domenica 26 febbraio 2012

Vajo Battisti, con variante sperone MAG e uscita GAM


Di solito sul blog cerco di non essere per nulla tecnico per quanto riguarda le descrizioni dei miei giri in montagna, cerco di trasmettere solo emozioni e di demandare al report su on-ice la descrizione accurata e più “fredda”. Ma questa volta non posso fare a meno di essere un po' tecnico qui per due motivi:
1.perchè è stata davvero un'avventura
2.perchè non mi attento a fare una relazione che sarebbe più un “non andate di qui” invece che un “si segue..”
E probabilmente rispetto ad altre volte sarò lungo..ma è un film thriller, non un corto da quattro soldi! Armatevi di pazienza e leggete, potreste non pentirvene (oppure pioggia di ortaggi su di me)..
Ebbene cominciamo dall'inizio. Si puntava al centrale al Giovo, che la relazione di Nicola ci solletica dall'anno scorso. Ma già Marco aveva chiamato il rifugista venerdì, e le notizie non erano buone sulle sue condizioni. Poi dopo il mio giro di sabato, pensai anche io che non fosse il caso di tentare un canale in appennino: me lo voglio godere 'sto Giovo-Rondinaio! Allora pensiamo: puntiamo al Carega! Gianluca sabato telefona: vaji non carichi, ma accettabili, tra cui il Battisti, e il rifugista dice ok (come un post del forum..).
Sveglia alle 2, che dopo aver dormito 2 ore la notte prima (a 45° in una Musa) è un po' traumatico, ma si sà, la voglia di scoperta e di avventura può tutto! Alle 5 siamo al parcheggio, beh uno spiazzo più che un parcheggio, appena sopra la Locanda Obante a circa 1000mslm, dove poi la strada che va al Rifugio battisti è sbarrata. Un cielo splendidamente stellato, una meraviglia. Non fa freddo: se io non porto i guanti vuol dire che davvero non fa freddo. Alle 5e30 siamo in partenza, ovviamente Marco e Gianluca erano già pronti da 15 minuti: io come al solito sono il più lento.
Si parte lungo la strada, armati di frontale che io presto spengo: come i gatti mi abituo al buio e alla poca luce: poi siamo su una strada suvvia.. Alle 6e30 arriviamo al rifugio: finora poca neve e ghiacciata, calziamo i ramponi che qui siamo comodi. Via verso il Vajo Battisti, il cui inizio è molto chiaro e evidente, incassato, seppur largo, tra due verticali pareti rocciose. Varie tracce di sci, che seguiamo in quanto sono quelle che assicurano maggior galleggiamento: appena fuori dalla traccia si sprofonda un po'. E questo “un po'” è pari alla misura della quantità di neve, ovvero si sprofonda “tutto” sotto un altro punto di vista. Mah..
Ma il rifugista ha detto ok, andiamo. Salendo questo tratto ci godiamo l'alba, sporcata un po' da nubi all'orizzonte, ma che ci concede la visione di un graduale incendio sulle pareti delle piccole dolomiti.
Entriamo quindi tra l'incasso delle due pareti, verso le 7e00. E il ravanamento iniziato già prima, qui prosegue. A tratti giù fino al ginocchio, a tratti anche di più. Ma anche la guida di Bellò dice che nella seconda metà è sempre meglio, noi siamo dei muli, e andiamo avanti. Marco resta sulla destra, ma non ci guadagna molto: Gianluca mi segue, cerco di stare sotto la parete di sinistra alla ricerca di neve migliore, ma invano. Si piglia quel che c'è!
Saliamo e usciamo dall'incassatura, così che il sole ci inonda col suo calore: azzo che caldo che fa, c è da sbrigarsi prima che la neve diventi pappuccia. Arriviamo quindi al punto in cui Vajo Battisti e Vajo dell'Acqua hanno un raccordo di collegamento, al quale vado a dare un occhiata: si vedono peste al di là, e noto che non se ne vedono proseguire nel nostro canale, ma magari è solo questione che un po' di leggero slavinamento le ha cancellate. Sempre a questa quota si può identificare un bivio, ma la via a sinistra si vede sbarrata poco sopra da un salto roccioso.
Proseguiamo, Marco e Gianluca mi passano davanti e dopo pochi metri un altro bivio, il bivio dell'errore.. In realtà ci sembra solo di trovarsi davanti a uno speroncino roccioso che divide due strade che poi si ritrovano riguardando le foto. Mentre invece eravamo lì, a destra era una continua scarica di sassi e un canalino ben poco innevato, a sinistra sembrava decisamente meglio. Decidiamo di comune accordo per la sinistra, ma dopo poco la neve inizia a scarseggiare. Va beh, inverno scarso, sarà questione di qualche passaggio: e invece ci stiamo cacciando sullo sperone MAG.
A posteriori mi chiedo perchè abbiamo continuato: forse ci tirava il culo scendere, temevamo di tornare a casa con le pive nel sacco (invece bastava scendere un po' e prendere a destra), ci sentivamo invincibili. O forse semplicemente le difficoltà crescevano troppo gradualmente, sicchè il ragionamento era “abbiam fatto 30, facciamo 31”: a furi di ragionare così, invece che fare 30, abbiam fatto 70.
Ripasso davanti per andare in avanscoperta, fiducioso delle mie capacità di alpinista in erba. La neve finisce, diventa una via di misto con molta roccia e non troppo buona: incontriamo una serie di mughi, che spremiamo come sul Vajo Bianco. Qui noto un mugo bello cicciotto, sul quale potremmo fare una doppia e calarci (abbiamo alle spalle un tratto di disarrampicata che non mi attento a pensare di fare) ma poi rifletto sul fatto che abbiamo una 55m (reduce dal taglio dopo lo spicozzamento sulla cascata). Dico a gli altri di fermarsi li e di assicurarsi al mugo lo stesso mentre io salgo per vedere come si mette.
Guardo a destra, dove iniziamo a supporre bisognasse stare, ma niente, c è un bel salto di cui non vedo la fine per tornare sul Vajo. Mi pare vada meglio dopo, e dico di seguirmi: inizio così a sentirmi pure responsabile principale delle scelte della giornata. Il miglioramento è un'illusione che dura poco: altro muro di roccia, senza appigli, coi ramponi che si poggiano su cengette e mani che stringono l'erba o i deboli arbusti. Supero questo salto di 5m e torno su neve, bella dura finalmente anche se al sole: capisco che la durezza durerà poco. Dico agli altri due di aspettare, mi giro per guardare dove sono salito, ma vedo tutto verticale, o meglio, non vedo dove son passato: l'adrenalina che finora girava raddoppia all'improvisso.
Salgo ancora un pochetto e noto il catino della parte alta del Vajo, confermando che c'era da stare a destra (e dire che Marco da un po' diceva di guardare la cartina, ma Marchino, io su questo tratto non mi attento a fare movimenti tipo togliermi lo zaino). Ma, cosa vedo, se salgo ancora un po' poi possiamo fare un bel traverso per finire nel catino: solo che il primo tratto di traverso è davvero esposto, prevede di calarsi qualche metro, non offre possibilità di assicurazione, e nel caso di caduta..non vedo dove finisca. Ma è l'unica soluzione.
Spiego la soluzione ai compari, praticamente decido che è l'unica via possibile per uscire da questo impiccio. In più noto che il salto roccioso da brivido che ho salito, è aggirabile sulla sinistra con un pendio di neve dal quale spuntano poi provvidenziali mughi. Dico a Gianluca di salire da lì, e la cosa si rileva agevole. Ci riuniamo tutti e tre essendo finalmente in un punto che offre questa possibilità: confermo la mia intenzione di traversare.
Dopo un po' di discussioni, decidiamo di legarci: già, perchè finora era tutto in slego, ma d'altronde non c'era possibilità di farsi sicura e piazzare protezioni intermedie. Beh in realtà non ce ne sono nemmeno ora, l'unica è una storica e vecchia sicura a spalla, che entrambi mi fanno mentre mi calo e traverso. Tra me e me penso solo a non scivolare, perchè dubito che mi potrebbero tenere e li porterei con me: anche per questo faccio legare tutti con moschettone e non con nodo diretto all'imbraco, così nel caso, basterà aprire la leva.
Via che si va, ed è più facile di quello che sembrava: mi giro per vedere la non fine del pendio sotto di me, piazzo una psicologia sicura intermedia usando un cordino come nut, e avanzo non più di 10m, dove mi fermo per recuperare gli altri due. Gianluca passando per la mia sicura scoppia a ridere vedendo cosa sia, e si ricongiunge. Poi viene Marco che prima di partire si scatta una foto per i posteri. Eccoci qui, soddisfatto di essere usciti dall'inghippo. Inghippo che decidiamo di chiamare “sperone MAG” in omaggio ai suoi apritori, per l'appunto Marco Andrea Gianluca, e anche come omaggio ai mughi, o all'inglese “maughi”.
E continuando a traversare il ravanamento ricomincia, più ravanato che mai, giù fino all'inguine. Avanzo col piede a valle, che sprofonda, lo sollevo, riempio il buco creato dal mio peso con della neve che sta intorno in modo da alzarlo di una decina di cm, ci metto peso e avanzo col piede a monte. Che fatica per pochi cm a ogni passo!
Ma adesso siamo fiduciosi di poter uscire da soli, lassù sembra evidente ci sia l'uscita, ma stavolta tiriamo fuori la guida, che pare confermarci la nostra idea. Certo che con questa scarsa, per non dire assente, neve è difficile capire in base a una descrizione e delle foto che prevedono sia tutto bianco! A sinistra individuiamo la variante di uscita, che la guida da III+ 75°, che pare ben più innevata, ma non ci fidiamo per nulla!
Ed eccoci allora prendere verso destra, ma continuando a salire. Capiremo dopo che probabilmente l'uscita vera voleva un lungo traverso a destra che finiva sulla spalla est del Monte Tre Croci, pericoloso in quanto se si scivola poi più si fa un salto di 100m prima di ritoccare qualcosa che non sia più allo stato aeriforme.
Marco passa avanti, la neve finisce e ci troviamo a traversare, pur sempre salendo, su roccia marcia ma marcia tanto: ma il cielo è li, manca davvero poco. Galvanizzato dall'impresa (non volta) precedente valuto se salire un camino sotto il quale passiamo..ma calmiamoci suvvia! Un altro po' di spremuta di mughi e..siamo fuori!
Una bella stretta di mano e una voglia di dare sfogo alla nostra fame! Sono le 11e15, ripensiamo allo Sperone MAG, un IV oserei, sprotetto ed esposto, all'uscita, che dopo essersi resi conto non esser quella giusta, additiamo come uscita GAM, sempre in onore dei suoi apritori, su roccia marcia, un traverso con passi di III. Insomma, come trasformare un PD+ in un D! Ovviamente senza volerlo..
Mentre mangiamo notiamo un camoscio appollaiato sulla cima che sta alla nostra sinistra, beato e composto, non gli interessa la nostra presenza. D' un tratto si alza, ma solo per cambiare posizione: che sfaticato! Ma è l'emblema della tranquillità che solo la montagna sa dare: beh, fino a poco tempo prima noi tre non eravamo molto tranquilli..
La discesa ce la ricordiamo in quanto simile a quella del Vajo dell'Acqua salito l'anno scorso: si scende, si prendono le tracce, si va verso nord, e al passo tre croci ci si butta giù verso il Rifugio battisti. Così facciamo, ma il ravanamento ricomincia: saremo in discesa, ma andare giù fino alla vita vuol dire faticare non poco per poi uscirne. Marco adotta la tattica di scendere faccia a monte, e dopo un po lo imitiamo.
Il rientro al rifugio è tranquillo, si ride, si scherza, si ripensa a rischi corsi e alla soddisfazione di averli superati. Si ripensa alle parole di Messner della sera prima. Non ce lo siamo detti finora, ma tutti e tre le abbiamo pensate. Io sul muro arrampicato che gli altri due hanno saggiamente evitato andando a sinistra (dopo che dall'alto ho visto essere percorribile), gli altri due non so. Le parole circa erano queste, nel contesto di una via di roccia: “davanti a me un muro liscio verticale senza niente. A sinistra niente, strapiombante e liscio. A destra idem, Giù non si poteva andare. Allora dritti su.”
Ripensiamo ai termini coniati per le varianti aperte, alla nostra crescente riconoscenza verso i mughi (come dice Marco, gli abbiamo dimostrato che quella sul Vajo Bianco non è stata solo una sveltina, c'è amore!”), al rifugista che ha detto ok, e..al prossimo weekend (che si fa?!).
Al rifugio una cartina tratta da google earth attrae la nostra attenzione, per capire dove siamo passati. Faccio passare il dito dove passa lo Sperone MAG, e Gianluca chiede cosa sia quel nero di fianco allo sperone: eh Gianluca, è l'ombra dello stesso, perché c'è il baratro! Poco dopo scendendo, io e marco ripensiamo al Canale dei Bolognesi affrontato l'anno scorso, anche quello da esser contenti di poterlo raccontare: e ci sovviene il periodo in cui lo abbiamo salito, praticamente un anno esatto fa, quindi questa nuova avventura altro non è che un anniversario.
All'auto siamo tutti goliardici, ci si cambia, si sistema l'attrezzatura, si prende il sole in mutande (io dopo un giro, son sempre in mutande), si osservano i vaji del gruppo dello Zevola-Tre Croci. Inutile dirlo, abbiamo voglia di fare un'altro vajo. Bello il Fratta Grande, ma sarà in condizioni? Mi sa che per quest'anno coi canali di Carega e Appennino abbiamo chiuso. Ma restano le Orobie, il Neri, il Foppa.. Piatto ricco mi ci ficco! Ma possibilmente..senza varianti!

Qui le altre foto.

sabato 25 febbraio 2012

Il vento lascia dormire il gigante, noi ci svegliamo un po


Venerdì sera, incontro incontro con Messner, che parla di un po' tutto, e (non che ci volesse molto) stimola ancora di più la sete di montagna. E prevedendo questa crescente sete, avevo già preparato la borraccia! (in foto l'autografo di Reinhold, sulla cartina della Tabacco!). Finito l'evento, birra e piada con gli amici e poi “ciao ragazzi, noi si tira dritto sull'appennino reggiano”..
L'idea era di partire da Case di Civago (la classica) per arrivare al Passone e poi sul crinale del Cusna che albeggiase, e poi tornare indietro. Con tutta la neve caduta settimane scorse, ci si voleva godere il nostro appennino imbiancato prima che fosse tardi; anche se chi ci era stato lo scorso weekend ci aveva già avvisato che in quota era tutto pelato dal vento..
Ore 2e45 siamo al parcheggio, posizioniamo l'auto come vogliamo, Riccardo fa per aprire la portiera..e una folata di vento gliela spalanca! Urca che vento, muove anche l'auto.. Se qui ha questa forza, non osiamo immaginare sul crinale, c'è da volare via! E col vento patagonico appenninico vento patagonico appenninico ho brutti ricordi.. Quindi, vento forte = freddo, vento forte = spiccare il volo sul crinale, si volta gallone e si dorme un'oretta..
Oh, ma in quest'auto i sedili non si abbassano, massimo 45°! Che scomodità.. Va beh, ore 4, vento urlante.. Volta gallone. Ore 5, idem, ma va beh, ormai andiamo, al massimo usciamo dal bosco e o buttiamo l'ancora (che non abbiamo) o torniamo indietro e amen. Via che si va, ore 5e30.
È tutto ben innevato, la temperatura è alta (Canale centrale del Giovomio, ti faremo domani?) ma il vento sibila.. Neve faticosa da salire, ci scaldiamo e spogliamo subito. Al secondo ponte sul dolo iniziano a farsi le prime luci, poi nel bosco filtrano i primi raggi, l'abetina reale si infiamma, la roccia dei monti sul crinale che si intravede tra i rami si illumina.. Già, la roccia! Mica la neve! God save the appenin.
Neve pesante, Riccardo monta le ciaspole ma anche lui fatica.. Usciamo dal bosco, e tutto è spelacchiato: oh che tristezza. Però siamo soli, e lo resteremo fino a quando inizieremo a scendere nel bosco, un po di bianco c'è, il sole è alto e splende in un cielo blu, c'è un anomalo caldo: insomma giornata piacevole. Sosta panino al battisti e poi vero il Passone facendo tutta cresta.
Un giretto classico per vedere l'appennino con finalmente un po di neve, molta meno di quella che immaginavo, ancora meno di quella che speravo. Un bel fotobook a numerosi e interessanti canali da salire, ma non so se quest'anno.. Un in bocca al lupo agli scialpinisti incontrati al parcheggio, che mentre ci cambiavamo (12e30) partivano per salire..?!

Qui tante altre foto (ho postato solo le più "poetiche")
Qui breve relazione.

domenica 19 febbraio 2012

Febbio snow, l'abito non fa il monaco

Dalla prima volta che salii da Prada al Chierego mi venne voglia di provare una volta a salire con le ciaspole e la tavola sullo zaino, e poi scendere con quella. Ma dubbi mi sorgevano e limitavano.. Scarponi: quelli da snow sono grossi, ci stanno le ciaspole? E i ramponi? E farsi qualche ora di salita con quelli, son comodi? Tavola: come la lego? Come la metto? Vestiti: giacca e pantaloni sono pesanti, se li metto per salire faccio la sauna..
Poi venne Cima d'Asta, un girone della madonna, tutti scialpnisti tranne noi, e capimmo il perché. Basta, devo imparare. Ma la tavola..è la tavola. Non sono per nulla bravo in pista, ma la neve fresca, che goduria..
Una lezione di sci l'ho presa, oggi proviamo la discesa con la tavola non in pista! Destinazione Febbio, piste ormai dismesse da anni, perciò non battute, anche se sempre piste. Sabato sera dopo il Lagorai a provare gli scarponi.. E le ghette su quelli da snow non ci stanno. E salgo coi pantaloni pesi o coi vertigo.. Bon, l'abito non fa il monaco, perciò scarponi da montagna (anche se dentro l'attacco avanzano un paio di cm ai lati), Vertigo (poi al massimo per scendere metto i copripantaloni), giacca mi vestirò a strati e poi il guscio Montura, tavola..legata alla buona allo zaino. Via!
Meteo cacchina, ma lo sapevo, non mi importa, non dovrei perdermi. Parto dal parcheggio carico come una molla, pesto la neve soffice, fuori traccia anche con le ciaspole si affonda.. oh, mi preparo alla goduta. Salgo a spron battuto, la visibilità cala, (20m?), inizia a nevicare, ma va bene. Incrocio altra gente, solo due con la tavola, gli altri con gli sci: arriverò anche io.
Arrivo all'arrivo della seggiovia, stò sudando un sacco, nevica sempre più, ma voglio salire ancora. E salgo. Uscito dal bosco mi do un limite, sono salito di 600m in un'ora, non si vede una mazza, basta, è ora di calzare la bestia. E di vestirsi..
Poi giù, e che il divertimento abbia inizio. Per terra un sacco di volte, una fatica a rialzarsi grande (con le mani si affonda e non si riesce a fare presa) ma sempre col sorriso sulle labbra. La tavola nella neve così soffice si pianta in profondità in un attimo, e per tirarla fuori via di salti. Oh quanto ho da imparare!
Qualche tratto decente riesco anche a farlo, almeno. Ma suon di cadute sono bagnato come un pulcino, i pantaloni non reggono così tanto, fortuna che non c'è freddo, altrimenti.. Alla fine ci metterò più di un'ora e mezza a scendere: quanto sono scarso! Ma dai, posso dare la colpa al fatto che gli scarponi ballano un po dentro gli attacchi..
Divertito un sacco, anche se speravo di scendere meglio. Chissà che non ci riprovi.. Beh, sempre in parallelo allo sci. In ogni modo, l'abito non fa il monaco, ma un monaco senza abito..chi gli crede?!

Qui  le altre foto

sabato 18 febbraio 2012

Lagorai, per un piatto di canederli


Solito giro di mail per stabilire cosa fare il weekend, quasi sicuro una cascata, ma menate al lavoro distruggono tutto. Sabato perso. Oppure no.. Il buon vecchio Riccardo, dopo la pausa di riflessione (parole sue) si fa avanti per riprende contatto con quella cosa bianca fredda, che a volte è morbida e soffice, altre diventa dura dura.. E allora risolleviamo la giornata con un trekking in Lagorai.
Gruppo che punto da tempo (translagorai, a quando?!) e che d'inverno ispira molto visti i facili accessi da prendere infilandosi in una delle sue valli. Allora partiamo, nonostante riusciremo a metterci in marcia solo alle 13e30, ma tanto stasera nessuno ha impegni e abbiamo già fatto i conti di scendere a buio abbondante.
Dopo poco essersi incamminati, la chiassosa Val di Fiemme è solo un ricordo: qui regna la pace. Non incontreremo nessun esser umano fino a metà discesa (una coppia stoica che va a dormire alla Malga Lagorai “se aperta, se no scendiamo”), solo alberi, neve (poca per febbraio), e qualche rumore dal ruscello che scorre di fianco.
La salita è facile, mai pendente, neve buona, fino a quando il bosco si apre un po', allora decidiamo di montare le ciaspole. E una risata rieccheggia nel bosco, la nostra, finalmente montiamo questi arnesi che servono a galleggiare su quella cosa bianca quando è molto soffice: mi mancava, ci mancava.
Una prigione di ghiaccio occupa 15 minuti abbondanti per fare foto stupide, ma oggi è giornata di relax e di polleggio: tantochè anche sulla discesa ci fermeremo a lungo sempre alla prigione.
Tutto questo ghiaccio ai lati, candele pensili laggiù, cascata la, ruscello completamente ghiacciato qua, mi fanno ripensare a dove sono Mirko e Gianluca: un po' di invidia, ma non troppa, oggi sono in buona compagnia, come ai vecchi tempi. Le cascate, arriveranno.
E così giungiamo al Lago Lagorai dopo tre allegre ore di marcia, che poi scopriremo essere pure 13km. Tutto ghiacciato, sulla sponda destra cascate interessanti al buon Nicola e sulla sponda sinistra il nostro sentiero, dove le ciaspole affondano senza colpo ferire in mezzo a lastroni che se fossero una valanga..paura!
Mi spingo a camminare sul lago, ma ho troppa paura per addentrarmi più di tanto! Via verso la Malga Lagorai, sosta per cibo e per vestirsi un po' (ma una bella gelata ce la toglierà nessuno), e poi giù verso la valle di nuovo. Sarebbe stato bello aggiungere anche una cima, ma orario e km già percorsi ci fanno accontentare del fatto.
Così giungiamo all'auto che sono le 19, dopo aver visto la luce andarsene pian piano. Ma il vero motivo che ci ha portato in questa zona e ci ha fatto scendere per essere all'auto a un orario decente, sono loro. Sono proprio loro, quelli che quest'estate abbiamo cotto nel nostro fornellino da campeggio sotto il tendone di una festa di paese della Val di Fassa. Cotti nel brodo di..wusterl. I canederli, che ci pappiamo in centro a Cavalese, vuotando anche gli x etti di formaggiera!

Qui  altre foto.
Qui relazione.

sabato 4 febbraio 2012

Chi di neve ferisce, di neve perisce (o quasi)


Martedì, nevica. Una corsa sotto la nevicata verso la Totem (dove il buon Riccardo mi aspetta col mio zaino e il cambio) è d'obbligo: figata. Giovedì sera, un'ora sull'argine a correre affondando nella neve. Weekend tempo brutto?!?! E di sta neve non posso approfittarne in montagna?!?! No no, un posto col sole deve esserci: caro meteo, se di neve ferisci..
Ed eccoci qui! Avevo già puntato la zona del lecchese, e dopo consigli dal forum e dopo aver sentito Marco, decidiamo per invernale al Grignone. Anche se..ma Marco non si è accorto che si tratta di un bel dislivello? Mah, io non dico nulla, se vuole la bici.. E così, dai 723 metri di Colle di Balisio partiamo alle 9e30: un po' tardi forse, ma tanto non abbiamo appuntamenti stasera, e se dovessimo beccarci un tramonto..buttalo via! Parcheggiamo di fronte a un bar, alla discesa la birra non andrà cercata lontana!
Temperature glaciali, emergenza, meteofobie varie, ma alla partenza sono vestito quasi come al solito: mi son messo i collant da corsa sotto i vertigo light, ma addirittura me ne pentirò! Certo questo sole che onestamente temevo non avremmo nemmeno visto, fa la sua porca figura. In ogni modo, finalmente un'escursione in ambiente invernale, neve neve neve, fino dalla partenza, alberi carichi che potrebbero farci l'agguato di una scarica in testa, alleluia!
L'allegria che l'ambiente ci infonde è tanta, il live motive canoro della giornata sono i Puffi (eh oh, io ogni mattina mi tocca guardarli, chi comanda il telecomando li vuole a colazione), e rifletto sul fatto che Puffetta è l'unica femmina.. “..la Puffetta tutti si faran..”. Che pensieri stupidi.. Ma il fanciullo che è in me (scrubs dixit) oggi si sfoga. Canticchiando arriviamo al Pialeral verso le 11, e distese bianche si aprono, oh che pace. Silenzio, no vento, pace, il caotico mondo umano è lontano, o almeno abbastanza lontano. Non siamo nemmeno a metà dislivello amico mio, ma non te lo dico.
La neve inizia a farsi farinosa, pestata sì, ma non più di tanto.. Una nube bassa crea una debole nevicata che ci “investe”, nonostante siamo sempre sotto il sole. Il freddo rende i cristalli perfetti, quelli da manuale, tutti geometricamente perfetti: si posano sulla berretta, e provo a fotografarli. I fiocchi visti contro sole creano l'effetto di tanti brillantini, come quando stai per svenire e vedi gli sbarluccichini.. Oddio, stiamo per svenire?!?! No. Ragazzi che poesia la neve (peccato le foto non rendano!).
Saliamo saliamo, una coppia ci fa passare volentieri, vorrebbe cederci lo zaino, oppure attaccarsi direttamente..ehi ehi, certe prestazioni hanno prezzi elevati! Più su raggiungo gli onicer che carichi come muli portano il materiale per la speleologica in una delle tante grotte che si infilano sotto il Grignone: complimenti alla forza d'animo!
Ormai vedo la cresta finale, non capisco più nulla, voglio solo arrivare e vedere lo sfacciato Monte Rosa, il Cervino, tutti quei 4000 su cui salirò un giorno. Eccomi alla sella: non da esssere commosso come sul Vioz, ma c è di che trattenere il fiato e per un po' non pensare anulla se non alla piccolezza dell'essere umano e alla grandiosità della natura.
Ultimo tratto, la cresta finale, ma il mio altimetro dice che mancano poche decine di metri. Infine alla croce, dove la tecnologia mi dice..2575?! Minchia che sbalzo di pressione, siamo a 2409 in realtà! Quindi tutta la salita me la sono fatta illuso che mancasse meno della realtà.. ma ve benissimo così, è una giornata da incorniciar. Sono appena le 13e30, urca che prestazione!
Sosta pannozzo al rifugio, e si riparte: si alza un leggero vento e le manine se ne accorgono subito. Mamma che male, prima si congelano, poi nella corsa per scendere verso zone riparate, si scaldano velocemente, e son dolori.. La discesa è piacevole sulla neve, si scia un pochino, si va a cercare la neve vergine, dove qualche accumulo ci fa affondare o cadere, e il fanciullo è allietato. Finalmente Marco toglie i ramponi e anche lui può dimenticare l'agilità e lasciarsi andare a crepacollo!
Alla fine siamo saliti 1700m, in poco più di 4 ore. Quando in cima lo faccio presente a Marco, lui si dice convinto che fossero 1300..eh ciccio, un pochino di più! Chissà se come dopo la giornata di Traversata Alta+Traversata Bassa avrà male alle gambe per una settimana.. Quindi al parcheggio ci si cambia in fretta, Marco mi da del pazzo vedendomi in mutande con quel freddo, ma come usualmente faccio mi cambio completo, e col cuore e la mente piena, non si sente fatica ne freddo (in parte). Davanti a una media, mezza pizza, una crostata, chiediamo le ultime news sulle nevicate nella bassa..torneremo a casa?!?

Una giornata da incornicirae, non credevo che il meteo sarebbe stato così buono, non credevo che ci avremmo messo così poco, forse non credevo nemmeno che saremmo arrivati in cima.. E invece, tutto bene. Chi di neve ferisce, di neve perisce! O alla stregua di Sordi: neve, "te m'hai provocato, e io te distruggo adesso!"

Qui relazione breve su on-ice.
Qui  le foto.