domenica 26 marzo 2017

Esplorando a TessarI: Ali di Farfalla e Bella Gioia

2017-03-26 Esplorando a TessarI: Ali di Farfalla e Bella Gioia

E dopo ieri tra bastonate e ruggiti, vediamo se oggi ci divertiamo un po' con del plaisir, dell'esplorazione, e un bel sole caldo con cui arrampicare in pantaloncini e maglietta, e che ci conceda a fine giornata una dormita al sole a fare le lucertole. Beh, (quasi) nulla di tutto ciò.
Dormito poco, colazione carica per fare il pieno, e via diretti verso la Val d'Adige: ma dall A2 ben presto notiamo come il cielo sereno sopra la nostra pianura, sia piuttosto cupo sopra quella veneta. Ma..come? Le previsioni davano temporali al pomeriggio, ma al mattino tempo discreto. L'auto non torna indietro, siamo fiduciosi.
Si parcheggia, dubbiosi. Cielo cupo, umido, ma non piove: anche se pare che presto lo farà.. Da esplorare ci sarebbero due settori, la Roda del Canal e la Parete Rigata, la prima mediamente più dura: dato il meteo incerto, optiamo per la seconda, anche in vista di future uscite dei corsi. Armati fino ai denti non essendo ben certi di cosa ci aspetta, ci si infila nel paese di Tessari, dentro i vigneti, seguendo le indicazioni della guida, mischiate a quelle delle relazioni, arricchite da quelle di una contadina.
Torna indietro, ritorna su, troviamo il sentiero. Rognoso ghiaione da risalire, ma la parete è lì bella in vista. Arriviamo giusto giusto davanti all'attacco di "Bella Gioia", di cui non abbiamo però relazione: il nome però ci ispira, noi fan di #maiunagioia, sopratutto quando Stefania usa il #ognitantoqualchegioia prima della salita all'Allanihorn. Andiamo a sinistra verso Ali di Farfalla va la..
Alla base, si vedono già tanti chiodi: tra questi e i cordini, e la logicità del percorso che evita il più possibile le zone verdi, non sarà difficile trovare la via. Parto io, che Stefania è a digiuno da un bel po' e pure ancora in ripresa dall'infortunio. Le difficoltà non sono mai elevate, si cerca di complicarsi la vita, salto la sosta per concatenare il più possibile. Un pilastrino preso di petto, e poi la seconda sosta che per noi diventa la prima. 55m filati, nella speranza di perdere poco tempo e riuscire a fare altre vie dopo questa.
Arriva l amia amica, e coraggiosamente mi dice "dai, vado io, provo". Parte tranquilla, si allena a proteggere aumentando quelle già in loco, poi su quello scudo lassù, il passo da traversare la obbliga a una spaccata che noto non le garba molto. Qualche momento di pausa e riflessione, poi tac, riprende la salita, per poi incontrare in seguito un secondo scudo ma più appoggiato. Io intanto osservo unalumachina che mi affronta uno strapiombo con salto: lei sì che si tiene!
Raggiungo Stefania, grandi risate tra la divertita, la soddisfatta e l'isterica (insomma, il solito),e risalgo qualche decina di metri per raggiungere il bosco: la prima via di oggi è chiusa. Si era riflettuto se scendere in doppia per evitare discesa e di nuovo l'avvicinamento..ma non è il caso. Andiamo per sentiero va la, scorrendo sopra le uscite della Tessari Trapezio, e osservando quanto si sia popolata di auto la zona.
Stesso avvicinamento, stavolta a colpo sicuro, sogni di apertura di vie (ci sta osservando la parete da lontano, e dopo averne salito una via trovandola con roccia davvero buona) e rieccoci sotto "Bella Gioia", ma andiamo a vedere anche a destra. "Lacrime di Madonna", vacca che partenza! E la mia amica infatti mi boccia subito l'idea.
Parto quindi per L1 di "Bella Gioia", senza relazione, senza schizzo, solo due righe trovate al volo su web che sembrano dire che sul primo tiro c'è un passo di V+ e basta. E invece.. Parto timoroso, qualche masso instabile, terra che scende dalle crepe basali di certi massoni che tocco, ma non la vedo così dura la partenza. Dai che magari ci siamo fatti dei viaggi per nulla.
Beh no, tra massi e pilastrini instabili, via da cercare in alcuni passaggi, e difficoltà costanti, la via non è mica banale! Un traverso strano e una risalita, mi conduce alla prima sosta: concateno? Non mi pare il caso dai, avrei troppa corda fuori, il che vuol dire che la mia amica se scivola sulle prime difficoltà finisce a terra per colpa dell'elasticità della corda stessa. Dai che magari la pioggia non la becchiamo.
Arriva Stefania, più tranquilla di quello che pensassi. Un'occhiata la proseguo, quel poco che se ne vede, una breve valutazione sul suo stato di allenamento e sul ginocchio che un po' duole, il fatto che siamo ignari di cosa ci aspetta, e quindi un saggio "Pelle, vai pure tu". E non mi fa mica schifo andare avanti io!
Anche perchè, dopo un traverso ascendente verso destra, la parete mantiene bene la verticalità. Mani buone quasi sempre, ma piedi che spesso vanno in aderenza (con le suole sporche di terra, nuoh!) e protezioni lontanucce. Certo che si potrebbe integrare, ma fa più "dolomitico" così. Ah che voglia di qualche bello spigolone nei monti pallidi.
Salto la sosta e concateno, un bel tratto verticale che quando guardo giù..beh, mica tanto appoggiata questa parete! Mi sto divertendo, oddio mi sarei divertito comunque siccome "meglio una brutta via con una bella compagnia, che viceversa", però ci stiamo mettendo anche del pepe. La mia amica mi raggiunge "il secondo tiro potevo farlo anche io, ma il terzo magari no. E son stancuccia, fa vedere un po' come va avanti.. O che cos'è quel muro con strapiombo, vai vai Pelle"
Agli ordini signorina! Solo che quel muretto che si vede non è nulla rispetto a dopo. Ci metto un po' per sistemarmi bene coi piedi (e quando uno non ha tecnica, si vede), poi tac si sale. Proseguo bene, arrivo alla zona dove dovrebbe esserci un'altra sosta, che voglio saltare per uscire dalla via prima. Urca che placca davanti a me.
Guardingo, lento, spalmato, cercando le buone (buonine) prese lontane, sfruttando la mia apertura alare al massimo, supero la placca che non mi aspettavo, e poi cavalco questa ottima roccia verso l'uscita. Ottima adesso, per 3/4 di via c'è da stare davvero attenti! Non piove, dai che forse ce la facciamo.
Arriva Stefania, siamo affamati e assetati, soddisfatti per questa seconda via che si è dimostrata bella continua e da un certo impegno. Facciamo su le corde scherzando e ridendo su come alcune persone facciano delle palle piuttosto che dei bei capelli lunghi, e di nuovo giù verso la macchina. Un dissetante e sfamante Platano ci aspetta.

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sabato 25 marzo 2017

Placche a Bastoni, Strapiombi da Leoni: via Helena

Dopo tante gioie su neve e ghiaccio in Appennino, questo giorno doveva arrivare: tornare su roccia. A dir la verità ne avevo anche voglia: zaino leggero, sveglie più tardi, protezioni meno aleatorie, temperature ben più gradevoli. Già domenica scorsa avrei rimesso le scarpette volentieri, ma Stefania aveva fame di neve, e come non accontentarla con pure l'apertura diuna (breve) variante di uscita a un itinerario classico?
Oggi invece, roccia sia: tra l'altro che nuova acquolina me l'ha messa Manolo ieri sera, che con le sue immagini e parole mi ha richiamato a una visione della vita che in parte condivido a pieno. Sono con Giorgio, che consiglia il buon vecchio Arco: zona che io continuo a conoscere molto meno di quello che dovrei. Una serie di vie papabili a San Paolo (sole e vie corte, visto che abbiamo il coprifuoco), e dopo anche il consiglio di Nicola, si parte per la via Helena.
Via ben al di sopra del mio grado: quel VI, ma anche già V+ lo vedo un miraggio. Speriamo solo che sia azzerabile e protetta bene, se no temo già un nuovo bis stile Piccola Piramide. Si parte presto visto il coprifuoco, e date le gradevoli temperature fin dalla prima mattina, questa si rivela una scelta azzeccata. Alle 7:45 il mio amico ha già le scarpette sulla roccia.
E già i primi passi lasciano presagire che non sarà una passeggiata. Un po' di unto, una prima protezione lontana, po' di strapiombo. Almeno al momento siamo soli: non lo resteremo a lungo, ma riusciremo sempre a esser quelli davanti: e la cosa è un vero sollievo, nessuno che ti tira in testa roba, e te che puoi salire con tranquillità. Esce pure il sole a illuminare questa roccia variopinta. Giorgio sale, lo vedo tentennare su passaggi che da sotto non paiono così duri: oggi mi sa che usciamo a orecchie basse! Sol che usciamo.
Secondo tiro, e tocca a me. E c'è della placca. E di V+. VdM. Devo imparare a partire senza guardare il grado che mi aspetta, farmi informare solo su lunghezza del tiro e sosta che mi aspetta. La relazione testuale che abbiamo unisce due tiri di quelli descritti sugli schizzi, ne vengono fuori 45m di patimenti e godimenti. Un'azzerata brutale nella prima parte, poi basta: ma quel passo in traverso dove tocca scendere leggermente mi impegna non poco.. Chiappe strette, vari tentativi, poi la chiave di volta: ma se spostassi prima il piede sinistro? E le difficoltà si risolvono subito.
Terzo tiro, il chiave: sulla carta come difficoltà coincide con altri due che farò io, ma quelli saranno in strapiombo, tutt'altra minestra. Parte Giorgio, sereno, da basso non sembra nemmeno ripida quella placca spaventosa. E invece, seppur non ripida, è levigata come una lavagna: una volta che vedo anche lui azzerare, mi dico "oh cacchio". Finita la placca, il resto della salita è ben più serena. Mentre stò per arrivargli in sosta, lo sento distintamente dirmi "Oh però il prossimo tiro, non ti invidio per un cazzo. Oppure sì".

Mentre il mio amico saliva, arriva un elicottero del soccorso. Poco prima un'ambulanza a sirene spiegate. Cala due persone vicino alla strada di accesso alle pareti, se ne va, torna poco dopo e cala un operatore con la barella. Torna via, rimanendo poco distante in hovering. Poi però si allontana, atterra in un campo piuttosto lontano. Spegne le pale. Non si sentono ambulanze ripartire a sirene spiegate. Un film già visto. O è andata benissimo (ma difficile che non trasportino lo stesso via il ferito visto che tanto ormai l'elicottero è già qui) o malissimo. Sono situazioni che ti riportano alla realtà, ti aprono davanti agli occhi quello che comunque già sapevi: che è un'attività pericolosa. Mi si "inumidiscono" gli occhi. Forse un sesto senso su un altro incidente che sta accadendo in questi stessi istanti.
Arrivo dal mio amico, mi tocca il traverso strapiombante che è piaciuto pure a Nicola: il fatto che gli sia piaciuto, lui che ha il grado, mi fa paura. "Gio, dimmi lunghezza ma non voglio sapere il grado" "Tanto quello lo sai già, comunque sono 20m". Mi spoglio, mi tolgo la maglietta intima a maniche lunghe rimanendo solo in maglietta leggera: ci sarà da sudare.
Parto, traverso inizialmente facile, non si vedono molte protezioni ma in realtà ci sono. Si vede bene quanto spancia però. Come si dice? Chiuso flash a vista: e son soddisfazioni! Non son certo bravo ad arrampicare e quindi non mi vanto e non posso farlo, ma qui godo come un riccio. Belle prese per le mani, piedi che spingono e addominali che lavorano: chiappe strette ma non per la paura, quanto per necessità motorie. Piegato a rana per stendere le braccia mentre rinvio, continuo il traverso, ringrazio i boulder della Totem, abbraccio la lama di un vascone e mi isso sulla sosta. Beh, già fatto?!
Sosta espostissima, mi sbilancio per vedere il mio amico mentre sale e fargli qualche foto. Riparte lui ora, per la stupenda placconata a clessidre, sale comodamente come una lucertola al sole: mi mancava il tepore della palla infuocata sulla roccia, anche se..che sudate su certi passaggi oggi!
Ora mi si presenta davanti un bel diedro stretto stretto, e poi il muro bianco duro. No, il muro bianco è sul tiro dopo, ho visto male. Del mio tiro, solo il diedro offre qualche difficoltà, ma il resto è un traverso facile facile per portarsi sotto la direttiva del tiro finale. Diedro divertente, dove "danzo" dentro la fessura con un piede sopra l'altro in alternanza, veloce per fare poca fatica.
Ed eccoci all'ultimo tiro, e la mente vola alla Piccola Piramide: no eh, da qui calarsi sarebbe davvero dura! Parte il Giorgio, tranquillo ma armato fino ai denti: la classica diatriba "ah a te sono toccati i tiri più belli" viene utilizzata da entrambi, gelosi e lusinghieri l'uno verso l'altro. Ma uffa, speravo farlo io questo tiro, non so perchè. E infatti.
Il mio amico arrivato al tratto duro, dopo metà tiro, incespica un po': qualche resting, un paio di voli (avvisati eh, non improvvisi), il tentativo fallito di una staffa sullo spit. Rivedo la Piccola Piramide, sento il rumore dei moschettoni degli imbraghi delle cordate che ci seguono. No eh.. Il mio amico ormai si è cotto le braccia, rien ne va plus. "Andre, vieni a provare te?" "E certo, non c'è scelta", mi faccio coraggio stavolta.
Giorgio lo reputo bravo come me ad arrampicare, se non di più (e infatti sul terzo tiro è stato molto più bravo di me): se non passa lui, la vedo dura farcela io. Lo raggiungo, rinforziamo la sosta, e parto per questo passo strapiombante. Un po' meno flash del quarto tiro, ma salgo che è una bellezza: probabilmente meno cotto e ghisato del mio amico, e con la "fortuna" di trovare meglio le prese buone, riesco a portarci fuori dalla via, non dopo qualche altro passo interessante.
Ed eccoci alla fine della via, ognuno bastonato a suo modo, chi dalla placca, chi dallo strapiombo. E vabbeh, chissene frega, l'importante è divertirsi e portare a casa la pelle! E le articolazioni, e i muscoli, ecc ecc. Ci spiaggiamo in "cima", prima di mettere a posto il materiale e toglierci le scarpette cui non eravamo abituati da un po'. Via divertente, e che apre la stagione in ottimo modo!
Discesa a chiacchiere su già i prossimi sogni, con una sete e una fame che La Lanterna placherà in modo ottimale: oddio, mi mangerei una forma intera di formaggio e berrei un fusto intero di birra, ma meglio che mi tengo un po' per stasera suvvia! Che poi, il rientro, non sarà per nulla piacevole..sigh.

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Qui e qui report.
Relazioni a bizzeffe su web.

domenica 19 marzo 2017

Ste, "Ti propongo la lingua": Appenninismo all'Alpe di Succiso

Prendi una giornata in compagnia di un amica e compagna di cordata, sommaci un itinerario che sogni da tempo (e che ti propone lei stessa), mettici la voglia di chiudere in bellezza la stagione appenninica invernale, ed eccoci! E invece no, perchè quel canale non c'è più. Ma un po' di pepe nero in tutto questo pepe rosa..ce lo metteremo. 

Si parte nemmeno troppo presto, anzi siamo in cammino che la frontale manco serve. Noioso avvicinamento su forestale, in mezzo a un bosco spoglio, senza neve e senza panorama: ma me l'aspettavo, qui sono già stato poco tempo fa. Fa caldo, e anche questo me l'aspettavo. Però ho la speranza che almeno una debole linea di neve e ghiaccio ci sia lassu, poi si ragionerà di misto e amen. Yeppa!
La forestale si fa sentiero, Stefania inizia col "ma quanto manca?". Finalmente qualche cima si vede davanti a noi, col suo versante nord innevato, e la speranza sale. Arriviamo al bivio dei cartelli, mi giro per guardare la parete nostra meta di oggi, e..mi cascano le balle. Tutto secco. Ma secco secco. Manco un puntino bianco. E niente, ripiegheremo sul Canalone Ovest. 

Si traversa a testa demoralizzata verso il parco giochi di oggi: fuori dal bosco pause numerose a chiacchierare scoraggiati dalla vista di erba e rocce dove volevamo trovare ghiaccio e neve. Ma almeno la striscia di neve del Canalone Ovest c'è: parte da lassu e arriva fin quaggiù. Qualcosa si può fare. Alzo lo sguardo, miro lontano: il Canale dell'Ombra pare avere un tratto non soltanto secco, ma addirittura friabile. Ma alla sua destra.. 

Ci mettiamo i ramponi, e così scopro che i miei Petzl Sarken, acquistati a giugno 2011 grazie alla busta di una lunga trasferta all'estero, compagni di gioco di cime di 4000, 3000, 2000, 1000m, di ghiaccio neve roccia erba, dalle cascate di ghiaccio all'Appennino, con sul groppone non so quanti mila metri di dislivello e marcia, sono crepati. La punta esterna in particolare balla, non è legata al resto del rampone sul lato esterno della scarpa.. Probabilmente era rotto già ieri!

Continuiamo a salire, su neve patocca, guardo verso l'alto, non so se qualche mia parola o semplicemente i miei sguardi mi hanno tradito, fatto sta che la mia amica già mi ammonisce "no, niente robe strane, saliamo il canalone ovest". Un ponte di neve crolla sotto i miei piedi, a momenti metto le zampe a bagno: con i movimenti tipici di una foca sulla spiaggia, mi corico e esco rotolando da questa trappola. 

Ma il mio sguardo va sempre verso l'alto: ho addocchiato quella lingua nevosa a destra del Canale dell'Ombra. Sono pochi metri, probabilmente con uno o due tiri si risolve, e non pare nemmeno difficile. Certo è tutto incognito, terreno d'avventura. "Ste, ti propongo la lingua!" esclamo speranzoso di essere accompagnato in questa idea. 

Dubbiosa lei, ma senza insistere intuisco che potrei spuntarla. Saliamo tenendo la sinistra per stare sotto questa variante, l'importante è verificare che con pochi e semplici passi possiamo scappare sul più facile e conosciuto canalone. E la mia amica inizia a già a sgradare i canali, parliamo di questo e quello, osserviamo l'Ovest alla nostra destra. Quando poi inizia a dire "ma eravamo laggiù? Io non sono nemmeno stanca", capisco che devo sistemarla io. 

"Pelle, basta che lo fai a tiri e niente conserva", pronti stellina! Traversino su erba per tornare su neve, e ora siamo proprio sotto la linea designata come terreno d'avventura odierno. Le pendenze si mantengono sui 45°, qualche decina di metri sui 50°, su neve che migliora ma non è mai di quella che suona metallica. Scruto le rocce per capire dove poter sostare, vedo una bella placca solcata da rughe, si va! 

La ruga che da lontano mi ispirava, è in realtà una schifezza svasa e bagnata: per fortuna altre fessurine sono ideali per piazzare nuts. Niente controventatura, avventura pura. Sosta almeno ben riparata da eventuali scariche di materiale che potrei provocare: l'Appennino non è noto per esser fatto di roccia solida. 

Si parte, sbuco dietro l'angolo e scopro mio malgrado che c'è molta meno neve di quello che sembrava, rimpiazzata da erba, roccia e terra. Ma ormai siamo qui, andiamo verso l'alto, al massimo si farà una doppia e ritirata. Il terreno non è mai troppo ripido, salvo qualche saltino. Un bel diedro di ghiaccio scollato dalla roccia, e qualche trazione su picca piantata nella terra. It'only Appennino but i like it! 

Piazzo poche protezioni per lasciare la libertà alla mia amica di passare dove vuole (e si complicherà la vita in ciò), un pendio di neve a chiazze dove pianto la picca in pozzanghere di un metro quadro (che spero ben ancorate all'erba sotto, e poi un po' di misto roccia per arrivare a un pulpito con un maestoso spuntone. 

55m puliti: guardo il proseguo e inizio a dubitare della cosa. Vedo 3m di rocce marce di un buon III, poi chissà. La cresta non è vicina, e la cima men che meno. A destra ci si può forse calare e tornare nel Canalone Ovest, ma abbiamo solo una mezza corda, ovvero calata di 30m. Momah! 

Parte Stefania, e la sento ben presto borbottare e maledirmi. "Dai Ste che ti diverti!" "Taci Pelle, taci, accidenti a me quando t'ho detto che non ero stanca!". Mi raggiunge issandosi sulla mia gamba, "oh mi strappi la ghetta!", un accenno di risata isterica. "Beh Ste, ora vediamo, non so se si riesca a uscirne da qui" "Te adesso esci, io non mi calo per tornare a salire!", agli ordini capo! 

Metri delicati e friabili, qualche mano buona ma la maggior parte in sostituzione su ghiaino. Lo sguardo supera il tratto verticale e può tirare un sospiro di sollievo: niente salti insormontabili o paretine lisce e dritte. "Ste, si va, terreno facile!". Potrei sgattaiolare verso sinistra, andare subito a incrociare la cresta nevosa che poi con molta tranquillità ci porterebbe in cima. 

Invece verso destra noto un canalino incassato tra le rocce, per arrivarci un po' di crinale erboso e mugoso, qualche placca ghiacciata. Nel canalino ghiaccio, neve e sopratutto roccia. Sono affezionato ai nuts, e dopo S0 a nuts, su questo tiro mi proteggo solo con quelli: per la gioia della mia amica che si impegnerà per disincastrarli tutti.

Qualche metro di misto, la corda che finisce, e dove sosto?! Fortuna che questo buco nella neve mi rivela una roccia solcata da piaghe, spacco un po' di ponti e incastro due bei nuttoni e ne faccio sosta. Di nuovo in barba alla controventatura, siamo in avventura! Ormai è fatta, la cima è vicina e facilmente raggiungibile: posso davvero iniziare a pensare a un nome per questa variante. 

Stefania parte, la vedo arrivare comodamente ramponando l'erba. Ora sì che mi dice "son stanca", e ti sta bene, anzi ti fa bene! Appagamento dopo la fatica, senza essa siamo appagati a metà! Al bivio mi guarda e dice "Ma non potevi salire a sinistra vero? Che era più facile? No eh?" "Ste ma l'ho fatto per te, vedi che qui sotto potevo proteggermi" e mi piglio un vaffa. Raggiunto in sosta le dico "Allora questa variante la chiamiamo "Una lingua per la Ste",ok?": secondo voi poteva acconsentire? Ride sì, ma poi di nuovo un vaffa. 

"Dai, vuoi andare avanti tu?", e non mi ci vuole mica un'altra parola per convincerla. Parte, con calma, la corda sta per finire e inizio a smontare per poterla seguire. La seguo: marcia calma e con numerose pause, va bene. Poi vedo che la velocità di recupero della corda aumenta incredibilmente: capisco che deve esser arrivata in cima e mi sta recuperando a mano, ma veloce, per tirarmi il collo, per farmela pagare. Non te la do vinta, e inizio a correre! 

Eccoci in cima , spazzati dal vento che prima ci accarezzava sopra, trovando Giorgio e Giovanni che hanno salito la Via AnniSettanta (in condizioni nettamente diverse da come la trovammo io e Simone). Due veloci chiacchiere, poi giù a cercare un luogo appartato da Eolo per mangiare e bere, che ce lo meritiamo! Niente Canale del Masso, ma ben più avventurosa, alpinistica, appenninistica la giornata: la battezzata della Ste. 

Al riparo di un ometto, di un omone, possiamo picnicare. Ci godiamo lo spettacolo del mare di nubi a sud, che copre il mare ma che fa emergere le montagne innevate della Corsica e le Apuane, che paiono galleggiare e esser cuspide dall'altezza non decifrabile. Nuvole che cercano di scavallare il Passo del Cerreto, ma che giunte in Emilia si dissolvono. 

Come rendere felice una donna. Questa donna. Dallo zaino estraggo una bottiglia di prosecco, parlottando per chat in settimana gliel'avevo scherzata, e lei invece "sì sì portala", ed eccola quindi. "Ste, la beviamo alla macchina se no?" "No no, per chi mi hai preso, apri!". 

Non resta che scendere lungo la cresta Est, e poi buttarsi nel Vallone del Rio Pascolo. Assolato, al riparo dal vento, silenzioso ma affollato: su Anni Settanta cordate stanno ancora salendo, che traffico! Altri che gironzolano verso l'Alpe di Succiso, chi verso il Casarola. La parete Ovest era ben più selvaggia, più a nostro agio. 

Nel vallone ci spogliamo, si starebbe da Dio a petto nudo, ma poi avrei l'abbronzatura più antisesso del mondo, con il segno degli spallacci. maglietta e via andare. Chiacchiere e risate accompagnano una lenta e calma discesa, non sforziamo il ginocchio della ragazza in ripresa: e poi così si parla meglio. Si parla e si sogna cibo e birra: che fame e che sete! 

Orami abbiamo deciso dove andare a rifocillarci: la nomea del Tiramisù della Foresteria è un cruccio che abbiamo da mesi, e oggi si può sfruttare. "Pelle muoviti" "Pelle guida forte" "Pelle quando arriviamo" "Ho fame" "Ho sete", mii, sembra di essere sulla A14 destinazione Leuca con un bambino di 10 anni! Eccoci in Pietra, gnocco, formaggi, birra, tiramisu, vin brule. E chi c'amazza?! 

Considerazione: a leggere la "materia" che andiamo a spicozzare, dobbiamo sembrare folli: si chiama Appenninismo, fratello trasandato dell'Alpinismo, ma col suo fascino. O un rospo che in realtà è un principe.

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