giovedì 8 dicembre 2016

Risvegliando la propria natura: Cusna e Prado, my friends

La “prigionia” di quest’ultimo mese è stata opprimente. Ma contro i malanni di stagione (prolungati dal “non starmi dietro”), un po’ di brutto tempo, un bel po’ di impegni della vita “ufficiale”, non ci si può far nulla. Ora però basta, voglio qualche giorno per dedicarmi alla mia salute mentale. Salute. Inzomma..
Nonostante una cena ieri sera, un rientro a casa a un orario che non mi permetterebbe di dormire un numero di ore che si contano sulle dita della mano di un operaio che e ha perse 3, ho assolutamente voglia di un bel trekking nel mio Appennino Reggiano: la mia solita palestra, ma si sa che in montagna nulla è mai uguale.
Tre soste per dei microsonni lungo la strada, i nuovi scarponi ai piedi (quelli vecchi sono usciti malconci dall’Alta Via N 1 Dolomiti di quest’estate), e parto verso Pescheria Zamboni, deciso a salire il sentiero che poi sale al Cusna e vedere l’alba in cima. Ma è già chiaro che sono troppo in ritardo per farcela. Intanto una bella brina luccica in mille sfaccettature riflettendo la mia frontale.
E infatti esco dal bosco che i primi raggi già illuminano quella poca neve che ha resistito sulla schiena del gigante. Bei colori e sfumature di arancione, e poi il sole che mi prende in pieno, per poi abbandonarmi nella valle ombreggiata che giace ai piedi della “nord” del Cusna.
I polmoni respirano già ampi spazi, libertà, serenità e pace.
La cena di ieri sera mi ha davvero riempito, zero fame e buone energie per continuare la salita. Lingue di ghiaccio in formazione che mi rendono voglioso di spicozzare: arriverà anche questo momento. Le nebbie a valle mi fan riflettere su che brutta aria respiriamo tutti i giorni, mi sento un privilegiato a esser qui.
La (poca) neve dona quel tocco di purezza all’ambiente che fa bene all’anima. Il sole scalda una giornata che comunque non è fredda. Ormai la cima è vicina, e l’assenza di vento è quantomeno insolita per questi luoghi tendenzialmente patagonici: “L’Appennino senza vento è come una bella donna senza mutande, semplificato! Ma mica sempre dobbiamo averle difficili le sfide”.
Cima. Gli occhi spaziano verso vedute distanti km, verso sogni lontani e alti, nutrendo una mente sempre affamata di nuove gioie.
Una sosta non breve grazie all’aria ferma e non ghiacciata, poi trotterello giù per le roccette e proseguo sul crinale verso il Passone, col sole in faccia: non a caso ho scelto questo giro, per poter percorrere questo tratto in direzione est. Saluto due Federico incontrati in cima e tempo fa negli stessi luoghi, e mi dileguo verso il prossimo obiettivo.
Oggi voglio far gamba, macinare strada per piallare i pensieri. Vedere, solcare, pestare i “soliti luoghi” per tornare un po’ stesso, alla mia natura. Risalita della cresta nord del Cipolla, tra sole a est e ombra a ovest, due bei contrasti di temperatura e di neve per terra.
Il tratto arrampicatorio della cresta nord del Prado, dove mi ricorderò sempre l’issata della palla di pelo, è sempre quel pizzico di pepe in un bel piatto di pasta. Dopodichè non resta che continuare a camminare verso la vetta. E di nuovo vedere panorami. La giornata è limpida, hastang “oggi si vede anche il Tibet”.
Discesa verso un ghiacciato Lago Bargetana, e rientro classico verso il Passone e discesa a Pian Vallese e all’auto. Incontrando altre lingue ghiacciate, altra brina. Tornando alla vita “ufficiale”, tornando coi piedi per terra, destinazione un altro pomeriggio di “passione” nel senso negativo del detto: la “passione”, quella positiva, quella che arde senza dolore, è rimasta su quei monti. È sui monti.

Qui altre foto.
Qui report.

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