sabato 30 marzo 2019

Noi sì che Vajos: Vajo dei Colori (AG1 2019)

Ci sono quelle giornate che partono male, magari con preoccupazioni fin da casa; ma che poi filano lisce come l'olio e diventano belle giornate. Questa è una di esse.
Dopo due uscite in Appennino (qui e qui), è ora di cambiare destinazione per la terza uscita del Corso AG1 2019 del CAI di Carpi. Le mete esotiche che bramavo però sono tutte non in condizioni, mentre in Piccole Dolomiti qualcosa si può riuscire a fare. E in un bell'ambiente anche! Approfittando della strada prematuramente aperta (non può esserci rischio valanghe se non c'è neve) arriviamo fino a parcheggiare al Rifugio Campogrosso: Ci incamminiamo che è già giorno.
La cosa che mi preoccupa di più oggi, sono le scariche di sassi, che nelle scorse settimane hanno mietuto parecchie vittime (non nel vero senso del termine!) nei post di facebook. Sì certo, partire senza usare la frontale aumenta il rischio di questo pericolo, ma confido nell'essere veloci e agili. Se poi ci fosse da tornare indietro, si girano i tacchi e amen.
(Ri)partiamo male: nella fretta di fare lo zaino e mille altre cose ieri sera, ho dimenticato bandana e macchina fotografica. E niente, mi toccherà aspettare le foto degli altri per rivivere meglio la giornata: una giornata la cui salita è stata fatta quasi in apnea per uscire presto.
Dal traversone che passa sotto il Giaron della scala e il Pra degli Angeli, notiamo un elicottero giallo che gira nella zona. Mentre narro ai miei compagni di cordata, FrancescoL e AnnaM, come non abbia mai trovato il Vajo dei Colori nelle stesse condizioni nonostante le quattro, cinque o sei volte (alcune qui, qui e qui) che l'ho percorso, l'avvicinamento scorre senza intoppi: non fosse per quell'elicottero giallo che sembra proprio girare e cercare nei pressi della parte bassa del Vajo dei Colori.
Quelle che erano preoccupazioni iniziano a diventare qualcosa di più solido. Dal passo appena dopo il Boale dei Fondi inizio a scendere più rapidamente per vedere più da vicino cosa stia accadendo, e a pochi metri dall'attacco del Vajo dei Colori vedo che l'elicottero recupera qualcuno in barella per poi andar via e tornare a recuperare qualcun altro col verricello. Tutto ciò proprio nella parte bassa del vajo.
Non è proprio un bellissimo. Dico subito ai miei che il primo sasso che vedo scendere torniamo indietro. Però ormai che siamo qua tanto vale andare all'attacco per vedere com'è e magari salire qualche metro per sondare il terreno.
Il gruppo si ricompatta, e anche gli altri istruttori dopo aver sentito dell'elicottero sono ben d'accordo che prima di tutto non è un bell'inizio di giornata, e secondo al primo sasso che scende torniamo indietro.
Al di là di preoccupazione di elicotteri e rolling stone, l'ambiente è come sempre spettacolare. Se quello che abbiamo visto in Appennino erano più che altro pareti con canali poco marcati, il Vajo dei Colori è delimitato da alte e verticali pareti rocciose, che lo rendono un impluvio ben scavato dal tempo. A volte guardandosi indietro sembra quasi vertiginoso, nonostante le pendenze siano scarse.
Incrociando mi inizialmente con la cordata di Fabio con AnnaT e Marco, iniziamo la salita. Tutti quanti ci siamo banalmente legati facendo della bambola e mettendoci a una distanza di una decina di metri. Una legatura quasi inutile, forse addirittura deleteria se non ci si protegge: ma anche questo fa parte della didattica, del vedere diverse situazioni e diverse soluzioni.
Va bene averlo fatto ogni volta in condizioni diverse, ma non credevo di aggiungerne una anche oggi. I tratti che l'ultima volta con Stefania rendevano il vajo tendente a un D piuttosto che a un PD, oggi sono palesemente addolciti dalla neve, e tutta la traccia è ben pestata a gradini che permettono di fare riposare i polpacci.
Se devo essere sincero, il vajo non me lo godo molto. Sono in apnea e non vedo l'ora di uscirne, di essere fuori dai pericoli di questo pazzo clima e di questa roccia marcia. Nonostante ciò, un pochino chiacchieriamo, ma ai primi accenni di stanchezza dei miei compagni di cordata gli rendo noto che (forse un po' troppo brutalmente) se hanno fiato per parlare vuol dire che avrebbero fiato anche per camminare, e quindi di conservarlo per la funzione motoria. Cit. "Io non ho tato, ma non sono cattivo".
Il groviglio iniziale si è sciolto e le cordate sono sparpagliate a distanza di qualche decina di metri una dall'altra. Nel vajo ci siamo solo noi, anche se vedo delle peste recenti: qualcuno deve aver attaccato a orari più consoni dei nostri.
Superato il tratto di ferrata, che di solito è quello che dà più problemi, inizio a sentirmi più tranquillo, anche se la strada è ancora lunga. A destra e sinistra si diramano i mille altri vaji dalle mille altre difficoltà, ma tutti belli (brutti) secchi. Chissà se il prossimo anno qualcuno di questi riuscirò a salirlo..
Ed eccola su ti appare l'uscita. Cerco di consolare Francesco indicandogliela, non manca molto. A sinistra la deviazione per l'intramosca, mentre noi proseguiamo a destra. Non guardo l'ora ma credo che non stiamo andando così male come tempi.
A poche decine di metri dalla bocchetta posso quasi tirare un sospiro di sollievo e tornare un pochino più amabile ai miei compagni di cordata, raccontare qualche aneddoto e far notare in che bell' ambiente siamo immersi. E con quale roccia marcia intorno.
Proprio gli ultimi metri si impennano, ma con tutto grandinato come se fosse una scala, anche le mani lavorano in appoggio. Una volta fuori a farla da padrone è un caldo afoso estivo. Recupero FrancescoL e AnnaM e dopo un'ora e mezza possiamo stringerci la mano e congratularci per la salita: sono solo le 10:00, ottimo lavoro!
Attendiamo tutte le altre cordate, quella di FabioSca con AnnaT e Marco, quella di Ivan con AndreaG, quella di FedericoR con Soana e Luciano, quella di Tommaso con Emanuela e FabioSe. Man mano colonizziamo Bocchetta Mosca apparecchiandola come alle migliori feste. Solo Ivan poveretto si sdraia moribondo: il ragazzo oggi non ha una salute da pesce.
Si vede che il sole e il tepore piacciono a tutti: rimaniamo a cincischiare più di mezz'ora. A un certo punto mi tocca richiamare tutti sull'attenti e fagli presente che magari potremmo anche avviarci. AndreaG e FabioSe in disparte che se la chiacchierano vengono quindi avvicinati da tutto il resto della ciurma, in un chiaro assetto da pressing della serie "Oh ragazzi, se non l'avete capito stiamo aspettando voi".
Un lungo serpentone sì dirige verso Bocchetta dei Fondi, traversando totalmente tutto il versante sud di Cima Mosca, per poi intraprendere la salita finale che suona di piccola mazzata. E mentre tutti noi rimettiamo i ramponi, il pesce malaticcio scende verso la sua salvezza: il Rifugio Campogrosso dove poter stare al sole a mangiare e banchettare nella speranza che forze e salute tornino a lui.
Noi altri invece scendiamo con calma, forse troppa calma, distratti anche da un gruppo di camosci che ci attraversano la strada e poi fuggono in direzione del canalino est di Cima Mosca: scommetto riusciranno a salire anche senza piccozza e ramponi. Loro sì che hanno il 4x4 e l'assetto invernale inside!
Tornati sul sentiero percorso stamattina, posiamo armi e bagagli per la fase didattica della giornata, ovvero la ricerca in valanga da parte di un gruppo numeroso. Armati di ARTVA, o di pala, o di sonda, o di parole, si tenta di salvare i poveri ARTVA seppelliti da FedericoR. Tutti vengono estratti, con qualche diatriba tra leader e ricercatori. Psicologicamente non è un'esercitazione facile, ed è solo un'esercitazione!
Tornando sui nostri passi, tra una chiacchiera e l'altra, contro ogni previsione siamo alla macchina piuttosto presto, e senza aver visto nemmeno un masso venirci dolcemente incontro: che successo! Ma soprattutto, che fortuna! Non resta che festeggiare ampiamente al Rifugio Campogrosso, dove il caldo è tale che più che fine marzo sembra a fine giugno. E meno male che Emanuela mi presta gli occhiali da sole altrimenti avrei dovuto pranzare ad occhi chiusi.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida del guru dei Vaji del Carega.

sabato 23 marzo 2019

Poker chiuso in bellezza: Terzo Canale del Corno alle Scale (AG1 2019)

Dopo la ricognizione di ieri (è stato un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo), il Qubo arancione torna al Rifugio Cavone, dopo una bella colazione al Bar il Pergolino. Oggi non più da solo, ma col Corso AG1 2019 del CAI di Carpi, motivo anche per il quale la frontale oggi non serve, ahimé.
Essendoci già stato ieri, oggi sono abbastanza tranquillo che la giornata dovrebbe filare liscio come l'olio visto le condizioni che ci sono. C'è solo da vedere se il terzo canale è ben salibile o meno: è l'unico che non ho percorso ieri. Ma questo lo scoprirò presto visto che ci vado io
È impressionante vedere come in 24 ore lo spessore della neve sia calato drasticamente. Già sul sentiero di salita verso la Valle del Silenzio mi accorgo bene di ciò, ma sarà sui prendi al sole all'uscita dei canali l'impatto sarà maggiore.


Ben presto siamo fuori dal bosco, altro che avvicinamento al Passo di Lama Lite di sabato scorso! E da qui possiamo sparpagliarci ognuno sul proprio itinerario. FedericoP con AnnaT e Luciano insieme a Ivan con Emanuela e Marco vanno verso il quarto canale prendendo la traccia molto bassa. FabioSca con Soana vanno su quello che secondo me doveva essere il secondo canale, ma che per il caos di nomenclatura che c'è in questa zona tra 1 2 3 4 5 e 0, numerazione modenese numerazione bolognese, finiscono su quello che per me è il primo. In cordata con me AndreaG e FabioSe e a seguire Tommaso con AnnaM e FrancescoB. Possiamo andare a solleticare le rughe della nord del Corno alle Scale: come piccole formichine che cercano di arrampicarsi e raggiungere la cima.
Coi miei salgo fino a delle rocce dov'è possibile approntare una sosta. La neve la ritrovo esattamente come ieri: accumuli sfondosi alternati a tratti durissimi pelati dal vento.
Lascio la sosta dicendogli fin da subito che finita la corda passeremo alla conserva lunga in modo da guadagnare tempo e poter salire agilmente la prima metà del canale. Prima metà un po' faticosa visto che è quasi tutta da tracciare: le vecchie peste sono un lontano ricordo spazzato via dal vento.
La giornata è di nuovo spettacolare con un bel cielo limpido e un vento che ancora non dà molto fastidio. Temperature accettabili e solo un po' di freddo alle mani quanto vanno a contatto con la neve.
Finita la corda intimo i miei di partire, ma si vede che ci sentiamo poco e quel chiodo da togliere non deve essere così comodo: cerco la posizione idonea per non ghisarmi i polpacci in attesa che loro partono, e con già in vista un saltino di ghiaccio e misto non banalissimo: quel saltino è meglio che quando lo affronteranno i miei secondo, io mi ritrovi su una bella sosta, altro che conserva!
E infatti superato esso riesco a scorgere lassù un bel roccione cosparso di crepe e fenditure per piazzarci un po' di roba. Riesco pure a recuperare i miei lasciando scorrere le corde in giù per decine di metri, così non c'è neanche bisogno di rifilarla, meglio così.
L'uscita sembra già lì ad aspettarci, e invece mancano più di 100 m. Saluto AndreaG e FabioSe con la mezza promessa di fare una sosta prima che la corda finisca, e così recuperarli con un tiro classico. Peccato che salendo non riesco a trovare zone giuste per piazzare due protezioni vicine (fare sosta proprio in mezzo al canale con due fittoni non mi sembra molto igienico): devo quindi intimargli di salire in conserva ancora una decina di metri per poter raggiungere un altro gruppo di roccia.
FabioSe da terzo di cordata ha l'onere di dover recuperare il materiale, è vero, ma nel mentre AndreaG è talmente veloce che arriva in sosta quasi prima che FabioSe sia partito. FabioSe d'altronde dimentica un friend con rinvio nelle rocce sotto la sosta. In sosta: "Ragazzi vorrei ripartire per il terzo tiro, ma mi manca il friend viola, chi ce l'ha?" "Io no" "Io nemmeno" " Eppure io sono sicuro di averlo usato, probabilmente proprio sulla roccia che sta lì sotto. Tommasoooo, c'è un friend lì su quella roccia?" "Sì sì, c'è pure il rinvio!". Ma..
A posto, Speriamo che non serva. Di nuovo errata valutazione delle distanze, avrei pressione che tiro riesco a uscire dalla via, e invece ce ne vorranno quasi due pieni. Almeno man mano che si sale la neve migliora nettamente, e polpacci iniziano a sentire la gironzola ta di ieri. Raggiungo un gruppo di rocce Dove metto giù una protezione per poi sentirmi urlare che le cose sono quasi finite due punti ma come volevo arrivare fuori!
E niente, mi tocca stare qua in un posto neanche bellissimo ma almeno protetto da eventuali scariche. Peccato solo che la sosta non possa essere come si suol dire "a prova di bomba", ma d'altronde questo è terreno alpinistico e avventuroso dove occorre trovare un compromesso tra sicurezza, velocità, efficienza e teoria. Recupero i miei e nel mentre vedo che Tommaso scende: un friend si è incastrato e rimarrà per sempre su questa parete. A proposito di protezioni, FabioSe litiga coi fittoni quando questi sono da estrarre.
L'uscita è davanti a noi, bella dritta ma molto meno di quello che sembrava visto dall'alto. La vera vista per valutarla, sarebbe quella di fianco.. Ieri avevo visto uno Spit all'uscita per fare sosta, ma mi pareva troppo a sinistra e quindi obbligava a un tratto duro per raggiungerlo. E invece alla fine il ventaglio di uscite pare essere abbastanza equivalente: tanto vale salire per cercare di andare a raggiungerlo e almeno fare una sosta fatta bene.
Il vento che prima si incanalava e dava un po' di fastidio, si è notevolmente calmato. Posso quindi godermi questa bella uscita per nulla banale, che va a insinuarsi in un tratto di diedro tra roccia e neve ghiacciata a tratti un po' esile. A tratti l'erba sotto affiora, ma può essere violentemente spicozzata come da buon appenninista. Qualche metro verso sinistra ed ecco lo spit. Nonostante il vento torni a farsi sentire, al sole è tutta un'altra cosa e adesso il budello visto dall'alto ha un che di rassicurante:  per forza, ormai sono sono fuori!
Non vedo nessun'altra cordata intorno, se non fosse per FabioSca che laggiù sta recuperando Soana. AndreaG sale per primo e lo vedo godersi il tratto duro del canale. Quando tocca FabioSe è talmente divertito che le picozze le lancia insieme a mò di pistolero pazzo.
Viste le difficoltà avute da Tommaso dietro di noi, decidiamo di aspettarlo prima di andare verso il punto di ritrovo all'uscita del quarto canale. Ci raggiunge anche FabioSca con Soana. Rispetto a ieri quasi tutta la poca neve che c'era ha lasciato ampio spazio all'erba e le mirtillaie. È impressionante come a distanza di 24 ore si sia sciolta così tanta roba. Adesso per arrivare alla croce di vetta o per scendere al Passo della Porticciola è inutile tenere ramponi
Tommaso recupera in fretta il distacco, solo che arrivato a pochi metri dall'uscita si sente urlare che la corda è finita. Prova a cercare di far sosta, ma trovando poco di raccomandabile e per sveltire il tutto gli si propone di lanciargli una corda alla quale assicurarsi per poi essere recuperato dall'alto mentre i suoi due procedono eventualmente in conserva. Un po' la stessa scena vista da me la settimana scorsa sul Monte Cipolla. Restituisco il favore!
Possiamo così ricompattare queste tre cordate per poi dirigerci incontro alle altre due e passare alla fase didattica della giornata. Calate in doppia dentro il quarto canale, qualche chicca su questa manovra, la risalita assicurati dall'alto con un ottimo tre quarti di barcaiolo di Emanuela e si fa presto a passare qualche ora quassù.
Districandosi tra erba, sassi, terra e mirtillaie, raggiungiamo il Passo della Porticciola per rimettere i ramponi: su questo pendio in discesa è meglio non rischiare inutilmente. La foto di insieme dello squadrone con alle spalle la parete nord del Corno alle Scale è una buona sintesi gioiosa della giornata, Ma la gioia della giornata non può che terminare con birra e torta ai mirtilli del Rifugio Cavone, arriviamo!

Qui altre foto.
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Qui la guida.

venerdì 22 marzo 2019

Tripletta di canali sulla nord del Corno alle Scale

C'è la luna piena nella sua fase calante. C'è l'allenamento del giovedì sera a Marano. C'è la voglia di staccare un po' la spina dal lavoro (settimana cospicua). C'è l'eventualità di perlustrare una zona papabile per l'uscita del Corso AG1 2019 del CAI di Carpi per domani. Unisci questi puntini e cosa viene fuori? Una bella infrasettimanale in solitaria a zonzo per la parete nord del Corno alle Scale!
Il giovedì sera è dedicato agli allenamenti trail, e così già mi trovo quasi a metà strada per arrivare al Rifugio Cavone. Trail, doccia, cena al sacco veloce, e finalmente alle 23:30 posso infilarmi nel mio caldo sacco a pelo in macchina a quota 1450 circa: la sveglia è però per le 3:30. In realtà era per le 3:00, ma tra una voltata di gallone e l'altra si fanno le 3:30 facili. Scarna colazione con un thermos che ha fatto quello che poteva per mantenere il tè sulla soglia del non freddo e i biscotti per carburare. Finalmente un avvicinamento a lume di frontale.
Salgo il bosco senza voler andare troppo veloce, meglio prendersela con calma e non sudare fin da subito. Finiti gli alberi e finiti i ponticelli sul ruscello, la Valle del Silenzio è meno illuminata dalla luna di quello che sperassi: la nord del Corno alle Scale è cupa. L'assenza di ogni tipo di rumore o luce artificiale la fa da padrone e rende lo scenario magico sia per l'udito che per la vista. Andiamo a vedere cosa dice il tatto..
Seguo la traccia, che poi si divide in tre: con questa debole frontale non posso avere la speranza di capire quale sia quella che conduce agli attacchi, e allora vado un po' a usta. Finisco così per ritrovarmi su quella che porta al terzo canale (secondo la numerazione modenese e secondo lo schizzo di questa guida). Questo però è anche il più difficile, e non vorrei esagerare, o almeno non fin dall'inizio. Con la poca luce naturale che c'è, attraverso nettamente verso destra per portarmi dentro il primo di canale.
La neve si dimostra già molto variabile, oscillando tra accumuli di neve ventata di 40 cm e spessori esigui di neve completamente trasformata da vento e freddo, e quindi durissima. Nella prima restano traccioni autostradali, nella seconda quasi sembra di non essere neanche passati: solo le punte dei ramponi lasciano qualche puntino.
Seguendo le tracce di chi mi ha preceduto (e non sono mica scemo, perché dovrei farne una nuova e faticare come un matto?! Per far fatica, ci sarà tempo), inizio la veloce risalita di questo bel pendio nevoso che poi finisce a strozzarsi in mezzo delle pareti rocciose per poi riaprirsi a ventaglio verso l'uscita. E nel mentre comincia ad albeggiare: l'orizzonte si tinge lentamente di arancione. Mi commuovo osservando una zona di ghiaccio alla mia destra.
Coi polpacci che fischiettano, in breve mi trovo all'uscita del canale, su ampi spazi di neve misto erba, nei quali è chiaro che la neve è davvero poca. Direi sia un'ottima idea proseguire fino alla croce di vetta per poter osservare l'uscita degli altri canali e verificare che non siano scoperte: se lo fossero meglio non attaccare neanche i canali e tornare dritto verso casa, magari a dormire in un letto un po' più comodo.
E invece tutte le uscite presentano un manto bianco continuo, dall'apparenza anche in buone condizioni. Solo più ripido di quello che dovrebbe essere normalmente. Dai che allora.. Quasi quasi.. ci potrebbe stare fare un altro canale. Intanto pensiamo a raggiungere l'enorme croce di vetta. Alla quale arrivo in concomitanza allo spuntare della palla di fuoco.
So che probabilmente guarderò di nuovo questa cima tra poche ore, quindi non mi ci soffermo più di tanto. Anche perché tra vento e il sole che inizia debolmente a scaldare, l'ultimo ghiaccio incrostato sulla croce metallica sta cadendo inesorabilmente, e farsi investire da questi pezzi non sarebbe cosa saggia e giusta.
Quindi giù per la cresta est, verso nuove avventure, osservando le cime dell'Appennino Tosco-Emiliano che iniziano a illuminarsi: la poca neve che c'è si tinge di rosa, poi di arancione e infine torna col suo colore bianco originale. Neve che scarseggia abbastanza su questo tratto, e i ramponi vanno mordere mirtillaie ed erba.
Come sul versante salito, anche la discesa dal Passo della Porticciola presenta una spanna di neve soffice appoggiata su uno strato di neve cemento, tutto in traverso e tutto in discesa: è un settore dove meglio prestare attenzione. E intanto la parete Nord riappare i miei occhi, non più buia e cupa ma lentamente sempre più accesa e vispa.
Altro giro altro regalo, torno sulla traccia pestata precedentemente e devio poi direttamente a sinistra per andare in bocca al quarto canale, quello che conduce quasi alla croce di vetta. Inizialmente pendii appoggiati, occorre spostarsi per cercare la neve migliore posta su quei tratti pelati dal vento e che presentano la neve vecchia affiorante e non nascosta da quella poca nuova che ha fatto e ha accumulato.
Tra mille foto e tanto divertimento, osservo anche quali siano le possibilità di proteggersi in vista dell'uscita del corso di domani: intanto ho almeno avuto la conferma che possiamo benissimo venire qui, che nonostante questo inverno avaro, nei canali della della Nord Corno alle Scale qualcosa si riesce a fare.
Zampetta zampetta, la salita si fa man mano più ripida. Alla mia destra si staccano pure delle varianti di uscita che sembrano divertenti e impegnative, ma essendo da solo meglio non sfidare l'ignoto e proseguire per l'uscita classica. Anche perché noto essere già al sole e chissà che qualità di neve..
Raggiungo i cavi metallici che tengono insieme la montagna e sono quindi in prossimità dell'uscita, che si drizza notevolmente, ma che consente ancora di farmi salire: non è necessario che faccia il gambero per tornare giù, posso proseguire facendo l' ominide che va su.
Convinte spicozzate in piolet traction, ma in velocità e con movimento simultaneo di braccio e piede opposto, e sono di nuovo in vista della croce di Punta Sofia: essendo già qua perché non proseguire e ritornare da essa? Di nuovo in cima, e due.
Stessa discesa di prima, modalità criceto on, col dubbio se salire un altro canale o accontentarmi e andare a casa. Avrei pure delle commissioni da fare e sarebbe cosa buona e giusta approfittarne finché sono libero. Ma quando torno a vedere la parete, è in virtù anche dell'orario abbastanza presto, non resisto e riparto all'attacco.
Sapendo che il terzo è il più difficile, e avendone visto l'uscita che mi sembra bella dritta, lo lascio stare e parto per il secondo. Che non è che sia proprio marcato come canale, lascia abbastanza libera interpretazione alla salita nella parte centrale. Meglio così, perché devo cercare la neve migliore.
Stando bene sempre ben vicino alle rocce, riparato da eventuali scariche e evitando possibili pendii aperti che possono scivolare giù, una volta sulle punte dei ramponi inizio anche a sentire bene i polpacci fischiare. Direi che oggi ci stiamo dando dentro bene!
La parte finale è un catino piuttosto ampio, ma visto che tre quarti prendono già il sole la scelta del percorso da seguire per l'uscita non è così libera (almeno nella mia mente dove domina lo spirito conservativo), e scappo tutto verso sinistra per stare all'ombra. Pendenza che si impenna maggiormente verso l'uscita, piccozze e ramponi che gioiscono emettendo quel suono "quick quick" che a noi alpinisti piace tanto.
Tripletta, fuori per la terza volta da un canale della nord del Corno alle Scale: guardo la croce ben più lontana di prima, e la snobbo per scendere che tanto ci sono già stato due volte oggi. Avrei ancora la tentazione di fare il quarto canale, di fare il poker, di compiere quel progetto che avevo in mente da qualche anno. Però dai, mi accontento. Il terzo lo farò domani con il corso, e il poker in giornata lo tengo per venire a farlo con altri due amici che lo avevano in progetto anche loro.
Terza volta che valico il Passo della Porticciola, ad attendermi a quello che sarà per me è l'ingresso del bosco e che per lui è stata l'uscita dal bosco, c'è un uomo del soccorso alpino col quale scambio qualche chiacchiera: quando mi dice che sta salendo perché a breve partirà un'esercitazione che coinvolgerà anche l'elicottero e parecchi uomini del SAER, scheggio giù che è meglio che mandi un messaggio alla morosa prima che veda questa scena nelle webcam e pensi che stanno soccorrendo me!
Gran bella giornata, 5 ore per salire 3 canali, aver esplorato e tracciato i percorsi per i ragazzi di domani. Well done, Peccato solo esserci persi un cabaret di paste al lavoro. Ma sai che c'è? Adesso me ne vado a fare una al bar!

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