Prologo e Epilogo.
Stanchi del bus del Gardeccia (dei suoi 10 euro a persona anche), consapevoli che le vie rimaste a
disposizione sono ormai solo quelle della Guglia del Rifugio, a me resta solo un’idea: Palacia del Dociuril, via
Donatella, meglio nota come Spigolo delle Bregostane, oggetto di vari
dibattiti con Nicola, e di orecchie fatte e tolte dalla guida del
Bernard. Nicola non ce ne vorrà se saliamo (ci proviamo) questo suo
oggetto del desiderio, capirà che non avevamo altre scelte. O no?
Col senno di poi, questa sarà anche la
giornata meteorologicamente migliore della vacanza nella sua
interezza, e forse anche la più bella via salita: vuoi per
difficoltà (ma gli spit addomesticano e tranquillizzano),
esposizione, ambiente, solitudine, avvicinamento e rientro. Scelta
giusta quindi.
Mazzin o Muncion? La prima sembra più
breve ma faticosa, la seconda viceversa. Ma la seconda sappiamo già
che si fa fatica a parcheggiare, andiamo alla prima. Ma anche qui i
parcheggi sono un’utopia, quindi tocca parcheggiare nel parcheggio
sulla strada principale, allungando un pochino l’avvicinamento.
Caffe al bar hotel, e si va. Alle 7e15 ci immettiamo sulla forestale
che funge anche da sentiero.
Ieri ha piovuto, tutto è un po’
umidiccio, e ci sono nebbie e nuvole di vapore che attanagliano pezzi
di bosco. Il sole si fa strada tra le nuvole basse illumina le pareti
lontane, belle gialle, e i pratoni che ne stanno ai fianchi o alla
base, belli verdi. L’avvicinamento si rivelerà un trekking
appagante sotto questo punto di vista. Man mano che si sale il sole
fa sempre più capolino, e così il bosco sbuffa vapore sempre più.
Ecco il nostro spigolo, lo vediamo.
Ma a separarci da lui c’è la gola
del ruscello, occorre quindi arrivare fino quasi a sotto le cascate e
poi tagliare verso destra, dopo che il sentiero diventa non più
carrabile. E ancora qui, di strada ce ne è. Almeno quelle che
secondo la relazione dovrebbero essere tracce di sentiero, sono una
trincea piuttosto evidente, che sale spedita. L’umidità nell’aria
rende la sudata assicurata!
Troviamo un canale detritico e ne
iniziamo la risalita, anche dopo aver scorto la nostra meta tra gli
alberi, ma dall’alto vedremo che probabilmente era il successivo da
risalire. Già perché questo sembra la grondaia naturale delle
piogge (gli arriva anche tutta l’acqua che scende dalla fessura che
crea il nostro spigolo), tutta la vegetazione è bella bagnata e non
facilmente evitabile. E trovo pure uno scheletro semi sepolto dalla
ghiaia con ancora un po’ di pelle sulla zampa: cattivo auspicio?
Dopo un’ora e mezza siamo ai piedi
dello spigolo, che si staglia erto verso il cielo. Cielo che
finalmente vediamo azzurro, sole che rende giustizia ai colori delle
pareti rocciose e dei prati che ci stanno intorno. Non alla nostra
parete, ancora all’ombra, bella ghiacciata: sui primi tiri la
sensibilità alle mani sarà un lusso che non possiamo ancora
permetterci.
Tra rifocillamento, ricerca
dell’attacco originale (quello proprio di spigolo), vestizione,
attacchiamo alle 9, parte Riccardo.
Fa davvero fresco maledizione, lui parte con la giacca, io sono sotto
che mi gelo le dita osservando lui e cercando la metà della corda
per capire quando essa arriva a metà, ovvero la lunghezza del primo
tiro. Quando poi tocca me mi scaldo bene su questo tiro che presenta
già passaggio di V, ma ahimè solo a livello “spirituale”, le
mani no!
Arrivo in sosta, un’occhiata alla
relazione e parto. Accidenti ma quanto gira e traversa, speriamo non
perdere la via. La placchetta mi crea già una certa emozione, ma
quello che mi aspetta è ancor più..adrenalinico! Bel tiro, non ci
molla, e finisce con una sosta bella incassata e scomoda, ma di cosa
mi lamento, meglio lei che rimanere bloccato sul tiro!
Col secondo tiro ci siamo allontanati
vistosamente dallo spigolo, e c’è ancora da aspettare un po’
prima di tornare a essere aerei come piace a me. Intanto il mio amico
si gode anche lui un po’ questa fessura di V che prosegue sulla
terza lunghezza, prima di lasciare posto a terreno più facile. Urca
che fessura. La via presenta già passaggi strapiombanti, ma come fa
a piacere a Nicola?!
Con nostra sorpresa siamo ben contenti
che non si scorgano altri arrampicatori, la parete è tutta per noi,
e sembra anche la valle. E anche la roccia non presenta passaggi
levigati, la roccia è sempre buona. Goduria. E stiamo anche per
essere deliziati dal calore dei raggi solari. Doppia goduria!
La via prosegue sempre bella verticale,
grazie al quarto tiro ci riportiamo sullo spigolo, un po’ di vento
ma il sole ora ci bacia appassionatamente, e non vogliamo certo
lasciarlo. Certo, sperando che non siano nuvole o temporali a
portarcelo via: dai meteo, resisti oggi! Qualche bel passaggio e
roccia lavorata, scarpette in aderenza e via andare. Bella questa
via, non ci molla come difficoltà, appagante.
Ora Riccardo può godersi il ritorno
sullo spigolo, quinta lunghezza, e riusciamo a essere quasi sempre a
vista su questa. Cominciamo anche a prendere il vizio di mettere
poche protezioni: ma questa scelta è figlia di diverse fattori,
qualche spit già in loco, difficoltà a metter giù altro, fretta.
Fretta dettata come al solito dall’instabilità meteo, che
preghiamo silenziosamente entrambi di resistere fino alla cima; poi
faccia quel che vuole!
E mi tocca il tiro più brutto della
via, che parte bene riportandosi in spigolo su roccia buona, ma poi
finisce su roccia marcia, ghiaia e terra appoggiata, ma su un
affilato tratto! Dove tra l’altro metter giù qualcosa pare
impossibile (servirebbero fittoni), e si gattona con l’ansia di
arrivare alla sosta. Che anche lei, uhm, clessidre su roccia gialla a
scaglie.. Non mi ci appendo.
Però c’è il libro di via! Una
dedica la nostro maestro pare doverosa, ma la pressione con la quale
vogliamo chiudere la via ci porta a essere sintetici.
La ripartenza non è troppo agevole,
tocca districarsi in questo groviglio di strapiombi gialli a scaglie
per uscire di lato, alè Ricky. Lo sento che mi avvisa di appigli
traballanti, porca l’oca. Poi proprio non lo sento più, il giro
che ha fatto la via e il vento impediscono la comunicazione, con
strattoni alla corda sopperiamo alla voce. Speriamo solo che si
ricordi che ora devo traversare e mi tiri poco. Mamma che vista se
guardo giù!
Ok ci siamo dai! Ormai è fatta,
Bregostane nel sacco, invidia di Nicola palpabile. No ferma tutto, ma
adesso dove cazzo devo salire io? Mica su di li, dai, guarda te! E
invece è proprio di li.. E V- mi pare generoso, sotto ho fatto meno
fatica: qui c’è un passaggio dove tocca stare tutto rannicchiato,
poi aprirsi per passare dall’alta parte dello spigolo senza manetta
degne di questo appellativo. Ci resto un po’ a pensare, poi basta,
è da fare! E si fa.
Risalgo ora il facile alla ricerca di
due incoraggianti spit su cui sostare, ovviamente mi complico la vita
nella scelta di qualche canale detritico risalire, ma poi eccoci,
cima! No, cima ancora no, ma siamo fuori. Cioè lo sono io, ma per
Riccardo sarà un gioco da ragazzi salire. In 5 ore siamo fuori.
Spettacolare panorama verso il nasone
della Marmolada, le Pale, Lagorai, e il retro di quei Dirupi di
Larsech dove abbiamo giocato nei gironi scorsi. Ora c’è solo da
arrivare sui partoni sommitali e cercare la discesa, che non sembra
difficile, ma dal dubbio orientamento.
Si scende dal alto opposto da cui siamo
saliti e poi si risale, toccando un po’ di roccia ma nulla di che
(slegati e con le scarpe da ginnastica), poi risaliamo sui pratoni
per una sosta ristoratrice e fotografica. E anche per spedire un
messaggio audio a chi ci tirerà degli accidenti dopo averlo
ascoltato.
Ce la prendiamo comoda, come al solito
ormai sfamo il mio compagno d’avventura, e visto il rientro
camminatorio ci togliamo tutto l’ambaradam per essere più liberi,
anche se più appesantiti di schiena. Tutto giù per terra, qualche
passo per scorgere meglio dove andare e cosa vedere, e poi il sole
splende (anche se il cielo non è completamente sgombro) godiamocelo!
Anche perché le previsioni per i prossimi giorni non sono amiche..
Leggiamo la relazione per capire la
discesa, chissà come mai solo adesso rileggendola e cartina alla
mano capisco che era un’altra. Ma va bene, noi abbiamo seguito il
crinale che fa delimitatore tra l’est e l’ovest, puntando quindi
verso nord, panoramico sul Sassolungo e sul Sella. Poi arrivati in
vista della Val di Dona, scesi verso di lei tagliando il pendio verso
ovest proseguendo a scendere. Ci sono evidenti tracce di sentiero, ma
occhio al filo spinato pronto a far inciampare!
Torniamo così all’umanità, quasi,
giungendo all’incrocio tra il sentiero 580 e il 577. E scendiamo
sul 580, bello intriso d’acqua, quasi da guadare in certe tratti!
Passiamo di fianco a quella che sembra una falesia di dry tooling
(comodo venir qui) e scorgiamo senza troppa meraviglia un bel ponte
di neve ancora massiccio: quanto ha nevicato qui? Spettacolo.
Come turisti della domenica restiamo
qualche minuto a contemplare le cascate di Soscorza, e scendendo
superiamo un gruppetto dove scopriamo essere della squadra una donna,
che all’epoca fece la prima ripetizione dello Spigolo delle
Bregostane (che scopriamo essere delle streghe, le Bregostane).
Alle 16e30 risiamo all’auto, io
personalmente molto soddisfatto della salita compiuta. Tutta
l’arrampicata in solitaria, ambiente magnifico, calmo, pacifico,
oggi soleggiato finalmente, via bella, abbastanza continua, con
tratti esposti. E dopo queste soddisfazioni, ci aspettano giorni a
digiuno di montagna, sigh.
Qui altre foto.
Qui report.
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