“Ehi Andre!” dissero le gambe.
“Ditemi bimbe!” rispose la testa.
“Ci porti a fare un giro? Ma da stancarsi bene a modo!”
“Ohi ciccie, devo vedere se reggo anche io un simil sforzo”
“Yuppi ya yeah” esclamava sotto voce il cuore.
126,76km, 4446 D+, in 29h no stop.
Il mio primo incontro con la Via degli Dei avvenne parecchi
anni fa, quando con Marco feci un giretto in MTB salendo fino anche al Monte
Adone (due coglioni). Vidi questi cartelli, e a casa mi documentai un pochetto.
Mi prestarono una guida (che ho ancora, e ahimè non ricordo di chi sia), ma non
arrivò mai l'occasione per farla. Vuoi perché preferisco fare altro, vuoi perché
forse in fondo non era sta gran figata, tutto andò in standby.
Ogni tanto ci pensavo, e ganzo della mia traversata dell'Appennino o di altre follie
compiute, mi dicevo che magari potevo pure tentarla in giornata. D'altronde,
treni comodi, zero voglia di sbattersi a prenotare dove dormire, sentirsi
libero da orari e vincoli. Roberta mi risveglia questo progetto nel cassetto
con un innocuo “ma secondo te, si può fare in due giorni?” “Beh Robby, io
pensavo di farla in uno..”.
Meteo ok, non piove da mesi quindi immagino zero fango,
ditta chiusa, amici arrampicatori che lavorano, luna piena, voglia..è il giorno
giusto per provare sta cazzata. Due fanciulle, Alessia e Sara, mi prestano le
loro guide e cartine, e siccome loro l'han percorsa un anno fa, ne approfitto
per carpire un po' di informazioni circa acqua, segnaletica, fino a dover
confessare quale sia la mia idea. Partire in treno dopo lavoro, e poi subito a
piedi: nessuno stop, tutto d'un fiato.
Certo che se magari mi fossi allenato.. Se nei giorni scorsi
non fossi andato a correre tutte le sere.. Se almeno avessi dormito e caricato
un po le pile in questo senso.. E invece no, allo sbaraglio, alla carlona, il
miglior modo per fallire. Ma in fondo che me frega, mica vinco dei premi.
Andiamo e proviamo, ormai sono troppo carico mentalmente, troppe aspettative.
Alle 19e20 sono in stazione a Modena, dopo veloce aperitivo
con la mia amica Stefania che è tutto un scuoter la testa quando davanti a una
birra le dico cosa sto per partire a fare “va beh, stancati, così ti sfoghi per
quando invece vieni via con me e devi stare a freno”. Cena quindi a base di
stuzzichini del locale, altro colpo di genio.
In stazione a farmi il biglietto trovo pure Alessandra,
compagna del biennio delle superiori “eh ma guarda te, come sei cambiato! Mi ha
detto Lisa che scali le montagne adesso, però! E da come sei conciato direi che
vai a fare questo anche a breve” “ehm s, una delle mie minchiate diciamo”. In
treno dormire dura: tento tre posizioni
diverse, forse in ognuna dormo 10 minuti. Ah ma va bene eh! Alle 22e20 scendo a
Firenze Santa Maria Novella.. Eccoci. Concludo la mia cena con due paste e due
caffè. Alle 22e41 esco dalla stazione. L'avventura abbia inizio.
Vestito male, uno zaino con bastoncini penzolanti, maniche
corte, chissà cosa pensa la gente. In meno di 10minuti sono davanti al Duomo di
Firenze: scatto una foto ironica per le tre dame che sanno dove sono per farle
sapere che parto e che spegnerò il cellulare. Veloce messaggio alla sorella per
dirle che sarò assente per un po'. C'est parti!
Disclaimer: il resoconto non sarà per nulla completo.
Impossibile ricordarsi di tutto, anche perché parecchie cose non posso
ricordarle visto lo stato di trans o confusionale che avevo. E come spesso
accade, non ricorderò le più belle forse. Ma questo è un viaggione personale,
diverso per ognuno di noi.
Seguo la guida di Cervigni, ma solo più tardi capirò che trattasi di una variante, e per questo non trovo
cartelli e indicazioni. Diretto verso Fiesole ben presto mi scontro col
problema di non avere le vie a campo romano (cioè tutte ortogonali tra loro: se
giri quattro volte a destra, ti devi ritrovare nello stesso punto): entro di
malumore nel sottopasso del tram, timoroso dei ragazacci che potrei trovare,
esco per il lato sbagliato. Cammino cammino, non mi trovo, vedo che la luna
non dove dovrebbe essere. Ecco, sono
nella via sbagliata, torna indietro, poi per sicurezza chiedo a un ragazzo Ora
va bene.
Salita verso il paese, buia, luci artificiali, nessuno in
giro. La Luna, sorella che mi accompagna, sorella che mi illumina. La strada si
fa ripida, le luci di Firenze alle mie spalle, sempre più lontana e Bologna più
vicina. Mancano solo circa 110km. Non pensarci. Vai.
A Fiesole, dopo qualche difficoltà a trovare il sentiero
(per forza, son salito per una variante), chiedo a un ragazzo qualche info “Mai
sentito questa Via degli Dei. .. Ma vai adesso? Occhio che ci sono animali
feroci” E partiamo bene, a Villa Bosconi un cinghiale mi attraversa la strada,
un altro dal buio mi grugnisce contro cattivo. Se partiamo così vicino alla
città, chissà dopo. Porca paletta, che paura che mi sale addosso. Hai voluto la
bici? Pedala.
Il buio fa paura, ho la mega frontale ma può non bastare. Ne
ho fatte di salite nei boschi al buio, da solo, ma sempre in posti conosciuti:
qui non sono a casa mia. Sbatti le bacchette, tossisci, fatti sentire. Ogni
fruscio nell'erba è un'emozione, poi ci fai l'abitudine. Speriamo anche loro la
facciano a me!
Il bosco al vento canta, suoni dolci delle foglie, ma anche
tetri e cupi dei tronchi che stridono. Suoni spesso che fanno pensare a film
dell'orrore (e sono nel territorio di Pacciani, no?!) oppure a verso di animali
strani. Sara e Alessia mi avevano parlato di dinosauri che abitano questi
boschi infatti un suono simile al verso del Velociraptor di Jurassic Park mi fa
salire un brivido e la pelle d'oca. Poi penso a quelle due burlone e i loro
video in cui imitavano i dinosauri appunto, e me ne esce quasi un sorriso.
Posso proseguire.
Il Pratone viene raggiunto, non so se dentro il bosco o
fuori da esso mi sento più protetto. Provo a corricchiare in discesa, ma temo
che la mia velocità possa esser mal vista dagli autoctoni del posto. Mi calmo e
cammino, scavigliamenti a non finire, imprecazioni. Il piede che prende botte a
non finire: le scarpe da trail sono di certo più deboli degli scarponi da
montagna, ma mi pareva la scelta più saggia per tentare questa
"impresa" poco saggia.
Ovviamente i cartelli indicano la Via degli Dei nell'altro
verso. Ma vuoi dire che solo io la faccio così?! Alberaccio, nomignolo alla
toscana, e appena arrivo vicino all'asfalto, di nuovo bestie in giro. Un bel
tratto di campo aperto dove il fiuto può guidarti sulla giusta strada (di
giorno si vedrebbero cartelli e paline lontane, a buio no).
A Bivigliano non scendo, non serve, proseguo verso il Monte
Senario, e dai di caprioli. La salita sulla carareccia di ingresso mi fa temere
di essere a casa di qualcuno, e che non sia cortese esserci a quest'ora di
notte, alle 3 passate. 3 passate, sono lento cazzo. E un convento alle 3 di
notte..fa paura. Mangio qualcosa e scappo via va la!
Badia Buonsollazzo
invece un bel nomignolo, ti rilassa, se ti fermi. Se non ti fermi è solo
un'altra comodità che ti lasci sfuggire dalle mani per continuare sulla tua
selvaggia e bizzarra idea. Continuo nel mio cammino al buio, senza volermi
preoccupare di quanti km ho fatto perché so che ne mancano tanti. Anche la
cartina, non ne ho fatto nemmeno 1/5.
Scendendo noto quel cartello, quella località: Poderuzzo, ma non vedendo segni lo ignoro. Ci
penso un po' ma poi vado. Mi sembra la prenda larga, molto. Mi sembra non ci
siano segni, ma ci può stare, non ci sono bivi. Arrivo al “paese”, ed è ora
della Redbull, è già da un po' che mi sento barcollante. Passo sotto la
ferrovia, ecco un segno, bene! Destra o sinistra? Mah, destra. Ma non mi
ritrovo. Sono sullo stradone ma qualcosa non torna: finisce il paese, che si
chiama Campomiglino e non Tagliaferro. Porca vacca sono troppo avanti!
Calma, non farti prendere dallo sconforto, tira due
accidenti, ma torna indietro senza pensare al tempo perso, ai km in più, la
testa non deve mollarci ora, non può (non sono nemmeno a metà!). Ecco
Tagliaferro, maledetto. Dovevo seguire il mio istinto verso Poderuzzo, ma la storia non si fa ne coi se ne
coi ma.
Albeggia mentre salgo a Trebbio, strada ghiaiata noiosa ma
con almeno un po' di panorama e quella luce blu tipica dell'alba. Alba che si
fa desiderare, foschia sparsa che offusca molto. Cottura che avanza, quella
deviazione non voluta mi ha fatto traballare la mente, per poi spostarla verso
un pizzico di pazzia per tornare in carreggiata. Serve un pizzico di pazzia per
fare cose del genere, anche solo per concepirle.
Castello di Trebbio, speravo passarci dentro, ma il sentiero
sta fuori e non mi pare ci sia possibilità di entrarci. Arriva il momento di
ogni mattina, la cacchina: e quando mantieni la tua regolarità anche in queste
situazioni, sono gioie, credetemi. Cerco di correre il più possibile in
discesa, ma le discese con una certa pendenza sono poche, qui tocca camminare,
c'è poco da fare.
Foschie e nebbie la fanno da padroni. La fatica pure. Ho una
voglia di un bel latte macchiato, di latte intero proprio, una bella colazione:
manca poco al prossimo paese, sono le 7, qualcosa di aperto ci sarà! Arrivo a
San Piero a Sieve, umidità elevata, un negozio di materassi che svende tutto e
ne ha fuori (mamma cara, come mi ci sdraierei!), ma di un bar manco l'ombra.
Dai che la Via degli Dei passerà davanti a qualcosa di
utile! No. Sono ben presto di nuovo in mezzo al nulla: sconfortato mi sfogo su
quello che ho con me. Che palle però, nemmeno il conforto di cibo e bevande.
Altra prova da superare. Superata. Dopo la rabbia di Tagliaferro, ho
riacquisito un po' di spirito, di voglia di giocare: nettare fondamentale per
arrivare in fondo.
La fame comincia a essere tanta e spesso. Mangio quasi in
continuazione, ma credo sia normale: quante ore che non dormo? Quante ore che
cammino? Quanto tempo senza un pasto decente?
Attraversata la statale, mi aspettano km di salita
asfaltata, na palla allucinante. Almeno le foschie che mi bagnano la barba di
continuo, nascondono il sole che così non mi cuoce: pensare a questo tratto in
condizioni estive mi uccide al sol pensiero. Saluto i primi esseri umani, non
gente che cammina ma che esce di casa.
Ormai nei pressi del bivio per Sant'Agata, le nebbie si
dissolvono man mano, mostrando le potenzialità del panorama toscano: dolci
colline e invitanti cascine. Ma l'obiettivo ormai è il Passo della Futa:
dovrebbe esser circa metà del percorso, e contavo arrivarci alle 10 di mattina,
cosa ormai impossibile. Sono lento, inizio a darmene atto e fare i conti con
ciò. Vabbeh, l'importante è arrivarci in fondo.
Mi riallontano dalla civiltà, in mezzo a boschi afosi dove
incrocio un paio di gruppi in tenda. Salita lenta, discese blande, piani
lunghi. Su questa tratta mi aspetta una cima di mille e passa metri, che mi
indicherebbe pure che sono vicino alla meta. Ma non ho studiato molto il
percorso, e ora che sono qui preferisco non guardare di continuo ora, km,
cartina, guida: vado e basta.
Monte Calvi. 700m. Ma quanto diavolo manca?! Quanto sono
indietro?! Ma possibile?! Calma, stai comunque andando bene: sei stanco ma
reggi. Hai cibo e acqua. Forza, vai, ormai sei qui. Riparto, nuvole minacciose
e questa afa non promettono nulla di buono: ci manca sol che piova! Avanza,
imperterrito, alcuni cartelli mi forniscono orari per nulla rassicuranti: per
fortuna questi tempi li di mezzo.
Alleluia, Osteria Bruciata raggiunta. Ma Osteria, perché sei
bruciata? Ti avrei svaligiato volentieri veh! E invece no. Pausa, un'altra, che
me frega, devo giocare di risparmio. Un cartello dice 3h ore al Passo della
Futa. La fottuta futa: ce ne metterò 1h15min, ma ora non lo so e un altra dose
di sconforto si inietta nelle vene.
Mi aspettano pure due salite a due monti, al vento freddo e
nelle nebbie umide. Pedalare amico. E pedalo, sudo, ma quel cavolo di passo
devo raggiungerlo per valutare come sono messo. Mi sa che c'arrivo alle 14
cavolo, forse di più. Vedrò che fare. Primo monte, secondo monte, discesa,
infinita, corro finché ne ho perché mi serve guadagnare tempo, serve allo
spirito.
Scendo scendo, ma dove diavolo è questo passo?! Sentiero
sconnesso, solchi profondi, scaviglia ancora, stringi le scarpe (troppo).
L'asfalto, eccolo, segno che il passo è vicino: passo che per me adesso è
sinonimo di momento di bilancio e di ristoro. Ma c'è ancora della strada. Lungo
la strada l'insegna di una piscina, magari! Una rotonda con troppo scelte,
prendo quella del cimitero germanico, ma poi scorgo il bar sotto, fuggi al bar!
Detonato come sono, leggo "chiuso il giovedì" e
inizio a imprecare. Ma tento comunque di aprire la porta: si apre! Poi
rifletto: è venerdì. "Mi da: due fette di torta, un latte macchiato, un
caffè e un gatorade. Ah, mi può riempire queste due bottiglie d'acqua?".
Esco fuori col bottino. Sono le 11e45.
11e45, praticamente 13h che sono in giro. Sono forse poco
oltre la metà, o a metà, mi aspetta molta più discesa che salita, ore di luce e
paesi ben più numerosi. Ok, arrivare alle 18 a Bologna è impossibile, ma forse
per le 22 e prendere l'ultimo treno della giornata ce la posso fare. Ma in ogni
caso, che me frega, sono attrezzato per dormire all'addiaccio, figurati per
dormire in stazione!
Mi concedo una pausa lunga: 20minuti. Messaggio alle tre
dame, rimetto il cellulare offline, sistemo lo zaino (troppo pesante, come
sempre) e riparto. Mi spiace ma per il cimitero germanico non c'è tempo: sento
che ormai ogni minuto potrebbe esser prezioso per non dover dormire in
stazione.
I boschi si fanno afosi, ben soleggiati e poco areati. Altra
salita che non mi aspettavo, e un terreno brullo e secco ma ricco di
pozzanghere. Incredibile quanto fango si possa trovare con a lato un terreno
arido. Incontro i primi viandanti che probabilmente percorrono anche loro la
Via degli Dei, ma nell'altro verso. Mi conforta almeno vedere che i cartelli di
questo percorso sono diventati bidirezionali (non tutti).
Mi conforta meno la stanchezza che inizio ad accusare. La
fame continua. Sento in realtà che mi sto pure forse nutrendo male. Intanto almeno
ho già messo via 2 dei 4 fogli (fronte retro) della guida del Cervo. Di cartina ho già
usato tutta la faccia retro. Ma so che sono più lento di quello che credevo.
Non che la cosa mi affligga particolarmente, nel senso, non ho coppe da
vincere. Solo che mi rendo conto che gambe e testa dovranno reggere per più
tempo: sono pronto psicologicamente a ciò?
Resti della vecchia strada romana, la Flaminia Militare, parecchi resti
di vestiti: calzini, magliette, vedrò giorni dopo le foto di un amico che
mostrano un reggiseno perso per strada. Dimenticanze o scarti? Sorgenti che non
sorgono più, la mia sete incolmabile: ai paesi spero bene trovare fontane.
Corricchio tutte le discese, con gente che mi guarda stranita e cani che si
spaventano: un fantasma in fuga che cerca pace. Più che pace, cerco una bella
pizza e birra fresca!
Alberi fioriti dal profumo inebriante, bianchi splendori dei
petali, verde brillante spazzato dall'erba. Il cappello alla Indiana Jones che
tenta di salvarmi da un colpo di calore che sarebbe come mettere due ubriaconi
insieme: lui e la stanchezza sarebbero una coppia fenomenale per buttarmi a
terra. Pratoni da svaccarsi a terra e dormire: ma finchè ne ho, meglio che ne
approfitto.
Sono solo 15km questa tappa, confortante rispetto alle
lunghezze delle precedenti, ma comunque sia, non finiscono mai. Una nuova
pineta, un nuovo habitat dei dinosauri: il ricordo di quei video bizzarri è un
conforto in questa solitudine e fatica. Solo in questi momenti ci si rende
conto come piccole cose possano avere un grande peso. Il trattore
semiabbandonato da guidare come facevano le due fanciulle. Imitiamole dai.
Madonna dei Fornelli, perchè ti chiami così? Perchè eri
brava a cucinare? E allora dai, che la mia fame non ha fine! Sforna qualcosa!
Io intanto cerco di arrivare il prima possibile, devo solo superare questi
punti oltre i 1000m, e illudermi che una volta messo piede sull'asfalto tu sia
lì a due passi. E invece no, ce ne è ancora e ancora. Non aver studiato bene il
percorso un po' mi illude, un po' mi sorprende. Più spesso mi illude di esser
più avanti di quello che sono però.
Asfalto, paesino, poi riprende la salita su sterrato e di
nuovo sentiero. Esco allo scoperto, vedo il paese ora, ancora lontanissimo. No
ferma tutto, io c'ho fame, sete e sono stanco, un'altra pausa che fino laggiù
non reggo. Ziocaro, mi siedo su un formicaio! Il vento mi spazza, mi raffredda
(in senso buono), ma così non mi fa sentire il sole che mi cuoce temo..
Discesa impegnativa da frenare per i miei piedi e gambe che
accusano la giornata. La giornatona. Pieno d'acqua alla fontana e mi concedo
pure un sollazzo: un bel gelato: pago, lo scarto e riparto. Pochi metri dopo mi
dico "ma va a cagare, mangiatelo in pace a sedere!". In questa tratta
incrocio parecchie persone, tutte molto probabilmente partite da Badolo per
fare la Via degli Dei (parziale) in 4 normali giorni.
I "ciao" così si sprecano, i "buon
cammino". Tutti nell'altro verso, chi con zainetto e chi con zainone (con
materassino, tenda, ..), tutte le età, tutti i sessi, diverse nazionalità.
Osservo le pale eoliche laggiù, uno sguardo alle spalle per vedere che non vedo
tutti i km macinati, segno che devono esser tanti. Ora ne ho "solo"
10, quando l'ho letto sul foglio ho quasi riso: risata isterica di chi si prende
gioco di se stesso.
Il verde brillante dei prati, l'erba alta spazzata dal vento
che si muove in maniera armoniosa, sinusoidi vegetali e ipnotiche. Sto bene,
sto male, son normale, son pazzo, che senso ha farsi certe domande?
L'importante è "stare", esserci, vivere, viverle. Mamma mia la cosa
sta prendendo la via filosofica, segno che la testa sta partendo.
Prima pausa dove ho occasione di parlare con qualcuno,
scambio di informazioni, e ovviamente salta fuori da dove arrivo e da che ora
arrivo. Vedo la gente più disparata, molta non credo che sia attrezzata e
pronta a un simil cammino, ma problemi loro, io ho già i miei. Tutte le discese
cerco di correrle adesso: è la testa lucida che comanda le gambe stanche, lei
che sa bene che ogni minuto sta diventando prezioso, una corsa contro il tempo
per sfruttare la meglio le ore di luce che restano.
In mezzo a pratoni di pace scorgo da lontano una persona che
mi pare conoscere, ma sono troppo concentrato a guardare dove metto i piedi per
distrarmi. Ho una meta precisa davanti a me, "davanti" si fa per
dire. Marco invece mi vede bene e riconosce, "Ehi Andrea!", tira le
briglie, fermati a salutare, scorgi con la coda dell'occhio che c'è anche un folto
gruppo di donzelle. Due veloci parole, poi dopo aver sentito i miei tempi e le
mie intenzioni "vai vai, che non voglio farti perdere tempo!".
Di nuovo di corsa, allegra, felice, spensierata. Uno svago
per la mente, per la mente afflitta dai mille problemi della vita quotidiana:
il lavoro, la famiglia, gli amici, il portafoglio. Qui tutto si annienta, le
cose importanti diventano altre: cibo, bere, camminare e correre. Mente che
trova svago passando vicino ad Artemisia, un'osai d'arte in mezzo alle colline bolognesi. Io di
arte capisco poco, ma capisco che a volte non c'è da capire, ma solo da
interpretare, da farla propria nei modi e significati che più ti aggrada:
questa credo sia la vera bravura di un artista.
Monzuno, eccolo, un bar, sì. "mi fa due caffè?"
resisto a quelle paste al bancone, troppi zuccheri oggi, avrei voglia di
salato, ma mangiarmi un panino al formaggio adesso sarebbe troppo pesante per
il mio stomaco: devo dargli poco ma spesso. Una panchina vicino a una fontana,
ragazze stravolte che arrivano, una coppia che mi chiede di distanze che sa che
non potrà coprire. Un messaggio alle tre dame, sono le 17 e inizio a pensare
che dovrò dormire in stazione.
Arrivarci però in stazione a Bologna! Ne manca ancora.. Però
cazzo, ci voglio arrivare! Ok, non ci sono coppe in ballo, premi, gloria, nulla
di tutto ciò. Che poi non mi interesserebbe. Lo faccio per me, per vedere
quanto posso andare in la, quanto posso spingermi, per un po' di sana
soddisfazione personale di riuscire a fare qualcosa che non tutti riuscirebbero
a fare. Dai cazzo Andre. Manca solo un foglio, due tappe del Cervo. Non voglio sapere
quella che mi condurrà a Bologna quanto sia lunga.
Si riparte, tanto asfalto e tanta gente che sale. Che chissà
se sa dove va (alcuni palesemente non lo sanno). Deviazioni in mezzo al bosco
per evitare la strada, sabbia che fa la sua comparsa, segno che le solide rocce
del bolognese stanno per fare la loro comparsa. Il tempo inizia a stringere, i
piedi iniziano a farmi sentire al comparsa delle vesciche, nei punti dove non
avrei pensato sarebbero arrivate, nei punti dove non ho messo vasellina:sotto
il piede all'attacco delle dita.
Corricchio come posso, stringo (troppo) la scarpa per
provare a sfregare meno il piede dentro la scarpa. Prati e una tenda che si
appresta a passar la notte, mentre io quanta strada ho ancora da percorrere.
Almeno mi aspetta un tratto, l'unico, che ho già percorso, anche se tanti anni
fa.
La natura si sta lentamente spegnendo, l'intensità del sole
cala, tutto pare addormentarsi e lasciarsi andare al crepuscolo che
inesorabilmente arriverà. Tutto tranne me, che devo rimanere vispo e lucido e
proseguire. Sbaglio la salita a Brento, per fortuna me ne accorgo in tempo,
torno in giù e prendo la strada giusta. Il Monte Adone lo scorgo già da un po',
spero solo riuscire a salirlo e scenderlo prima del buio.
Pausa ristoro, bevo la seconda e ultima Redbull che so che
mi servirà (anche perchè di bar per caffè temo non ne vedrò più, e infatti), ma
sopratutto metto i compeed che se no muoio. Porco cane la salita a Monte Adone,
poco segnata in certi tratti, da indovinare, la luce che scarseggia, il vento
che soffia e raffredda, ma ora non posso fermarmi a vestirmi, anzi meglio che
io abbia freddo così sono più spronato a salire e sudare.
Oh eccomi in cima al Monte Adone. Penso di esserci, scoprirò
di no. Un po' di vasella all'interno coscia, dove lo sfregamento del pantalone
inizia a irritare. Proseguo, trovo due imbecilli che accendono un fuoco: in
mezzo al bosco, con la siccità che c'è e con questo vento impetuoso. Vorrei
dirgli qualcosa, ma sono troppo stanco e vado di fretta per averne la forza e
la sanità mentale per affrontare una discussione con dei maleducati.
Continuo ed ecco che sono veramente in cima al Monte Adone,
con la croce che gli compete. D'altronde stavo continuando a salire, qualcosa
non tornava. E ora, discesa folle su questo ripido e tortuoso sentiero, accendo
la frontale che in questo bosco la debole luce rimasta fatica a penetrare. Ed
ecco che trovo altri due geni "Scusa manca molto a Brento?"
"Mah, tipo almeno 1h? Forse di più?" ma come si fa a esser così in
ritardo e non attrezzati. Arrangiatevi che devo pensare a me.
Il verso del pavone mi fa capire che sono sulla strada
giusta, anche se mi pare che sto scendendo troppo. Eccomi sulla strada
ghiaiata, e oramai è buio. Posso proseguire ancora un po' con la mia piccola
frontale, ma ben presto tiro fuori quella potente perchè di nuovo devo fare i
conti con gli animali selvatici. Sbattere bacchette, farsi sentire, ma il vento
è contro di me. Incrociamo le dita.
No vabbeh, son troppo cotto e ho la frontale agli sgoccioli,
fotte sega del Monte Frate, lo aggiro poi che non voglio fare sentierini. Mi
sbrigo finchè la frontale regge, in realtà faccio tutto il percorso visto che
la strada resta larga e marcata. Un periplo in mezzo a queste colline a seguire
i cartelli VD che si divincolano tra cararecce e forestali. Impossibili da
correre, non c'è discesa, tocca camminare, prendersela con "calma".
Vista l'ora, visto il buio, pace. basta che arrivo. Basta che non mollo. Non
ora.
La guida di Cervigni diventa ora una variante. Apro la
cartina che combacia invece coi cartelli. Seguo questa. Speravo finire
sull'asfalto, mi sarei sentito più sicuro, e invece si continua su strade
bianche: qualche casa a sentirsi più in mezzo al mondo civile, ma cani che
spero siano legati. Un'auto mi si affianca, "ehi tutto ok?" "si
si grazie, solo un po' lungo" "ok, buona camminata".
Seguo fedelmente il VD, provo a correre quel che riesco in
discesa. Sbuco sul viale di una casa, di una villa, Villa Francia. Sono cotto,
provato, sono le 22, quasi 24h che sono in giro, 36h quasi che non dormo. E il
sentiero non lo trovo più. Finisco dentro la casa, senza sbocco. Torna
indietro, trovo cartelli, divelti, le frecce non sono chiare ma una traccia
nell'erba si fa seguire. Vicolo cieco. Lo sconforto. Tanto sconforto, non ci
vuole questo!
Di certo sono io che non trovo, dovrei osare di più nella
ricerca, ma la delusione di non trovarlo sarebbe troppo grande. Posso invece
risalire il viale di accesso alla villa e sbucare a Mugnano di Sopra, e da li tramite
asfalto scendere e ritrovare la Via degli Dei. Ma prima una pausa, mi sdraio,
sistemo le batterie del telefono, mangio e mi riassetto. Rialzarsi diventa
sempre più difficile: le gambe son frulle, le spalle fan male, la testa ha un
bel peso psicologico da reggere. Da reggere ancora.
Ritrovo la Via degli Dei, posso togliermi l'ultima
curiosità: quanto sarà lunga la mia ultima tappa. 16km circa, temevo peggio. Di
nuovo controllo la cartina per capire il percorso originale: devo costeggiare
un torrente, lontano dagli stradoni, poi finire quasi su una bella strada larga
e da li risalire a San Luca per poi scendere in città. Col cazzo che salgo a
San Luca, son cotto!
Ora segue questa strada asfaltata che passa dall'Oasi San
Gherardo. Non sembrano migliaia di km, ma io son brasato. Più tardi mi renderò
conto di camminare a 3km/h, tipo la metà delle mie abitudini: è chiaro che le
gambe non ne possono più, ma è altrettanto chiaro che la testa c'è e gli sta
dicendo di resistere. Le sta facendo resistere. Alcune macchine mi superano,
spero solo non finire in mezzo a teppisti, parchi di scambisti, di incontri
omosessuali o che so altro.
Infinita. Strada infinita. Non si arriva mai. Sono tra il
disperato col pianto pronto, il disperato che sfagiola, il felice che sta per
farcela col pianto pronto. Ma non piangerò a Bologna, non ne avrò le forze
evidentemente. Cani che abbaiano, strane ombre dentro una strana roulotte che
mi velocizzo a lasciarmi alle spalle. L'asfalto diventa ghiaia, ma ancora San
Luca è lontano: già, perchè ormai mi sono reso conto che devo passare per San
Luca, mica posso fare la tangenziale. E almeno sarà segnato il percorso.
Non ne posso più. Da lontano vedo una luce che balla e che
pare avvicinarsi Mah, a quest'ora?! Ed è proprio una frontale, una ragazza che
mi saluta, e alla quale riesco solo a dire “ciao”, un po' imbambolato, un po'
concentrato, un po' stanco. Quando qualche minuto dopo ci ripenso, collego che
visto l'orario e lo zaino, mi sa che anche lei sta affrontando la Via degli Dei
allo stesso mio modo. Poteva essere la donna della mia vita, e invece..puff, me
la sono lasciata scappare. Sempre che non fosse un'allucinazione!
Un segno CAI in un posto un po' strano, ma seguo la strada
che svolta a destra. Nessun segno sul percorso e un po' di salita. Di nuovo
sbaglio, arrivo a una casa, nessun San Luca in vista (che sta ancora dietro a
un colle boscoso), torna indietro: che prova per la mente dover tornare
indietro, dove r ammettere di aver sbagliato e di dover rifare.
Mi addentro nel Parco della Chiusa: bello eh, non discuto
ciò, ma oggi lo odio. Un bellissimo percorso da MTB, toboga nel bosco, sezioni
strette e chiuse, ma porca miseria quante diavolo di curve?! Per andare in un
posto che in linea d'aria dista x, starò percorrendo una distanza tripla! O
almeno questa è la sensazione che ho. Parlo, rido, impreco da solo. Tieni duro
che ormai è fatta!
Sembra non finire mai, il ruscello sempre lontano, poi ecco
si avvicina, una radura, ma di San Luca ancora nemmeno l'ombra. Quante radure e
boschetti da attraversare ancora! Meno male il frontalone illumina a
sufficiente distanza, e la testa ha ancora fiuto per capire quale direzione
prende quando questa non è chiara.
Finalmente sembra che sto per entrare in mezzo a delle case,
un parco, una fontana cui abbeverarsi e riempire una bottiglia, che me en
servirà ancora. Passo dentro un parco dove un gruppo di ragazzi giovani si
risveglia dal loro torpore cercando di attacar briga. Ci manca solo questa: li
ignoro, concentrato, dritto, con la speranza che la smettano. La smettono, ecco
che parte la salita per San Luca, e visto il recente incontro, di filato la
faccio!
Altri animali selvatici, una volpe, caprioli, ma ormai non
mi spaventano più: io devo solo arrivare. La salita finisce, ma dov'è il
santuario? Ancora lontano, laggiù. Vacci, forza. Gambe, vesciche, fame, sete,
testa, reggete, manca poco. Eccolo: quello narrato come una prova per i runner
di Bologna, oggi una prova per un trekker della Bassa. Ma non è finita, lo sò.
Solo che speravo mancasse meno!
6km mi separano dalla fine, che è comunque quasi un 5%.
Discesa lungo gli infiniti portici che mette a dura prova i miei piedi stanchi,
che devono frenare, che devono sopportare le vesciche di cui una sola ha il
compeed: non posso fermarmi, non so se ripartirei. Quanto tempo che non dormo?
Non pensarci. Medita, svuota la mente e vai.
Ai piedi di San Luca, eccomi in città. Da cartina giro a
destra, seguo la strada, punto Porta Saragozza. Mi fermo prima, su dei gradini,
cazzo quasi mi addormento, rialzati, cammina. Eccomi alla porta, prosegui a
naso: vorrei raggiungere le Torri degli Asinelli e fare la foto simile come
alla partenza dal Duomo di Firenze, ma fotte sega, voglio arrivare in stazione
col percorso più breve! Attacca il navigatore, 1,8km.
Altre pause sui gradini lungo la strada, bevi che ti fa
bene, ecco le torri, posso fare la foto che volevo: cotto come una pera in una
bottiglia di vodka. Avanti cazzo, manca poco. La stazione è lì. Davanti a me.
Le lacrime di gioia non versante sabato mattina 15 aprile alle 4e09, quasi mi
escono ora che scrivo. Entro, vedo i treni in partenza, il primo utile alle 5,
faccio il biglietto, barcollando esco verso i locali davanti alla stazione che
danno ancora da mangiare e bere.
Sognavo una pizza da scazza, ma troppo in la. Focaccia
vegetariana e birra da 33, mi siedo fuori al tavolino ad assaporarla. Scrivo
alle tre dame, Stefania mi aveva già dato la sua disponibilità a venirmi a
prendere ma le avevo detto di non preoccuparsi. Vista l'ora, posso aspettare il
treno e concludere in piena autonomia. Posso concludere: che bella parola oggi
che è "fine".
Barcollando, camminando come se avessi un paletto nel culo
(scusate il francesismo), salgo sul treno, punto la sveglia per le 5e18 (alle
5e22 è previsto l'arrivo a Modena). Il controllore già litiga con dei ragazzi
di colore come spesso succede qui, chiudo gli occhi mandando tutto a fanculo.
E, dormo.
Suona la sveglia, cazzo stiamo frenando per l'arrivo a una
stazione, corri alla porta. Castelfranco Emilia, ma porca puttana. Mi siedo
sui gradini aspettando Modena. Eccola
Modena. Non trovo il sottopasso per il parcheggio Nord, solo al terzo tentativo
ci riesco. Mi cambio solo la maglietta, non posso togliere le scarpe, ma le
slaccio. Guido in preda a colpi di sonno da paura, manco ti accorgi che
arrivano.
Alle 6 sono a casa, riesco a prendere zaino e borsa, tanto
ho poca roba, salgo le scale come se fosse una parete a 4mila metri, entro,
butto tutto per terra, mi fiondo dai biscotti, bevo, mi butto in doccia.
Compeed sotto la vescica non riparata, qualche messaggio, e alle 6e40..ciao
mondo. Ci rivediamo alle 18e30 (pronto per una serata al Mattatoyo fino alle 5, defaticamento!).
Un po' di numeri..
22:40 fuori da Firenze Santa Maria Novella
11:40 al Passo della Futa
4:00 Bologna Centrale.
29h no stop di cammino (pause mai oltre 20min) e senza
dormire.
Esclusi 20 minuti scomodi in treno, 49h senza dormire.
La guida del Cervo dice 125,6 km e 3453 D+.
La cartina della Via degli Dei dice 120,83km e 5068 D+.
Il mio GPS dice 126,76km e 4446 D+.
Le mie gambe e la mia testa dicono: cotte!
Vi devo dire che questo sia il modo corretto di fare le cose?
No, non è ne il modo corretto, ne il modo sbagliato. Semplicemente, è solo il mio modo di fare certe cose (e solo a volte, tra l'altro). A ognuno il suo. Io
non cero ne i "bravo" ne i "sei un coglione". Non sono
bravo, c'è gente più forte di me, ma anche qui si scivola già nel confronto,
nella competizione con altre persone. Io competo solo con me stesso. Non sono
un coglione, credo di sapere ciò che faccio, credo di non mettere a repentaglio
la mia salute in modo drastico. Mi va, lo faccio.
A volte la felicità sta in un paio di scarpe da trail, un
sentiero, dei panorami, il sentirsi liberi di andare dove vuoi, nei tempi che
vuoi, nei modi che vuoi. La felicità, spesso è la libertà.
Qui altre foto.
Qui report.
una volta ti avevo chiesto di portarmi con te ... mmm, ho cambiato idea!!!! massima stima ragazzo. Boselli
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