domenica 25 marzo 2018

Tetti e placche: via Selene a San Paolo


È giunto il tempo di tornare ad arrampicare. Porco cane, ma fosse in condizione qualche salita su neve e ghiaccio, e non esposta a pericolo valanghe! E vabbeh, andiamo su roccia, andiamo all'ipermarket di Arco. Ma a fare cosa? Parliamoci chiaro, sono (siamo?) scarsi, dei brocchi, e ormai le vie fattibili iniziano a scarseggiare. Diventa dura trovare una via.. 
Selene: bellissimo nome (una "e" in meno e sarebbe ancor più gradito a Giorgio), nome delicato, non quanto la nostra arrampicata però. Colazione lunga, vestizione lunga: le previsioni sono mutate, e il sole promesso è in ritardo. Fa freddo, porco cane, non sono venuto a far roccia per patire freddo! Ma quando altre macchine iniziano ad arrivare alla Lanterna non si può più cincischiare, è tempo di andare.
In breve all'attacco: le membra si sono scaldate, le mani no. Parte Giorgio. Il grado scelto della via mi fa titubare alquanto, ma vedere da terra due bei anelloni ravvicinati nel tratto chiave del tiro, mi fa sperare che poi il grado obbligatorio sia ben minore: mica sempre. Va il mio amico, e sul traverso suda, ma suda di più dopo, quando non c'è nulla per azzerare: lui mica azzera, io vorrei!
Madonna se partiamo male.. Che fatica e che azzerate per superare questo tiro. Non voglio sapere cosa mi aspetta, ma la relazione devo guardarla per capirci qualcosa, e quel "VI" appare. va beh, al massimo mungerò. E invece, guarda te, cercando di pensare il meno possibile, supero di slancio (sbuffando eh) le varie difficoltà. Riacquisisco fiducia in me stesso, forse riusciamo a chiuderla la via! Anello fuori dal diedro, ma mi pare strana la sosta con un punto solo. Continuo, salgo, verso destra come indica la freccia, ma..boh, forse la sosta è davvero quella. Disarrampico, azz.
Finora eravamo solo noi (e te credo, con sto freddo!), ma ora un'altra cordata ci segue e un'altra sembra alla base. Parte Giorgio, non segue a destra ma va a sinistra come lo schizzo della guida. E invece Grill era meglio, dovevo proseguire dov'ero e avrei trovato la sosta poco più su. Il mio amico si complica la vita a voler percorrere un traverso su placca quando bastava stare più bassi mezzo metro. Poi quando non lo vedo più..non si muove più. Ma che fa? Sbuffa però.. Oh madonna, che cavolo c'è la dietro?! Un altro placcone duro, non azzerabile: bisognerebbe essere alti 2m oppure dare una spallata sx esagerata per uscirne senza "cagare la romella".
Madonna se abbiamo ripreso ad andare male.. Va beh, vediamo questo diedro come si comporta. Inizio a traversare e poi salire: non banale ma salgo disinvolto, dai che è fatta! Poi la sorpresa, non presenta sullo schizzo della guida (ma su Grill si): un bel placcone in traverso. Beh quel cordone servirà ad azzerare dai. No. Ti permette di mettere il rinvio, poi son cazzi tuoi. Mi metto in "longe", ci penso, ci provo, vacca se è dura. Provo basso, poi capisco c'è da stare alti. Metto due rinvii contrapposti che qui ci caccio il volo di sicuro.
Dico due stronzate al mio amico, per smorzare la tensione, poi una voce da sotto "Vai Andrea!!!" "Ma chi è?! "Natalia", ecco li, esco per lo scarso che sono "Tu non stai vedendo nulla!". Bon devo prendere coraggio e superare questo passaggio, o stiamo qui. Finalmente leggo bene dove andare con mani e piedi, caricando quello sputacchio di concrezione bene col piede. Due passi al cardiopalma, la mano va la, il piede sul terrazzino, fatta. Alè! "Giorgio! Ce l'hai il pannolone di ricambio, che mi son cacato sotto!"
Riparte Giorgio, prova la fessura direttamente, ma poi si dice "ma a destra è più facile, che sono scemo? vado di la!". Spettacolare il traverso successivo, sopra le nostre teste, bello esposto e di aderenza, ed infine la sosta, su una panda di roccia arancione che sembra solo appoggiata li: meno male i piedi sono su essa ma gli ancoraggi sulla parete. Poco bello quel manettone che è tutto crepato alla base..
E ora tre tette! Come in Atto diForza! Ma che tette, sono tetti. Dai, in strapiombo non me la cavo male, dai che ce la faccio. traversone esposto, senza protezioni, una breve risalita, e poi il boulder. Strapiombone inclinato, una bella fessura su cui tirarsi un po su, ma poi le mani dove vanno? C'è solo placca! Come tirare su i piedi fino all'altezza del mio petto mi resta un mistero. Tallonare? Se se, azzerare e via su. (C'era da passare tutto a destra..). Solo che non è finita. Seguono tetti e movimenti di aggiramento di uno spigolo tutti belli fisici, che mi fanno arrivare in sosta con le braccia che tremano..urca! E son scarso anche in strapiombo..uehhhhh!
Coi VI abbiamo finito però! Ormai si scambiano battute con Andrea, in cordata con Natalia, di quelle che si fanno solo tra maschi.. E Giorgio sale sul settimo tiro, un simil Tessari per tutti i buconi, fessure, orecchie della parete. Non che sia un III grado, ma è un divertimento questo. Distende la mente dopo le cacate sotto precedenti.
Ultimo tiro, tocca a me. Vacca boia quanto è in alto quel cordone e quanto penzola nel vuoto.. Tutta un'illusione. Sono appena 30m di tiro. Vado spedito, difficoltà blande ma roba mica troppo solida e poche protezioni. Ultimo strapiombo ed infine fuori.
Beh dai, come prima uscita nemmeno malissimo su. Da metà in poi è pure uscito il sole a scaldarci! Ora però scendo a cambiarmi il pannolone che ho sporcato per superare la placca finale del quarto tiro..

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Qui e qui report
Qui al guida
Qui la relazione.

sabato 24 marzo 2018

Alla ricerca: per creste nel Reggiano


Suona la sveglia. Il sacco a pelo mantiene al calduccio: anche se la posizione sul sedile dell'auto è scomoda, questo tepore e il sonno poco invoglia a svegliarsi e uscire per mettersi in cammino. L'impetuosità del vento produce suoni che fan presto a convincermi a posticipare la sveglia, e dormire un altro quarto d'ora. La voglia doveva esser tanta, ma i pensieri ammazzano l'euforia. E così la sveglia viene posticipata di nuovo, di nuovo, di nuovo.. 

Thermos di the, crostatine, tutto pronto, mi avvio. Timoroso del pericolo valanghe, per oggi ho previsto una bella cavalcata di creste: sopra la mia testa non ho nulla, nulla mi può cadere addosso. Però la prima parte di risalita nel bosco mi preoccupa: non la percorre quasi nessuno, i segni sono pochi, la traccia coperta di neve, e quel tratto impervio da salire a rampate. Anche per questo ho aspettato la tenue luce dell'inizio alba. 

E invece è tutto tracciato, segue le orme che mi evitano di calzare le ciaspole. Uno smottamento si è portato via qualche metro di sentiero, si aggira in alto. Il silenzio è tanto, e nel silenzio, quando non sei proprio sereno, i pensieri si fanno più assordanti. Il vento se ne è andato, per una volta che avrei voluto il suo rumore. 

Esce il sole, illumina e accende il bosco nudo ma fitto. Un pezzo di crinale si mostra, e noto meno cornici di quello che temevo. Ecco il ruscello, mi sembrava strano averlo passato senza accorgermene, e dopo quell'impervio che ricordavo c'è tutto, e con la neve è pure peggio. ma passato questo sarà tutto più facile. 

Chi ha tracciato la parte di sentiero che ho salito finora, è sceso poi per quello della Cavallina: ergo, ora devo tracciare tutto, quindi meglio mettere le ciaspole, che anche loro affondano! La pace del bosco candido e innevato è contagiosa, e per un po' mi rilasso: anche perchè ho già deciso che è meglio rivedere tutto il giro che volevo fare e accorciarlo. 

Il bosco finisce presto e lascia lo spazio aprirsi verso il cielo e la vista allungarsi fino al crinalone e tra poco alle Apuane. Salgo su pendi ampi, la cresta sfuma qui, ma la neve sembra abbastanza stabile: e comunque scelgo la mia traccia per minimizzare i rischi. Tracciare tutto è una bella sudata, col vento impetuoso dei giorni scorsi credevo che le creste fossero state depredate della neve caduta, e invece sono belle colme! 

Intravedo il Monte Ravino, e anche oltre ma intanto la mia meta è quella. Il pendio lascia spazio a un largo crestone, che punta all'alto, al blu del cielo: solo due colori, bianco e blu, colori della serenità, una delle cose che più spesso cerchiamo e ci manca. A sinistra, in lontananza, delle valanghe pronte a partire. Una sul pendio sotto di me. Meno male ho scelto creste. 

Si affila poco ma si alza bene, ed infine eccomi sulla cima del Monte Ravino. Almeno credo, la piccola croce è sommersa. Il cielo è sempre meno blu, a indicarmi di confermare la mia idea di finire il giro prima. Ma intanto devo chiuderlo, e mi pare che proseguendo la cresta scenda ripida e si affili. L'ho già percorsa, anche se una sola volta d'inverno, ma con tutta questa neve mai. 

Qualche sguardo alle spalle, altri avanti, ad ammirare l'estetica di questo percorso: le creste sono sempre belle, sono sempre vicine al cielo, a spazi aperti. Il percorso è obbligato, ma sono quegli obblighi "belli". Ora però meglio togliere le ciaspole, questo tratto mi fa temere che se scivolo con questi arnesi non mi ripiglio mai più. Tolgo e affondo fino al ginocchio. Tutto questo tratto di discesa diventa più faticoso di ogni salita di oggi. Ammiro qualche cornice, e altre valanghe, pericoli da cui star lontano ma che si osservano volentieri. 

In matematica la sella è un punto indefinito. In montagna è un punto in cui hai 4 percorsi possibili, 2 salite e 2 discese, e in cui ti perdi a guardare come un bambino davanti a uno scaffale di giocattoli: 2 giocattoli salgono, 2 giocattoli scendono. Con uno ho già giocato, ora vado con l'altro. Prima però inciampo come un pirla, a confermarmi che oggi qualche problema c'è. 

L'alpe di Valestrina non è nemmeno un 2000, ma questa visione che ho lo rende un gigante delle Alpi. un crestone che si alza verso il cielo, il versante sud bello liscio e bianco e con una certa pendenza, il versante nord intervallato da tratti di roccia. Io bello tranquillo salgo la mia parte facile, ma sogno quelle pendenze: dai neve, trasformati! 

Altre valanghe sui versanti sotto di me, che bello esser salito per creste! Anche se la costante vista sui fratelloni Sassofratto, Prado e Cipolla mi fa sognare i loro canali e canalini.. Dai neve, trasformati! Altra cima, altra croce sommersa, ma qui non ho dubbi di essere sul vertice. 

Altra discesa un pelino difficile, ritolgo le ciaspole, e per fortuna nonostante la brevità del tratto le metto sullo zaino e non le tengo in mano come avevo pensato un primo momento. La neve è buona, posso tallonare, sempre stando vicino alla cresta (ma non troppo, con una cornice non voglio finire sulla nordovest!). Mi giro faccia a monte, la questione si fa ripida e più marmorea. Merda. Scivolo. Son già lì che penso a quante decine di metri percorrerò prima di fermarmi, ma dopo un metro le punte dei piedi hanno scavato quella cacchina di gradino che basta a farmi stare fermo. Vacca che caga. Ora ci do dentro di violenza di punta! 

Non resta che trotterellare tranquillamente verso il Passone adesso, con l'occhio che cade su un'altra valanga pronta a partire sulla nordest del Passo di Valestrina, e una sotto la nordovest dell'Alpe di Valestrina. L'occhio cade pure su una traccia che arriva dla sentiero di Pian Vallese e continua verso il Passone. Folle chi è salito da li: conca famosa per le valanghe, con quel paretone che arriva quasi a 2000m esposto a nordest! 

Avanzo, e vedo che la traccia non è  di ieri, sono due che salgono oggi. Madonna quanto sono passati sotto a quel canale al sole.. Taci, lasciali perdere, ormai sono fuori. Ma per dove scenderanno? Speriamo che nessuno vedendo che la traccia c'è pensi "ma allora salgo anche io, è sicura". 

La zone semipianeggiante a nordest e nordovest del passone è solcata da calanchi poco ripidi, ma in cui la neve e il vento giocano a formare un paesaggio che sembra glaciale: sotto quei ghirigori sembra si nascondano dei crepacci. 

Saluto i flauti del Passone, saluto la schiena del gigante che oggi non solleticherò, saluto il Cipollone di cui raggiungerò la base della cresta nord e poi basta. La vista da qui non mi stanca mai. Parto per la Passonegrat, tutta in cresta, col cavolo che scendo anche solo di 2m con questi accumuli e questa consistenza di neve. 

Salgo pure alla bandiera sopra al Rifugio Battisi, tutta la cresta che c'è. Vedo i due del Passone dirigersi verso il Passo di Lama Lite, e puntano al Lago Bargetana: passare sotto i pendii nordovest del Cipolla.. No vabbeh, se li raggiungo qualcosa glielo dico. Li raggiungo: due parole di avviso sul pericolo che hanno corso e su quello che rischiano di correre se vanno in la, oltre a quello che correranno a scendere all'auto. Una chiacchierata di confronto e senza polemica, che finisce con un loro dietrofront. Preferisco fare la figura del cagacazzo e salvare qualcuno piuttosto che starmene zitto e fargli rischiare la pelle. 

Scendo per la variante del sentiero che porta al Rifugio Segheria, in modo da stare sopra la conca del Cipolla, dove scendono le valanghe. E tutto il versante sopra è frantumato di crepe, dossi di vecchie valanghe coperti da altre pronte a partire. Sembra una seraccata! Mi fermo a guardare, sembra che da un momento all'altro qualcosa debba partire. Tutto fermo. Va beh, vado, che ho cose più importanti da fare. 

Il cielo si è sporcato di velature, nubi sparse, altro segno che è meglio andare. Scendendo, colto dal senso di colpa di aver fatto poca fatica e essermi allenato poco, vedo di tracciare tutto nuovo quando posso. Sembro matto, uno di quelli che mettono il cilicio: ma no, solo sano allenamento in previsione di.. di.. non so di cosa, ma servirà di sicuro, e spero presto!

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