sabato 9 agosto 2014

Vacanza dolomitica, day 3: Becco d’Aquila, via Siloga

Prologo e Epilogo.

Le cartucce iniziano a esaurirsi. Anche oggi riprendiamo il bus verso il Gardeccia, tantoché la commessa ci chiede scherzosamente se abbiamo fatto lì’abbonamento. Eh certo, l’abbonamento a vie corte e pioggia sempre in agguato! E oggi alla faccia dell’agguato..
Come “stessa spiaggia stesso mare”, solita ora solito posto solito avvicinamento, si risale il ghiaione. Oggi però abbiamo due fatti nuovi: più gente in giro (e infatti all’attacco una cordata ci chiederà e ci passerà davanti) e un meteo incerto fin dall’inizio: oh, anche da questa via ci si dovrebbe calare senza problemi mal che vada.
Risaliamo il facile zoccolo e alla base di prepariamo. Parto io, il tiro da sotto sembrava anche più facile, ma la roccia è buona, sembrano tanti blocchi compatti incastrati uno all’altro, ci si può complicare la vita a cercare varianti più difficili, e mi sa che, come al solito, senza volerlo lo faccio..
Scrutando dove va l’altra cordata, che ci ha detto aver già percorso questa via, Ricky traversa verso destra e poi lo perdo quasi di vista. Si becca il tiro chiave della via, per nulla banale visto che è poco ammanigliato e su una parete pressoché uniforme, ma cercando si trova qualcosa..
Il terzo tiro presenta un passaggio in diedro strapiobante che mmm! Infatti già dalla sosta mi pongo delle perplessità su dove passare, ma col chiodo li la via è “scritta”, bah, andiamo.. Ma ci resto un pochino a pensare, superato poi questo passaggio le difficoltà di grado calano, ma la roccia peggiora e occorre prestare attenzione.. Intanto il cielo si annuvola, e si sentono rocce cadere probabilmente dall’altra cordata (che svelta!).
Scegliendo quale canale diedro rimontare, Riccardo sguscia in mezzo dalla roccia giallo rossa grigia. È bello addentrarsi in mezzo a queste guglie, la civiltà così vicina la sotto, ma così lontana qua sopra, noi che puntiamo a salire sempre di più e che poi dobbiamo scendere divincolandoci in mezzo ai Dirupi del Larsech. Il tutto col panorama delle Dolomiti che ci circonda.
 Nel canale di discesa si sentono delle belle frane dei due che scendono, ci sarà da ridere dopo! Ah eccoli, li vedo anche.. Arrivo in sosta, ma qualcosa non mi torna se ripenso alla cordata che saliva ieri, mentre noi eravamo sul Campanile Gardeccia. Però guardando la relazione tutto torna, perciò.. Avanti nel camino! Ma in realtà è poi una profonda spaccatura nella roccia, ci si passa dentro per poi.. oh mio Dio che giro che c’è da fare!
Il caratteristico Becco d’Aquila scopriamo essere formato da tre blocchi di roccia che sembrano appoggiati uno sopra l’altro a formare un torrione, torrione dove la via gira intorno avvitandosi compiendo un giro quasi intero, infatti ben presto torno a vedere il mio amico, ma già mi tiro su la corda a forza, vedremo dopo.
Vedo gli spit, vedo la parte interessante del tiro, ma sono già qui che isso la corda a forza. Arrivo al punto di disarrampicare, tornare indietro, tirarmi su una decina di metri di corda e ripartire con questo “piccolo” lasco. Aggiungo pepe alla via! Ma consiglio vivamente una sosta intermedia, allunga i rinvii quanto vuoi, ma se ti avviti su una torre non c’è cazzo che tenga. Arrivo su, e nemmeno la sosta è comoda! Un anello sul..pavimento.
Recupero Ricky, lo saluto dall’alto mentre attraversa il camino, e intanto mi sfondo le braccia a recuperare la corda: poi lui si gode l’ultimo tiro. Entrambi in cima alle 12e30, un po di foto e poi alla ricerca della discesa che anche oggi non è banale, e con tratti di conserva e di arrampicata.
Seguiamo la descrizione, scendiamo il pratino in mezzo ai pini in modo da aggrapparli quando serve, e poi scendiamo a lato dell’albero secco, ecco il primo ancoraggio (che in realtà è forse uno supplementare al primo, un po’ più in alto per evitare un po’ di disarrampicata). Iniziamo le doppie e tac, inizia a piovere.
Giù in fretta, ma occhio ai sassi che si tirano giù in doppia che il mio casco ha già subito ieri! Finite le doppie copriamo zaini, corde, facce, tutto, se bagniamo la roba poi domani si rischia di poter far nulla! Mentre copro tutto sono di fianco a un sasso squarciato che al suo interno rivela del quarzo (la foto non viene bene, ma era davvero bello!).
Una volta messo via tutte le corde e imbraco, si scende un po’ e troviamo un'altra doppia, breve ma intensa, su del marmo, ritira fuori tutto.. Corriamo giù dal canale, il cielo peggiora sempre più e sul Catinaccio c’è un bel cappello, un basco direi, tutto nero nerissimo. Ormai sul sentiero ci rendiamo conto che stiamo correndo incontro al temporale. I tuoni accendono le orecchie.
Un muro d’acqua, ma un muro davvero, è impressionante, ci mettiamo a correre e iniziamo a prendere i gocciolini formato maxi a 20m dalla tettoia del bus, poi l’inferno. Pioggia, vento, lampi, il parcheggio è un fiumicciatolo, ma la cosa più impressionante sono le cascate d’acqua che scendono dai bacini del Catinaccio: trovarsi sulle vie che percorrono la sua parete in queste condizioni deve essere apocalittico.
Poi si calma, ma tanto ormai scendiamo. Al Camping Soal nasce il tormentone Tom Ballard: Riccardo sapeva che era in giro in Val di Fassa, affezionato com’è al Catinaccio, e vedevamo in campeggio questo giovane che girava, con due tende della ferrino della madonna, e stasera il padre ci appezza parlando inglese mentre noi sorseggiamo un ottimo vino tipicamente trentino: Nero d’Avola. Scopriamo che Tom dorme di fianco a noi.

Domani che si fa? Caro Nicola, con queste condizioni conosciamo solo una via da poter fare domani. Ci spiace.

Qui altre foto.
Qui report.

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