“Finalmente
una cascata con la C maiuscola”, an’vedi sto str..zo come mi sbeffeggia! Mentre
io sono via, gli “amici”
Nicola, Gianluca e Paolo se ne vanno a fare la Madre al Valorz, questi bas..di
(e sanno bene che questi termini sono ironici, ma fatemi dare un po’ di pepe!).
Messo giù il telefono con loro, mentre passeggio aspettando la cena, sai che
c’è? Che sabato prossimo ci vado anche io!
“Ricky, sabato andiamo a fare la
Madre in Val di Rabbi?” “ok va bene”, ottimo! Una cascata bramata e il compagno
di tante avventure che finalmente si rifà vivo per qualcosa di tecnico, la
giornata promette bene. Meteo, innevamento (valanghe..) e temperature sembrano
buone, le difficoltà dovrebbe ro essere alla nostra portata, e la ripetizione
degli “amici bastardi” conforta sulla percorribilità dell’itinerario. C’è solo
da andare..
I “bas...di”
si fanno perdonare con qualche bel disegno con indicate le loro soste e quelle
di calata, informazioni che alla fine non ci serviranno visto che parcheggeremo
da un’altra parte, seguiremo una linea nostra e scenderemo per sentiero, ma lo
sforzo è apprezzato. Veniamo a noi..
Saliamo per
qualche tempo a lume di frontale, la neve è poca, ci ricongiungiamo alla
sentiero che sale da San Bernardo e delle tracce di piede mi fanno pensare di
avere già qualcuno davanti, uffa! In mezzo agli alberi inizio a scrutare la
nostra meta, e una volta che il bosco si apre a dovere, lei appare in tutta la
sua maestosità, oh Madre!
E due persone laggiu verso il suo attacco.
Va bene su,
la cascata è larga e accogliente per tutti, proseguiamo. Una biforcazione della
traccia verso destra la ignoriamo convinti che sia corretto seguire verso
sinistra. Siamo ancora senza ramponi, e l’avvicinamento presenta dei tratti di
WI1 che sblisga se ci fanno traballare! I miei bastoncini (aperti a metà, sono
bloccati, arghh) fanno quel che possono, mentre vediamo altre losche figure
salire da basso, ci mettiamo i ramponi.
Quarto tiro,
vedo una sosta lassu, ma per raggiungerla c’è da fare del dry.. Deve essere la
seconda calata, anche se mi chiedo come diavolo sia possibile da quella
arrivare a dove abbiamo fatto la nostra seconda sosta (terza calata). E
soprattutto, ma allora la quarta calata dov’è? Coperta dalla neve?!
Parto di
nuovo, punto verso destra lasciando una sosta davvero scomoda (i miei piedi..):
anche qui le crostone da rigelo abbondano, cosi come gli zampilli che sgorgano
dalle becche delle mie picche! Più si sale più la cascata piscia, meno male che
c’è freddo! Mi ricorda Patri,
vuoi dire che l’ultimo tiro va abortito? Impossibile, se no come usciamo?? Sono
già pronto all’abalakov.
Metto giù
viti fino ad arrivar circa in corrispondenza di quel bel cordone arancione,
irraggiungibile (per le mie doti). Di corda ce ne ancora parecchia, sono
circa a metà, ma le viti sono poche, e
il ghiaccio sopra sembra troppo bagnato. Sono quasi sotto il tratto narrato da
Gianluca, alla mia sinistra un bel nasone di ghiaccio e si sta quasi comodi
qui: faccio sosta, così il mio amico aspetta pure meno.
Tic tic tic,
arriva anche Riccardo, togliere le candele è sempre più difficoltoso, l’acqua e
il freddo rendono durissima la carota. Riparto, senza troppe difficoltà arrivo
sotto al passaggio dove Nicola settimana scorsa è andato a cercarsi il
difficile giallo quando a sinistra c’era una bella rampetta azzurra (cit.
Gianluca). Ci avevo anche pensato di salire da li, ma mi sembra troppo esile e
bagnata la struttura. Perché complicarsi la vita dal punto di vista delle
condizioni della materia prima?
Via su a
sinistra sbisciolando di qua e di la, piedi a incastro tra le colonne e picche
finalmente in qualche aggancio: ah oggi si che le ho piantate con forza le mie
bimbe! Superato questo muretto ci si ritrova su un pendio nevoso dove lanciare
la picca con tutta forza a cercare qualcosa di solido sotto (operazione già
compiuta sotto ma per due-tre lanci consecutivi, qui ben di più).Vedo un albero con cordone a destra ma difficile da raggiungere e solo con un traverso sprotetto, un cordone a sinistra che deve essere quello di Gianluca (“cordone verde, ma occhio all’albero che balla un po’”, cit. Gianluca). Ma dai, io salgo a cercare un bell’albero lassu, così poi cerchiamo il sentiero e bona, evitiamo le doppie che scaricherebbero roba a chi sta salendo.
Salgo verso un free standing giallone (probabilmente da salire quando bello pieno), ma per arrivare alla sua base stacco un lastrone di un metro quadro, porca vacca. Cerco di tenero coi piedi e sminuzzarlo, che fila giù faccio strike. Appeso alla bene e meglio centro l’obiettivo di non centrare nessuno.
Piazzo una bella vite orizzontale nella pozzanghera ghiacciata sotto il candelone, e poi mi arrabbato per un’uscita stile Appennino-Ravanosa-Careghiana, tra tronco secco, erba, cespuglio, picche nella terra ghiacciata, con la corda dura che più dura non si può e Riccardo che mi sa che mi dice che manca poco alla fine.
Oh meno male, riesco a raggiungere un bell’albero. Cordone e sosta, vai Riccardo! Però..non vedo tracce di gente che sia scesa col sentiero. Niente, mi sa andremo giù in doppia, se ce l’hanno fatta settimana scorsa.. Ma davvero dalla seconda alla terza ci si arriva? E la quarta dove diavolo è?
Mentre recupero il mio amico mi guardo sopra, si potrebbe proseguire ancora, e anche se si fosse stati più a sinistra si poteva continuare. Ma sono salti di ghiaccio con molta neve, e la in fondo si vede anche l’acqua impetuosa affiorare.. No no, va bene così!
Ricky non si lamenta nemmeno troppo per l’uscita ravanosa, e alle 15e20 riusciamo a fare la foto di cascata, 6h30 per 5 tiri (lunghi) sono forse troppo come tempo, miglioreremo. Intanto arriva anche un’altra cordata, e Riccardo vede laggiu tracce di passaggio. Che sete e fame! Mi passa un panino che nel formaggio presenta brina di superficie (grazie Ricky che mi sfami, ma stamani ti ricordo hai usato la mia frontale di scorta), e l’acqua ahimè sarebbe l’ideale per un Mojto: troppo fredda e granatina, ci teniamo la sete, sob.
Optiamo allora per provare la discesa a piedi, ma sarà anche questo un bel periplo! Seguiamo vecchie tracce di umani, si va anche bene quasi solo in traverso, finchè una traccia scende e una sale. Seguiamo quella che scende ma sembra arrivare in un punto morto scosceso, anche se laggiù vediamo omini che devono aver salito altre cascate. Torniamo indietro e saliamo, ma dopo un po’ sembra finire anche questa, che comunque presentava del WI 1 anche lei!
Va beh dai,
seguiamo le tracce di camoscio che vanno in la, la direzione è corretta.
Insomma, alla fine tra una ravanata e l’altra, qualche metro disarrampicato e
l’altro, siamo sul pistone della discesa. Ben presto imbocchiamo il caratteristico
tunnel ghiacciato del sentiero, che pavimentazione marmorea!
Arrivati
sotto a Salto Mortale e Salto degli Angeli fuggo solitario verso l’attacco
della Madre a cercare i miei bastoncini, che per fortuna trovo! Torno dal mio
amico, e la luce si sta facendo fioca. Ricominciamo a scendere, ancora coi
ramponi addosso memori della salita di stamani (anche se siamo su un altro
sentiero). I polpacci oggi si sono stancati e han fatto del buono e prolungato
stretching, lo sento.Con la luna che ci accompagna risiamo nei pressi della malga, e alle 18 alla macchina (quasi 12 ore), assetati (l’acqua continua a essere imbevibile), affamati, stanchi, ma davvero soddisfatti. Per altri sarà una passeggiata una cascata del genere, ma per noi non proprio. Bella lì, gran giornata di soddisfazione e di ampio respiro!
Qui altre
foto.
Qui report.
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