domenica 15 gennaio 2017

Doveva essere un trekking tranquillo: tramonto sull’Altissimo di Nago

Dopo la giornata di ieri, e la serata di stanotte passata brillamente a ballare, chissà se di energie ne avrò ancora. Un giorno il fisico mi presenterà il conto, ma fino ad allora.. daje! Sveglia con calma (manco troppo, abbiam dormito poi 6h), zaino, colazione, e solo all’ 1e30 ci mettiamo in cammino dal parcheggio. L’1e30 del pomeriggio, inconcepibile! 13e30 insomma.
Su per il sentiero delle Vipere con Stefania, per un ritorno alla montagna soft dopo la pausa natalizia. Soft.. non per sempre. Finalmente un po’ di bianco su queste montagne, ma pochissimo per la stagione. Un sole potente ma che non riesce a scaldare il freddo dell’aria.
Sbuchiamo sull’altopiano con la sete, il fegato chiama, ma quasi senza fame, lo stomaco rigetta. Il tentativo di rutti digestivi e il “Ste, il rifugio è lassù, però sembra che potremmo aggirare in piano la sotto verso nord, e salire più avanti cosi facciamo un anello.” “va bene”, e andiamo!
Chiacchiere sui massimi sistemi della vita (eccerto) e la bellezza di incontrare pochissima gente, complice l’orario di partenza ma anche l’itinerario scelto. Infatti su questo tratto non è passato nessuno, neve vergine che per fortuna non è mai più di 15cm. E il freddo che si sente visto che la punta dei piedi è duretta, e sono in continuo movimento!
Si sale verso la schiena nord dell’Altissimo: ora che un po’ di km si sono macinati, la voglia di una bella polenta calda al rifugio ci assale. Peccato che resteremo quasi con le lacrime agli occhi. Salendo il panorama si accende verso il gruppo dell’Adamello e del Brenta, spettacolare. La nostra meta la più avanti, ma il sole si è coricato a sufficienza per lasciarci tutto il resto del tempo all’ombra.
Arriviamo al Rifugio Damiano Chiesa a un orario balordo per i miei piani: se stiamo in cima per vedere il tramonto ci facciamo mezz’ora al gelo, se andiamo dentro ci servono il piatto caldo quando sarà ora di uscire. Puntatina veloce alla cima, due foto e scappiamo dentro.
“Cosa puoi farci da mangiare?” “niente” e vedo la faccia di Stefania rispecchiare in modo ancor più marcato la mia sorpresa delusione, “pane” cazzo, “pane e formaggio” “va bene quello!”, madonna che tristezza, noi che si puntava al mangiatone! Ma li capisco, stan chiudendo, siamo noi in ritardo! Intanto una birra si tracanna “Comunque abbiamo del coraggio a bere ancora della birra”.
Operazione acquisto bandierine tibetane riuscita, e mentre fuggo in cima per scattare la foto all’ultimo spicchio di sole che va a nanna, la mia amica inizia a scendere seguendo altri due. Fuga di corsa dalla gelida cima, non vedo nessuno, corro giù a rotta di collo ma ancora nessuno, dove sono? Vedo due moto giù, saran loro, accidenti che veloci, via giù! E dopo un po’ li scorgo più su di me..
Al Rifugio Graziani alla Bocca del Creer arriviamo veloci grazie a i tagli dove occorre prestare un minimo di attenzione a non finire col culo a terra. Culo che.. si sta per consumare la tragedia. Siamo sull’asfalto, al sicuro, ok che sta diventando buio, ma non ci sono pericoli. Una lastra ghiacciata invece ha deciso di prendersela con la mia amica e.. pom, per terra.

Sbianco, non c’è un cazzo da ridere quando qualcuno cade, almeno finchè non capisci che non si sia fatto nulla. Lei invece è parecchio dolorante, e mi preoccupo abbestia. Ma tra le madonne che tira, vedo che il ginocchio lo muove, quindi dai, sarà solo una botta, ma che botta.. Madonne e pensieri e preoccupazioni tra i più disparati e innominabili.

Si riparte, con calma, c’è solo da percorre 4,3km di strada debolmente innevata. Calma che si incrementa come il buio. Stefania rallenta e zoppica sempre più, il dolore aumenta e occorre andare piano e fermarsi a riprendere fiato. Dopo tanto insistere, finalmente la convinco che forse è il caso che la prendo in spalla visto che ormai quasi non cammina più. “Va bene dai, così almeno ti stanchi”.

“Ste però aggrappati bene” “Ste però allenta un po’ il braccio sinistro, mi strozzi!” per fortuna che mancano solo poche centinaia di metri all’auto, perché.. che fatica! Bello gonfio lo stinco accidenti! Qualcosa di caldo dopo il freddo, la fatica e la sofferenza ci vuole (basta birra però) e l’Albergo al Platano potrà rincuorarci.

La discesa dall’auto è fulminante: quasi non si muove, super dolorante. La signora del ristorante è gentilissima e super cortese con l’infortunata, si vede che gli risveglia lo spirito materno: davvero grazie. Quel troglodita al bancone che la spara grossa invece.. va beh, esistono anche i trogloditi. Dopo mangiato almeno va un po’ meglio, la giornata sta per finire ma.. per Stefania la nottata sarà al Pronto Soccorso.

Mai mollare Ste!

Qui altre foto.

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