Di solito non pubblico sul blog
“avventure” che non riguardano la montagna, ma in questo caso
farò uno strappo alla regola, regola che mi impongo anche per una
privacy un po’ maggiore (già che è difficile da mantenere anche
così..). A dire il vero mi limiterò per la gran parte del post a
raccontare dei trekking in Cappadocia, quindi alla fin fine sono
tutto sommato vicino al tema preponderante del sito.
La vacanza parte male. Aereo che invece
che decollare alle 2 di notte, parte alle 4e30, arrivo a Instambul
sotto la pioggia (si vede che me la porto dietro dalle vacanze
dolomitiche), ma poi riusciamo a passare due bei giorni in questa
caotica capitale, e infine 11 ore di bus per Goreme.
Ed eccoci nella Cappadocia, ambiente
desertico, caldo, leggermente tridimensionale, nel senso che non ci
sono catene montuose strabilianti che ispirino dislivelli esagerati
(almeno nella zona in cui siamo), ma ci sono canyon.
La camminata per la Red Valley e la
Rose Valley iniziano con te che guardi dritto e non vedi nulla,
deserto, solo il cielo alla tua stessa altezza, insomma pianura
sterminata e arida. Avanzi avanzi, e man mano scendi, fino a poi
calarti in modo repentino in un canyon rigoglioso, alberi, cespugli,
verde, orti privati in ogni cantone.
Ti ritrovi sormontato da pareti
di..terra (dai, non si può chiamare roccia), il sentiero svirgola in
mezzo a torri e torrette, ogni svolta il paesaggio cambia, scopre un
angolo nuovo, è una scoperta continua. Mi sento un bambino, un
piccolo Indiana Jones affamato di scoperta, pronto a farne
indigestione. Vorrei girare a ogni svolta, esaminarne ogni anfratto,
salire ogni possibile protuberanza per avvistare intorno a me quale
sia il prossimo luogo che ha più senso andare a cercare. Il tutto
per la paziente “gioia” della mia ragazza..
Per un colpo di fortuna, o un’ottima
intuizione, devio dal sentiero standard intravedendo qualcosa di
carino, e infatti bingo, si trova una “costruzione”, una
formazione rocciosa scavata come alloggio dentro la quale si riesce a
risalire, guardare, brigare, scoprire, un paio di cunicoli e balconi
“panoramici”.
Fa caldo sì, ma non lo sento. Si suda
sì, ma la mente è fresca di nuove esperienze. Si fatica sì, ma lo
spirito è appagato di nuove scoperte. Il tempo vola, vorrei passarci
ore interminabili qui in mezzo, ma non si può. Il sentiero non è
ben segnato, ben pestato ma non segnato, non vorrei perdermi, anche
se non credo sia facilmente possibile.
Che colori. Che posti.
Finite queste due valli abbiamo ancora
fame, e dopo un pranzo turco continuiamo verso Zelve. Era molto più
bello prima come paesaggio, ma anche qui non scherza e l’avventura
è maggiore visto che o sbagliamo sentiero o questo sentiero è nella
fantasia dei local. Arriviamo a Pasabagi dopo ore di solitudine, qui ci
si arriva anche con autobus perciò..
Camini delle fate, la natura che
mescolando i suoi elementi e le sue forze ha realizzato in modo
involontario uno spettacolo formidabile. Come le migliori invenzioni
avvengono per caso.
Troppo tardi per Zelve, torniamo
indietro per farcela tuta a piedi, chissà quanti km abbiamo
macinato, direi almeno 20. Chapeaux alla mia ragazza. Ma si vede che
quando ti diverti, la stanchezza arriva dopo, quando la mente è
“distratta” da cose belle, le gambe non hanno voce in capitolo.
Meglio!
Il giorno dopo si opta per la Love
Valley, chiamata così per le formazioni rocciose, terrose, a forma
di..pene! Ad accompagnarci all’ingresso della valle e a darci
indicazioni, è il gentile gestore dell’hotel dove alloggiamo, il
Gedik Cave Hotel.
Il giro parte in perfetta solitudine,
solo noi, la valle è più ampia, il che ne concede una risalita
senza dover deviare a destra e a manca, ma..un po’ devio lo stesso
per andare a toccare con mano ciò che gli occhi vedono da lontano.
Questa valle ce la mangiamo in poco
tempo, quella di ieri era molto più articolata e varia e “nascosta”.
Risaliamo al livello della civiltà e sostiamo a berci un succo
d’arancia (la Turchia è piena di queste micro bancarelle che ti
spremono arance sul posto), un po’ di sano svacco e poi saliamo
verso Uchisar.
Dopo un pranzo in svacco anche quello,
si scende nella Valle dei Piccioni per tornare verso Goreme. I camini
delle fate sono meno pronunciati, ma tutt’intorno le formazioni
geologiche sono spumose, viene voglia di cavalcarle. A un certo
momento rubo anche qualche minuto alla morosa per lanciarmi in una
veloce esplorazione risalendo la valle in un altro punto per
osservare cosa c’è.
Quanto ci sarebbe da scoprire.. E nel
tornare indietro mi “perdo” pure non ritrovando il punto in cui
risalire! Poca roba e pochi minuti persi, ma questo mi fa rendere
conto di quanto siano ancora selvagge queste zone e non
addomesticate.. Si continua a scendere, verso l’ennesima meritata
birra.
Il quarto giorno in Cappadocia ci
affidiamo a un tour organizzato, Green Tour, visto che quello che si
poteva esplorare intorno al mio alloggio lo abbiamo già fatto,
andiamo altrove. Era meglio essere indipendenti, più libertà, meno
tempi morti, ecc, ma vabbeh.
Lungo viaggio in navetta bus,
dormitona, in mezzo al deserto su queste strade che sembrano cozzare
con l’arretratezza del paesaggio intorno. Visita a una delle città
scavate nella roccia più grandi, nella quale ci lasciano qualche
decina di minuti per scorrazzare liberamente: fortuna ho portato la
frontale, perché mi infilo in ogni buco che trovo!
Poi Valle di Ilhara, stupenda,
incastonata in un canyon di roccia ben più solida che quella delle
valli dei giorni passati, ma alla mia domanda se si arrampichi, la
guida risponde in modo superficiale, mi sa che non sappia nemmeno
cosa voglia dire “arrampicare”. Ma che voglia che mi viene.. In
realtà non percorreremo tutta la valle ma sono un pezzetto, e già
c’è parte della comitiva che vede questo pezzettino come una
maratona interminabile..
Anche qui, in 15 minuti di libertà,
torno indietro correndo per andare a visitare una grotta vista solo
da lontano. La curiosità non è solo femmina, mi divincolo tra
turisti che affollano il sentiero in camminate troppo lente per il
poco tempo che ho, sorpasso di qua e di la e poi arrivo al bivio,
salgo ed eccola. Ne valeva la pena, anche questa è in realtà una
vecchia abitazione o chiesa semicrollata. E si vedono pezzi che
devono ancora crollare ma lo faranno presto, meglio andare.
Il tour prosegue in una delle città
sotterranee più grandi, e che impressione. Ci si cala dentro la
Terra per metri e metri, in cunicoli stretti per poi trovare stanze
ampie. Capisco cosa sia la claustrofobia! Pensare che ci vivevano per
degli anni interi per scappare alle persecuzioni, che crosta ragazzi,
e che ingegno nel creare condotti di aereazione, espellere rifiuti e
simili, metter animali e scorte di cibo. Ovviamente non resisto a
scendere in tutti i cunicoli possibile!
Poi la giornata finisce nel peggiore
dei modi, sosta a una fabbrica di gioielli dove il riccone di turno
si ferma a contrattare degli acquisti. La parte di vacanza in
Cappadoccia finisce qui. Ora 9 ore di bus per la costa sud, mare,
caldo, ma poi una giornata si fugge a fare il bagno nelle piscine
naturali di un ruscello (Sapadere Canyon), che acqua fredda! Troviamo sulla
strada una tartaruga da terra, un camaleonte, e poi visita alla
grotta Dim Cave, semplicemente stupenda.
Link a altre foto, qui troppo poco spazio per tutte (Cappadocia sono i day 3,4,5,6):
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