Quest'estate
è stata davvero inusuale rispetto alle scorse, e solo ora mi ritrovo nella
possibilità di passare qualche giorno (3..) in Dolomiti ad arrampicare. Con Giorgio, che ha ottenuto
un permesso speciale per "aiutare" un amico.
Sulle Odle
entrambi abbiamo sempre voluto arrampicare. Io ci sono passato qualche giorno fa vicino,
ma anche anni fa. Lui ci passa spesso essendo amante della zona insieme a
Chiara. Bisogna portarci anche le scarpette! Anche se solo in auto decidiamo
davvero la zona della meta, e solo al bar scegliamo la via. Spigolo Dibona al
Sass de Mesdi. 10 tiri, difficoltà contenute, dai come riscaldamento va bene! E
invece..
Al
parcheggio alto ci prepariamo e partiamo in mezzo alle nebbie, alchè opto per i
pantaloni lunghi: passeremo tutto il giorno a cuocerci al sole. Qui ci ho già
arrampicato nemmeno un fa, ma quella volta l'avvicinamento era molto più breve: oggi saranno
ben 2h30 tra parcheggio e mani sulla roccia!
Salutiamo il Rifugio Juac, un'occhiata
alle spalle che il Sassolungo è risorto dalle nebbie, le Torri alla nostra
destra, e le Odle che si specchiano nel lago: che bella cartolina! Ad avere una
macchina fotografica bussa..verrebbe meglio.
Usciti dalle
nebbie e dal bosco, siamo al sole, e ben presto al Rifugio Firenze. Si prosegue allegramente
per un avvicinamento che non credevo così lungo, ma tanto oggi il meteo regge,
quindi sfruttiamo la giornata. La strana Piera Longia, e davanti a noi i
paretoni sud delle Odle: più ci si avvicina, più sale l'acquolina.
Risaliamo
ognuno per la sua strada il ghiaione, trovando qualche traccia solo più tardi,
e incredibilmente ci pare non ci sia nessuno ad arrampicare. Solo giunti a
pochi metri dall'attacco odiamo delle voci, ma sono più avanti a fare una sorta
di monotiro: in parete saremo soli tutto il giorno, su questa classica.
Parte
Giorgio, col dubbio di non essere nel posto giusto finchè non trova uno dei 12
chiodi presenti sulla via (secondo alcune relazioni). Cercare la via è la cosa
che fa perdere più tempo di tutte, e oggi ce ne accorgeremo bene.
Infatti
anche io sul prossimo tiro titubo parecchio, anche se mi pare logico andare li,
non è così certo: quando poi traversi.. Un cordino in alto mi ricorda della
gita letta al bar (si sono calati per non aver trovato la via), e per fortuna
l'ho letta, così ignoro questo e il cordone lassu nello strapiombo!
Riparte
Giorgio per L3, abbiamo già trovato nei primi due tiri ben un terzo dei chiodi
totali! E infatti tituba parecchio il mio amico, e rispetto alla relazione di
bernardi "si perde". Un cordone su un grosso spuntone indica comunque
che qui qualcuno sosta ce la fa: mi sa che nei primi tiri, ognuno arrampica la
"propria" via Dibona.
Ora a me
l'arduo compito di "tornare in via", con un gran traverso esposto ma
ben ammanigliato. Cerca di capire lo schizzo, cerca qualche indizio, sarà sa
salire, sarà da continuare a traversare.. Mica facile la vita. Ma con un
pizzico di fortuna arrivo a vedere la sosta, ottimo!
Ora trovare
la via non è più così complicato: il quinto tiro dopo esser saliti dritti,
chiama una cengia da traversare fino alla sosta, e tutto fila liscio. Per
fortuna, perchè vedo che le lancette dell'orologio scorrono..e oggi doveva
essere una giornata tranquilla.
Il sesto
tiro è una sorta di trasferimento strano per andare a prendere da vicino la
"bellezza" del prossimo, e mi mangio le mani ad aver fatto scegliere
a Giorgio chi doveva partire per primo. Domani mi studio bene la relazione e
decido io come dividerci i tiri, uffa!
Il settimo
tiro infatti parte con un traverso esposto sul vuoto, foto da far impazzire
tutte le fan di GioCobain, il quale però tituba sul quando occorre salire:
quell'anfratto sembra più difficile di quello che la relazione chiama, e invece
è proprio lui. L'ottima roccia della via permette una salita senza
troppe..strizze.
Un po' in
mezzo all'erba, vado a cercarmi la roccia migliore per salire l'ottavo tiro,
complicandomi forse un po' la vita, ma ora che ho iniziato a carburare..voglio impennare!
Ultimo tiro
per il mio amico, qui non si può sbagliare, il camino è evidente: basta che non
scarichi nulla che io sono proprio sotto. E mentre sono qui, la mia ombra viene
proiettata sulla roccia a fianco. In questo delicato momento della mia vita, mi
appare ancora più evidente come debba "separarmi" in due in modo che
uno dica all'altro cosa fare e come agire.
E poi
vabbeh, l'ultimo tiro è una mezza cioffeca, roccia rotta e varia per arrivare
sulla cresta della cima, ma cerco comunque di fare qualche passo di arrampicata
giusto perchè io mi gaso quando sono alla fine. Vorrei arrivare fino in cima,
ma la corda tira ed è meglio fare sosta giusto a fianco del libro di via.
Alle 17e15
siamo in cima, finita la via, in totale solitudine. Ammiriamo il panorama e
meditiamo su quanto ci abbia impegnato la via, che non ce l'aspettavamo. Ma va
bene, abbiamo tempo e voglia.
Trovata la
traccia di discesa, la normale è proprio la tipica normale dolomitica: fortuna
ci sono gli ometti a indicare in quale anfratto infilarsi e in che direzione
seguire la ghiaia! Ci si deposita sui prati finali, per poi ripiegare a destra
e tornare alla base della parete.
Trotterelliamo
verso il Rifugio Firenze affamanti e assetati, un bel piatto caldo e una birra
fresca non ce le toglie nessuno, mentre il sole lentamente scompare dietro i
profili delle montagne, lasciandoci godere il tramonto su Sassolungo e Sella
mentre rientriamo verso l'auto.
Perchè serve
la storia? Perchè Dibona usava pochissimi chiodi! Ora, senza arrivare
all'esagerazione che "nella mia vita ne ho usati 15", però pochi
pochi ci credo! Giorgio mi dirà di aver trovato più impegnativa questa via che
lo Spigolo delle Bregostane..
Qui altre
foto.
Qui guida.
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