La “prigionia” di quest’ultimo
mese è stata opprimente. Ma contro i malanni di stagione (prolungati
dal “non starmi dietro”), un po’ di brutto tempo, un bel po’
di impegni della vita “ufficiale”, non ci si può far nulla. Ora
però basta, voglio qualche giorno per dedicarmi alla mia salute
mentale. Salute. Inzomma..
Nonostante una cena ieri sera, un
rientro a casa a un orario che non mi permetterebbe di dormire un
numero di ore che si contano sulle dita della mano di un operaio che
e ha perse 3, ho assolutamente voglia di un bel trekking nel mio
Appennino Reggiano: la mia solita palestra, ma si sa che in montagna
nulla è mai uguale.
Tre soste per dei microsonni lungo la
strada, i nuovi scarponi ai piedi (quelli vecchi sono usciti malconci
dall’Alta Via N 1 Dolomiti di quest’estate), e parto verso Pescheria Zamboni, deciso
a salire il sentiero che poi sale al Cusna e vedere l’alba in cima.
Ma è già chiaro che sono troppo in ritardo per farcela. Intanto una
bella brina luccica in mille sfaccettature riflettendo la mia
frontale.
E infatti esco dal bosco che i primi
raggi già illuminano quella poca neve che ha resistito sulla schiena
del gigante. Bei colori e sfumature di arancione, e poi il sole che
mi prende in pieno, per poi abbandonarmi nella valle ombreggiata che
giace ai piedi della “nord” del Cusna.
I polmoni respirano già ampi spazi,
libertà, serenità e pace.
La cena di ieri sera mi ha davvero
riempito, zero fame e buone energie per continuare la salita. Lingue
di ghiaccio in formazione che mi rendono voglioso di spicozzare:
arriverà anche questo momento. Le nebbie a valle mi fan riflettere
su che brutta aria respiriamo tutti i giorni, mi sento un
privilegiato a esser qui.
La (poca) neve dona quel tocco di
purezza all’ambiente che fa bene all’anima. Il sole scalda una
giornata che comunque non è fredda. Ormai la cima è vicina, e
l’assenza di vento è quantomeno insolita per questi luoghi
tendenzialmente patagonici: “L’Appennino senza vento è come una
bella donna senza mutande, semplificato! Ma mica sempre dobbiamo
averle difficili le sfide”.
Cima. Gli occhi spaziano verso vedute
distanti km, verso sogni lontani e alti, nutrendo una mente sempre
affamata di nuove gioie.
Una sosta non breve grazie all’aria
ferma e non ghiacciata, poi trotterello giù per le roccette e
proseguo sul crinale verso il Passone, col sole in faccia: non a caso
ho scelto questo giro, per poter percorrere questo tratto in
direzione est. Saluto due Federico incontrati in cima e tempo fa
negli stessi luoghi, e mi dileguo verso il prossimo obiettivo.
Oggi voglio far gamba, macinare strada
per piallare i pensieri. Vedere, solcare, pestare i “soliti luoghi”
per tornare un po’ stesso, alla mia natura. Risalita della cresta
nord del Cipolla, tra sole a est e ombra a ovest, due bei contrasti
di temperatura e di neve per terra.
Il tratto arrampicatorio della cresta
nord del Prado, dove mi ricorderò sempre l’issata della palla di pelo, è sempre quel pizzico
di pepe in un bel piatto di pasta. Dopodichè non resta che
continuare a camminare verso la vetta. E di nuovo vedere panorami. La
giornata è limpida, hastang “oggi si vede anche il Tibet”.
Discesa verso un ghiacciato Lago
Bargetana, e rientro classico verso il Passone e discesa a Pian
Vallese e all’auto. Incontrando altre lingue ghiacciate, altra
brina. Tornando alla vita “ufficiale”, tornando coi piedi per
terra, destinazione un altro pomeriggio di “passione” nel senso
negativo del detto: la “passione”, quella positiva, quella che
arde senza dolore, è rimasta su quei monti. È sui monti.
Qui altre foto.
Qui report.
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