Meteo, impegni, orari notturni
imprevedibili, non permettono di pianificarsi un weekend
“tecnicamente” accattivante: ma possono portare a giornate di
libertà senza pensieri. Sulla scia della scorsa domenica, opto di nuovo per un trail in solitaria: gambe in moto e
testa spenta.
Autostrada no grazie, Appennino
Reggiano già stato, vediamo nel modenese che si può fare: e così
mi viene in mente la Cima Tauffi Trail, troppo lunga la “completa”,
ma la light va benone! Km, dislivello, salita al Cimone, cresta al
Libro Aperto, c’è tutto! Solo speriamo il meteo regga un pochino,
almeno finchè arrivo sul Libro Aperto, altrimenti lassù c’è da
star male tra freddo e evento, e da perdersi in mezzo alle nuvole.
Parto già in ritardo, fatico a trovare
il sentiero di partenza, e il cielo verso il crinale est è già
pessimo, ma sopra di me no. Riesco a salire nel primo tratto con
temperatura discreta, corricchiando parecchi tratti grazie alle
pendenze piatte o blande, ma a Passo Serre inizia a piovere e non
promette nulla di buono.
E niente, arrivo in cima e torno giù,
pace: troppo pericoloso perdersi o prendere troppo freddo proseguendo
oltre. Intanto incappucciato e coperto con l’impermeabile, continuo
la salita, da solo, nei boschi, pochi rumori di civiltà e tantissimo
rumore di silenzio. Sbuco sulle piste, roccette per arrivare al Sasso
della Capra, e sorpresa: pare non piovere più! Ma dai 2000m in su è
tutto avvolto nella nebbia.
Salita rapida verso una vetta che
conosco già, luci strane e grigio che sfuma sotto le orde del vento,
che qui sono ancora gridolini strozzati, sopra saranno urla discrete.
Memore della fatica fatta alla MOHL, non guardo in su (va beh che vedrei poco) ma solo giù, anche
per non scivolare. E infine, eccoci alle costruzioni
dell’osservatorio, e quindi al monumento di vetta.
Eddai, provo a continuare! Non piove,
non nevica, freddo sì e nubi pure con visibilità spesso a 10m, ma
si può provare: anche come tempi sono messo bene direi. E per
fortuna che vado, perché ora inizia la parte divertente, la libertà
di correre senza (apparenti) confini, senza (apparente) meta, solo
io, le mie gambe e la natura che mi avvolge (mi stringe quasi, tra
vento e nuvole).
I tempi dei cartelli vengono ovviamente
(e per fortuna) polverizzati, ma la cresta è più lunga di quello
che pensassi, e mi capita pure di perderci tempo perché un tratto è
sprovvisto di indicazioni. O meglio, sono distanti 30m le une dalle
altre, il terreno è uniforme in tutto il campo da calcio che mi
circonda, e non si vede a 15m.
Incrocio le prime due persone, tutte
imbacuccate e io in modalità leggera. Sassi e pietre, poi finalmente
al bivio dove dovrei iniziare a scendere verso valle, lasciando
questa nuvolaglia, ma..no dai, saliamo anche al Libro Aperto! Già
che son qui, si fa.
Giù a crepacollo in mezzo a praterie
rosso fuoco per i mirtilli autunnali, il sole che ogni tanto mi fa
visita, le nuvole minacciose sul crinale che ogni tanto lasciano
intravedere qualcosa (ma non potevate farlo un’ora fa?!). Dal Gran
Mogol in poi l’umanità torna a farsi vedere, ma il mio passo mi
permette di non lasciare più che un “buongiorno” nell’aria,
potendo poi tornare a stretto e solitario contatto con la montagna.
Risalita, la stanchezza inizia a farsi
sentire, ma soprattutto la voglia di “finire”, almeno per oggi.
Tratto in piano verso est, e finalmente al Passo della Mirandola si
ricomincia con la discesa. Nervosa, tecnica, pietre smosse e fango
scivoloso: non che non ci fossero già stati tratti così, ma prima
ero più lucido. Un salto tra pedoni che pensano che il sentiero sia
tutto loro (sono educato, chiedo “permesso”, ma se non vogliono
sentire..io devo passare), ormai il paese è vicino.
Ed eccoci a
Fanano, di nuovo, dovendo poi risalire all’auto (parcheggi a
pagamento in tutto il centro, tutto l’anno!). Cielo scuro, sempre
di più, ma a me ora non interessa: la mia nuova meta si chiama
“panino al formaggio, birra media, doppia razione di torta” e che
piova o non piova..la raggiungo lo stesso! Qualche numero: 34km,
2200m D+ e altrettanti D-, 5h40min.
Qui altre foto.
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