sabato 22 ottobre 2016

La cordata della salute: Moonbears

Quando si dice “arrampicare in buone condizioni fisiche” occorerebbe fare esempio di questa giornata: al contrario. Io che dopo il triathlon dei poveri e la nottata di sabato ho passato una settimana di mal di gola e assenza di voce. Giorgio reduce da due giorni di malattia. Stefania che sta bene, ma inizierà a tossire oggi. La cordata della corsia d’ospedale.
Io Moonbears in realtà l’ho già salita tempo fa, ma siccome Giorgio la vorrebbe fare, andiamo, che meglio la compagnia che la via. Quando poi la compagnia si presenta con la crostata per rimpinguare la colazione e gnocco e formaggio a fine gita, come dirgli di no! Poi ci sarebbe anche la mezza voglia di concatenarci “Le strane voglie di Amelie”, ma in tre sappiamo che questo sarà difficile.
Partiamo prestissimo visto che quella parete è una delle più affollate della valle (e dopo ciò che ho visto sulla Bellezza della Venere..), i primi due tiri sono in comune con due delle vie più frequentate della Valle del Sarca, affollamento, untezza, la sintesi del perché Arco non mi va a genio (avessi il 6c, forse troverei vie meno unte e meno affollate).
E infatti mentre ci incamminiamo, dall’altra parte della strada marcia una squadra di concorrenti, armati fino ai denti, corde e ferraglia, casco già in testa, sono in 6. Acceleriamo il passo, ci manca solo che ci sia già gente anche all’attacco, ed è appena l’alba! Ma quando arriviamo alla cancellata scopriamo di essere i primi. Almeno. Siamo in tre, c’è il forte timore di essere sorpassati con tutto il caos di corde e salami incrodati che può seguirne.
Parte Stefania, che si è già divisa i tiri, ai lei i primi tre, i più facili ma anche i più unti. E infatti già lasciare il piedistallo della cancellata è un affaire mica da ridere: la vedo cincischiare e mi dico “mammai mia, se andiamo così su questi gradi, chissà dopo” e invece quando dopo Giorgio toccherà a me, capirò il perché. Zero appigli e appoggi saponati.
Secondo tiro in completo traverso, io e Giorgio raffreddati come siamo temiamo fortemente questo freddo che attanaglia: la valle spara vento e il cielo non spara sole. Ma non mi sto a vestire nella speranza esca la palla di fuoco, e chi visse sperando..ciaone.
Da S2 le strade di Moonberas, Orizzonti Dolomitici e Amazzonia si sperano: bene, speriamo di trovare della roccia meno consumata, ma non ci spero. Le cordate sotto di noi (di fianco a dir la verità) sappiamo fanno altro, vediamo quelle che verranno.
Dopo i tre tiri iniziali, tocca a noi “vai tu o vado io, vado io o vai tu” faccio decidere a Giorgio e parte lui: solo Stefania ha studiato la relazione, io la via l’ho già fatta ma tanto non la ricordo, e Giorgio l’ha proposta. Che gentaglia. E nonostante di quelli che tocca a lui questo sia il più facile, lo si vede pensare parecchio a come uscire da un passaggio.. Annamo bene.
E invece dai, annamo. Giorgio su L5 ci mette il tempo che gli serve, ma sale senza colpo ferire quello che ricordo essere un tiro bello tosto, a sfruttare questa fessura il più possibile in diedro, ma con qualche passo in Dulfer: piuttosto fisico e da fidarsi di piedi che poggiano su saponette. Stefania ringrazia, o meglio ringraziano le sue braccia.
Ultimo tiro per Giorgio, il malato in guarigione. Molto più malato il sole, sempre dietro una coltra di nubi che non lo lascia andare, e noi al freddo. Infatti non mi sento più le dita, arrampicare così, e su questa roba poi, è fantastico. Tiro meno continuo, ma un paio di passaggi in placca rendono il “un ci passa manco ‘no spillo”, toscanismi..
Ed eccoci a S6, cambio della guardia, finisco io la via! Intanto un’occhiata giù rivela che ci sono cordate che ci inseguono, formichine su tutta la parete e addirittura anche all’attacco! No vabbeh, ma se fossi alla base andrei da un’altra parte.. Il mio primo tiro è piuttosto semplice, preludio invece a una tempesta di verticalità.
Ahimè non canto, ogni seconda parola è strozzata dal mal di gola, finisce del pozzo senza fondo delle ugole malate. Ma per questo tiro provo a farmi forza e canticchiare. Lo strapiombo iniziale viene superato relativamente bene, le braccia non sono troppo cotte dai tiri di Giorgio. Ma la placca successiva senza piedi..dura! E poi mi scappa, mi scivola, sempre la mano destra, ma perché?! La guardo. Ah.
Il dito medio è avvolto da una sciarpa di sangue che non ho chiesto, e oggi scopro che il sangue è un ottimo lubrificante! Ma qui mi serve dell’aggrappante! Butta la mano nella magnesite, pulisci, di nuovo un tuffo, la presa, unta di rosso, scivola, maledetta. Prova, riprova, continua a sanguinare. Ho capito, azzerata o non si passa.
Superata la placca verticale le difficoltà calano, ma non troppo, a sinistra di un diedro vegetato che poi lo si riprende dopo un traversino dove esser bassi è meglio (Stefania, visto?). Ora ricordo anche questo di tiro dall’altra volta con Nicola e Marco! Diedro liscio e sosta all’ombra di un albero: ma io vorrei del sole! Il libro di via..non c’è, siccome manca il coperchio della scatola, inutile tenerci un libro da pucciare nell’acqua piovana.
Arrivano i miei amici, ora sono ben più allegro e canterino, ma Giorgio mi sfotte il mal di gola e inizia lui a intonare le mie canzoni, bastardo!!! Parto per l’ultimo tiro, avventurandomi su uno strapiombone: one non tanto perché sia a tetto, ma perché è tanto da abbracciare! Vorrei essere il terzo di cordata per godermi la scena di Stefania che non arriva alla presa buona e si ghisa, e invece..
Salto la sosta ufficiale e continuo fino alla rete di contenimento, ora sì che il sole è uscito e si sta bene! Fame e sete, mentre recupero i miei amici gli do sfogo, la mia povera gola.. Eccoli che arrivano, foto di gruppo e poi “Che famo? Giù alla birra o su alla via?”: due conti sugli orari, Stefania che ne ha abbastanza ma ci dice di andare tranquilli, Giorgio che non vuole essere a casa tardi..birra in compagnia!
Scendiamo con calma ammirando i sirenetti del Lago di Toblino, una bella birra e spuntino al solito bar delle Placche Zebrate sognando già altre arrampicate: magari con della salute in più però!

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Qui relazione.

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