Noi si dice “mi ride anche il culo”.
Non trovo parole migliori per rendere la gioia con cui finalmente
rimetto i ramponi ai piedi. E per una destinazione che fa parte
(anche se in modo leggermente defilato) di un gruppo montuoso che i
miei amici di montagna denigrano: le Orobie. E oggi manco son stato
io a scegliere la meta!
Anche la compagnia è piuttosto
insolita: io, Cristian,
Mattia e Roberta. Sveglia di buon ora, si buca la nebbia che opprime
la pianura, e intorno alle 6e30 arriviamo sotto al Rifugio Cimone della Bagozza: la penuria di neve tiene aperta una strada di cui
altrimenti avremmo dovuto percorrere km a piedi. Una gran folla ci
accoglie, mentre lentissimamente ci prepariamo.
In cammino, con l’aria frizzante e il
morale alle stelle, sia per noi “veterani” che per le due
“reclute”. Il profilo del Cimon della Bagozza è inconfondibile e
stagliato verso un cielo limpido ma già troppo chiaro: l’alba
arriverà troppo presto! Ma seguendo il sentiero il profilo si
allontana invece che avvicinarsi.. Tentenno, saremo sulla strada
giusta? La cartina 1:50000 non aiuta.. Ma fiducioso..ecco il bivio!
Si passa dalla forestale, ai prati, a
un laghetto, alla sassaia che vuole famelica le nostre caviglie. La
nostra meta ancora non si vede, mentre un gruppo di alpinisti ci
supera avendo preso una scorciatoia. La Bagozza è evidente, la prima
cima orobica che tentai anni fa con Marco ma che ci respinse per la
poca neve (poi rimediammo il giorno dopo col canalone del Redorta).
Una volta sul ghiaione a grana grossa,
dove le prime strisce di neve ci ricordano che presto inizia il
divertimento, osserviamo almeno 15 persone verso la Mengol Surprise:
troppo ottimisti l’avevamo messa come prima scelta, ma questa folla
ci rende maggiormente corretto optare per il più facile canalone
ovest, che invece saliremo da soli. Poco oltre, si calzano i ramponi.
Quick quick, la neve è ottimamente
dura, solo le punte degli artigli si conficcano nella neve: fortuna
le pendenze sono modeste, o i polpacci griderebbero.. di una gioia
latticosa. Questo suono, par quasi metallico, ma non così duro.
Nemmeno morbido come la neve dolce che si assesta sotto i tuoi piedi
quando la pesti. È un suono diverso, the sound of happyness. Mi
mancavi.
Il canalone è bello largo, si zigzaga
oppure lo si prende di petto. Pareti rocciose alla nostra sinistra,
alla destra ancora per un po il nasone della Bagozza. Poi pian piano
ci si restringe, lontani dal mondo, dentro la montagna, che ci
accoglie silenziosa e senza ostacolarci.
Mattia e Roberta alla loro prima volta
non paiono per nulla intimoriti, anzi. Mattia esuberante come un
bimbo al parco giochi, Roberta sale e contempla. Mi fermo ogni tanto
al riparo di un masso o in una nicchia laterale (ok rischio basso, ma
non si sa mai) ad osservare la ciurma che sale. Il panorama “chiuso”.
L’ambiente. La libertà.
Noi sempre all’ombra, le cime intorno
o lontane belle al sole. Il cielo blu. Ottimo meteo. Il canale si
restringe, le rocce si avvicinano: la montagna non ci sta
intrappolando, vuole solo abbracciarci più stretta. Basta che non ci
stritoli. Nuove linee di salita più ardue per raggiungere la cresta,
ma meglio lasciare stare oggi e cercare il facile.
Sbuco fuori dal canale, il sole mi
colpisce, mi scalda, mi rinvigorisce e mi fa rinascere: partorito
dalla montagna. E la macchina fotografica non va più, porco cane! I
miei amici seguono dietro, io iniziavo a d aver voglia e smania di
vedere cosa c’era fuori e ho preso un po’ di largo. Panorama
ampio, ma non ancora a 360° visto che non siamo in cima.
Trotterello allegro sulla cresta, mi
sposto su un promontorio (sotto vedo bene esserci la roccia, non è
una cornice!) per vedere meglio gli altri e fare qualche foto col
telefonino. Arrivano anche loro, siamo ancora soli anche se da basso
si vede arrivare altra gente: la montagna è tutta per noi.
Tutti fuori, tutti felici, tutti
affamati! Una sosta ristoratrice che anticipa il picnic di vetta, due
chiacchiere e quattro risate.
Si riparte su neve molliccia e rada, un
traverso e poi erba e roccette verso l’alto, alla ricerca del
percorso migliore e meno scivoloso. Si sentono delle voci: altri già
in cima, dove infatti troveremo un buon numero di persone salite
dalla Mengol Surprise.
Ed eccoci anche noi! Giornata da
favola, meteo strepitoso, condizioni ottime. La cordialità delle
persone che troviamo in cima è disarmante: si chiacchiera con tutti,
si scherza e si ride, ci si fa foto a vicenda. Un ragazzo mi elenca
le cime che si vedono da qua finchè non esordisco con un “e quello
là è il Cusna!”. Un altro che dopo un po’ che si parla “ma tu
qualche anno fa non eri con un tuo amico sul Re Castello? Ci siamo
già visti la”, è vero!
Una bella mangiata, una ragazza che
arriva in reggiseno sportivo e semina lo scompiglio nei nostri deboli
cuori (non in quello di Roberta) e poi meglio scendere prima che ci
sia la calca nel canalone. Lasciamo questo pezzo di libertà e
iniziamo una discesa (stavolta armati di picca che meglio non
rischiare lo scivolone) che sa di..a quando la prossima?
Arrivati all’imbocco (uscita) del
canalone, pronti a rituffarcisi dentro, noto tre alpinisti sulla
cresta “verso” il CImon della Bagozza, che avevo addocchiato
appena mi è comparsa davanti agli occhi un’oretta fa. Ma
rimandiamo alla prossima volta. Scendiamo sempre all’ombra, con
gente che sale, gente che scende, e Mattia che mi fa prendere un
colpo quando mi giro e lo vedo culo a terra che cerca di arrestare lo
scivolamento!
Le caviglie chiedono pietà, e la
trovano appena finisce la neve: via i ramponi e fine delle pendenze
cui adattare la propria andatura. Due chiacchiere con un altro
alpinista, e poi con Montagnatore con cui scambiamo un po’ di informazioni e pareri vari. Ora posso
fare i complimenti ai compagni di avventura di oggi.
Cerchiamo di prendere la scorciatoia ed
evitare di passare di fianco al laghetto di stamani, ma non credo
guadagniamo molto. Almeno possiamo ammirare dei bellissimi cristalli
di neve e ghiaccio, l’esaltazione della natura geometrica, della
regolarità microscopica che diventa macroscopica. Piccole grandi
magie.
Superaccaldati sulla forestale, e poi
alla macchina. Ci si cambia, e poi dritti coi piedi sotto al tavolo
al Rifugio Cimone della Bagozza. Ci
si sazia, e si progetta già la prossima. Insaziabili.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.
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