaniosi di salire, ma qui svolti
un angolo e ancora non vedi il canale da risalire, calma. La luce
della frontale ci guida, ma ancor meglio ci guidano le tracce di chi
è già passato. I due dietro di noi ci raggiungono, continuiamo
l’avvicinamento. Poi finalmente in questa notte magica (è ancora
ben buio) vediamo che la traccia sale decisa in mezzo a due pareti
verticali, in mezzo alle quali lassù si vede il cielo. Ecco il
Canalone Moppo.
Le cose iniziano a farsi serie. Ancora
senza ramponi ai piedi, saliamo con calma ma a passo costante questo
canalone. Al rientro ci renderemo conto di quale fosse la sua vera
pendenza, ma adesso non ci facciamo caso, siamo già concentrati su
quei 90° dei tratti di ghiaccio di Mistica. Neve buona, poca,
qualche tratto scoperto, ma salire non è un problema, sarà scendere
il delicato.
Si inizia a vedere il cielo scaldarsi
di colori caldi all’orizzonti, ma qui c’è ancora da salire,
ancora per un po’: il buio non ci permette di quantificare questo
“po’”, ed è meglio così, beata ignoranza! Eccoci alla
forcella tra il Dente e la nostra Torre Innerklofer: sembra una sala
da pranzo, bella larga, ottimo posto per cambiare abito.
Giù lo zaino grande, mi cambio per
mettermi asciutto,e metto l’orsetto (mitico orsetto!).
Apparecchiamo gli imbrachi, prepariamo le picche, mettiamo i ramponi,
il casco, le corde. Armati di tutto punto. Lasciamo qui ciò che non
ci serve, io cambio anche zaino, tanto dentro lascio poca roba (poca
per i miei canoni). Sono ormai le 7e30 quando siamo pronti a scendere
dall’altra parte della forcella alla ricerca dell’ attacco. Si è
fatto giorno, un gran bel giorno.
Scendiamo, dall’altra parte, già
questo fa un certo effetto visto che abbandoni un versante per andare
su un altro, in pochi metri sembra di percorrerne mille. Si scende
per 150m, si piega a destra, e bam, la parete davanti a noi: i primi
tiri tutti belli visibili, fino alla candela del quinto tiro, dove
notiamo già qualcuno (è il secondo di una cordata che ha attaccato
alle 6e30, e che si calerà in doppia giusto nel momento in cui io
sarò impegnato sulla candela), un’altra cordata su Clean Gully e
davanti a noi tre simpatici veneti/friulani coi quali condivideremo
le prime soste.
Ok Ricky, parto io. Gli ultimi report
letti parlavano dei primi due tiri in slego date le condizioni, ma
credo che abbiam tempo, quindi releghiamo la conserva lunga alla
seconda parte. Salgo più a sinistra di dove si trovano i veneti, in
modo da non intralciarsi, mi complico un po’ la vita, ma è uno
spasso. Che bello.
Sono le 8 ormai. Si parte già
incassati, anche se ai nostri lati non si innalzano pareti
vertiginose ma “solo” speroni e costole di roccia. Qualche
passaggio di misto, giù un friend, qualche cordino in clessidra,
pianta le picche nella neve dura, e via che si sale. Il Dente si
colora di rosso grazie al sole. Prima sosta raggiunta, un po’
stretti coi veneti ma sono già entusiasta. Ma resto concentrato, il
duro viene dopo, già il mio prossimo tiro presenta un muretto di
ghiaccio che non sembra nemmeno molto grasso.
Arriva Riccardo, il suo entusiasmo è
palpabile. Parte lui per la salita sul nevaio che porta alla base del
muretto del terzo tiro. Iniziamo già a prendere confidenza con la
doccia di neve farinosa e blocchetti di ghiaccio che chi è sopra
tira (involontariamente) giù, ma ancora questo è nulla.
Raggiungo il mio amico, affiatato
compagno di cordata (sul tratto di conserva si mostrerà davvero
bravo nell’anticipare le mie mosse) che ha fatto sosta con chiodi
da ghiaccio sulla destra. Guardo in su. 80°? Mah, a me pare di più.
Però sembra molto lavorato il ghiaccio, le numerose ripetizioni
hanno addolcito la salita.
Parto, urca, non banale, non per me
almeno, salgo dritto poi vado verso sinistra, giù un chiodo, cordino
in una clessidra di ghiaccio. Boh, io devo chinarmi all’indietro
per vedere dove sono i piedi, di solito questo è indice di
verticalità più sospinta. Riesco a uscire, soddisfatto, è
dall’anno scorso che non calco cascate di ghiaccio, e non sono
nemmeno tanto esperto (è la quinta questa? Se non è la quinta, è
la sesta). Dai che ce la facciamo. Facendo due conti, la candela
tocca a me.
Il tiro spiana un po’ dopo questi 8
metri di muretto, ma poi piega a sinistra per tornare su ghiaccio,
candela anche questa ma di pochi metri, e sopra la sosta (scomodo
starci in tanti). Ora si inizia a essere più incassati. Ora si
inizia a sentire profumo di alpinismo. La puzza uscirà stasera dai
nostri abiti sudati.
Recupero Riccardo, che sale bene e mi
avvisa di un’altra cordata sotto di noi. Lo incito a partire subito
dopo i veneti, mi maledirà perché così si prende una bella dose di
doccia di neve farinosa, che io mi son già fatto sul muretto di
ghiaccio, ed era leggermente più fastidioso avere difficoltà a
guardare in alto.
Ricky supera il suo tratto ghiacciato,
lo raggiungo in sosta dove lo trovo comodamente a sedere sotto una
bella nicchia rocciosa, in attesa di me e della cordata dei veneti
dove il primo sta terminando la candela. Lo sento ostiare, lo sento
dire “ah ma non è finita”: non mi aumenta il coraggio tutto ciò,
ma nemmeno la paura. Due corde scendono dall’alto, qualcuno si
prepara a scendere in doppia!
La candela è bella grassa, tocca
terra, non sembra così dura, poi potrei prenderla in diedro col
piede destro sulla roccia.. No stiam calmi, l’ultima volta che ho
sminuito una montagna, me l’ha fatta pagare. Aspetto che salgano
anche i due secondi della cordata veneta e parto.
Si parte bene, una rampetta, poi mi
aspettano 5 metri verticali. E proprio mentre sono li, quelli in
doppia si calano, sulla sinistra sì, però il rischio è quello di
aumentare l’agitazione, stai calmo. Le braccia fanno il loro
lavoro, un po’ di opposizione sulla roccia, un cordino nel chiodo
sulla destra (mica tanto comodo da mettere! E nemmeno da togliere a
detta di Riccardo). Mentre sono ancora li sul verticale, recuperano
le corde delle doppie “ehi calmi, vorrei ancora avere una morosa
domani”, la loro corda scorre in mezzo alle mie gambe..poi si
blocca il loro nodo in un’asperità. Gliela sbloccherò io,
pensando “speriamo la nostra non resti qui quando scenderemo”. E
intanto scende farina di neve, bella fresca ve lo assicuro!
Già provato dalla verticalità della
tratto chiave della via, capisco perché il veneto ostiava: c’è un
passaggio mica male di misto! Strapiombetto da salire, poca
possibilità di lavorare in diedro, tira su i piedi più possibile,
ma le picche seppur lontano cerchi di piantarle non trovo neve bella
dura che mi ispiri fiducia. Ho già dovuto fare qualche passo di dry,
ma proprio qui no, non mi pare sano.. Mentre scrivo non ricordo bene
dove diavolo sono riuscito a piantare le punte, forse una mano l’ho
usata in opposizione, chissà. E proprio mentre sono qui, la scarica
di neve aumenta, porca vacca!
Sono fuori, uah! Arrivo alla sosta poco
sopra, minchia se son galvanizzato! Sono le 11e30, azzo, le mie
speranze erano di riuscire a essere svelti come quelli bravi, uscire
in 3 ore, ma sapevamo fosse troppo ottimistico. L’importante è
finire le doppie prima del buio: ci arriveremo leggermente lunghi..
L’adrenalina a mille, mi faccio una foto, è stata dura ma ne sono
uscito. È stata dura ma ora le difficoltà si abbattono, o almeno
dovrebbero. Certo, se non mi invento una variante..accidenti a me.
“Riccardo, molla tutto” che
liberazione. “Riccardo puoi partire, in bocca al lupo!” adesso te
la sgugni te sta cazzo di candela e lo strapiombo a uscire! E infatti
non è che gli sembri di fare una passeggiata sul crinale appenninico
d’estate nemmeno a lui. E anche lui gode della scarica continua di
ve che ci fa fare la doccia.
Arriva il mio amico, ci guardiamo in
faccia, ora che le difficoltà maggiori sono superate capiamo che la
salita è nelle nostre mani. Ma non ce lo diciamo, certe cose solo in
cima. Parte per il sesto tiro, meglio aspettare a fare conserva, qui
se scivoli finisci sotto sul verticale della candela, no good. Arriva
su a una sosta, e decide di farla, meglio così.
La goulotte ha ormai esaurito i tratti
davvero verticali, ora viene il bello, una striscia di neve larga mai
più di 3 metri, divertimento puro. Ti guardi alle spalle e riesci a
vedere solo pochi metri di Sassopiatto e di cielo, il resto sono le
pareti verticali che ci sovrastano. Guardi in giù e
semplicemente..non vedi nulla, troppo ripido!
Raggiunto Ricky mi prendo tutto il
materiale che ha, ora possiamo procedere in conserva lunga, e più
materiale ho più posso salire: è tardi tutto sommato, ora possiamo
sgacciarci, la nostra resistenza fisica dovrebbe darci una mano.
Circa ogni 10 metri si trovano cordini cui assicurarsi, le calate si
differenziano perché presentano una maglia rapida. Ma che gusto
questa salita, proprio quelle che piacciono a me: neve dura, ripida,
incassato tra le rocce.
Come accadde sul Bianco quest'estate, ho la sensazione di essere in armonia con la
montagna: deve esserci freddo ma non lo sento (se appoggio una mano
sulle rocce, il guanto si incolla), i mie muscoli sono sicuramente
stanchi ma non li sento, il tempo passa ma non lo sento. Simbiosi.
Sensazione fantastica, sono concentrato ma in fin dei conti non sto
pensando a nulla, mente libera per dedicarsi solo a quello che sto
facendo: alpinismo.
Ogni tanto mi fermo anche a fare
qualche foto, a volte riesco a vedere il mio amico la in basso. La
sera gli chiederò come si è giostrato a salire in conserva. È
stato bravo, quando vedeva che c’era un punto di assicurazione
saliva un po’ più svelto per avere il tempo di togliere tutto
senza dovermi “frenare”: una bella cordata, non c’è che dire.
Non so quanto vado avanti (riguardando
le foto, mezzora), capisco di essere ormai all’ultimo o penultimo
tiro ufficiale, vedo una sosta molto a sinistra rispetto a quello che
sembra il proseguo del canale. E qui mi frego. La goulotte prosegue
dritta, ma ci sono tracce evidenti a sinistra, perché ignorarle?
Poco sopra vedo un cordone, ancora più sopra sembra esserci una
rampetta per tornare nel canale. Magari salgo di qui, sembra facile e
breve, così evito di prendermi la roba che viene giù dall’alto e
evito di buttarne giù agli altri. Che idea del cazzo.
Passo per la sosta, rinvio, e salgo su
questo terreno misto a cercare di raggiungere il cordone, che però
si rivela essere troppo a destra e pericoloso da raggiungere. Va beh,
salgo ancora un po’ e traverso dopo. Pensandola così salgo almeno
25 metri porca paletta, senza trovare clessidre, buchi, ghiaccio,
nulla per fare sicura. Ero partito con l’idea di non mettere giù
nulla in modo che Ricky potesse evitarsi questa roba, ma non pensavo
farla così lunga!
Ormai son qui, che devo fare. Arrampico
un po’, un po’ nella neve (tra l’altro questa è al sole,
nemmeno dura quindi), un po’ sulle rocce. Poca picca e molto mano.
Arrivo a un punto che finalmente sembra possa traversare per tornare
nel canale. Ma quelle tracce che vedevo da basso cos’erano?! Ah,
che forse fossero le doppie? Va beh, ormai son qui, devo uscirne. Mi
ricorda il Battisti e la variante MAG.
Mi pare quasi di sentire Riccardo che
dice “ma dove cazzo è andato questo?”, già giù mi aveva detto
che su certi passaggi mi ero complicato la vita, anche se non mi
pareva, o almeno, non di tanto. Qui invece me la sono complicata
davvero. Bene, traversiamo, con le mani che poggiano su una specie di
crepo tra roccia e limite della neve, faccio cadere un sasso (in
realtà non me ne accorgo nemmeno, se non dopo le imprecazioni di una
ragazza sotto) nonostante cerchi di essere il più delicato
possibile, saltino e tam! Son di nuovo nella goulotte. Sospiro di
sollievo.
Salgo un pochino per cercare di fare
una buona sosta, qui no ma metto giù una protezione, salgo ancora,
si ripete, salgo e trovo qualcosa di accettabile, oltre credo la
corda sia finita. Sosto e finalmente posso dire a Riccardo che può
partire. E sentire le sue maledizioni. Arriva l’altoatesina che si
è presa il mio sasso, le chiedo umilmente scusa, ma lei tranquilla
mi consola. Le prometto una birra se ci vediamo poi al rifugio!
Finalmente vedo il mio amico metter
piede anche lui nel canale. È passata un’ora tra il mio passaggio
sulla sosta sotto e l’arrivo di Ricky alla mia sosta. Anche lui
esce da questa variante di misto, porgo le mie scusa anche a lui, più
volte, ma dopo due “ma dove cazzo sei andato?!” mi dice
sorridendo “meno male che so arrampicare. E pure bene!”, sborone!
Meglio così, dopo il malefatto la prendiamo sul ridere e possiam
proseguire.
Ci togliamo i pesi di dosso, corriamo
verso la cima vera e propria, qualche foto, una pisciata (bella
gialla), torniamo giù, altre foto, si mangia qualcosa, si vorrebbe
bere tutto, ma la granatina nella borraccia ostacola un pochino il
mandar giù.. Allora c’era freddo a salire! Ora invece il sole
batte bene, ma dobbiamo tornare all’ombra.
Padre e figlio di Verona si calano, noi
dietro, alla fine siamo l’ultima cordata. Vantaggi, nessuno ci tira
addosso nulla. Svantaggi, se la corda si incastra sono cazzi, nessuno
sopra di noi a darci una mano, . Preghiamo fili tutto liscio, il
passaggio dove si è incastrata alla cordata che scendeva mentre io
salivo la candela mi preoccupa.
Ore 14e40, inizia la discesa, iniziano
le doppie. Fin dalla partenza ho in mente Riccardo che a settembre
salendo una via sul Sassolungo, scese al buio, con una frontale in
due, doppie e ricerca delle calate a buio, arrivo all’auto all’1
di notte. Non vorei ripetere l’avventura. Ci riusciremo per un
pelo! E poi, la nostra corda rossa è 5m più corda della blu, ovvero
55m, spero non ci siano calate così lunghe o è un casino. Anche
perché il nodino di sicurezza in fondo non voglio farlo, troppo
rischio che la corda si incastri e ci faccia perdere tempo.
La discesa è un po’ intasata dalle
cordate che si calano, in tutto cinque, e dentro la stessa maglia
rapida non possono stare due corde. La prima calata ha un pessimo
risultato sul lancio delle corde, che sbroglio mentre mi calo. Poi
andrà meglio, anche perché sulla neve dura la corda scorre bene,
come una biscia che scende lentamente.
Siamo delle macchine, un strategia
automatica. Io mi calo per primo, scendo, se possibile infilo subito
il capo di corda da tirare nella prossima maglia rapida, scende
Ricky, si fa i bicipiti recuperando le corde (soprattutto le prime
sono dure), io continuo a far scorrere la biscia verso il basso,
appena arrivo il nodo faccio subito il machard, metto il freno,
intanto l’altra corda al di la del nodo scende anche lei come una
biscia, facilitando col suo peso il recupero di Riccardo. Via così,
mentre scendo sto bene attento che non ci siano anse che si
incastrano in spuntoni o pezzi di ghiaccio o è un casino.
E il tempo passa, il cielo si
colora..di sera. Alle 16e10 siamo alla sosta sopra la candela, ora
c’è la doppia che più mi preoccupa, se succede come all’altra
cordata e il nostro si incastra sono cazzi amari! Questa doppia
potrebbe portare a saltare la sosta alla base della candela, ma
meglio non rischiare e fermarsi. Riccardo scende, solito automatismo,
il nodo passa! Olè!
Il buio avanza.. Fuggi! Mi viene il
dubbio di aver lasciato la frontale nello zaino alla forcella sopra
il Moppo: no, impossibile che abbia fatto un errore del genere! Solo
che la memoria mi tornerà solo 15 minuti dopo, la frontale è nella
tasca esterna dello zaino che ho sulle spalle.
Giungo alla base del muretto di
ghiaccio del terzo tiro, da qui gli ultimi report dicono si possa
traversare verso destra (faccia a monte) e prendere una doppia che
porta quasi alla forcella del Moppo “risparmiando fatica e tempo”:
fatica si, tempo mica tanto. Scende Ricky, inizio a traversare
portandomi dietro un capo di corda, in modo da poter assicurare il
mio amico quando traverserà. Io in realtà traverso in free, ma ci
sta. Arrivo a un ancoraggio, mi assicuro, ma mi accorgo che questa
non è la vera doppia, ce ne è uno 10m più avanti, ma andarci senza
sicura non mi piace. Mi fermo, recupero Ricky e gli spiego: te adesso
vai la, io ti faccio sicura, ti assicuri, recuperi le corde (infili
già la corda nella maglia rapida), poi assicuri me e via, e magari
visto che alla forcella si vedono i tre veneti, chiedi se con 50m ce
la facciamo.
Dai, penultima difficoltà, tutto
prosegue liscio (con le frontali sul casco), uno dei veneti molto
gentilmente aspetta che mi sia calato prima di andare via, così da
darmi qualche dritta. La calata è in mezzo a spigoli dove la corda
si è piaggiata, devo stare attento che le anse non siano troppo
incastrate. Le disincastro tutte e scendo, e tocco la neve. “libera!”
e arriva anche Ricky. Recuperiamo le corde, e il fischio di un sasso
ci invita a recuperarle un po’ più a destra (faccia a monte).
Traverso per giungere alla forcella de
Moppo, senza particolari difficoltà vista la traccia, ma non si deve
scivolare, e siamo al “campo base”. È FATTA! Ora ci si può
abbracciare, bere, scherzare, ridere, gioire. Cazzo che
soddisfazione! Ora il buio non ci fa più paura. Sono le 17e45.
La discesa dal Moppo ci fa capire
quanto fosse ripida la salita, sassi e ghiaccio affiorante ci fanno
procedere con cautela. Oltre alla fatica, anche lei consigliera di
calma e serenità. Questo canale sembra non finire mai.. E rispetto
alla salita sembra essere in un altro mondo, un’altra strada, non
ci si ritrova. Iniziamo a tagliare a sinistra (faccia a valle) per
tornare verso il crinale. Qualche pausa per riprendere fiato, per
ammirare il cielo, la luna, spegniamo le frontali, con questa luce
non servono. Che pace. Ci fermiamo e sediamo su delle rocce (talmente
taglienti che mi fanno un buco nei pantaloni!), tentiamo qualche foto
a tempi lunghi: una scusa per prendere fiato.
Dai avanti, abbiamo una sete che ci
beviamo una botte di birra! Arriviamo alla staccionata, andiamo in
giù? Ma no, giù non può essere. Ma non mi pare fossimo così alti
stamani! E invece sì, eravamo molto alti, e dopo un po’ di salita
ripida ritroviamo il nostro cancellino e ci rincuoriamo di essere
sulla buona strada. Non abbiam nessuna voglia di variante ora.
Eccoci sul crinale, ancora più nudo di
prima. Ecco le piste, vuote come stamani, spettacolo: siamo partiti
con la pace dei sensi e torniamo con la pace dei segni. Pace che in
realtà sarà leggermente perturbata da qualche motoslitta e di una
fila di fondisti che sfilano in basso. Mettiamo piede sulle piste,
ramponi ancora ai piedi, si faranno anche qualche metro di asfalto,
stanchi. Sfiliamo sotto ai cannoni che sparano neve, andiamo avanti
senza fermarci o coprirci, non c’è tempo.
Arriviamo alla macchina, sfatti e
soddisfatti, oppure soddi e sfatti. Ore 19e48. Ci cambiamo con calma,
più che altro ci cambiamo col freddo che ci stringe (siamo sotto lo
zero), Riccardo che credo si sia addormentato al posto di guida sta
invece lottando con le mani fredde. Finalmente alle 21 scendiamo,
dopo essere rimasti mezzora in macchina con la stessa accesa alla
ricerca di un po’ di tepore. Mangiamo un panino, vogliamo una
birra.
E invece oh, a trovare un bar aperto
c’è da girare fino alle 22! Finalmente mettiamo il culo su una
sedia, le gambe sotto un tavolo, le labbra nella schiuma di una birra
fresca. Due birre fresche. Mai stato così stanco, che io ricordi.
Alla ricerca di un parcheggio, vogliamo dormire, cosa fare domani se
ne riparlerà. Ci attrezziamo come ieri sera, giù i sedili e vai di
sacco a pelo. Cerco di mandare un sms alla morosa, ma mi addormento 4
volte nel tentativo di farlo. Ore 23e30, gli occhi si chiudono, i
muscoli già duolono, qualche crampo mi sveglierà (non è che riesco
a stendermi comodo comodo qui dentro). Domani ci sveglieremo
indolenziti, ma svegliato così indolenzito dopo un giro in montagna.
E che giro!
PS: considerazione. Quanta gente su
questa via. Nicola dice che sono anni che non ne parlava nessuno, ore
che finisce sui report web, tutti li. Il padre veronese sulla via mi
dice la stessa cosa. Io la conoscevo grazie a Nicola, quando ho letto
delle buone condizioni mi sono convinto d provarla. Certo, la vita è
più facile se ti dicono che le condizioni sono buone. Ma è pur
sempre un andare a colpo sicuro sull'oggettivo, non sul soggettivo.
Oggigiorno poi, rischiare di sputtanare un weekend per tentare una
salita di cui non sai nemmeno se riuscirai a trovare l'attacco, e
spenderci dei soldi (perché il viaggio ormai costa assai) è un
lusso che pochi posso permettersi. Sarà meno romantico, ma se posso
evitare di incrinare ancor di più il rapporto col mio cc, ben venga.
Poi le foto, le relazioni, saranno le stesse di altri che l'han
salita, ma i sentimenti, le emozioni, quelle sono personali. Sono
mie. E quindi la via, Mistica, ha un pezzo solo mio, e di nessun
altro. E per me, è un gran bel pezzo!
Qui altre foto.
Qui report.
Bravi per la salita e grazie per averci liberato le corde incastrate.
RispondiEliminaMichele
Figurati! Oggi voi, domani noi. Beh no, speriamo domani nessuno!
RispondiEliminaE bravi bravi.
RispondiEliminaSalita di livello, in tutti i sensi.
Il problema sarà poi trovare altre linee così.