Ormai ci
siamo. Questo weekend ci siamo, Barre des Ecrins e Dome de Neige, una bella
salita in ambiente selvaggio, non banale, con una bella cresta per la cima più
alta delle due, anche se non mi dispiacerebbe trovare la via diretta in buone
condizioni e salire per quella. Prima di tutto ringrazio
Nicola per aver organizzato l’uscita. Ma come
dicevo, ci siamo.
Giovedì sono
già frenetico, sono allegro, vorrei fare lo zaino già la sera. È indescrivibile
la quantità di emozioni che si rincorrono durante l’attesa, come si dice è
piacevole l’attesa del momento, non il momento stesso, anche perché l’attesa
dura di più. Poi venerdì mattina una mail sulle condizioni mi butta un po’ giù,
ma in breve torno su. È venerdì sera, lo zaino pronto, panini fatti, si va a
letto presto.
Ovviamente
mi alzo prima che suoni la sveglia, niente colazione perché è prematuro farla
alle 3 con poi 6 ore di viaggio davanti. Al parcheggio ci siamo tutti, nessuno
rimasto a letto (ogni riferimento a fatti davvero accaduti l'altra volta, è volutamente fatto apposta). Si parte. Finalmente. Il viaggio si rivela già un’avventura di
per se: l’arrivo sul filo di lana al distributore prima di rimanere a piedi per
assenza di carburante.. da non credere. Ma la macchinata è ilare, si ride e si
scherza, la compagnia c’è, manca solo la cima.
Ed eccoci
nel Parc National des Ecrins! Pre de Madame Carle. Io, Riccardo, Gianluca e
Filippo non stiamo più nella pelle, e mentre gli altri (Paolo,
Mirko, Roberto, Nicola, Cristian e Esmeralda)
finiscono di preparasi noi partiamo. “andiamo con calma, teniamoci per domani”:
ma il nostro passo è quello, e alla fine arriveremo al Refuge des Ecrins dopo
4h, di cui un buon 20 minuti di pausa pranzo.
Il piacere
della scoperta: prima la veduta del Glacier Noir, poi dei seracchi della lingua
finale del Glacier Blanc, poi il Mont Pelvoux, il Glacier Blanc, e infine lei.
Il piacere della scoperta mi spinge sempre a cercare di vedere cosa si possa
trovare dietro il prossimo angolo, e qui dietro ogni angolo c’è una chicca.

Saliamo parlando
ininterrottamente (Filippo è una bella lingua) fino a poco sopra il
Refuge du Glacier Blanc, dove dopo la pausa
pranzo interrompe le chiacchiere. Ed eccoci metter piedi sul Glacier Blanc: ci
leghiamo o non ci leghiamo, ma si dai leghiamoci così Nicola è contento. Beh, a
posteriori siam contenti anche noi visti i mostri che si attraversano! Io e
Riccardo adottiamo anche Filippo, che arriva cantando insieme a Paolo
filastrocche sconce. Il morale è alto, la compagnia c’è. E così iniziamo a
camminare su questo ghiacciaio, fermandoci a ogni crepaccio per dare
un’occhiata, affascinati da quello che rappresenta uno dei peggiori incontri
che un alpinista può fare.

E svoltato
l’ultimo angolo della giornata, la parete ovest della barre des Ecrins,
possente e maestosa, piena di enormi seracchi e bella pendente, una crepaccia
terminale larga e lunga, una cresta aerea e aguzza. Non vedo l’ora,
l’eccitamento di giovedì torna forte, sul ghiacciaio si fischia e si canta
nonostante il fiato sia avidamente richiamato dalle gambe.
Ed eccoci al
Refuge de Ecrins, dove man mano arrivano in sequenza io, Riccardo, Filippo,
Gianluca, Mirko, Paolo.: birreta d’obbligo, anche se la delusione di riceverla
calda è forte.. che, siamo a 3000m e
beviamo una birra calda?! Ma va beh, si può sorvolare. Poi arrivano anche gli
altri, e nella mezzoretta prima di cena passata nel dormitorio, altre grasse
risate: la compagnia c’è, e si sente. La cena ci lascerà un po’ sbigottiti, ma
d’altronde non siamo in Italia, e a certe quote non si può pretendere!
Ultimo
sguardo alla Barre. Che in realtà non abbiamo ancora visto bene, perché sempre
coperta nella parte alta. Ma non importa, l’importante è che sia sereno domani!
Le previsioni danno un bel vento, ma il sole. Previsioni confermate dal
bollettino cartaceo nella bacheca del rifugio, ma smentito da un ragazzo in
stanza con noi che dice che abbiano messo brutto. Ma no, non può essere, 11 ore
di auto andata e ritorno per poi finire dentro un temporale senza portare cime
a casa, ma no.

Ore 2e30,
sveglia. Io e Riccardo saremmo partiti anche prima vista la smania, ma se fuori
c‘è sereno saltiamo la colazione e partiamo subito! Fuori la barre è coperta.
Cazzo. Via giù lo stesso, almeno il Dome de Neige si farà conquistare..
Colazione veloce e poi subito in marcia. Davanti a noi ci saranno 5 cordate osservando le luci delle frontali in lontananza, di cui alcune stanno già risalendo la parete (saranno quelli
che hanno dormito in tenda). Scesi sul ghiacciaio mi tocca mettere la giacca,
piove. Dopo pochi minuti nevica. Cazzo.

Va beh, andiamo,
il morale è sceso un po’, ma siamo comunque in un ambiente maestoso e
magnifico, anche se oggi si fa ammirare poco. Ma nevica sempre più, e tira
vento. Alla base della parete meglio mettere il copri zaino. Poi su, in salita!
Meno male il buio non permette di vedere l’enormità dei seracchi che ci
sovrastano, che ci affiancano. Vediamo solo la neve che pestiamo, una traccia
ben marcata ma con un po’ di neve fresca e smossa che non permette una salita
agevole. Ma non sarà certo un po’ di fatica a farci demordere!

Avanziamo di
buon passo, non superiamo nessuno e nessuno ci supera. Alle nostre spalle
laggiù, una fila di lucine avanza, quanta gente. Due alpinisti sulla Barre
Noire, che figata. Iniziamo a passare vicino a dei buchi, poi finiamo nelle
nubi. La visibilità è di 20-30m: già, ma se devi guardare qualcosa di scuro.
Bianco su bianco non si capisce cos’hai a 5m: che brutta cosa. Ma ci sono 120
persone, la traccia sarà ben marcata! Dai che ce la facciamo! Ma la quantità di
neve fresca a terra aumenta. Il vento aumenta. La visibilità no. La nevicata
aumenta.

Incrociamo
le prime cordate che fanno dietrofront. Col mio ottimo francese chiedo il
perché, dove sono arrivati. “Breche Lory, dopo sono 30cm di neve fresca senza
traccia”: cazzo. Va beh, andiamo, davanti a noi una cordata prosegue anche lei,
incontriamo altri che scendendo. Due parole con la cordata davanti a noi, che
passiamo, proviamoci, vedremo, ormai non manca molto. E in questa cordata
scoprirò dopo che si trova anche il ragazzo che ieri ci aveva annunciato brutto
tempo.

Avanzo in
30cm di neve fresca abbondante, pendenza di 40°, ogni passo si torna giù: si
ravana insomma. Ma la cosa non mi spaventa. Traccia pressoché inesistente, dove
andare? Ormai alla terminale manca poco, dopo c’è solo da traversare ed è quasi
fatta. Quasi. Pausa un attimo. Una valanghina di neve sul piede. Va beh. Cinque
passi e poi sosta per vedere dove andare. Altra valanghina. Basta, andiamo giù,
non ho voglia di finire sotto una valanga, sopra di noi c’è la parete della
Barre, pronta a scaricare, le temperature stanno aumentando, il vento è forte e
a raffiche, se esce il sole tutto peggiora, via.

E si batte
in ritirata, da 3850m. Che palle. Ma ne sono sollevato, perché iniziavo a
vederla grigia davvero. Nera per dir la verità. “Riccardo, avanti tutta,
togliamoci da questo postaccio!”. Anche la cordata con noi torna giù. Man mano
che scendiamo troviamo i nostri, gli riferiamo le condizioni e chi prima e chi
dopo tornano giù anche loro. Il vento è notevolmente aumentato, la montagna è
spazzata da raffiche che sollevano un sacco di neve, te la sparano in faccia e
creano grosse nubi cascanti.
Niente da
fare. Usciamo dalle nubi e scorgiamo una moltitudine di persone che sale. Noi
pensiamo solo a scendere e ad avvisare i nostri. Qualche
video (
anche questo e
questo) adesso che non
siamo più in mezzo al terribile grigiore delle nuvole, qualche foto a questo
pazzo tempo. Maledetto. Ora però vediamo i seracchi che ci hanno osservato
silenziosi al buio della salita: ‘sti cazzi! Ma che fascino questi pericolosi
giganti.
Sono ancora
contento di scendere, visto i pericoli a cui si rischiava di andare incontro
(slavine, finire dentro un crepo, sopra una cornice, perdersi), almeno fino
all’altezza del Refuge des Ecrins. Beh, anche più avanti visto che ci fermiamo
a fare dei book fotografici ai crepacci, spingendoci sul loro bordo. Chiedo a
miei compagni (adesso con Riccardo c’è anche Gianluca, che abbiamo ereditato in
discesa quando Polo e Mirko che erano con lui hanno deciso di salire ancora un
po’, fermandosi poi presto per l’infuriare del vento) di calarmici dentro, ma
non vogliono.
E quanta
gnocca: mamma mia. Anche ieri ne abbiamo incrociata tanta (beh per i nostri
standard montani, già un maggiore di zero è tanta), e non fighettine coi
sandali e lo zainetto da trekking di 2 kg, ma alpiniste! Alcune anche in
cordata a due solo donne! Questo è il paradiso.
Ma finito il
ghiacciaio e tornati sulla morena, mi sale la carogna: cazzo che sfiga di
meteo. 5h30 di auto per nulla, soldi spesi, giorni buttati. In realtà non è
tutto perso, perché comunque ci siamo divertiti, riso, scherzato, camminato,
salito, ammirato. Ma le aspettative erano altissime, praticamente anche il solo
non arrivare su entrambe le cime avrebbe eroso dentro. Ma la montagna è così, è
peggio di una bella donna, la corteggi, le offri una cena, fai il carino e
gentile, te la fa annusare, ma fino all’ultimo non è detto che te la dia. E
stavolta, niet!
La Barre
sempre avvolta dalle nubi, lassù il tempo non migliora, mi sa che nessuno è
salito. Onestamente e egoisticamente, un po’ mi solleva, non mi vergogno a
dirlo, un po’ di sana competizione c’è in questa attività.
Un po’ per
il nervoso, un po’ per non vedere l’ora di arrivare all’auto per stendere tutto
ad asciugare, un po’ per allontanarsi dal luogo della sconfitta, decidiamo di
non fermarci mai, niente sosta cibo o bere, giù dritti fino alla macchina, dove
arrivo alle 10e30. 10e30, cazzo se è presto. Cazzo se è finita presto. Uffa.
Svuoto lo zaino, stendo tutto al sole, mi metto in mutande e ciabatte che non
ne posso più, piglio il sole, mangio e aspetto gli altri, che man mano
arrivano.
Nello
scendere, dopo il Refuge du Glacier Blanc, trovo una marmotta superdocile, che
si lascia avvicinare, e che riesco ad accarezzare e lei riesce a leccarmi: che
pacioccona che è una marmotta, testa piccola e corpo gigante!
Riccardo,
Gianluca, Polo, Mirko, ci sono. Me ne vado nel ruscello con Paolo a darmi una
lavata, che ne ho proprio voglia. Poi arrivano anche Roberto e Nicola,
incredibile, son già qui?! Beh, finalmente dopo 2h30 che Riccardo aspetta,
possiamo andare a prendere una birra (stavolta fresca) al bar. E le risate non
mancano nemmeno ora, nonostante la delusione: la compagnia c’è, e ci sarà.
Qui tutto
l’album di foto.