Bomba di freddo in arrivo! Controllando
l'andamento dello zero termico sembra proprio che nella notte tra
sabato e domenica questo scenda parecchio, la giornata è data come
di sole terso, la voglia di sfoderare le armi di acciaio appuntito è
tanta, di che stuzzicarsi l'appetito!
“Ragazzi preparo la corda che un minimo di sicura ve la faccio”, Giorgio invece inizia a salire subito, e sale anche bene, lui opta per mani libere, e arriva sul pavimento di ghiaccio che ho trovato. Ci prepariamo per fare sicura agli altri due, mentre osserviamo la zona alla nostra destra, dove probabilmente si sta formando la Cascata Arcobaleno.
Quanto mi mancava questa sensazione,
uscire da un freddo budello del diavolo nel quale mi sono infilato
consciamente, per poi ritrovarmi un paradiso di bianco, sole e
tepore. Beh, di bianco poi non ce ne è molto.. Chi ci aspettava
all'uscita erano altri due vajisti, che han salito il Vajo dei
Camosci.
Unica pecca, la neve, non c'è.. O si
va in alto ma ce ne è troppa, e io poi non vorrei fare tanta
macchina, oppure.. Idea, Vajo dei Colori! Già fatto almeno due volte (qui), ma è a nord, ci sono
tratti attrezzati, e poi d'estate è un sentiero, quindi mal che vada
faremo sentiero. E invece..
Della partita, in bilico fino
all'ultimo minuto, io,
Cristian, Giorgio e Riccardo (un altro Riccardo, amico di Cristian):
partenza alle 4 da Modena Sud, non per me che sarò qualche casello
più a nord. Beh orario tardo, ma meglio non rompere i coconet se no
mi danno il due di picche! Alla fine tra una torta che esplode
sull'auto di Cristian e il mettere le scarpe, ci mettiamo in cammino
alle 7e30 da Campogrosso..
Osservo gli imbraghi dei miei amici: ma
quanto sono armati?! Io che venerdì sera non ho nemmeno caricato la
seconda picca, ho dolo l'alpenstock classico (più una picca di
riserva portata da Cristian. Ma ragazzi, è solo il Vajo dei Colori.
Eh, solo una fava.
Solito sentiero, ma che desolazione di
neve: solo chiazze all'inizo, bella dura per i ripetuti passaggi, ma
che desolazione, anche guardandosi intorno. Partiamo che la frontale
non serve più, e quando arriviamo di fronte alla Guglia GEI
la troviamo infiammata da un sole che sta giusto sorgendo,
infiammando anche le altre montagne. Proseguiamo il nostro cammino
traversando verso ovest.
Giungiamo al sole alla Sella dei
Cotorni, stiamo seguendo le orme di qualcuno che è già passato,
quindi ci tranquillizziamo sulla fattibilità del Vajo, oltre che sul
fatto che la strada sia giusta. Solo un po' titubanti sul fatto che
ci sia da scendere così tanto, ma sì, è giusto così. Traversino
da brivido per immetterci nel Vajo, ed eccoci.
Ma quanto è secco, non credevo così
tanto. Ci vestiamo di imbrago e ramponi, ma cosa vedo.. Manca una
punta! Cristian coi suoi ramponi super fighi ma in configurazione monopunta classica (classica, non quella da cascata) causa errato
ordine via web: sarà lo sfotto' della giornata, e anche delle
prossime giornate..
Alle 8e45 iniziano le danze, picche e
ramponi, non li usavo da una vita, e in effetti anche oggi è un po'
una voglia di cioccolato: il clima di quest'anno non permette di
sfogarci come si dovrebbe, ma di accontentarci di briciole, a volte
scadute o mal cucinate.. Chi si accontenta gode. Così così.
Si parte aggirando un nevaio di neve
del passato inverno, duro come il marmo, e con Cristian che va subito
a complicarsi la vita. Si sta sul nevaio, di cui è impossibile
sapere quale sia il reale spessore per le sicure cavità che si sono
formate sotto: camminiamo su ponti di neve, meglio stare distanti!
E dopo una breve camminata su sassi,
altro vasto nevaio di cui invece la cavità sotto si vede bene.
Meglio non vedere e spicciarsi a salire, anche se momenti di
contemplazione su ciò che gira intorno a noi sono inevitabili. Il
Carega ha sempre il suo fascino, sa essere dolce e aspro,
antropizzato e selvaggio, facile e duro, ma sopratutto imprevedibile.
Ci si inerpica per strettoie, in
effetti me lo ricordavo più ampio questo vajo, ma va bene, finora
siamo saliti senza troppi problemi, ora invece qualche masso un po'
più alto obbliga passagini di II grado ma sono davvero uno o due
passi. Di certo è più divertente, anche se le punte che si
consumano mi fanno pentire di aver preso il paio “buono”.
Ed eccoci in prossimità del primo
tratto attezzato, strettoia con sperone in mezzo, che quando il vaio
è bello carico si può superare a sinistra o a destra (più ripido),
entrambi oggi piuttosto hard visto che sono salti di roccia
strapiombante o cava di altezza circa 4m. Meglio stare in mezzo sul
tratto attrezzato. Ma anche per raggiungere la catena un buon III
grado c'è tutto.
Beh io una longina coi rinvii per la
ferratina me la faccio, e verrò imitato quando vedranno come i piedi
stanno su poco e quel poco è pure nascosto da un debole e
inconsistente filo di neve! Oh issa, e son fuori, un traverso di neve
riporta ben dentro il canale, giusto sopra il salto che stava a
sinistra.
Mah, andiamo avanti, mi pare sia ben
più ostica di quello che dovrebbe essere, ma siamo qui, proviamo,
poi in alto ci sarà ben più neve! E arriviamo così, sempre con
ramponi che spesso e volentieri fanno crrr sulla roccia, al passo più
duro della giornata, un masso incastrato dentro una sorta di camino
bello liscio e aperto.
Sono davanti, provo ad andare. Tirò su
i piedi con diffidenza e circospezione, cerco per la picca ma non c'è
una mazza, si vede che della gente è già passata, ha ripulito bene
a modo quella poca neve dura che stava sulla roccia di destra e
poteva dare qualche conforto al superamento! Eh, ci resto un pochino
a ghisarmi il braccio che regge l'unica picca che ho,ma non posso
tornare indietro ormai. Me ne faccio passare un'altra, fiducia nella
roccia marcia del Carega, eh hop, sono fuori, urca!
“Ragazzi preparo la corda che un minimo di sicura ve la faccio”, Giorgio invece inizia a salire subito, e sale anche bene, lui opta per mani libere, e arriva sul pavimento di ghiaccio che ho trovato. Ci prepariamo per fare sicura agli altri due, mentre osserviamo la zona alla nostra destra, dove probabilmente si sta formando la Cascata Arcobaleno.
Mentre sistemiamo la corda, Cristian e
Riccardo passano avanti, oh, speriamo che tratti simili siano finiti,
o la giornata diventa lunga. Un traverso di neve verso destra, poi
sinistra, si cerca il salibile, il dritto per dritto non si può con
questa secchezza. Altro tratto attrezzato scoperto dalla neve che
sfruttiamo completamente, e poi si inizia a vedere l'uscita.
Uscita sopra la quale sembra di
scorgere qualcuno, ma d'altronde quello è il raccordo, la porta, tra
il mondo dell'alpinismo nel vaio e dell'escursionismo sui sentieri
innevati dall'altro versante. Raccordo che speriamo raggiungere
presto, che inizio ad avere una fame..
I tratti scoperti sono finiti, e
possiamo salire su neve discreta verso il sole, verso la luce. Un
ultimo crr sulle rocce sotto la neve ed eccoci fuori, eccoci al sole!
Poco meno di 2h per salire, pensavo peggio viste le condizioni
trovate..
Mentre ci si rifocilla a dovere,
valutiamo la salita a Cima Carega, c'è chi non c'è mai stato, la
giornata tersa merita di godere d quel panorama, quindi forza con
quei polpacci che si sale! Ora tecnicamente la salita è da
pensionati, ma godereccia per i panorami che fornisce, lo scavallare
da un altra valle, e poi gli ultimi 30m che si fanno un po' più
ripidi.
11e45 e siamo in cima, un altro piccolo spuntino per allungare il tempo per godersi il panorama a 360°. Ma non cincischiamo troppo, meglio tenersi del margine per una birra al sole al rifugio.
11e45 e siamo in cima, un altro piccolo spuntino per allungare il tempo per godersi il panorama a 360°. Ma non cincischiamo troppo, meglio tenersi del margine per una birra al sole al rifugio.
Scendiamo per dove siamo saliti, o
quasi visto che Cristian tira troppo dritto fino a quella che è la
selletta da cui devono essere usciti i ragazzi del Vajo dei Camosci,
poi ci si raccorda e scende alla Bocchetta Mosca. Prendiamo la
traccia intermedia, quella che “sale poco”, ritrovandoci ben
presto a traversi non difficili ma belli esposti, un altro po' di
pepe a questa uscita che doveva essere più rilassante e che invece è
diventata più divertente.
Dalla Bocchetta dei Fondi non resta che
lasciarsi prendere dalla pendenza, ma la poca neve fa ogni tanto
incontrare dei sassi sotto le punte che sono sempre d'invito al
cappottamento, meglio scendere col freno a mano. Punte che verso la
fine del boale iniziano a sentirsi troppo a contatto con la roccia,
appena giungiamo al sentiero di stamattina caviamo subito gli arnesi.
Tra due chiacchiere sul perchè vai in
montagna e come ti sia nata questa passione, alle 14 siamo all'auto,
e ben presto davanti a una fresca birra al tepore del sole del
Rifugio Campogrosso. Ora però freddo polare e neve siberiane, venite
da noi!
Qui altre foto.
Qui report.
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