Prologo e Epilogo.
Il caratteristico Becco d’Aquila
scopriamo essere formato da tre blocchi di roccia che sembrano
appoggiati uno sopra l’altro a formare un torrione, torrione dove
la via gira intorno avvitandosi compiendo un giro quasi intero,
infatti ben presto torno a vedere il mio amico, ma già mi tiro su la
corda a forza, vedremo dopo.
Le cartucce iniziano a esaurirsi. Anche
oggi riprendiamo il bus verso il Gardeccia,
tantoché la commessa ci chiede scherzosamente se abbiamo fatto
lì’abbonamento. Eh certo, l’abbonamento a vie corte e pioggia
sempre in agguato! E oggi alla faccia dell’agguato..
Come “stessa spiaggia stesso mare”,
solita ora solito posto solito avvicinamento, si risale il ghiaione.
Oggi però abbiamo due fatti nuovi: più gente in giro (e infatti
all’attacco una cordata ci chiederà e ci passerà davanti) e un
meteo incerto fin dall’inizio: oh, anche da questa via ci si
dovrebbe calare senza problemi mal che vada.
Risaliamo il facile zoccolo e alla base
di prepariamo. Parto io, il tiro da sotto sembrava anche più facile,
ma la roccia è buona, sembrano tanti blocchi compatti incastrati uno
all’altro, ci si può complicare la vita a cercare varianti più
difficili, e mi sa che, come al solito, senza volerlo lo faccio..
Scrutando dove va l’altra cordata,
che ci ha detto aver già percorso questa via, Ricky traversa verso
destra e poi lo perdo quasi di vista. Si becca il tiro chiave della
via, per nulla banale visto che è poco ammanigliato e su una parete
pressoché uniforme, ma cercando si trova qualcosa..
Il terzo tiro presenta un passaggio in
diedro strapiobante che mmm! Infatti già dalla sosta mi pongo delle
perplessità su dove passare, ma col chiodo li la via è “scritta”,
bah, andiamo.. Ma ci resto un pochino a pensare, superato poi questo
passaggio le difficoltà di grado calano, ma la roccia peggiora e
occorre prestare attenzione.. Intanto il cielo si annuvola, e si
sentono rocce cadere probabilmente dall’altra cordata (che
svelta!).
Scegliendo quale canale diedro
rimontare, Riccardo sguscia in mezzo dalla roccia giallo rossa
grigia. È bello addentrarsi in mezzo a queste guglie, la civiltà
così vicina la sotto, ma così lontana qua sopra, noi che puntiamo a
salire sempre di più e che poi dobbiamo scendere divincolandoci in
mezzo ai Dirupi del Larsech. Il tutto col panorama delle Dolomiti che
ci circonda.
Nel canale di discesa si sentono delle
belle frane dei due che scendono, ci sarà da ridere dopo! Ah eccoli,
li vedo anche.. Arrivo in sosta, ma qualcosa non mi torna se ripenso
alla cordata che saliva ieri, mentre noi eravamo sul
Campanile Gardeccia. Però guardando la relazione tutto torna,
perciò.. Avanti nel camino! Ma in realtà è poi una profonda
spaccatura nella roccia, ci si passa dentro per poi.. oh mio Dio che
giro che c’è da fare!
Vedo gli spit, vedo la parte
interessante del tiro, ma sono già qui che isso la corda a forza.
Arrivo al punto di disarrampicare, tornare indietro, tirarmi su una
decina di metri di corda e ripartire con questo “piccolo” lasco.
Aggiungo pepe alla via! Ma consiglio vivamente una sosta intermedia,
allunga i rinvii quanto vuoi, ma se ti avviti su una torre non c’è
cazzo che tenga. Arrivo su, e nemmeno la sosta è comoda! Un anello
sul..pavimento.
Recupero Ricky, lo saluto dall’alto
mentre attraversa il camino, e intanto mi sfondo le braccia a
recuperare la corda: poi lui si gode l’ultimo tiro. Entrambi in
cima alle 12e30, un po di foto e poi alla ricerca della discesa che
anche oggi non è banale, e con tratti di conserva e di arrampicata.
Seguiamo la descrizione, scendiamo il
pratino in mezzo ai pini in modo da aggrapparli quando serve, e poi
scendiamo a lato dell’albero secco, ecco il primo ancoraggio (che
in realtà è forse uno supplementare al primo, un po’ più in alto
per evitare un po’ di disarrampicata). Iniziamo le doppie e tac,
inizia a piovere.
Giù in fretta, ma occhio ai sassi che
si tirano giù in doppia che il mio casco ha già subito ieri! Finite
le doppie copriamo zaini, corde, facce, tutto, se bagniamo la roba
poi domani si rischia di poter far nulla! Mentre copro tutto sono di
fianco a un sasso squarciato che al suo interno rivela del quarzo (la foto non viene bene, ma era
davvero bello!).
Una volta messo via tutte le corde e
imbraco, si scende un po’ e troviamo un'altra doppia, breve ma
intensa, su del marmo, ritira fuori tutto.. Corriamo giù dal canale,
il cielo peggiora sempre più e sul Catinaccio c’è un bel
cappello, un basco direi, tutto nero nerissimo. Ormai sul sentiero ci
rendiamo conto che stiamo correndo incontro al temporale. I tuoni
accendono le orecchie.
Un muro d’acqua, ma un muro davvero,
è impressionante, ci mettiamo a correre e iniziamo a prendere i
gocciolini formato maxi a 20m dalla tettoia del bus, poi l’inferno.
Pioggia, vento, lampi, il parcheggio è un fiumicciatolo, ma la cosa
più impressionante sono le cascate d’acqua che scendono dai bacini
del Catinaccio: trovarsi sulle vie che percorrono la sua parete in
queste condizioni deve essere apocalittico.
Poi si calma, ma tanto ormai scendiamo.
Al Camping Soal nasce il tormentone Tom Ballard: Riccardo sapeva che era in giro in Val di Fassa, affezionato
com’è al Catinaccio, e vedevamo in campeggio questo giovane che
girava, con due tende della ferrino della madonna, e stasera il padre
ci appezza parlando inglese mentre noi sorseggiamo un ottimo vino
tipicamente trentino: Nero d’Avola. Scopriamo che Tom dorme di
fianco a noi.
Domani che si fa? Caro Nicola, con
queste condizioni conosciamo solo una via da poter fare domani. Ci
spiace.
Qui altre foto.
Qui report.
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