Obiettivo di oggi: via lunga, facile,
con avvicinamento e discesa comodi, panoramica, al calduccio, dalla
medio-facile individuazione, e..da vedere se la mia amica regge lo
stress di una tale lunghezza e ore in parete. Avevo già addocchiato
questa via proprio per una situazione del genere, e oggi..eccola!
Dopo il giro in mountain bike di ieri temevo che oggi avrei avuto i quadricipiti a pezzi, invece sto
benino: è solo il sonno che ammazza, in due notti ho dormito quello
che dovrei dormire in una.. Ma data la lunghezza della via e la
voglia di non tornare a mezzanotte a casa, la partenza è presto:
alle 3. Colazione in autogrill dato che qualcuna ha dimenticato le brioche a casa..
Arriviamo a Passo Gardena che albeggia,
e lo spettacolo rinforza ancora di più l’emozione di ritrovarsi di
nuovo in questo paradiso dolomitico, che magari oggi sarà anche
meglio di agosto (meno gente in giro, meno traffico, …). Preparato
lo zaino (l’auto è stata riempita alla rinfusa) al fresco (ma
siamo fiduciosi che in parete il sole ci coccolerà), ci si
incammina.
La giornata mi ricorda un po’ la Via Adang, ma spero oggi faremo prima! Si sale e cammina in mezzo a prati
la cui dolcezza si combina perfettamente a questa luce calda del sole
che sorge dietro Tofane e Pelmo, creando un’armonia che
riappacifica lo spirito e allenta le tensioni che inevitabilmente si
provano quando ancora ci si trova in “avvicinamento”.
Districatici nel mare di mughi, che
come un’armata silenziosa, numerosa, fitta, estesa, protegge
l’accesso alla via che vorremmo attaccare (e usando questo verbo,
il gioco di parole diventa quasi perfetto), un ultimo ghiaione ci
separa dalla parete. Che poi parete uniforme non è, la via sarà un
viaggione tra sì pareti, ma poi guglie, camini, spigoli, creste, un
intricato sistema di dolomia verticale.
La prima parte della via offre un
percorso ben segnalato da cordini già in loco, alcuni dentro
clessidre trapanate. Ora i puristi grideranno allo scandalo, ma
preferisco una clessidra trapanata con un cordino a uno spit: anche
perché devo ammettere che in certi tratti troveremo della roccia
lavorata che potrebbe permettere protezioni “personali” (e
integreremo infatti), ma in altri è talmente compatta che..non c’è
scelta.
I primi tiri scorrono veloci: parto io
e con Stefania ci alterniamo. Il sole fa un po’ il timido, la
nebbia che sale da valle e un leggero venticello creano un leggero
disagio, ma rimaniamo con intimo e maglietta sopra: uno spettacolo a
livello termico.
Quel “roccia buona” della relazione del Bernardi mi aveva
preoccupato da casa, invece troviamo una roccia che potrebbe quasi
definirsi ottima! Finchè resti in via naturalmente: su L3 vado
troppo a destra e mi ritrovo su uno strapiombetto friabile per nulla
simpatico. Ma oggi c’è da pedalare e pensarci poco, se no usciamo
con la frontale.
Un noioso L5 di trasferimento è il
preludio a un pepato L6: il camino stretto. Tocca alla mia amica, che
non vedo nel momento clou (peccato!), ma che odo: parolacce,
maledizioni, tintinnii vari di materiale. Alla fine le urlo di
togliersi lo zaino se non riesce a passare con quello addosso, e così
fa e passa; ovviamente io che sono più grosso sia di corporatura che
di zaino, farò lo stesso, e sarà la prima volta che mi capita di
salire con lo zaino appeso all’imbraco!
Dai che abbiam perso troppo tempo su
questo tiro! Il prossimo cerco di salirlo in rapidità anche se forse
si tratta di quello più continuo sulla carta. La mia amica mi fa
rotolare dalle risate quando scopro che passa di fianco alla S8 ma
senza vederla (anello cementato): in realtà lì per lì rido poco,
perché poi mi tocca ricercare la via, ma siccome la trovo presto,
poi rotolo.
Rotolo meno quando, volendo salire il
più possibile, quasi concateno i due tiri successivi, e la corda..
oh issà! Tiro alla fune con la montagna: vinco io, ma ai
supplementari! Un altro tirello (sul quale inizia a notarsi che le
protezioni già in loco scarseggiano sempre più), e poi il
trasferimento per giungere ai tiri finali. Passo davanti alla sosta
senza vederla, poi torno indietro e la trovo: la vendetta della mia
amica.
Continuiamo in alternata: parte
Stefania, poi io per un bel tiro di fessura e diedro dove i friends e
nuts servono eccome! E si finisce sulla bella cresta articolata, un
altro tassello di questo labirinto dolomitico. Erroneamente, e
accidenti a me, esclamo “Ste, chissà quale di quelli spigoli ci
sarà da salire per me alla fine, sembrano mica facili!”: non sono
loro infatti..
Concordiamo di concatenare i prossimi
tiri, così da velocizzare, e se la corda finisce si va in conserva
protetta. Finisce, e quindi parto. Ma non avanza.. Messaggi urlati,
poi vado avanti lasco per vedere che succede e..”Ste ma che fai
li?!”, la trovo che sale una cengia bassa, sporca, terribile, che
porta a quegli spigoli che vedevo, ma che da qui non mi sembrano
logici. Infatti, una volta in sicura, avanzo un po’ e vedo la sosta
da tutt’altra parte. E due sono le soste non vedute!!
Vado alla vera penultima sosta,
recupero la mia amica e mi appresto al tiro finale. E se finora la
roccia era quasi ottima, qui pare di scalare su bicchieri di
cristallo: mamma che caga, movimenti versioni bradipo, gran
tastamenti di appigli e appoggi e a volte ”ripensamenti” su
quelli toccati. Ma alla fine trovo l’anello cementato, e ci siamo.
Recupero Stefania, e meritata foto di via! 600m di sviluppo, non
male.
E infatti la mia amica è bella stanca,
non fisicamente ma psicologicamente, e ci sta benissimo! Arrivata in
sosta odo di nuovo una frase simile a quella sentita dopo il primo
tiro di Tiziana "non sono
mai stata così felice di vederti!”.
Pochi passi e possiamo goderci il
panorama dalla cima del Col Toronn: vastità dolomitiche che mi
portano alla mente un sacco di ricordi (vastità=AV2,
ma anche tante vie salite qui in zona), ormai mi sento a casa qui.
Va bene godersi la giornata ma..è
tardi. Ci abbiamo messo 7h a salire la via (che potevano essere 6 se
non ci fossimo impantanati in certi passaggi, ma amen) ma dopo lo
spuntino e il cambio abito ormai sono le 16: telare!
La discesa comincia un po’ sporchetta
e delicata, senza una traccia precisa ma si può navigare a vista;
poi una volta che si mette piede sul sentiero, è tutta roba facile
verso il Passo de Crespeina, e poi giù a corricchiare sulle scale di
legno, dove anche la mia amica scopre che “ma si fa meno fatica
corricchiando”.
Risalita al Passo Cir, passaggio nelle
guglie di dolomia, e sentiero verso la Baita Jimmy (da evitare,
carissima!). Si taglia poi per prato dove vedo cose che voi
umani..Stefania che corre. In 1h dalla cima siamo già all’auto,
abbiamo così il tempo per festeggiare la giornata con una doverosa
birra.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.
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