Io ci provo.
D'altronde se nessuno tenta ogni tanto di rompere un pochettino gli schemi,
tutto resterà fermo e fossilizzato nel passato: tutto evolve invece. Quest'anno
che ho un grado in più, le mie idee possono avere un peso leggermente maggiore, e quindi..proviamo.
Che poi, chissà che prova: difficoltà e dislivelli contenuti, meta solo 15min
più distante che il Gran Paradiso e costi simili al Monte Rosa. La Marmolada è stata una
meta ipertranquilla ed economica e vicini. Ora.. daje!
Ultima
uscita del Corso A1 2017 del CAI di Carpi: destinazione Le Tour (Chamonix), Refuge Albert 1er e
tentativo di salita al..incognita.
Il bus ha la
comodità di poterci dormire tutti, nessuno che deve guidare, ma la scomodità
che obbliga a partire quasi 2h prima che se si andasse in macchina. Alle 3
lasciamo una pianura rinfrescata dai temporali di ieri, con la speranza che le
previsioni meteo incerte ci regalino invece qualche bella sorpresa. Ronfata
epica fino a uno degli autogrill più tristi della storia ma con una delle fami più
cospicue di sempre.
Poi eccoci
al traforo del Monte Bianco, ma io me la dormo ancora, troppo stanco dalla
settimana. Si sbuca di la con un meteo decisamente differente, dal quasi sole
alla quasi pioggia. E il mio compagno di banco Roberto già mi ricorda la Verte: il quarto compleanno è vicino. E
dopo poco più di 6h, eccoci al parcheggio degli impianti di Le Tour, carichi
come delle molle, eccitati per l'ambiente in cui stiamo per immergerci.
Con le gambe
che piangono tristezza, mi tocca piegarmi al buon senso e prendere gli
impianti. Quell'invitante sentiero che sale a mo di vertical non può esser mio,
oggi. Due tronconi ci depositano a circa 2000m, e la Haute Savoie, per farci
sentire maggiormente a casa, decide di regalarci un paesaggio tipicamente
padano. Padano autunnale: la nebbia.
E vabbeh, se
questo è il prezzo da pagare per poter avere il sole domani, va bene! Tutti in
marcia sul sentiero ben marcato, più in falso piano che in salita, con qualche
tratto esposto ma attrezzato: ma tanto non si vede molto.. Però che bello, dopo
un po' fiocca neve! Con Enrico che mi dice "oh ma neanche questo inverno
ho preso nevicate così, me le devi far prendere tu a luglio!".
Neve,
pioggerella, un pelo di vento, tanta umidità nell'aria e nebbia: il paesaggio
non è certo incoraggiante, ma la marcia è continua e lineare verso la speranza.
Bianco per terra, bagnato, poi ecco che spunta la seraccata bassa del Glacier
du Tour (la cui lingua vedevamo già da basso). Sorrisoni e voglie di artigli
artificiali per poterla scalfire..
Ultimo
tratto di risalita della morena, sempre a vista della seraccata, ma sopra ci
sono le nuvole che non permettono di vedere la maestosità delle cime che
contornano l'ambiente. Qualche gradino metallico, ed eccoci all'accogliente Refuge Albert 1er: accogliente e..che tope le cameriere! Val la pena di
tornarci! Ci sistemiamo nelle stanza, si mangiucchia qualcosa, ci si ricompatta
e ce la si racconta tra panini e risate e birre calde.
Ma non siamo
mica qui a pettinare le bambole! Tutti fuori per le esercitazioni di soccorso
in valanga: sotto il rifugio, verso destra (faccia a monte) tre discreti nevai
possono servirci come campi ARTVA. Enrico sale in cattedra e spiega l'attrezzo,
come usarlo, poi viene il momento di provarlo, mentre di nuovo ricomincia a
nevicare e il freddo inizia a farsi sentire.
Si prova la
differenza di sondaggio tra pietra e zaino, si spiega lo scavo, e poi dai, si
può rientrare al caldo a far baracca e prendere piccozate in fronte. Io invece
me ne vado alla ricerca dell'attacco di domani: un po' il ruolo, un po' l'aver
proposto una gita che seppur di grado F è comunque sconosciuta a tutti (ma iper
tracciata, una piccola A14 nella neve), meglio che mi metto avanti e vado in
esplorazione.
Seguo gli
ometti sulla parte alta, giungo alle piazzole tenda, solo domani capirò di
esser rimasto troppo basso, ed ecco il Signal Reilly davanti a me: ma già dalla
sua base partono le nuvole che non permettono di vedere nulla. Mi siedo su un
sasso, a pensare. La vastità, il silenzio, la serenità di un ambiente che dorme
irrequieto. Qui il tempo è un concetto relativo. Meglio non relativizzarne lo
scorre, alzarsi e tornare dentro, se no chiamano i soccorsi. Scendo e rientro a
lato del ghiacciaio: porco cane, mica tanto lato, ci sono sopra!
Tra chi
dorme e non piglia pesci, non possiamo fare breafing prima di cena, solo
qualche chiacchiera e considerazione sul domani . Il bello dei nostri corsi, è
innegabile, è la convivialità che si crea velocemente tra istruttori e allievi:
non c'è un fossato a separare le due categorie (beh, nei momenti didattici e
nelle salite non può mancare un minimo di distacco), ma forse perchè siamo
scarsi, non siamo supereroi, possiamo e riusciamo tranquillamente a mischiarci
e passare dei momenti come gruppi di persone alla pari. Io poi che ho una forte
autoironia ed è molto difficile che me la prenda per qualcosa, è un attimo che
oltre all'immancabile Stefania, altri si allargano a prendermi in giro.
Cenone della
madonna con zuppa salvadenti (4 piatti), cous cous con verdure (per gli
onnivori anche la carne), e torta. Ziobo maledetta ingordigia, ho un otre al
posto della pancia! Ma perchè devo sempre mangiare come se non ci fosse un
domani? Tartaruga capovolta, amica mia. E fuori fiocca alternata a pioggia.
Breafing tra
istruttori post cena. La traccia più marcata è quella dell'Aiguille du Tour, il
grado e il dislivello (F e 800m) sono pienamente alla portata di un corso A1, è
la cima più blasonata della zona: dai andiamo tutti la! Deciso tra noi, passiamo a trovarci coi
nostri compagni di cordata per vedere loro cosa avevano elaborato (compiti a
casa) e discutiamo il da farsi. Minchia che pancia piena!
Tutti a
letto, la sveglia suonerà presto (anche se non troppo presto su). In stanza
faccio notare alla locomotiva Enrico, il fatto che "Beh Enrico, però a SA1
mica ti capita di essere in una stanza con più donne che uomini" ma la sua
risposta mi gela "non so se sia un bene però!". "Vale, spegni la
luce dai che dormiamo" la spegne e Steve con molta naturalezza (essendo ancora
le 21 e quindi con luce fuori) "ah beh ora sì che cambia" e via a
ridere!
Suona la
sveglia, ma non è la mia! Qualcuna l'ha messa prima di me: che orgoglio questi
ragazzi! C'ho una smania addosso dopo aver visto che siamo sopra un tappeto di
nuvole e che qualche stella si vede..ma presto le nuvole si alzeranno e non si
vedrà più nulla. Vestizione, creme, faccia, colazione (senza esagerare, se
faccio l'ingordo poi chi si muove?). Alfredo e Alessandro confermano non
farcela e restano in rifugio. I ragazzi efficienti come sempre non si fanno
aspettare (non a lungo almeno).
Si parte,
davanti a noi delle frontali sono già sopra il Signal Reilly. Prendiamo
l'avvicinamento che ho fatto ieri, a seguire gli ometti sulla pietraia che sale
sopra il rifugio. La frontale quasi non serve già più. Morali alti e speranze
profonde che alla fine il sole trionfi. Vincerà la nebbia mista neve e pioggia.
Fa caldo.
Porca vacca. Rocce bagnate. Un po' per voler "far strada", un po'
perchè c'ho smania anche io, fame di alta quota e voglia di divertirmi, sto
davanti e spesso devo fermarmi perchè il mio passo è troppo frenetico.
Valentina mi sta dietro, ma meglio ricompattarsi un po' tutti. Poi ecco che
come ieri, arrivato alle ultime piazzole tenda, si scende su fanghilia, si
salta il torrente e si mette piede sulla neve. Si risale un po' di morena, e
ora tanto vale ramponarsi e imbragarsi.
Che palle
inizia a piovigginare. E metti la giacca. Però tolgo la maglia se no muoio di
caldo. E il coprizaino. Non li toglierò più all'arrivo in rifugio. Il gruppone
avanza ora legato 3 a 3 per un totale di 8 cordate: l'assedio. Chi è già
partito, coi miei proseguo un pochetto sulla morena per stare distante dagli
altri, e anche per superarli: nessuna competizione, in montagna per me non
esiste, solo vorrei esser io in quanto ad aver proposto la gita, a prendermi la
responsabilità di eventuali errori di percorso.
Si risale il
lato sinistro del Signal Reilly, questa prua di roccia che emerge dal Glacier
du Tour: coi cambiamenti climatici e il ritiro dei ghiacciai, diventerà sempre
più prominente questa prua. Sembrava più corto questo tratto, poi si taglia a
destra per salire in groppa alla prua ed accedere davvero al Glacier du Tour,
bello sconfinato. Oggi poi che si vede per metà. E fiocca.
Vabbeh, la
traccia è buona, impossibile perdersi, il tracciato coincide con la relazione,
proseguiamo. Dietro di me tutti belli in fila indiana come si addice a una
progressione su ghiacciaio. Noto le prime rocce incrostate di neve, un qualcosa
che mi richiama l'inverno appena passato, el soddisfazioni che mi ha dato. E
oggi non sarà diversa.
Traversone
con un paio di risalite fino a giungere a una piccola discesa alla base di un contrafforte
roccioso. L a traccia si divide: ho già idea che a sinistra risalga verso il
Col Superior du Tour, mentre dritto prosegue verso il Col du Tour. Sulla
cartina la traccia scialpinistica chiama quest'ultimo, ma le tre relazioni che
ho fanno salire per il primo. Così pure chi si è svegliato prima di noi.
Valentina e
David, vamos! E la
pendenza si accentua. Meno male tutto è pestato e gradinato, ma un
"Pellegrini ci hai fregato!" da basso lo sento arrivare.. Anche
questa scarsa visibilità, l'ambiente è mozzafiato. Dentro un canalone
contornato da creste e guglie aguzze: ma che ne sa il Monte Rosa?! Qualche
pausa per far riprendere fiato ai ragazzi, e poi ecco gli ultimi metri di
roccia. Roccia incrostata di neve: tanto love.
Ma che bello
ma che bello! Un po' di varietà e di mani da usare non solo per tenere la
picca, ma siamo comunque su difficoltà ben accettabili, anche se non proprio da
grado F come dicono le relazioni. Qualche spuntone da assicurazione veloce, e
con un passo strano sguscio fuori dall'ultima lama per passare in territorio
elvetico: ben più nuvoloso del francese e pure più ventoso!
Viste
arrivare altre cordate, proseguiamo grazie a chi ci ha preceduto. La base del Purtsheller
è un buon punto di riferimento per farci capire che non stiamo andando a
farfalle. Un dosso da risalire, la traccia che arriva dalla Cabanne du Trient, ed
ecco apparire davanti a noi la crepaccia terminale e la parete rocciosa da
risalire per la vetta.
Noi gli
zaini non li abbandoniamo (anche perchè in cima voglio mangiare e bere),
andiamo incontro alla bocca famelica del ghiacciaio che oggi resterà a digiuno,
e alla base della roccia togliamo i nodi a palla e accorciamo la conserva,
inizialmente pure troppo.
Per fortuna
chi è salito prima di noi sta già scendendo. Traversone in salita verso destra
su roccia con mani e piedi che non si muove nulla, impressionante. Veramente
sfizioso, ma veramente non può essere solo un F.. Ambiente suggestivo con le
rocce sporche di neve, pandori con lo zucchero a velo:si vede che ho fame.
Arriviamo
alla breche che separa la nord e la sud (beh, non proprio, sarebbe più in
basso) e di là..però che esposizione. Si risale in arrampicata facile, che però
coi ramponi ha un po' più di pepe, così come con le moffole umide. Venticello,
freddo, neve, bagnato: le condizioni meteo stanno alzando l'asticella delle
difficoltà.
Ancora
qualche passo, e alle 8e40 eccoci in vetta all'Aiguille du Tour S! Solo che
speravo fosse più spaziosa. Valentina però non si sente più le mani per il
freddo: prova gli scaldotti, poi le do i miei asciutti, che dopo Alessia in Marmolada salvano anche lei. Intanto arriva su gente, e inizio a capire che non possiamo stare
qui a lungo, non c'è posto.
Ma siamo
fortunati noi, perchè poi gli altri istruttori mi riferiranno che a momenti si
veniva alle mani! Scendiamo incrociando Fabio e Roberto. Urlo alla gente che se non ci fa scendere loro non potranno
salire, mamma mia quanta gente. Che fosse frequentata lo si sapeva, ma nessuna
relazione parlava di scarse possibilità di incrocio salita-discesa: qui certi
metri sono obbligati a entrambi.
Arriviamo
alla breche dopo un'eternità. Ma non è ancora finita, c'è il traversone. E
altra gente che sale e che scende e che sorpassa mentre io pazientemente volevo
far passare chi saliva: cortesie percepite da chi saliva almeno. Penso che ci
abbiamo messo quasi 1h a scendere un tratto che abbiamo salito in 30min.
Ora sono più
tranquillo, superato il tratto duro e dove il traffico era davvero un problema.
Con calma facciamo le nostre cose e così ne approfitto per vedere tutti gli
altri arrivare qui, e potermi così mettere la mente serena che tutti stanno
bene. Claudio ed Enrico non sono saliti, avevano già visto troppo traffico e
maleducazione alla base della parete..
Arriva
Stefania con una frase che mi ricorderò per sempre "adesso ti abbraccio,
poi ti dò due schiaffi": per fortuna si ferma alla prima metà. Poi arriva
Linda..lei non sta bene. Scivolata, anche per colpa della ressa, lei che un po'
ne sa dice essersi storta la caviglia (invece ha il perone fratturato!): ma
ziocca l'ultima uscita! E sono già li che penso a come fare una barella, se
chiamare l'elicottero, ma lei, stoica, dice di farcela. Solo deve andare con
calma.
Eh David e Valentina , a esser in cordata con il direttore tocca far questo: esser i primi
a salire, ma gli ultimi a scendere. E oggi aspettare anche la cordata in
difficoltà: che poi, parliamoci chiaro, gentilezza e mutuo soccorso, si aiuta
perchè se fossimo al suo posto vorremmo essere aiutati.
Sempre nella
nebbia, scendiamo, lentamente, verso il Col Superior du Tour, di nuovo. Non ci
fossero stati inghippi ne visibilità scarsa, si poteva proseguire e scendere
per il Col du Tour, ma meglio di no ora. Che poi a scenderlo lo ritrovo molto
più facile di prima.
Il tempo si
dilata. La nebbia che rende tutto più ristretto ma sapendo che invece tutto è
ampio. Il caldo e la fame. Il dover progredire molto più lentamente del proprio
passo. Non me ne voglia la povera infortunata, ma è durissima stare dietro al
suo passo. Inizio ad avere un sonno e una stanchezza che mi ricordano la prima
traversata dell'Appennino, quando per un colpo di sonno che sentivo arrivare,
mi accasciai sul crinale a dormire, come un animale selvatico.
Giunti quasi
sopra il Signal Reilly, con la scusa di mangiare e bere qualcosa, chiedo a miei
di fermarsi. In realtà mi devo ribeccare, e sono confortato nel sapere che
anche loro due stavano vivendo lo stesso stato fisico e mentale. Onori invece a
Linda che continua nella sua discesa, che roccia di ragazza! Mangiato e bevuto
qualcosa, lasciato prendere un po' di largo a Federico, Fabio e Linda,
ripartiamo a passo nostro.
Discesone più
prolungato verso est, per risalire le rocce più in alto di dove siamo scesi
stamane. Ritroviamo i nostri tre compagni di viaggio, ci togliamo ramponi e
corda e la libertà dei movimenti torna tra noi. Loro partono prima, di buon
passo pure, la ragazza senza rampone si muove meglio si vede. Poi andiamo noi,
e ben presto arriviamo al rifugio, dove ci sono tutti, alcuni già scesi, manca
però Linda e suoi!
Come abbiam
fatto a non trovarli? Strade così diverse abbiam percorso? Fantasioso quel
costone roccioso con mille ometti. Eccoli finalmente. David si accorge di aver
perso un rampone e torna indietro. Ma porca miseria. Inizio a fare i conti con
la funivia: ultima discesa alle 16e30. Tutti scendono, io resto a fare due
chiacchiere con la Vale. David ove sei?!
Aspetta,
conta, ammazza il tempo. 14e30, basta vado a cercarlo, ci manca solo sia caduto
in un canalone: bella fine corso! Salito un po' lo vedo, senza rampone,
"dai che dobbiamo andare!". Ci si incammina anche noi, scendendo
sfruttando tutte le lingue di neve che si può: operazione salva ginocchia!
Messo piede
sul sentiero che inizia a traversare verso destra, cavolo Linda è ancora lì..
Inizio a temere la funivia. La raggiungiamo e stiamo con lei e Federico (che le
porta lo zaino) fino alla fine. Testa bassa, mi concentro solo sul suo piede, pronto a reagire nel caso dovessi vedere che perde l'equilibrio: potrei contare le cuciture della scarpa, che ipnosi.
Linda. Ziobo che forza d'animo questa ragazza. Che
positività. Non si lamenta, non dice di voler i soccorsi, ride, sorride,
qualche ahia quando si appoggia male. Davvero una forza d'animo e una solarità
invidiabile. Se affronta così la vita..tanto di cappello.
Paura di
arrivare tardi. mando avanti David e Valentina "dai ragazzi andate a
sentire il tipo dell'impianto che ci aspetti. Però filmatevi mentre col vostro
italiano e inglese cercate di farvi capire da un francese!". Quanto è
lontano l'impianto? Tanto fino alla fine non o vediamo, grazie alla nebbia. Poi
sentiamo delle voci "chiude alle 16e45, avete 15 minuti!" arriveremo
a pelo per 4.
Bon è fatta,
sospiro di sollievo. Sento che è quasi finita: questo weekend nella mia testa è
filato molto più liscio che la Marmolada, nonostante tutto. Ma ora, che da me non dipende quasi
più nulla, che le mie responsabilità stanno per finire, mi sento leggero.
Spensierato. La seggiovia si tuffa nella nebbia, fredda, ventosa. Rinfresca la
mente. Contento di tutto, sopratutto dei corsisti: ecco, sotto questo aspetto che sia quasi finita, dispiace.
Aiutando
sempre Linda, una spalla a sorreggerla, zompettiamo verso il bus dove quasi
tutti sono dentro che ci aspettano. Peccato, speravo fare un bel discorso di
fine gita, ma rimanderò al dopo cena, ormai ce ne sono che stanno già dormendo
in bus. E anche io, una volta cambiato e sistemato, non vedo l'ora di chiudere
gli occhi e lasciarmi andare in shavasana! Ma profonda!
Che livido
la Linda.. Tutti diventano dottori, ma bonari e spesso perchè "il mio ci
assomigliava quando..". Passato il tunnel del Bianco, in Val d'Aosta
splende il sole: in alto no, ma a valle si, e si odono le ole di "ma
guarda te" "ma accidenti!". Sosta in autogrill per prendere del
ghiaccio, e si riparte svelti.
La cena che
tutti vorrebbero, in autogrill, ma almeno c'è del self service. Io e la Ste adocchiamo
la pizza, la vogliamo tutta, facciamo lo scontrino, arriviamo davanti alla
vetrina. Anche Alfredo e Alessandro hanno adocchiato la nostra preda, come
leoni vogliamo difendere il cibo "no, quella l'abbiamo già presa
noi", per fortuna loro devono ancora fare lo scontrino, così non
litighiamo.
Finisco per
ultimo di mangiare, pausa pipì, il gelato dell'ingordo, arrivo al bus per
ultimo: già pronto e carico per fare il mio discorso ma..il cinematografo che è
dentro Alfredo è già esploso e il film di montagna è già partito. Addio
discorso. Perchè mica posso farlo quando finisce che la gente starà dormendo,
ne a Carpi che tutti avran voglia di andare a casa. Pace.
Un'altra
dormitina, mi aspettano due giorni in cui gestire tutta la fine corso per poi
poter andare qualche giorno in vacanza in montagna. Ora c'è da gestire anche
l'infortunio di Linda: non male come primo corso da direttore, già
un'infortunata! Ma lei sorride, e io sorrido di conseguenza.
Qui altre
foto.
Qui report.
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