Ci sono di
quelle giornate dove tutto fila liscio: un meteo perfetto, una via piacevole
dalle difficoltà giuste per adrenalinizzarsi ma senza impiccarsi, una cima
panoramica, una discesa comoda, un rientro a orario dignitosa, un'ottima
compagnia. E poi ci sono le giornate come questa.
Beh, credo
che ormai qui potrei farci il mio secondo domicilio: un angolo delle dolomiti
dove parcheggi nel bosco, cammini nei prati e poi sbuchi su pareti rocciose.
Sono anche le montagne in cui feci la mia prima vacanza montanara con Marco,
l'anno scorso le lambii con la riflessiva Alta Via N2 delle Dolomiti, e dopo la Dibona al Sass de Mesdi e
Victoria alla TorreJuac ho iniziato ad arrampicarci parecchio quest'anno (Spigolo alla TorreFirenze, Spigolo alla Torre Juac, Spigolo alla Gran Fermeda).
Comoda,
bella, silenziosa, è una zona che regala emozioni. Oggi sarà un po' meno comoda
vista la logistica di ieri. Sarà molto meno silenziosa per colpa di quella grottesca (visto il contesto)
musica tirolese a tutto volume, ma di emozioni ne regalerà davvero tante. Tante
e divergenti.
Dopo una
colazione a base delle leccornie della Dolciaria Fassana, ci incamminiamo da Daunei che non sono
ancora scattate le 7. Il cielo non è limpido ma nemmeno minaccioso: dopo la
cantonata di ieri, oggi non vorrei ripetere. Stefania ha accettato di buon grado la mia
proposta: è raggiante e di buon umore, io invece in via sarò un po' nervoso,
chissà perchè. Forse un sesto senso ce l'ho anche io.
L'avvicinamento
è tale e quale a una settimana fa, esatta: la dolce salita, il Rifugio Juac coi suoi panoramici
prati sul Sassolungo, la vista delle Odle, queste ultime che si specchiano nel
laghetto, l'arrivo al Rifugio Firenze. Noi che ci beviamo un caffè, e la maggior parte degli escursionisti
che parte per la loro giornata. I prati con le mucche, il sole che ci scalda
come al microonde, le montagne che si avvicinano. Le marmotte che fischiano.
Le montagne,
le dolomiti in particolare. Questi giganti geologici che tanto ci divertiamo a
scalare. A domare. O sarebbe meglio dire ad abbracciare, perchè da domare c'è
ben poco: più che un animale selvatico che istruiamo a farsi accarezzare, è lui
che ci porge la guancia e ci permette di posare la nostra mano su di lui.
Blocchi all'apparenza solidi, ma nel cuore deboli, che si innalzano dai prati,
dopo averci deliziato con i residui della loro fragilità: i ghiaioni.
Settimana scorsa anche lo
Spigolo della Odla da Cisles era una tra le mete papabili, poi Emanuele prese la strada
della Gran Fermeda,
e ne uscì una gran bella giornata. Ecco, quella sì che era abbastanza liscia.
Oggi si continua a scorrere sotto le sorelle occidentali delle Odle, poi si
risale l'immancabile ghiaione misto erba verso l'immancabile canalone detritico
(detritico.. ci sono certi blocchi grandi come un SUV) che separa le sorelle
tra loro.
Una cordata
ci precede, ma devia verso la Dibona al Sass de Mesdi. Siamo soli al momento, ma dopo il
traffico di ieri non può che farmi piacere. Vestiti e imbragati, aspetto a metter le scarpette,
che i primi metri su zolle erbose ripide e umide mal si conciliano con la suola
delle mie Mythos. Però mi lego, che giustamente la mia amica non è molto
dell'idea di salire slegata.
Parto io,
sotto il buco nella roccia che evidente evidenzia la zona di attacco. Un passo
su roccia, e poi si finisce nei prati verticali, con qualche traccia e i
gradini terrosi a volte infidi in quanto vuoti. Meglio proteggersi un pochino
mettendo giù qualcosa, quando Stefania partirà saremo in conserva; e la
conserva sprotetta è un suicidio- omicidio.
La sento che
mi urla corda finita, giù subito una protezione e "Stefania parti!":
continuo la mia salita. Se riusciamo ad unire qualche tiro, facendoli lunghi
quanto ci pare sostando dove vogliamo (stile Gran Fermeda) non sarebbe male, ci mettiamo meno
tempo, il che vuol dire essere per un minor tempo esposti a pericoli.
Ecco una
buona zona dove potrebbe essere la sosta, ed ecco le fessure evidenti del prossimo
tiro. Uno spuntone ed ecco pure il chiodo: sosta veloce per poter recuperare la
mia amica in sicurezza. Per guadagnare tempo intanto mi cambio le scarpe, cosa
non comoda appeso alla sosta e recuperando nel mentre.
Parte
Stefania, allegra e spensierata: strano che non sia tesa, ma molto bello che
non lo sia. Tra qualche ora questa spensieratezza sarà un lontano ricordo.
Qualche ora dopo almeno torneranno i sorrisi e le risate. Sale subito a puntare
le fessure, inizia a traversare, cerca e trova il chiodo: tutto torna. Si
spaesa un attimo a cercare di capire dove andare: cercare la via non è banale.
Eccola che sale ed ecco che, dopo un po' che non la vedo più, mi urla i tipici
messaggi delle buone notizie: è in sosta.
La
raggiungo, e il mio nervosismo si mostra subito quando le dico che deve
viaggiare, non fermarsi a guardarsi mille volte intorno: la via è lunga, la
discesa non banale e il meteo prevede instabilità. Chi la fa l'aspetti, e nel
tiro dopo sarò subito a io a cercare la via: parrebbe evidente, invece non
proprio. Quel chiodo sulla placca a sinistra (vecchio ma massiccio) mi ispira,
ma poi ricordo che la guida ne mostra uno fuori via. Proseguo, ecco infatti,
c'era da andare qui dietro.
Mi raggiunge
Stefania, ho qualche dubbio di essermi fermato troppo presto, invece no dai,
torna il tiro successivo con gli strapiombi lassù. Sposto la sosta in uno
spuntone più bello (ma possibile che non l'abbia visto prima?!) e faccio
partire la mia amica, testone nel volergli consigliare io dove andare. Invece
prende la strada giusta di sua testa, forte del suo buon umore.
Scorre verso
l'alto, verso quegli strapiombi che riparano dandoti una sensazione di
protezione. Il problema è che quando ci arrivi sotto, ti danno anche un senso
di "e adesso dove cazzo vado?!" se non trovi la via d'uscita. Mi urla
che ha trovato lo spit, allora è giusto, la via d'uscita ci sarà.
Riparto, su
dritto a esasperare le difficoltà, e tanto mi basta per rimettermi un po' più
quieto, per rilassarmi: che cazzo c'ho da esser nervoso? Divertiti scemo! Un
serie di bei passi per superare lo strapiombetto, e poi per passare al di la
dello spigolo, totalmente esposto, totalmente figata.
Risalita a
zonzo a cercare la via su questo pezzo di parete uniforme, poche protezioni per
esser svelti, la convinzione di essere troppo a dx, rientrare a sx e trovare i
due chiodi. La lunghezza del tiro non torna, ma i chiodi son qui: oddio, sono
pure nella stessa fessura e ravvicinati, speriamo bene. La mia amica non compie
il mio stesso traverso, ma più in basso, sulle punte e con le orecchie dritte.
Benissimo,
ora due tiri di II per andare a cavalcare lo spigolo: immagino tanti spuntoni
su cui fare sosta, un percorso "obbligato" e chiaro. "Ste vai e
concatena se riesci, quando finisce la corda parto", lei va, ma gli
attriti della corda non le permettono di salire molto. In ogni caso in questo
momento smettiamo di percorrere i tiri ufficiali ma di salire finchè si può.
Nulla di strano o drammatico o irresponsabile.
Probabilmente
siamo a metà di L8 (secondo la guida) quando torno in testa. Metri facili prima di arrivare a
passo di IV- verticale: la forcella è evidente, la clessidra c'è. Tutto bene,
ma la fessura a destra dello spigolo.. Boh, seguo lo spigolo, tanto dobbiamo
starci sopra bene o male. Ma le corde ormai tirano troppo, mi fermo. Però
questa forcella sullo schizzo non c'è, ed è evidente.
Dove diavolo
sono? Non posso essere così distante dalla via, segue quasi scrupolosamente lo
spigolo. Ma davanti a me vedo un muro che non può esser III. Non sò, quel
nervosismo nascosto forse aveva sentito qualcosa. Arriva Stefania, le esprimo i
miei dubbi ma anche le mie certezze (oh, lo spigolo è questo), e le dico
chiaramente "guarda, i prossimi metri non mi sembrano di III, te la senti
o vado io?" e lei serena "se hai questo segno premonitore, vai pure
tu".
Bello,
divertente, non banale, anzi. Di certo non è III, e probabilmente è più duro
dei IV- precedenti: ok sbagliare a scrivere le relazioni, ma così tanto no.
Chissà dove diavolo sono. Almeno il meteo è ancora bello, per poco. Non guardo
l'orologio, non voglio aggiungere benzina sul fuoco del mio nervosismo.
Procedo per
salire il più possibile, non dovrei trovare difficoltà. La corda che inizia a
tirare nonostante mi sia astenuto dal proteggermi molto, quella è una
difficoltà. Ma anche il nuovo muretto che mi si para davanti: più facile dello
strapiombetto sotto, ma anche questo un po' più di verticale e con la corda che
mi tira giù.. Mamma mia che sforzi!
Impossibile
continuare, sosto su uno spuntone. Dopo poco alla mia sinistra arriva un
signore, lo saluto e lui prende paura, non aspettandosi la mia presenza. La sua
invece emi rincuora perchè è uscito dalla via Dulfer, che ha gli ultimi due
tiri in comune con la nostra via. Forse prima no, ma ora siamo in via.
Recuperare la corda è uno strazio, son ghisato, metto su un cordino in machard
per paranco veloce, e quando mi vede farlo "ma perchè? Lo spigolo dovrebbe
essere tutto III grado" mi dice l'uomo della Dulfer. Ma dove diavolo sono
passato?
Stefania
arriva,provata perchè "accidenti esser corta, non c'arrivavo a quella
presa! Hai sentito il mio urlo alla Ondra?! Mi verrà fuori un'ernia per quel
passaggio!" "Dai Ste, segui loro che sanno la via e ci portano
avanti!" il cielo si sta facendo minaccioso, e a nord delle Odle vedo bene
la nuvola d'acqua scendere dalla nuvola che fino a poco prima la portava al suo
interno.
La mia amica
parte svelta, ma la seconda dell'altra cordata è già lontana. Dopo una decina
di metri la mia amica si gira verso di me e "Cazzo non ti ho preso i
friends!", e ormai è tardi.. Sale svelta, speravo fare un tirone unico di
conserva, tanto ci aspettano metri facili, ma anche stavolta non diventa
possibile a causa dell'attrito delle corde. Dopo una 40ina di metri, esausta,
mi urla "molla tutto!".
La
raggiungo, seminati dai due davanti, le nuvole in Val di Funes belle carichi,
qui ancora un po' di sole ma la cosa non mi piace. Calma però, non perdere
tempo ma non fare cazzate. Riparto svelto, un pezzo di parete e poi si finisce
in cresta, su rocce non sanissimi ma facili, giro attorno a spuntoni per
evitare di perdere tempo con cordini e rinvii, ma qualcuno lo metto giù.
Stefania
parte, modalità conserva lunga protetta, mi si stanno segando i maroni, di
nuovo. Vacca boia che fatica! Ma voglio raggiungere la cordata davanti, lui o è
esperto o è una guida, voglio vedere dove si calano visto che la partenza delle
doppie pare non siano facile da trovare. Un bel tiro alla fune, una bella
esposizione, finalmente quella che sembra l'anticima.
Uno spuntone
tozzo ma basso, comodissimo per recuperare la mia amica. Un'occhiata sul
versante est, eccoli che si calano. Il cielo non è bello, e infatti anche loro
hanno optato per evitare i due tiri finali che portano in vetta (da quali poi
bisogna tornare indietro per scendere) e calarsi subito. Scelta saggia, un po'
mi dispiace, ma prendere un temporale anche no.
La mia amica
arriva, già d'accordo con me nell evitare la cima e calarsi diretti, ma prima
mangiamo e beviamo qualcosa. Io mi cambio pure le scarpe: inusuale che i tolga
le mythos così presto, ma sono fiducioso sul fatto di trovare le doppie, e dopo
camminare sulla ghiaina con le scarpe da arrampicata non sarebbe comodo.
Foto di via,
Mars, due risate ma ancora nessun "complimento" visto che manca la
discesa, e panorami tormentati intorno a noi. Dalla Val di Funes le nuvole
iniziano a risalire le pareti nord delle Odle, e quei lembi filacciosi iniziano
a invadere il nostro versante.
Iniziano le
peripezie.
Facciamo su
la corda gialla (le 7 calate iniziali sono tutte corte, massimo 27m), legato
sulla blu scendo alla forcella e poi giro a destra per andare all'anello di
calata. Tutto facile, troppo facile rispetto a quello che ho letto. Mi assicuro
con la longe, mi slego e faccio passare la mia corda dentro gli anelli, recupero
Stefania col mezzo barcaiolo.
"Ste, a
sto punto ti calo direttamente col mezzo e amen" "ok ma vai
piano" "Daimo su, 25m e trovi l'anello di calata della
prossima!" scende ma "Pelle qui non c'è niente". Ma come ziocca,
c'è quel terrazzino comodo, impossibile che non sia li. "Guardati intorno!"
e lei gira, vaga, arrampica, disarrampica, nulla. Impossibile.
Sia Bernardi che Zorzi parlano di "doppie verticali", deve esser li sotto. Magari qualche
metro a sx o dx, ma deve esserci. Lei di ferma in un posto comodo dopo aver
arrampicato un po'. Scendo in doppia, con lei ancora su un capo. Porcaputtana
non c'è nulla davvero. Che sia venuta via?
Penso che la
cordata davanti a noi aveva una corda intera. Magari c'è da scendere 30m, 35m,
hanno messo un ancoraggio nuovo: faccio sosta, uniamo le corde e ci caliamo un
altro po' a cercarla. Ho la visuale di circa 10m sia alla mia dx che alla mia
sx e non vedo nulla, non trovo altra spiegazione: la D2 deve esser saltata via.
Stefania
disarrampica verso di me, ancora legata col nodo delle guide (manovre
funamboliche), io non trovo nulla di meglio che uno spuntone alto 3 dita. Tre
dita in orizzontale.. Tre dita dopo aver scavato un po' di terra e sassolini
per abbassarlo ancora di più. Mi metto in longe su sto coso, Stefania pure ma
anche ancora legata alla blu, recupero la gialla, unisco le corde e recupero la
blu da parte della Ste, faccio salire il nodo di giunzione delle corde fino al
primo salto roccioso, non oltre per evitare incastri.
"Ste,
ti ricalo che abbiamo guadagnato 15m" mezzo barcaiolo sullo spuntone basso
e la faccio scendere. Su quel terrazzino DEVE esserci qualcosa! Lei scende e di
nuovo quella frase "non c'è una mazza!" inizio a vederla grigia. Non
nera ma grigia. Dopo un minuto "Beh però c'è questa bella
clessidrona!" "Facci sosta e ci caliamo da li. Speriamo trovare
qualcosa sotto!"
Fa sosta (un po' spartana inizialmente, poi la sistemiamo), si
mette in longe, mi calo. In realtà siamo rimasti tutto il tempo con le corde
dentro la doppia sotto l'anticima. Scendo da lei, e cosi abbiamo fatto 40-45m.
Clessidra scomoda, è alla base di un terrazzino, non sopra. E ora la genialata:
siccome voglio risparmiare un cordino (anche perchè inizio a pensare ne
serviranno tanti oggi se non troviamo le doppie attrezzate) faccio passare le
corde della doppia direttamente dentro la clessidra.
CHE IDIOTA!
Ah ma la imparo.. Mi calo, dopo poco sulla dx vedo dei cordini con maglia
rapida "Ste cazzo, era qui sotto la calata!" "Oh bene, allora
siamo sulla buona strada!" illusi. Probabilmente è la calata della scuola Guido della Torre: anche
loro non hanno trovato le doppie. Scendo ma non trovo nulla: D1 25m, D2 20m, D3
20m secondo Bernardi, deve esserci ormai.
Mi rassegno,
siamo troppo a dx, ci scommetto. O meglio, le doppie attrezzate sono a sx, non
sulla verticale. Ma che cazzo di indicazioni. Posso capire la salita non
descritta a puntino, ma la discesa no, sopratutto se in doppia, non me la puoi
sbagliare. Sulle vie si trovano delle frecce a indicare dove andare, cazzo
mettimele anche in discesa, o solo in discesa!
Trovo una
nuova clessidra dopo 45m, mi tolgo lo zaino a cercare i cordini da abbandono,
che lungimirante avevo spostato da "sotto a tutto" a "sopra a
tutto". Dentro lo spezzone di corda intera, chiuso con nodo e asola direzionale,
niente maglia rapida, non è necessaria per calarsi in doppia (necessario per
fare della moulinette sì!). Si cala la mia amica, che inizia a esse tesa. Ci
sta, comprensibile.
Io invece
devo tenere duro. Come capita in questi casi, mi sento la responsabilità del
mio compagno di cordata sulle mie spalle. Dobbiamo cavarcela. Il canale poi è
li sotto, non sembra lontano. Mah, 7 doppie, noi con 3 pare ci arriviamo
dentro.. Ma forse non dobbiamo buttarci dentro così presto.
Arriva
Stefania, si mette in longe, inizio a recuperare le corde, che non vengono.
TIra con forza, non mi pare ci fossero gradini che il nodo deve saltare. Tira
tira. Non vengono?! Ma perchè? Ma perchè.. Ma perchè.. "Ste sono un
coglione. Ho capito perchè ci va messo il cordino dentro gli ancoraggi
naturali. La corda non scenderà mai."
Che errore
da pivello. Terra, sassolino, roccette dentro la clessidra dentro i quali la
corda tesa dal nostro peso è finita a incastrarsi. E con 45m di elasticità, che
forza vuoi mai arrivi lassù per sbloccarla? Che idiota. Che poi ragionandoci,
se anche non fosse per quello, io tiro la gialla, ma dall'altra parte di sono
5kg di blu schiacciati a fare attrito intorno alla roccia, e già quelli forse
bastano per non fa scendere la corda in questi casi. Sono un coglione.
"Ste, e
niente, torno su." non vedo altre possibilità. Assicurato solo dal machard
inizio a salire: non la risalita, ma inizio a salire. La parete non sembra
difficilissima, posso arrampicare finchè riesco invece che imbastire la
faticosa e lunga manovra di risalita della corda. Faccio bene dal punto di
vista dei tempi, ma di certo non risalgo del II grado. Nemmeno del III. E con
le scarpe da avvicinamento, mezze sbrindellate.
Ma non c'è
tempo da perdere, siamo già messi abbastanza male. Nulla di drammatico, ma si
stanno inanellando una serie di eventi che non lasciano bei presagi. A metà
parete, il tuono. Ecco ci manca solo questa: il temporale. Pioggia che bagna,
freddo porco, sassi che cadono dall'alto, vento, il canalone che si trasforma
in un torrente, trascinando a valle le pietre, con noi dentro che vogliamo solo
scendere.
Mi giro, "Ste
vestiti!" e dopo poco "Ste, manda un messaggio a Giorgio!", minchia
se sono in alto, e minchia se è verticale. "E che gli dico?"
"Gli spieghi la situazione". In questo momento, nonostante non mi
senta ancora davvero in pericolo (oddio, risalire col machard, che tiro su ogni
2-3m, se cado qui faccio un bel volo e un po' pure pendolo) vedo che potremmo
finirci a breve. Meglio avvisare qualcuno a casa che se non ci sente entro
qualche ora..chiami i soccorsi.
Sembrerà che
voglia fare il figo (mi sto dando del coglione e dell'idiota da un po'..), ma minchia che sangue freddo e che "bravura" a
risalire qui e così. Il bambino che è in me, quello che non capisce i rischi, quello
che non si vede mai in pericolo, è quasi divertito, appagato da questi nuovi
45m di arrampicata. L'adulto invece ha le chiappe tanto strette che non ci
passa uno spillo!
Ecco la
clessidra, santiddio. Ora non fare cazzate. metti il cordino dentro la
clessidra, chiudilo bene. Mettiti in sicura con la longe. Fai un nodo delle
guide sulle corde per poi inserirlo in un moschettone all'imbraco ed evitare di
perderle (addio se cadono giù), sciogli il nodo di giunzione delle corde
(guarda come scorre bene ora che non ci sono i 5kg a fare attrito! Coglione!), fai
passare la blu dentro l'asolina direzionale del cordino, rifai il nodo di
giunzione.
Ok, tutto
torna. Bene. Coglione! sciogli l'asola che mi ha evitato di perdere le corde, e
giù in doppia a ritrovare la mia amica. Ho evitato di guardare il cielo, non
voglio vedere il temporale che arriva. Non voglio il temporale. "Ste, non
è mai stato così bello rivederti" "Pelle se ne usciamo vivi divento
cristiana!" "Ehi piano a dire ste cose, che lo diventi davvero!.
Sento
moschettoni tintinnare. No, non è l'energia elettrostatica del temporale,
cariche richiamate dal fulmine che sta per scoccare tra noi e la nuvola: cazzo,
siamo dentro una gola, prenderà bene una cima il fulmine dei miei maroni! E la
mia amica che trema. Forse di paura, più probabilmente di tensione: muscoli
tesi per le posizioni non rilassate. "Dai ste, tranquilla"
Mi calo, e
come mi aspettavo di nuovo non trovo nulla. Le doppie devono essere belle
nascoste a dx faccia a monte. A casa guarderò la foto scattata dall'anticima ai
due che si calavano prima di noi, e in effetti tenevano quella direzioni.
Verticali sto cazzo.
Riesco ad
arrivare a una zona di cengette, vedo un kevlar per terra. Guardo lontano verso
sud e vedo un ometto. Ok, siamo sulla parte da camminare verso il camino che
porta dentro al canale. Ci siamo ora, sto meglio ma non canto vittoria.
Arriva la
mia amica, per fortuna sono molto a destra, perchè scarica un po' di pietre.
Intanto è da parecchio che sentiamo scaricare il canale, e a volte delle voci:
che ci sia qualcuno che si cala da li? Madonna che scariche, solo che non ci
arrivino in testa dopo quando saremo anche noi nel canale!
Sosta su un
nuovo spuntone poco pronunciato "Ste immagino tu preferisca rimanere
legata vero?" "Sì" "Ok, vado in avanscoperta a cercare il
prossimo step." Camminata esposta con qualche passo di disarrampicata,
ghiaina infida, rocce marciotte, tutto normale, ma oggi vorrei roba più facile.
Mi urla che la corda sta per finire, vedo un ometto! E al di la dell'ometto mi
pare ci sia il camino, bene! Una volta nel canalone non ci ci può più
sbagliare.
Ma qui deve
esserci anche un ancoraggio di doppia..dove diavolo è?! Il camino deve esser
questo, non c'è dubbio. Vago, esploro, giro ogni angolo alla mia portata. Una
cengia bassa a nord, ci vado, la scorro ma nulla. Mi guardo intorno, cazzo non
c'è uno spuntone uno! O una clessidra!
Riutilizzo
il cordino in kevlar appena trovato per mettermi in sosta su un nuovo spuntone
alto con un topolino sdraiato. Recupero la mia amica che ci mette un'eternità.
Sta reggendo bene psicologicamente a non mollare, ma è molto cauta, troppo.
Scarica un po' di sassi che quasi mi vengono addosso, e le rispondo male: anche
io non sono proprio serenissimo..
Di nuovo
insieme, di nuovo in un cul de sac. Dov'è l'ancoraggio! Ricerco mentre lei è
ferma al riparo, comoda. Nulla. Rassegnato a piantare un chiodo, non trovo
fessure idonee. Torno sulla cengia bassa, vado fino alla fine stessa. Ecco
l'ancoraggio. Ma zio cantante, ma metterci un ometto no?! Dovete tenerle
nascosta questa discesa?!
A casa
leggerò la discesa di Iacopelli: lui non ha nemmeno trovato l'ancoraggio sotto l'anticima, ed è
sceso per il canalone attrezzando varie piccole doppie, ravanando e provocando
tante piccole frane. Un po' come stanno facendo quei due che sentiamo che sono
usciti dalla Livanos. Ironicamente Iacopelli dice che le guide gardenesi
"sono molto gelose dei loro segreti: se sanno che l'avete scoperta possono
fare gli offesi!".
Vedere
questi anelli di calata nuovi è per noi un momento di gioia indescrivibile. Ci
rincuora. Mi calo, poco sotto trovo un nuovo anello. Madonna che felicità!
Siamo dentro il canale. Mi raggiunge Stefania, vorrei abbracciarla per
confortarla (il tintinnino dei moschettoni l'ho udito in varie volte..) ma lei
perentoria "quando saremo all'attacco della via, ora può esser
presto", ha ragione, può esser presto.
Per tracce
scendiamo nell'incassato canale, incuneato tra le montagne. Abbracciati o
stritolati da essi? Speriamo abbracciati: siate magnanimi ora, ne abbiamo già
passate abbastanza. Ben presto trovo una paretina da disarrampicare: speriamo
la mia amica se la cavi bene.
Scendo, non
la trovo tanto comoda, ma sopra non ho visto nulla da poter fare una calata.
Tocca alla mia amica, che non la prende benissimo, ci prova ma poi risale. La
sprono, anche un po' brusco (le chiederò scusa poi), dopo vari tentativi e
"invocazione di santi" arriva da me. I due che scendevano per il canalone
ci raggiungono e superano.
Sol che
arriviamo alla base. Ancora giù per il canalone, i due davanti a noi trovano
una nuova doppia, devono essere le ultime, alleluja. Stefania con calma scende,
lei che odia i ghiaioni, questi terreni sconnessi: le manca un po' di
esperienza, ma se la sta facendo. Quelli davanti a noi uniscono le corde:
dovrebbe esserci un ancoraggio intermedio, vediamo come vanno loro.
Ok vanno
bene, hanno solo smosso mezze dolomiti nello scendere, ma va bene, unisco le
corde anche io. Madonna quanto detrito, fatti 55m mi porto al riparo da ciò che
inevitabilmente la mi amica farà cadere. Eccola da me, recupero le corde e le
dico di iniziare a scendere mentre io le faccio su. Inizio a rilassarmi: non
che sia mai stato agitato, ma un po' teso e preoccupato lo ero. Se no non
facevo avvisare Giorgio..
Stefania è
ferma pochi metri sotto, bloccata da un tratto di disarrampicata. Non banale è
vero, ma si fa, si deve fare. Ci sarà un altro pezzo così, forse due non
ricordo bene. Sono gli ultimi momenti di tensione. Ancora un po' di
camminamento nel canale. Il meteo per fortuna ha retto. Laggiù vedo i
bastoncini. Posso sorridere ora, non quel sorriso forzato per far vedere alla
mia mica che va tutto bene e che sono tranquillo, ma quel sorriso perchè queste
cose le penso e provo davvero.
Di nuovo
all'attacco, sono le 19e30. Per scendere ci abbiamo messo lo stesso tempo che
per salire: direi questo dato sia esplicativo.
Ancora
niente abbracci, resta un pezzo di ghiaione da scendere: roba da escursionisti
esperti, ma la mia amica ha ancora qualche remore per questi terreni. Adesso
però è molto più sgalvita, lo scende bene! Sarà che quando passi a fare robe
più dure, ciò che prima sembrava difficile ora è una passeggiata.
Corricchio
sull'erba verso il sentiero, mi gusto il tramonto, il sole che illumina come
può le montagne, mezze coperte dall'ombra delle nuvole. Piogge e temporali
sparsi a vista, ma non sopra di noi. La pace con intorno la tempesta. La
serenità ritrovata quando poche ore fa c'era la preoccupazione. Sorrido, di
nuovo. Un messaggio a Giorgio per tranquillizzarlo.
Arriva la
mia amica, ora possiamo abbracciarci, siamo salvi. A mente lucida, col senno di
poi, non è che siamo mai stati davvero in pericolo. Eravamo sempre legati, in
sicurezza, dotati del materiale necessario per attrezzare discese. Abbiamo
usato la testa, non ci siamo fatti prendere dal panico, ed eccoci qui, interi.
In ritardo è vero, ma ci siamo. In fin dei conti, due pacche sulle spalle ce le
possiamo dare!
Anche
Stefania avvisa Giorgio che l'ha cercata più volte. Scendiamo verso il Rifugio Firenze, assetati
e affamati. A metà sentiero mantengo la promessa che avevo fatto a me stesso:
mostro alla mia amica il freno moschettone per le doppie! E lei che quasi si
mette a piangere "ma che cazzo me ne frega del freno moschettone
adesso!", i nervi quasi ci mollano, ma ora possono.
Sono le
20e30 quando ci sediamo al tavolo fuori, la cucina già chiusa non può offrirci niente
di meglio di un panino al formaggio, e l'immancabile birra. Birra che però
Stefania non finisce, lascia a metà: solo una volta l'ho vista fare una cosa
del genere, al Lagghinhorn. Deve esser veramente cotta.
Sono cotto
pure io. Ora che l'adrenalina è svanita, ora che la mente ha tirato i remi in
barca perchè le rapide sono passate e si ritrova in un laghetto dall'acqua
calmissima, ci mollo anche io. Cottura psicologica come poche altre volte. Ma
anche la fisica non scherza.
Ci si
trascina verso l'auto, ci arriviamo con le ultime luci, alle 21e30, dopo 14h30.
Non male. Tutto in auto e via verso casa, consci che ci sarà da fermarsi a
dormire, a prendere caffè. Che giornata (d)istruttiva!
Qui altre
foto.
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