domenica 29 luglio 2018

Un faticoso parto: Tiefenmatten alla Dent d'Herens

Due anni fa non ci provammo nemmeno. Col Corso A1 2016 del CAI di Carpi eravamo lì a metà giugno, ancora tanta neve e la domenica maltempo: impossibile pensare al lunedì di cavalcare questa cresta e cima. Però possibile di vedere già quello che l'avvicinamento al Rifugio Aosta: ore che ti fanno dire "la prossima tra molti anni!".
E invece, siamo qui dopo soli 25 mesi. Smemorati, colmi degli "ormoni del parto", quelli che ti fanno dimenticare subito le sofferenze e i drammi. Oppure semplicemente famelici di alta quota, vogliosi di creste, siccome tre giorni per fare robette più succulente non li abbiamo questo, questo cassetto c'è e si può aprire.
Partiamo male però. Passo a prendere Giorgio e dopo la colazione occorre tornare a casa sua perchè si è dimenticato l'ombrellino (che servirà!). In auto ci diamo il cambio alla guida, mi addormento e mi risveglio al Decathlon di Alessandria: "Mi sono dimenticato gli occhiali da sole, ne compro un paio". Ad Aosta sbagliamo lo svincolo e non prendiamo il tunnel ma ci spariamo città e tornanti nei paesini. Arrivati alla Diga di Place Moulin, a metà preparazione scoppia il temporale.
Finito il temporale, ci avviamo carichi, per arrivare al Rifugio Prayayer che ha ricominciato a piovere: ci fermiamo a prendere un caffe. Lo si sapeva certo, o meglio si sapeva di schiarite e acquazzoni, mentre qui pare pioggia costante. E forte. Temporeggiamo. "Ma metti che verglassi tutto in quota, c'è da spararsi. Weekend a vuoto". Temporeggiamo, ripartiamo che ancora pioviggina un po', ma non possiamo rischiare di arrivare oltre l'orario di cena al Rifugio Aosta.
L'ombrello dura poco per fortuna, smette, ma le nuvole ci "permettono" di non guardare sù e patire meno l'avvicinamento. In pratica non ci servono gli ormoni del parto, riusciamo a fare un cesareo. Ma la schiena pesa, e le gambe risentono del forse eccessivo allenamento dei giorni passati (e di ieri sera: sono un' insaziabile che poi fa indigestione).
Al rifugio troviamo Claudio (ex-corsista) con un amico, che ci informano che domani saremo quasi 10 cordate, e io che temevo fossimo i soli ad aver pensato di salirla. Invece il rifugio è pieno, talmente pieno che io e Giorgio dormiamo separati, uno nel sottotetto con altri quattro, e io nel ripostiglio a fianco cucina: la suite solitaria con tutti i rumori del secondo turno della cena e di quelli che tanto domani non si svegliano alle..

Alle 2. La Colazione per chi fa la Tiefenmatten è alle 2: eh la madonna, non credevo così presto di regola, ma tanto meglio. Grande onore al gestore che si sveglia per farci la colazione, e non come altri che lasciano tutto sul tavolo. Per aspettare che il the si raffreddi, e volendosela prendere con calma, partiamo quasi per ultimi.
Durante la colazione, dalle finestre, il cielo era funestato da nubi: per fortuna quando usciamo è tutto sereno e rimarrà incredibilmente sereno tutto il giorno, nemmeno temporali pomeridiani. E meno male.. Si torna un po' indietro per il sentiero di avvicinamento, si risale la morena, e finalmente si calzano i ramponi e ci si prepara ad affrontare il ghiacciaio.
Cerchiamo di non forzare il passo che sappiamo la giornata sarà lunga, e su questo tipo di itinerari non abbiamo nemmeno una grande esperienza. Fatto sta che poco dopo le 5 siamo all'attacco delle catene del malefico canale detritico, con cordate davanti a noi che salgono o che si apprestano a farlo. "Sasso!", ok, facciamo che aspettiamo di salire senza nessuno sopra di noi.
Bella la catena, nella quale o nelle cui maglie infiliamo un moschettone con un minimo di longe, ma un passaggio in strapiombo e un traverso delicato ci fanno un po' pensare. Però..sbucare al Colle Tiefenmatten Est con la vista della Dent Blanche e Weisshorn alla prime luci.. beh, senza parole.
Ed ecco la cresta davanti a noi. Roccia merdosa come tutta quella che abbiamo visto finora in valle, sulle pareti, sul ghiacciaio (quella scesa..), ma si immaginava. Però dai, se si sale e se salgono così in tanti. Che poi dire merdosa è esagerato, ma infida sì, eccome se è infida.
Cambio e lascio passare avanti Giorgio, mentre dedico ancora qualche minuto di ammirazione al paesaggio glaciale che si sta svegliando intorno a noi. La prima parte della cresta non presenta difficoltà eccessive, molti tratti si cammina e nemmeno su sezioni affilate (certo che se uno cade, non c'è mica tanto scampo se l'altro non riesce a fermarlo).
Qualche passaggio da pensarci un po', ma confido che il mio amico abbia messo qualche protezione. Certo, non che confidi che possa reggere la caduta di uno dei due con conseguente caduta anche dell'altro strattonato, ma almeno psicologicamente aiuta. La vista di Monte Bianco, Grand Combin e Gran Paradiso e tantissimi altri 4mila illuminati dai raggi del sole, scaldano insieme al sole stesso.
Poi i passaggi iniziano a essere più numerosi, anche qualche tiro di corda e sezioni molto più affilate. Della serie che se vuoi provare a camminare sulla striscia bianca della strada vai, perdi l'equilibrio e non ti succede nulla: qui.. Il primo gendarme lo superiamo stando a sinistra, ma già pensiamo che "mommerda, scendere da qui disarrampicando dopo sarà mica facile!".
Proseguiamo con una cordata davanti, mentre scorgiamo le prime esser già verso la fine del pendio nevoso successivo. Pace, ci mettiamo il tempo che ci vuole, speriamo solo essere al riparo dai temporali previsti al pomeriggio. La roccia non è sempre solidissima, ma le mani servono e devono aggrapparsi coi guanti a ciò che si trova.
Una camminata sui detriti segna la fine della parte rocciosa, anche se lassù si vede bene che ce ne sarà ancora. Cambio assetto: si rimettono i ramponi, ci si arma di piccozza, lasciamo la mezza corda doppiata ma con Giorgio che si fa un po' di bambola, e ripasso davanti io per risalire quello che dalle relazioni pareva un tranquillo pendio nevoso.
Ah le aspettative. Siamo stancucci, e le pause a riprendere fiato sono numerose. La neve è piuttosto dura e la pendenza necessita di scavigliare bene a modo. Per fortuna il panorama sprona a salire per vedere quanto ancora ben di Dio possiamo ammirare da lassù. Lassù, ma quanto ancora sù?
Fine neve, riparte la roccia. Cordate già si stanno calando (e ci han pure bombardato mentre finivamo il pendio bianco), e la guida con la sua cliente è già pronta a scendere la parte nevosa: le chiedo se servono ramponi per questa ultima parte e mi dice di no, ma per gli ultimi 10m alla vetta si.
Altro cambio assetto per tornare alla modalità roccia, e parto. Comodi i fittoni a U rovesciata che si trovano ogni 20-25m, consentono di mettere un comodo rinvio senza preoccuparsi di proteggersi ulteriormente. In fondo siamo su del I, II: ciò che mi preoccupa sono le scariche che possono provocare chi sta sopra di noi e io stesso verso Giorgio. Mi sbrigo per arrivare alla cresta finale.
Si esce dal caminetto che dalla parete deposita in cresta, e sbam: il cervino, Maestoso, isolato, impervio. Ma oggi già questi molti meno metri di roccia ci stanno dando del filo da torcere, lasciamo perdere quel montarozzo cupo.
Proseguo in cresta, affilata, a cercare la via data dai segni dei ramponi. ma sbaglio un tratto, finisco troppo a sinistra sotto il filo di cresta, pare di essere quasi in piena parete nord (e all'incirca..). Ti guardi giù e ti caghi sotto. Afferri la roccia che vorresti stringere e ti caghi sotto. Il piede su questa lastra, sol che regga. Finalmente ne esco, porco cane era lì la via facile!
Recupero Giorgio con una sosta improvvisata e riparto. ma quanto è lunga! Ho paura di guardare che ore sono.. Altra cresta, affilata, tratti da scendere, meglio non guardare giù. Ma un'occhiatina suddai.. Finalmente anche questa sezione finisce, ecco l'ultima neve! 35m dove è meglio rimettere i ramponi, ed è vetta.
Dopo tanto tempo un nuovo 4mila si aggiunge al mio CV, e che 4mila. Guardo l'ora e mi rendo conto che ci abbiamo messo 7,5 ore: un po' tante. Ma d'altronde non è che siamo proprio avvezzi a questo genere di salite, e non siamo in formissima. Beh, ora godiamoci il panorama e poi scendiamo. Tornare a ritroso sui nostri passi sarà un altro parto.
Un godimenti di giusto il tempo di qualche foto: torniamo alla roccia e mentre ci ricambiamo assetto mangiamo e beviamo. Occorre razionar e il tempo, che è poco e scendere non sarà facile. Occorre anche razionare l'acqua: nonostante i 4l complessivi, l'abbiamo quasi finita e abbiamo una sete della madonna.
La discesa della cresta non è nemmeno malaccio, fila più liscio di quello che temevo (niente variante in parete nord!), e arrivo alla catena sopra la serie di fittoni a U rovesciata. Da qui meglio andare giù in doppia che secondo me facciamo prima e rischiamo meno. E così parte il valzer: male all'inizio per una manovra che invece che far risparmiare tempo ne fa spendere di più.
Si migliora, ma ora che sulla nostra testa ci sono gli altri 5 ho paura della loro poca delicatezza. Quando poi vedo che invece che fare doppie corte le fanno con due mezze corde, mi salgono i cinque minuti. Senza voler fare il professore che non sono: doppia lunga vuol dire nodo, nodo che si incastra e che tirando poi per scastrarlo rischi di buttar giù rocce. Ma anche senza incastro, 60m invece che 30 vuol dire il doppio della corda che recuperandola può aggrovigliarsi a massi, strisciare su ghiaia, e di nuovo far scendere massi. Ziocanta.
Ci sbrighiamo per scappare da questa situazione, rieccoci sul pendio, ramponi e picca e via andare. La caduta sassi è ancora un rischio. Non fosse per il maledetto blade runner e il suo antizoccolo che non funziona una fava, si potrebbe quasi correre ed esser rapidissimi. Invece non posso, ogni passo devo picchiare con la picca il rampone per togliere l'insidia della palla di neve sotto il piede che mi fa scivolare. E se scivolo qui, ci ripescano 600m più sotto dopo qualche bel salto veritcale.
Veloci anche su questo tratto, molto bene, ora resta da scendere la cresta rocciosa principale. "Giorgio, te la senti di tornare avanti?" "Sì dai ok", bene. Ero molto preoccupato di questo tratto da scendere: a salire non è stato banale, scendere è sempre più difficile che salire. E invece fila abbastanza bene: qualche palpitazione certo.
Vedo la corda che a volte non avanza, aspetto e cerco uno spuntone dove fare una protezione veloce. Giorgio si protegge, ma di nuovo non è che faccia molto affidamento a questi friends e cordini sparsi. Qualche tiro, e poi di nuovo siamo al primo gendarme. Che facciamo? "Io non sarei tanto tranquillo di scendere da dove sono salito" "Beh dai, allora passo avanti io, saliamo sopra il gendarme e facciamo una doppia".
Passettone atletico ed eccomi in cima al gendarme. Doppia predisposta con un vecchio chiodo e alcuni cordini intorno a massi, speriamo bene. Va benone, scendo in doppia disarrampicata ed eccoci sulla cengia comoda. Dai che le difficoltà sono finite o quasi!
Ripassa davanti il mio amico. Pochi passi da disarrampicare, per la maggiori parte ora si può quasi camminare (anche se spesso sul filo di cresta): ma non caliamo l'attenzione, qui non si può sbagliare. Laggiù scorgo le catene. Giorgio è quasi vicino a esse. Si mette in sicura su esse. Fatta!
Sospirone di sollievo. Mi godo il panorama ora più che in cima. La corona imperiale dei 4mila svizzeri, la Dent Blanche ora bella illuminata. Il Gran Paradiso con qualche nuvola (mentre da noi un cielo ancora limpidissimo, meno male!), il Monte Bianco e la Verte. Il ciccioso e tormentato Glacires des Grand Murailles. Qualche doppia e siamo su ghiacciaio. Rifugio e bere..
Raggiungo il mio amico, siamo all'ombra e col vento, mii che freddo adesso! Predisponiamo la doppia (di maglie rapide nelle catene ce ne sono parecchie) che scendere in questo troiaio sarebbe rischioso e faticoso. Prima doppia porta sotto il traverso infido, al riparo pure da ciò che scarica chi sta su. E che scarica anche la corda recuperata: madonna che polverone..ricco di sostanza solida!
Un'altra doppia e siamo sulla neve! Sììììì! Ora c'è solo da sperare che reggano i ponti di neve sui crepi: sono quasi le 16.. Cambio assetto, l'ultimo di oggi: ramponi, piccozza, cordata, bambola, nodi a bambola, cordino da ghiacciaio. Ripasso avanti io, che con questa neve, questi ramponi, questi zoccoli, scivolo di sicuro!
Estenuante discesa a battere la picca quasi ogni passo i ramponi per togliere il pericoloso zoccolo. Qualche scivolata che si arresta presto per fortuna. Un caldo atomico. Una morena che non arriva mai, dopo il muretto ce ne è ancora, dietro quel cambio di pendenza, pure. Ma arriva!
Il piano ora è che: Giorgio fa la cacca, si tiene la corda, io scendo, lascio lo zaino all'incrocio col sentiero e poi me ne vado al Rifugio Aosta a riprendere le cose lasciati lì, prendere dell'acqua e chiamare a casa per avvisare che non torniamo a cena. Senza zaino volo..
Fatto tutto e bevuto un buon litro di acqua (e il genepy offerto dal gestore "Hai salito la cima? E allora genepy homemade!), ritorno all'incrocio dove Giorgio mi aspetta. Sono le 17, prendiamola comoda che tanto tardi facciamo tardi. Rientrare all'1 o alle 3 ormai cambia nulla.
Riappesantito lo zaino, si scende. Si scende e si sale ogni tanto. Quanto è tardi: percorriamo la valle all'ombra per il sole che si è coricato dietro i monti alla nostra destra. Qualche sguardo indietro per salutare le asperità del territorio vissuto, e pochi avanti per non vedere quanto manca. "ma quanto è lunga questa discesa!" "Eh caro Giorgio, il bello è che lo sapevamo! io comunque con la Valpelline ho chiuso, prossima vita!".
Testa bassa e andare. Ginocchia cotte, spalle pure. Testa a dura prova. Minuti, ore, voglia di una doccia, di mangiare, bere, sdraiarsi. Siamo in ballo da più di 15 ore. Una pausa intermedia, poi giù fino al Prarayer, la fontana: un'altra pausa che dura pochi secondi data l'infestazione di zanzare affamate. La forestale a lato della Diga di Place Moulin, km di falso piano.
Si parla poco: la stanchezza si sente, la mente si cerca di tenerla più vuota possibile in modo che le gambe vadano avanti senza pensare. non guardare avanti per non vedere quanto manca. Massì dai, è lunga, e allora? Allenamento. E in ogni caso, le cose belle vanno sudate, la pagnotta guadagnata con la fatica ha un sapore diverso. Che cavolo, l'abbiamo salita la Dent d'Herens!
Praticamente la discesa è un parto gemellare: il primo esce una volta che raggiungi il sentiero che da valle porta al rifugio. Ma poi il restante è l'altro gemello ritardatario. Tutto finisce alle 20e45, all'auto, dove buttiamo tutto a terra e ci togliamo subito gli scarponi. GODO!!!! Nuova stretta di mano, la terza: la prima in cima, la seconda in discesa rimesso piede su ghiacciaio, e una ora.
Ora il più è tornare a casa senza ammazzarsi per colpi di sonno. Ci si alterna, si dorme entrambi in qualche piazzola, autogrill, quel che si trova appena la palpebra del guidatore fa fatica a stare su, e quella del copilota dormiente non vuole tirarsi su. Arrivo a casa alle 4, sistemate un po' di cose e fatta la doccia mi infilo a letto (che caldo) alle 4e30. E fatico a prendere sonno: ma l'adrenalina non poteva tornare prima?!

NB: da Facebook leggo che tra la cresta e il pendio nevoso ci sono delle doppie attrezzate da 25-30m (la seconda da 15). Soluzione non verificata ma che se veritiera è nettamente comoda

Qui altre foto.
Qui la guida.
Qui report.

venerdì 20 luglio 2018

Vacanza Val Masino 7/7: (mezzo) Kima in solitaria, a gambe levate dopo la tempesta

Ora posso capire come sia possibile lasciarci le penne durante un trail in montagna: ti scoppia un temporale improvviso, le temperature si abbassano drasticamente e di colpo, ti ritrovi in campo aperto esposto alle intemperie, il tappeto di grandine ricopre la roccia, ruscelli che nascono all'improvviso e che devi guadare. Sarò ben lieto di tornarmene al Centro Polifunzionale della Montagna,spererò di arrivarci.

Siamo qui, in Val di Mello, e qui c'è uno dei più bei trekking che si possano pensare, al cospetto di giganti di granito e circumnavigando valli idilliache: il Sentiero Roma. Già era nella todolist, quando poi ho scoperto che esiste un trail che lo percorre (quasi) tutto e di più..apriti cielo. Trofeo Kima: uno dei più belli e tosti e tecnicamente difficili che c'è. E io son qui, perchè non provarlo?

Certo serve bel tempo. Anche senza conoscerlo bene, quei passi a quelle altitudini, questi sentieri che ho già sperimentato essere scoscesi a valle, e quelle catene per facilitare (rendere possibile) la progressione, vogliono tempo bello. E oggi lo danno, slavo temporali al pomeriggio verso le 16-17: ma in quel caso spero o essere già sulla discesa finale, oppure esser comunque nella seconda metà dalla quale esistono varie di fuga verso valle.

E invece..

Ho concordato con la gentilissima Iris di lasciarmi la colazione su un tavolo: c'è anche un gruppo di quattro che ha chiesto la stessa cosa, e guarda caso me li ritroverò al Rifugio Ponti diretti alla normale del Monte Disgrazia. Sveglia presto quindi, colazione, e fuori con la frontale a risalire la strada fino al Rifugio Scotti prima la Piana di Predarossa poi (beh per questa almeno c'è tanto su sentiero, sul ripido).

E già sulla strada asfaltata mi chiedo che cavolo ci faccio qui. Il buio è una brutta bestia, non ti fa percepire lo scorrere del tempo, non ti fa vedere nulla di bello tranne i pochi metri intorno a te. E fa paura, ogni rumore che senti non sai cosa sia e non lo saprai mai. Le prime luci dell'alba diventano quindi una festa, pur sapendo che ciò vuole anche dire sbucare nell' ora più fredda della giornata.

Mi supera un'auto poco dopo la galleria, e poi altre che si fermano alla malga per lavoro. Io proseguo, e finalmente parte il sentiero, lo sterrato, basta asfalto, basta "civiltà". Ergo eccoti pendenza! E il gioco si fa duro, ma molto più spassoso. Arrivo alla Piana di Predarossa e già sogno il Rifugio Ponti per una colazione. Ero partito con un bel cielo stellato, ma ora qualche nuvola c'è, ma poca roba: sarà l'umidità che sale da valle.

La salita al rifugio pare più lunga di quello che credevo, e dimostra anche di meritare attenzione: il percorso inizia a farsi tecnico. Però sticazzi, in 3h ci arrivo al Rifugio Ponti, e son proprio contento: sta a vedere che ce la faccio a farlo tutto questo Kima. Mi avevano avvisato che nonostante siano "solo" 52km di tempo ne serve tanto in quanto poco o nulla è corribile, ma io ci spero.
Riparto dopo 2 chiacchiere con una guida alpina, la stessa che mi ha superato in auto dopo la galleria e che sta portando su il gruppo di quattro che han fatto colazione come me. Sono le 7e30. La salita si fa alpina, danzano su massoni di granito rosso verso una Bocchetta Roma che chissà dov'è, io continuo a girare per massi..
Eccola, all'ultimo. Ed ecco che nel proseguo appaiono le famigerate catene. Il cielo non si è rasserenato, ma non è minaccioso: sarà l'umidità di valle. Scendo tenendo bene le catene, perchè scopro che non servono a facilitare ma piuttosto a consentire la progressione. E penso già a che pericolo dev'essere avere delle persone sopra che ti "tirano" in testa dei sassi. No no, io il Kima come gara non la faccio.

Finite le catene, dello sfasciume, della neve sulla quale non si può fare altro che scivolare ogni quattro passi, e penso già che io indietro non ci tornerei ora che ho visto com'è. Il Bivacco Kima sarà a due passi ora, potrei anche fermarmi un po' li. E invece proprio due passi non sono, e quando ci arrivo sono quasi nella nebbia. Che palle queste nuvole basse!

Proseguo, ma dopo pochi minuti le prime gocce. Va beh, sarà l'umidità che diventa consistente, aspetto a mettere la giacca. No no, meglio metterla, metti che mi bagno, a breve ho il passo più alto del percorso a quasi 3000m. E in men che non si dica (ma ormai mi pare di essere più lontano dal bivacco kima che dal Passo del Cameraccio), piove.

Piove, poi grandina. La "nebbia" mi ha nascosto lo scuro, e così mi ritrovo in mezzo a un temporale. Un temporale alle 8e30 di mattina, assolutamente imprevisto e piuttosto raro. E sono da solo e sono solo, nessun escursionista in giro. Ecco, inizio ad avere paura. Mi schiocca un tuono a poca distanza, e ora sono terrorizzato. Ma proseguo, piantarmi qui non serve, devo muovermi. La grandine si fa più pesante, non grossa ma picchia bene sulle ginocchia nude. Nude, eh sì, le previsioni meteo consentivano questo abbigliamento. Quando inizio a sentire freddo, mi cago a dosso. Ora capisco come si possa morire assiderati in un trail. Beh calma, un'altra maglia da mettere ce l'ho, ma guanti e pantaloni no. Proseguo, devo. Solo un fulmine, e penso anche a quei disgraziati che salgono al Disgrazia. Cazzo pensi agli altri, pensa a te! Continuo a salire, e la grandine ha formato un tappeto stile pratino nevoso, super scivoloso sopratutto sulle placche. Dai pendii scendono ruscelli improvvisati a scaricare l'acqua che è caduta e cade, e tocca guardarli e bagnarsi i piedi e scarpe: freddo. Dove diavolo è il passo? Quando smette?

Smette. Cazzo per fortuna. Non faccio altro che pensare a come uscirne, a sperare di uscirne indenne e tornare in camera. Smette, non si rasserena molto, non esce il sole a scaldarmi, ma almeno smette. Smette dopo aver lasciato accumuli di palline di ghiaccio sparsi nei punti peggiori. Scivolo sulle placche che da secche correrei. Devo stare attento, se mi fermo mi raffreddo e.. Passo del Cameraccio, eccolo. Nome dispregiativo e ci sta tutto. Ma ora dove si va? Mi affaccio ma non vedo nulla, nessuna catena, nessuna traccia, nessun segno, nessun bollo. Ziocca, sarà mica franato! Salgo a destra e sinistra della sella a cercare, mi sforzo di non disperarmi perchè ci manca solo che mi sia "perso". Ma perso cosa, il passo è questo. Calma. Vedo qualcosa, si va di la.
Altre catene, e pure più difficili di prima. A saperlo, tornavo indietro forse. Tutti i gradini dei piedi sono intrisi di grandine, si scivola. Questa è una ferrata cavoli. Stringo bene il cavo, ma è bagnato, i miei guanti pure, scivolano e sono freddi sul freddo. Sol che arrivo giù al bivacco, se va male mi fermo li. Catene finite, e altro sfasciume con cancellazione del sentiero e ravanamento. Neve. Davvero impegnativo, e esser solo..schiaccia. Schiaccia molto. La testa si adagia un attimo ora che il sentiero è più netto e su massi più arrotondati e con un po' di erba in mezzo. E così metto un piede in fallo, cado, mi tiro dietro un masso e mi sbuccio braccio sinistro e zampa destra. Poca roba per fortuna, ma che rischio. Le barrette nella tasca dello zaino mi hanno salvato le ossa dei fianchi. Poca roba sì, ma io oggi una vita l'avrei già spesa..
Esce un po' di sole, allora continuo. Se arrivo al Rifugio Allievi Bonacossa, me ne scappo a gambe levate in camera, fanculo! Ora al sole, ora che mi sento più al sicuro, va decisamente meglio: potrei anche valutare di continuare, ma no no, vado giù. Si scende e si risale, sempre più ripidi e con nuove catene, ma tutto più tranquillo di prima. Ma il rifugio è ancora lontano.
Peccato non essermi goduto la maestosità ma solo la severità di questi posti, severità nella loro massima espressione! Ora che esce un po' di sole e che sono nella conca del rifugio però, posso guardarmi un po' intorno. Sto di nuovo correndo contro il tempo per arrivare a un luogo sicuro visto che il cielo si rifà grigietto, ma visto che il rifugio lo vedo, mi calmo.
Lo vedo ma ancora ce ne è, curve su curve e rientranze e nasi. Finalmente arrivo all'ingresso dopo che nuove gocce han ricominciato a cadere: tempo imprevedibile in questi posti. Ordino una fetta di torta e una coca cola: dentro non c'è nessuno, un po' mi dispiace per i gestori, un po' capisco il perchè (meteo incerto nei giorni precedenti e domani, e in più non è ancora ora di pranzo).
Il sole sarebbe quasi tornato fuori, ma i giganti di granito grigio sono tutti belli coperti. Il Rifugio Giannetti è ben lontano, e ritrovarmi di nuovo nella situazione di prima non è per niente intenzione. Confermo che scendo.
E la discesa è tutta un'altra cosa. La piana sotto il rifugio è un'oasi in cui pascolano cavalli a brucare una bellissima erba verde. Cerco di correre il corribile, un po' per far prima, un po' perchè non riesco a farne a meno, un po' per fare della fatica. Incrocio un cinese vestito come se fosse a un campo addestramento militare (ma senza armi, o almeno non visibili..) e altra tranquilla gente che non può nemmeno immaginare l'inferno che si è scatenato poche ore fa, loro che camminano in mezzo a erba e fiori al sole.
Erba, sole e afa man mano che si scende, quella stile Appennino d'estate: voglio la fontana della valle! Fresca, pulita, sana, riparata dalla capricciosa alta valle. L'umanità, la folla, mi sta già stretta, e piuttosto che seguire il turistico sentiero che passa per i rifugi, me ne scappo come fatto l'altra mattina sulla sinistra orografica, per giungere al paese senza incrociare quasi nessuno. E da lì, asfalto, ciclabile, il torrente: i piedi a bagno aspettando un caloroso e agognato abbraccio.

Il Centro Polifunzionale della Montagna è il nostro campo base questi giorni: ottimo posto e gentilissima Iris con tutto il suo staff!

Qui altre foto.
Qui la gara.

giovedì 19 luglio 2018

Vacanza Val Masino 6/7: bagnetto relax e conquista del Sasso Remenno

Dovevamo essere sul Pizzo Badile, e invece ce ne stiamo comodamente a prendere il sole e dormire sulla spiaggia della Val di Mello: un tratto piano sul bordo di un ansa formata dal ruscello che scorre all'interno della valle. Dopo la giornata di ieri, ci sta un po' di riposo, e pure in previsione alla mattata di domani.
La solita passeggiata per addentrarsi nella valle, e cercare di arrivare tra i primi e presto per evitare il caos e la folla abituale delle ore centrali del giorno. Sarò misantropo, ma troppa umanità stona in certi luoghi: forse stono anche io, ma qui si sconfina nella filosofia più spinta.
Pausa pranzo e poi si torna al Sasso Remenno ora che abbiamo la guida, ora che possiamo conquistarne l'ambita vetta! Non ci pensiamo nemmeno e  torniamo nella parete dove eravamo l'altro giorno, dalla roba facile. Il meteo sta volgendo al brutto, ma la conquista deve farsi!
Con ardito coraggio scaliamo le (poche) decine di metri che ci separano dal comodo pianoro sommitale, sfidando la gravità e la roccia. Va beh dai, anche meno: facciamo i pirla. Ma ci riesce così bene..

Il Centro Polifunzionale della Montagna è il nostro campo base questi giorni: ottimo posto e gentilissima Iris con tutto il suo staff!

Qui altre foto.