Questa via era rimasta un po' lì: quella volta riuscii a
trascinare Nicola ad arrampicare con me, lui che ormai viaggiava su un grado
più alto del mio e con lui era quindi ormai impossibile andare fuori insieme,
se non tirandosi il collo. Ora viaggia due gradi sopra il mio, quindi ciaone.
Però quella parete, quel nome, quell'aspettativa stroncata da una parete
fradicia, mi erano davvero rimaste lì.
Ritentai successivamente di coinvolgere qualcuno, ma con
scarsi risultati. Anche perchè, visto il grado della via, serviva anche un
compagno in grado di portarmi fuori da questo cavolo di VI! Nell'ultimo
periodo, vuoi per un inverno finito prematuramente (è mai iniziato), vuoi per
una voglia dolomitica che mi fa tornare voglia di allenarmi, Arco è diventata
meta frequentata dei miei weekend.
Voglia di fare una via dalla media lunghezza, un bel meteo,
nessun orario, tanta voglia di arrampicare e un pochino di mettersi in gioco,
oggi è la volta che si ritenta “Il Profondo Rispetto per l'Indria”, con
Giorgio, e da casa un Nicola profetico che ieri mi scrive (dopo aver suggerito
altre vie, ovviamente al di fuori del nostro grado) “ma orami vedo che vi
lanciate sul VI, e in qualche modo ne uscite”. “in qualche modo”, a volte in
A0, a volte in A1, magari una volta ne uscissimo puliti.
Dopo la colazione, siamo al parcheggio, che cazz c'è già
gente. Va beh, mica andranno tutti all'Indria! Zaino unico anche oggi, alla
fine ammetto che arrampicare libero è bello, anche se la schiena me la sento
poco protetta, e sento ancora di più di essere in un ambiente più falesista che
alpino. Giungiamo all'attacco già accaldati, carichi al punto giusto, con un
profondo rispetto.
Parte Giorgio (squadra che vince.), l'altra volta ero
partito io L'altra volta era anche parecchio bagnata la parete, e ricordo bene
essermi cacato sotto anche sul IV. Oggi
tutta un'altra storia, è pur vero che le difficoltà maggiori arrivano
dopo.
“dopo” vuol dire poi subito per me. Placcossimo tiro da
primo, che però mi scorre bene e rilassato: oddio, rilassato una parola grossa, diciamo che sudo il giusto
e la cosa mi fa prendere coraggio. Vuoi vedere che oggi la portiamo a casa? E
pure discretamente bene? Un bel traversone delicato sotto strapiombo, ricco di
prese rovesce, e arrivo ben presto in sosta. Carico e fiducioso.
Riparte il mio amico, che mi avverte che c'è gente sotto.
Che palle! In realtà, se anche c'era qualcuno, poi se ne va, lasciando la via
tutta per noi, cosa unica e rara ad Arco. Muretto un po' tosto, poi si scivola
bene verso la sosta. Oh, che muro giallo sopra la sosta! Fortuna c'è da
sgattaiolare a destra alla ricerca di un diedro nascosto.
Oggi tutti a me i diedri. Struttura che di solito mi garba
assai: arrampicata con un po' di forza, bella esposta, col vuoto sotto i piedi.
Andiamo a vedere, andiamo a sgugnare. Un primo tratto divertente, poi una sorta
di bivio dove mi pare naturale andare a destra, troppo tosto a sinistra. Ma
quell'anello lassù indica che occorre tornare con un traverso “eccitante”
dentro al diedro a sinistra, per poi scartabellarsi e inventarsi un po per
proseguire su queste pareti lisce. Uff, ecco la sosta.
Brillanti e simpatici quelli che hanno inciso frecce sulla
roccia in varie direzioni, fortuna quella blu
una sola e non ci si può sbagliare. Sul quinto tiro Giorgio sparisce
presto alla mia vista, per poi tornare sopra di me sullo spigolo. Quando tocca
a me, ci scatta la prima azzerata della giornata: la placca non mi piace, provo
a salire, ma non va bene, tornare gi non si può, tocca traversare sul nulla
e...afferrare la fettuccia. Pace.
Vengo pure punito col tiro più brutto del momento, un semi
traverso su roccia delicata e pure breve Definirlo “brutto” come sputare nel piatto in cui si mangia: una
piccola discontinuità su una via per ora davvero appagante. La preoccupazione
per quella “sosta fragile” viene annientata alla vista di due spit. Ho
conservato lo zaino su questo tiro, vista la sua facilità e per evitare tempi
persi per due scambi: altruismo e risparmio.
Riparte il mio amico, mentre di nuovo un elicottero gira
vicino a noi per soccorrere qualcuno: sta diventando un'attività troppo
“numerosa” quella dell'alpinismo. Finito il traverso esposto, si salta
dall'altra parte per arrampicarsi in verticale alla ricerca di buone mani che
per fortuna non mancano.
Ottavo tiro, dai che siamo a più di metà, anche se il tiro
chiave poi alla fine. Altro diedro, però
cavolo se strapiomba in alto! Questo sarà più duro, di certo più fisico: sospirone,
e via andare, che non c'è da cincischiare quando il rischio ghisa is in the
air. Vado, un friend a integrare, e poi verso l'alto, tra sostituzione e
trazioni guadagno altezza.. pause di rflessione, lettura della roccia, cuore in
agitazione, strapiombo e dai che son fuori!
Passerella di terra gradinata (mamma mia Grill, che impegno
a mettere in “sicurezza” tutti questi tratti), e alberello con tronco secco
pendulo. E qui, salgo troppo a sinistra, come al terzo tiro sbaglio e tornare
giù non comodo, ma possibile visto che
sono da primo. Riparti per una bella placca che riesco a vincere fiero di me e
delle mie mythos (in realtà, mo' vaca se son scarso).
Dubbioso se la sosta sia questa, ma credo di sì, allungo il
barcaiolo di almeno 6m per poter vedere il mio amico salire e scambiarci due
battute: ridevo meno quando ero al suo posto. Poi riparte, un salto su una lama
traballante, e poi un bel traversone delicato ed espostissimo la cui
bellezza proporzionale al “cacchio che
vuoto sotto i miei piedi!”, almeno per me che adoro ciò.
Ed ecco il tiro più brutto della via, il mio! Un
trasferimento di I (e anche qui, dire I è tanto, si cammina per sentiero) dove
la corda ha pure il coraggio di bloccarsi! La fame e la sete ci fermano per la
seconda volta: in parete al sole fa già un caldo assassino, estate aspetta!
Giorgio mi rende il favore conservando lo zaino anche per
il prossimo tiro, una facile ma pittoresca rampa sotto degli strapiombi a
sfruttare una bella fessura di prese rovesce. Voglio la birra! Fortuna qualche
sosta è all'ombra, perchè 1,5l in due oggi è davvero poco. E meno male che ci
mettiamo un tempo dignitoso a finire la via.
Eccoci sotto il tiro chiave col passo chiave, la spaccata,
banzai! Altro diedro, sempre a me: a fine giornata il mio amore per i diedri
sarà in crisi.. Subito un resting, per poi scoprire la manetta salva vita:
zioccan. Strapiomba pure un po' il maledetto, e dopo poco diventa davvero
liscio sulla parte destra. Come prima, ma pi di prima, gioco di incastri alla
Yosemite style, braccia e gambe nella fessura, ginocchia in sostituzione, ne
uscirò con un polpaccio destro un po' graffiato.
Bello eh, ma che duro! Perchè non salire quella fessura a
destra? Ah, ma tra poco ci vado. Cordino lassu, sotto quel masso incastrato che
da superare in alto impossibile, ma ci
arrivo cotto e mi tocca trazionare anche su esso (Giorgio quando arriverà in
sosta dopo mi dirà “ma c'era una manetta appena più in alto a sinistra”,
noooo). Daje de spaccata adesso!
Oh, ok che faccio yoga (con scarsi risultati, ammetto), però.. Allunga il piede varie volte
e tastare quel terrazino inclinato lontano, che tanto al cambiare del tentativo
non si avvicina, non si allarga e non si pareggi. Resta uguale. Forza, una
specie di Dulfer col fiato strozzato, e son di la. Dai che forse la portiamo a
casa!! Ma il tiro non è finito, verticalità netta per risalire verso la sosta,
la corda troppo angolata negli ultimi due rinvii mi sega..le balle.
E la pala placcosa che faceva cagare sotto fin
dall'osservazione da valle, è di fianco a noi. Ma non abbastanza da esser lei
il nostro ultimo tiro! Preoccupatissimo per di nuovo quel grado di placca che
sotto mi ha fatto azzerare, infreddolito da una sosta all'ombra e al vento
(pelle d'oca e quasi tremo), osservo Giorgio sul 13imo e ultimo tiro.
Sale la fessura, massi instabili, arriva sotto lo
strapiombone diagonale. Da qui non si può vedere se ci sia una bella fessura
solcata dal vuoto a indicare delle buone mani: non farci sorprese! Il mio amico
scorre liscio, supera il tratto, arriva in sosta e lo sento gridare, yeah! In
qualche modo ne uscirò anche io! E ne esco pure bene, niente A0, strana questa
diversa gradazione rispetto a sotto: ma io son scarso, probabilmente anche nel
leggere la roccia.
Ok, tre A0 (di cui uno da secondo) ma sono soddisfatto, e
Giorgio (nessuno A0, maledetto) pure. Riusciamo a salire una via davvero bella,
appagante, varia, e in totale solitudine. Al sole, col sole, in tempi anche
dignitosissimi (almeno per i nostri standard, 6,5h), e con gli ultimi ruttini
al Lambrusco. Ero quasi schifato dall'idea di bermi una birra e mangiarmi un
panino, ma ora non vedo l'ora!
Qui altre foto.
Qui report.
Relazioni a bizzeffe su web.
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