Ci sono treni che se non li prendi al
volo non passano più. Le condizioni in Appennino sono uno di questi
treni: una catena montuosa dove l'influenza dei pazzi agenti
atmosferici e dei forti venti, rende l'inverno parecchio capriccioso
quando si parla di condizioni delle neve. Se ci metti che la
settimana prossima danno meteo perturbato, se ci metti i francesismi
dei messaggi di un collega, e il fatto che i report delle cascate su
facebook parlano tutti di “docce”, e allora le stelle sono
allineate per.
Con Simone partiamo alla volta delle
mille curve che ci separano dal parcheggio: sono meno di 100km che
diventano 2h15min grazie alla tortuosità delle strade. Ma alla fine
ce la facciamo ad arrivare a Succiso Nuovo, e dopo aver girato in
tondo per il paese, troviamo i cartelli di partenza del sentiero.
Colazione al sacco, preparazione materiale che pare andiamo a fare
una big wall, e dopo la giornata di ieri,
sono di nuovo in Appennino.
Si parte al buio come compete a certe
salite e ambienti: il non vedere ha anche il vantaggio che al ritorno
sembrerà meno noioso scendere da qui. Non fa freddissimo, presto ci
spogliamo salendo su una mulattiera debolmente innevata. Debolmente
innevata ma fortemente ghiacciata, una trappola mortale che al
ritorno annienteremo calzando i ramponi quasi fino all'auto, tie! E
più s, fa freddo: la barba è ghiacciata.
Arriviamo nei pressi del Rifugio Rio Pascolo (memorie di un capodanno di tanti anni fa, nel quale venne scattata la foto che fa
da sfondo a questo blog) che la frontale non serve più anche se
l'alba non è ancora compiuta. Ed ecco che dal locale invernale
escono quattro possibili concorrenti alla salita, tra cui
inconfondibile Marco degli Alpinisti del Lambrusco.
Insieme ci incamminiamo dentro il
vallone, parlotto con Marco, finchè più avanti mi fermo, il
lambruscaro mi ferma, Simone mi raggiunge e “oh ma te quando vedi
qualcuno davanti devi per forza mettere il turbo?!”. Proseguiamo
senza ramponi su una neve al limite, pregustiamo che questa durezza
del terreno possa farci godere anche sul verticale oggi.
Ci si addentra sempre più nel vallone,
e pian pianino iniziamo a scorgere le pareti rocciose interessanti,
solcate da strisce di neve dura: bianco e grigio scuro che si
alternano come su un quadro di arte moderna.
Alla base della muraglia ci fermiamo
per: mangiare, bere, vestirci, imbragarci, picozzarci, ramponarci..
Gli altri quattro devono solo legarsi, e attaccano la muraglia in una
zona coi controc: una striscia bianca pare abbordabile, ma la nostra
via è altrove, e saggiamente Simone mi dice “andiamo su quello che
abbiamo battezzato”.
Ci si sposta ai piedi di un'altra
muraglia, dove parte la via Anni Settanta. Ci si lega, una sosta su
friends alla base, e mi preparo a partire. La striscia di neve pare
davvero stretta, ma dai, vedrai che riesco a spaccare alla mia
sinistra su quell'altra e salire agevolmente. Eh sì certo.
Parto arzillo, mi ritrovo compresso,
poi esaltato. Spaccare con le gambe è da contorsionisti, anche con
le picche si fa fatica, troppo aperto. Presto mi ritrovo a salire su
una striscia larga una spanna, con una picca piantata sopra l'altra,
e i piedi anche loro uno sopra l'altro. Un friends 20m sotto di me
come unica protezione.
Ma le picche e i ramponi entrano che è
una goduria: solo punte, quel che serve. Esco da questa fessura di
30m, mi volto verso Simone e gli faccio il pollice alto: tutto il
giorno penserò a questi 30m superlativi. Traversino, poi qualche
metro più verticale su neve misto erba e terra, da cercare dove
piantare gli attrezzi ma fidarsi sol dei piedi!
Un sasso incastrato (o congelato?)
sotto un pietrone mi premette una sosta che altrimenti..boh, non so
dove avrei fatto. Recupero il mio amico che si gode la salita. Lo so,
sembra un rapporto sessuale con tutta questa goduria, ma così è.
Simone parte, dopo un pendio innevato
davanti a noi si erge una nuova piccola muraglia solcata da diedri
innevati che ci chiamano come le sirene chiamava Ulisse. Ma la nostra
corda segue la via originale, che sguscia a sinistra per poi
rientrare a destra verso il fantomatico camino. Finita la corda,
parte la conserva, mentre i lambruscari salgono per vie ben pi dure
alla nostra sinistra.
Simone armeggia alla base del camino
per far sosta, nei 130m di conserva ben due friends a proteggere la
nostra progressione! Di più, non si poteva.. Lo raggiungo
contemplando il prossimo tiro che pare ancora croccantello,
rinforziamo la sosta, gli chiedo se voglia andare lui, poi parto per
la serrata di chiappe!
Dalle foto sulla guida, di solito
questo camino obliquo è pieno di neve: oggi no, l'uscita sarebbe su
placca afferrando spuntoni marci. Meglio salire dritti su neve
sputata e vomitata e pressata che però è un pochetto psyco. Una
protezione sulle rocce a destra, poi via in libera per decine di
metri di neve ottima ma esigua: niente falistre, ma si sente che le
becche picchian la roccia..
Uscito dal piano inclinato a bubboni di
neve, dolce (beh, dolcino) pendio misto erba costeggiando una fascia
rocciosa che almeno permette una sosta che pare robusta. Ma che
bello. Che goduria. La picca si pianta talmente bene che si fa fatica
a estrarla!
Arriva anche Simone, che riprende un
attimo fiato perchè il fatto che entrino solo le punte dei ramponi
una bella “ginnastica” per i polpacci. L'amico sale su buona
neve, si ferma sotto delle rocce provvidenziali per metter giù una
protezione, e poi dritto verso l'uscita sulla cresta est della nostra
cima.
Lo raggiungo festante, soddisfatto: la
via di oggi non era proprio una passeggiata! Un bel sole ci scalda le
membra che nella parete ombrosa soffrivano lo stare fermi.. Una
stretta di mano di soddisfazione, e la contemplazione del nostro
Appennino (mezzo nudo a dir la verità).
Riorganizzato lo zaino ci dirigiamo
verso la cima dell'Alpe di Succiso, per una sosta ristoratrice e
decidere per dove scendere: le possibilità sono diverse e tutte ben
documentate sulla guida, che ovviamente mi sono portato nello zaino
per intera!
Dai, scendiamo per la Cresta Nord, così
chiudiamo l'anello in modo meno banale rispetto a scendere per la est
e poi per il vallone. Vecchie tracce ci indicano che non deve essere
impossibile, qualche roccetta, e solo verso la parte finale un pendio
ripido con poca neve su placche rocciose, che scendiamo faccia a
monte.
Poi daje de caviglia per arrivare fino
al Rio Pascolo! Scendiamo sulla mulattiera infida di stamani,
accaldati e assetati, e pure in orario. Non c'è che dire, oggi
abbiamo preso un treno in perfetto orario, e goduto una neve rara.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.
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