venerdì 9 dicembre 2016

Ritorno sulla roccia: Placche Zebrate, Via Trento

Pare un secolo che non arrampico. Non un secolo ma più di un mese. E mi manca. E temo che, già essendo scarso, questo mese di lontananza anche dalle palestre indoor si farà sentire. Meglio andare alla ricerca di una via facile, o meglio abbordabile, e non aspettare oltre prima di rimettere le scarpette e le mani sulla roccia!
Con Stefania si decide di andare ad Arco, lontano dalle nebbie della pianura padana e alla ricerca di versanti al sole viste le temperature frizzanti. Una nuova pausa colazione all’arrivo diventa forzata nell’attesa che il sole superi la mole dello Stivo e delle sue propaggini per poter illuminare la valle del Sarca.
L’arrivo al parcheggio della meta designata è però una botta nei denti: freddissimo! Siamo all’ombra, e non pare che il sole qui arriverà mai: eppure la via è data a est.. Confidiamo nell’avvicinamento, che ci faccia svoltare in modo opportuno: nulla da fare, forse la parte alta è anche al sole, ma il primo tiro è decisamente di sofferenza! Dietrofront.
Le care vecchie amate odiate unte Placche Zebrate possono salvare la giornata? Ci dirigiamo verso di loro con tre vie papabili, ma solo una nessuno dei due l’ha mai fatta: speriamo sia libera dalla folla che di solito affolla questa parete. Nel tepore del sole si sta già meglio, e questo è già qualcosa.
Scorgiamo l’attacco e pure almeno due cordate, porcaccia la miseria! Ma giunti a pochi metri e scambiate due parole, tutti quelli che sono lì vogliono salire 46° parallelo che corre giusto a fianco: bene, possiamo salire la via Trento. Attacchiamo che sono le 10:45, follia!
Il primo tiro è un buon impatto con una materia che latito da un po’. Mettici il fatto che questa via (come quasi tutte quelle delle Placche Zebrate) è talmente unta che si scivola sul pari, e viene fuori un bel cocktail alcolico per uno che non beve da un mesetto.
La mia amica riparte per il secondo tiro, dopo una sosta affollata in quanto in comune alla via a lato. La ressa inizia a farsi sentire, anche perché una cordata sbaglia e finisce quasi sulla nostra via, dopo averci tirato un sasso in testa..
Il terzo tiro dovrebbe essere il più duro. Evvabbeh, un 5b, che sarà mai! Per me fa già abbastanza: fidarsi dei piedi mi riesce poco sulla roccia nuova, figurati su quella usurata! Giochi di equilibrio, braccia lunghe, spostamenti leggeri e lenti, sono ben felice di superare il tutto senza troppo annaspare!
Sul quarto tiro qualche attimo di pensiero per Stefania, anche lei a digiuno di roccia da un pochetto, ma sale anche lei. Verso la fine di questo tiro si trova un passaggio un pochino più ostico di quello che ci aspetterebbe, ma ormai manca poco.
Ultimo tiro per terminare la via, che finisce in comune con 46° parallelo: tra noi, un’altra cordata sulla nostra via e 4-5 su quella a fianco, il numero di persone ha raggiunto un discreto valore numerico. Salto la sosta ed esco fino alla pianta che sta sul sentiero di discesa per evitare sassaiole sulla testa (una già presa).
Dopo 2,5 ore oneste, siamo fuori. Salvata la giornata, che non può che finire qui anche se sono le 13:15: scendere e iniziare un’altra via vorrebbe dire rifinire all’ombra presto, e non abbiamo voglia di riprovare questa emozione! Un mars di via che non mangiavo da tempo, e via verso il ristoro serio all Bar dellePlacche Zebrate.

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