sabato 29 giugno 2019

Lavaredo Ultra Trail 2019: andata!

Non mi sento un Ultratrailer. Dai, essere un Ultratrailer è una cosa seria! Io non sono serio, non faccio le cose seriamente, cerco solo di divertirmi. Non credo di allenarmi come dovrei o potrei, non credo di alimentarmi al meglio, non credo di starmi dietro come dovrei. Come potrei..son pigro! Però la formazione alpinistica ed escursionistica mi hanno plasmato nel fisico e nella mente. Ma se un ultratrailer è colui che porta a termine degli ultratrail..allora lo sono. Mi sento fortunato ad avere una resistenza fisica e mentale che sopperisce al mio non "starmi dietro", alla mia pigrizia preparatoria. Sono fortunato perchè queste cose le faccio perchè mi piace. Mi piace? Soffrire, sudare,patire la sete e fame, vesciche, muscoli duri, caldo, freddo, mi piace? Sono matto. Ma vuoi mettere tutti i paesaggi che puoi vedere? I posti che puoi raggiungere? La scorpacciata di panorami, la quantità di diversi terreni e pendenze che puoi correre (o camminare, o gattonare)? Amo la montagna prima di tutto: viverla trail viene dopo.

LUT, Lavaredo Ultra Trail, una gara simbolo dell' ultratrail mondiale e in mezzo a delle montagne che solo noi italiani abbiamo: le dolomiti. Come poter resistere? Certo che immagino la fighettitudine legata alla location (Cortina), la spropositata quantità di concorrenti. Ma sono quelle gare,quei percorsi, che un ultratrailer non può non avere nel proprio curriculum. "Curriculum", che brutto termine, meglio dire nella propria esperienza!

Segno sul calendario la data di apertura delle preiscrizioni.
Tac, preiscrizione fatta.
Qualche tempo dopo la mail che mi comunica (dispiacendosi) che non sono stato sorteggiato al primo turno.
Delusione.
Amen.
Qualche tempo dopo..vengo risorteggiato al secondo turno! È fatta,clic e mi iscrivo!
Ah, 120km in 30h, col primo cancello bello stretto. Facile fare click col mouse. E mo' pedala! Aggiungici che la fidanzata ha preso le ferie le prime due settimane di luglio. Che vuol fare il GR20. Che le dici di sì, che prendi le ferie anche tu. Che la LUT parte alle 23 del venerdi, arrivando col tempo limite delle 30h alle 5 della domenica mattina; treno alle 14:30 della domenica per andare a prendere il traghetto per la Corsica. In auto a cortina son da solo. Che tirata.. e non posso farmi male alla LUT, se no chi cammina sull'impegnativo GR20? Chi la sente la femmina? E metti anche che a lavoro sono settimane impegnative, con nuovi ruoli, compiti, una consegna a un cliente importante che si chiude proprio mentre sarò in Corsica (e che perciò devo preparare e lasciare in ordine bene prima di partire per la LUT). Una vescica al lunedì per le scarpe nuove (che userò in dolomiti). I presupposti non sono i migliori..
E invece, in meno di 23h finisco la gara. Senza acciacchi, senza vesciche, senza dolori. Senza tirarci troppo, col pensiero fisso del "Se ne esco come all' ultra trail degli Dei, rovino la vacanza alla morosa, e chi la sente?". Sono pure pronto al GR20!

La gara è un bel viaggio. Caotico. Una partenza calorosa, ma 1800 persone sulla griglia di partenza sono tante. E sono troppe: quando dopo 2km la strada larga a due corsie diventa un sentiero largo 1m c'è da stare in coda fermi come sull'A1 ad agosto. Durante tutta la gara non hai praticamente un attimo in cui sei da solo in mezzo alle montagne.

La parte a buio è noiosa, spero sia l'unica (quindi spero finire la gara in 24h). Ma quando il sole inizia illuminare tutto, allora puoi alzare la testa e guardarti intorno. E iniziare a temere la Val Travenazes, il forno d'Ampezzo. Una volta che il gruppo si è un po sfaldato, finisci nella zona delle persone con le quali ti superi e superi ogni tot km: tu più forte in discesa, io più in salita.

La salita al Rifugio Auronzo è un'attesa di vedere le tre cime, che quando mi appaiono mi lasciano sgomento: quanto diavolo sono grosse! Non ero mai stato qui, forse non le ho mai viste così da vicino, cavolo! Ma meglio non fermarsi troppo, lento ma costante. Bella discesa un po' tecnica dopo lo svalicamento sul versante nord, ma poi la discesa diventa troppo piana e io mi voglio preservare. Troppi tratti piani o semipiani in questa gara per potermela giocare.

Poi il guado prima di arrivare a Cimabanche, piedi zuppi. Ziocaro, non posso rischiare le vesciche io! Alla base vita (che non arriva MAI) mi cambio completamente. Riparto. Le distanze iniziano a dilatarsi, sopratutto quando non hai punti di riferimento, quando non vedi dove devi arrivare. La malga prima della valle mortale me la godo, timoroso del prossimo step.

E invece non mi sembra così calda la Val Travenazes. Sarà che sono abituato all'afa della pianura padana (secondo Otello parto avvantaggiato, mah!), ma non sto male. Due chiacchiere con chi mi precede, qui non si può sorpassare. Si può invece immergere il cappello in ogni ruscello, in ogni pozza fresca. Ma la valle non finisce mai.. Un altro guado, che palle! Tolgo le scarpe, attraverso a piedi nudi, mi asciugo, mi ridò la Fissan, le rimetto e riparto. Dopo poco altro guado, ripalle! Ripeti tutto tranne la Fissan. E così quanto tempo perso, quanti sorpassi.

Ristoro, ma la valle non è ancora finita, il gruppo dell'Averau è ancora lontano! Eccolo finalmente, ma per scendere ci fanno fare un girone che piega lo spirito, ma non lo spezza. Dai resisti che manca poco. Poco.. Il vantaggio accumulato ai primi cancelli ora è stabile, segno che la stanchezza c'è. Ma sopratutto, non voglio forzare e finire in piedi, integro e pronto a partire domani.

Salita al Rifugio Averau con calma, in salita vado ancora bene. Poi in discesa, sopratutto se non ripida e non tecnica, è un casino, devo camminare. Passo Giau, ultimi due strappetti e poi è solo discesa. Gli strappetti me li mangio, le discese mica tanto. Ultimo ristoro, due parole con una tedesca per confortarsi a vicenda: mi chiede di tirarle fuori la frontale, e io le dico che spero non serva, che arriviamo in tempo giù!

E così, la discesa la prendo di petto appena posso, mi spremo tutto, a tutto gas! Ma gli ultimi km spianano.. stizz. Cammino e amen, la frontale non mi serve. Ultimi km su asfalto, correre?! Ma col cavolo, mi tengo per la passerella in piazza, lì sì che voglio correre, mentendo spudoratamente sulla voglia che ho di farlo. Mi manca poco, posso gestire, arrivare ci arrivo, che me frega.

Però cavolo, quanto è lunga la piazza! Ma che tifo.. Traguardo tagliato, un po' meno di 23h, mitico! E ora devo solo pensare a ritirare la giacca del finisher, riposare, chiamare la morosa, salutare chi conosco, mangiare (che nervoso, leggi oltre), doccia e poi a letto. Quanta roba..

Però sì, ce l'ho fatta. Arrivando in fondo bene, yessa! E ora, il GR20 mi aspetta (se arrivo a casa).

Cosa mi è piaciuto..
Vedere i partecipanti fermarsi a fare foto, non molti ma alcuni sì (io sono scusato, il mio telefono fa foto brutte, inutile fermarsi).
Vedere poche cartacce sui sentieri, commisurandole al numero di partecipanti.

Cosa non mi è piaciuto.
Il clima. Non quello meteorologico, ma quello della manifestazione. Non è una manifestazione di trail, una manifestazione di convivialità nella e con la montagna. Ma è un baraccone porta soldi. Non trasuda amore per la montagna, vicinanza dell'organizzazione ai partecipanti.
Troppe persone per la capienza di paese e sentieri.
"Stradisti": gente che si lamentava della tecnicità delle discese (semplicissime in realtà) e gente che sulle stesse camminava!
Poca attenzione ai partecipanti al di fuori della striscia di partenza e arrivo: raro personale sul percorso anche nei tratti pericolosi.
Guadi non evitati da semplici passerelle.
E ciliegina sulla torta, il pasta party. Sono vegetariano, ma su 1800 persone non sarò l'unico; ci saranno pure stranieri con diete particolari e religioni che implicano limitazioni sulla dieta. Nei trail da 300 persone in Appennino hanno la sensibilità di accontentare tutti, vedrai che qui, manifestazione internazionale con visibilità mondiale, mica ci saranno problemi. E invece, cosa c'è da cena? Pasta con le verdure ok, poi carne con piselli conditi con pancetta. SOLO questo. Chiedo un pezzo di formaggio (ziobo, l'avranno bene questo, mica devono cucinarlo): niente. Anche questo mi amareggia sulla scarsa attenzione verso i partecipanti. Ma una grande attenzione sul numero di partecipanti, quella ce l'hanno.
Il paesaggio è incomparabile, ma i trail che abbiamo in Appennino (non li sto ad elencare per non far torto a eventuali dimenticanze) ti fanno sentire in pace, armonia, coccolato. Tutto un altro approccio.

domenica 23 giugno 2019

Il ritorno: Spigolo Solda al Monte Cornetto

Giornata senza troppe pretese, se non quella di passare del bel tempo all'aria aperta tornando a far uscire il mio amico Giorgio, che a causa di un infortunio è fermo da un po'. E poveretto è in astinenza come un drogato, ma da quelle droghe che non fanno male (circa).
Le Piccole Dolomiti fanno bene al caso nostro: non troppi chilometri da percorrere, vie da 6-7 tiri, un buon rifugio con la birra, e magari neanche troppa gente. Beh quello insomma: ci sarebbe piaciuto andare a fare lo spigolo Bellavista ma ci arrivano voci che ci sono 10 cordate al giorno, un po' troppo per noi.
Tra le varie proposte sul tavolo, optiamo per lo Spigolo Solda a Monte Cornetto, che io ho già scalato con Stefania ma non mi faccio nessun problema a ripercorrere due o più volte le stesse vie, soprattutto se son belle. Bello anche il treccking per avvicinamento e rientro. Partiamo infatti da un Passo Campogrosso già bello affollato, ma ben presto ci troviamo da soli sul versante Ovest del Sengio Alto. Boschi e praterie, e ben presto ben visibile la nostra via, che si lascia sudare un po' sulla rampa di avvicinamento finale. Meno male che Giorgio si è preso con sé la frontale grazie alla quale riusciamo a non inciampare dentro le grotte buie.
Giunti all'attacco siamo ben lieti di constatare che ci siamo soltanto noi qui. A dire la verità mentre ci prepariamo arriva un'altra cordata che però poi cambio via, e quando saremo a metà ci saranno altre due cordate sotto di noi. Da buona tradizione parte Giorgio, sul camino iniziale che sulla carta non presenta difficoltà estreme ma che con lo zaino diventa ostico.
Secondo tiro a me. Ero stato ben contento che Giorgio si fosse proposto di partire lui, perché questo voleva dire che gli toccava il passaggio chiave del terzo tiro. Peccato che invece mi fossi dimenticato che il tiro chiave fosse il secondo per continuità Accidenti che verticalità questo spigolo! Con una sosta che ci devi sbattere il naso per trovarla altrimenti sei perso a destra o sinistra dello spigolo.
Riparte il mio amico, sale senza troppe difficoltà e supera agilmente lo strapiombino del passaggio chiave. A detta sua, difficoltà compatibili con quelle del tiro precedente, ma lui sgrada. Ci metto un po' più tempo a trovare la sosta, seppur la trovi sbagliata su una radice di un grosso mugo ma molto secco, mentre invece poco più su sulla parete c'erano i chiodi cementati. Ma manco io me lo ricordavo, di certo avrei fatto sosta come lui.
Tirello di trasferimento sulla punta con sosta scomodissima dove recupero Giorgio con mezzo Barcaiolo per poterlo calare immediatamente: non vedo l'ora di allontanarmi da questo sosta scomoda. Con un po' di manovre di corda, lega slega cala fa sicura, mi ritrovo in sosta alla base del quinto tiro che quindi poi affronta da primo Giorgio, complicandosi la vita passando a destra dei massi invece che camminando a sinistra. Anche questo bel tiro.
E adesso a me non resta altro che issare la corda fino in cima, in mezzo a ghiaie sulle quali salire con passi di gatto, piattoni da toccare dolcemente, nonché corda da tirare come un forsennato per i giri che fa. Ma la sosta sulla croce di vetta non me la voglio negare.
Tutta la via percorsa in solitudine, con solo un paio di cordate nella via a fianco (tra le quali c'è una nostra vecchia conoscenza, Fabio, che ritroveremo in cima per farci due chiacchiere) e adesso invece ritrovarsi sulla croce di vetta con almeno un'altra dozzina di trekker. L'affollamento della montagna mi sta sempre più stretto e mentre recupero Giorgio mi viene pure chiesto di comparire in un video dedicato a due ragazzi che si stanno per sposarsi "Ciao puoi dire che hai scalato il monte cornetto per i nostri amici che si sposano?", certo dai, sembra una cosa simpatica.
Ed ecco che arriva anche Giorgio, la stretta di mano di congratulazioni per la salita compiuta un po' mi mancava. La foto di vetta, il Mars mezzo sciolto scartato ma divorato da buona usanza. E a far da ambiente le solite belle dispettose Piccole Dolomiti: versante Ovest al sole e versante est con le nebbie di Avalon
Per completare il giro, un bel trekking: scendiamo per il sentiero dell'arroccamento, quello che percorre la parte alta del gruppo del Sengio Alto. Pizzico di adrenalina quando passando tra due grotte una scarica di sassi attraversa il mio spazio d'aria senza per fortuna colpirmi: uno scatto degno di Usain Bolt per entrare al coperto della grotta successiva.
E tra una chiacchiera e l'altra rieccoci così al Passo di Campogrosso, ancora più affollato, tempestato di bici elettriche (guidate da ragazzi giovani, non da anziani sovrappeso ai quali capirei che necessitino di un aiutino) un panino è una buona birra in ottima compagnia sono a degna chiusura di una giornata corta ma dal sapore del ritorno.

Qui altre foto.
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domenica 16 giugno 2019

La via della Corda Tesa: tentativo al Pizzo Cassandra

Non tutte le ciambelle riescono col buco, ma anche senza buco possono essere ugualmente dolci, o anche di più. E questa volta niente buco, manco un buchetto, ma molto molto dolce. Niente nordest, niente normale, ma la buona compagnia.
Dopo l'infruttuosa uscita del Corso AG1 del Cai di Carpi, infruttuosa ma piacevolissima, torno al Rifugio Ventina in compagnia di Stefania. Partenza sabato con calma, viaggio tranquillo passando addirittura per l'Aprica, salita con calma in assetto da avvicinamento dei periodi estivi (pantaloncini, maglietta e scarponi, tutto il resto nello zaino). Armati Fino Ai Denti nella speranza di poter salire la parete Nordest, che Fabio ha agevolmente salito una settimana fa.
Ma salendo al rifugio incontriamo due ragazzi che ci dicono aver salito la normale e aver visto una cordata ravanare parecchio nella salita della parete. Ci sarà da pensarci.. E poi che ci hanno detto che non era nemmeno rigelato..
L'accoglienza Rifugio Ventina è come al solito gentile e ospitale, anche se va detto che sono un po' matti quei ragazzi lì. Buon pomeriggio passato a dormicchiare e a ripassare un po' di manovre prima della sempre ottima cena, resa chiassosa da un'orda di marmocchi di un corso di alpinismo giovanile di Milano.
Sveglia presto ma non prestissimo per le temperature in atto. Onestamente mi sono già messo il cuore in pace che quasi di certo saliremo per la normale, non ho nessuna intenzione di schifare la mia compagna di cordata: anzi, vorrei che le tornasse la voglia di questo genere di "passatempo". Alle 4 ci incamminiamo soli soletti verso il ghiacciaio, superando zone acquitrinose e ruscelli in piena per il disgelo delle recenti nevicate. Mi tocca controllarla da vicino visto che non perde occasione per sbagliare strada.
Il contatto con la prima neve è poco rassicurante, si sfonda e pure parecchio: spero bene che sul ghiacciaio la situazione sia migliore. Ormai l'alba ha colorato di Rosa la neve delle cime circostanti, rendendola sempre più bianca e brillante. Calzati i Ramponi e legatisi alla corda, lo zaino diventa ben più leggero. Anche la qualità della neve migliora nettamente e si può progredire senza affondare a ogni passo.
Cavolo, ma sta vedere che quella che ormai avevo dato per spacciata invece è ben percorribile: maledetta parete nordest. Ma per i miei gusti siamo partiti troppo tardi, il sole la illumina già prepotentemente e le temperature non sono consone a uscirne tardi in sommità. La pensano diversamente invece tante altre cordate, tra cui una che vedremo quando noi saremo in discesa attaccare la parete alle 9:30 di mattina: de gustibus.
Una serie di lucine che avevamo notato in lontananza ci ha ormai raggiunto, due ragazzi ci superano e sono già in parete mentre un'altra cordata dietro di noi la attaccherà quando ci passeremo sotto. Noi intanto stiamo aprendo la via della Corda Tesa: come da buona regola di progressione, Stefania non tiene certo la corda lasca tra me e lei, anzi!
Da qualche giorno mi diceva che lei a correre non si è mai allenata così tanto come in questo periodo: ma solo ieri pomeriggio ha realizzato che forse anche io non mi sono mai allenato così tanto e quindi potrei essere particolarmente in forma. Io inoltre a differenza sua sono ancora ben abituato alla quota, ai ramponi, agli zaini, mentre lei no: e non sta soffrendo. Esistono per tutte le giornate storte: poi mettici che era tanto che questo genere di cose non le facevi, ed è un attimo tirarsi il collo e fiaccarsi.
L'idea di salire per la parete Nord Est era quindi abbandonata già dalla risalita dei primi dossi del ghiacciaio: arrivarci sotto e tirare dritto e è stata una scelta ovvia. Però magari almeno la normale riusciamo a salirla. Altre cordate ci raggiungono e attaccano la nord-ovest con difficoltà a superare la terminale.
La mia compagna di cordata già da un po' mi ha detto che lei non andrà oltre al Passo Cassandra: le gambe ci sono anche, ma il fiato oggi non ne vuole proprio sapere. A pochi metri dal passo un ometto omone di neve (stile Monte Giovo) diventa il punto di sosta di Stefania. Fine. Beh pace torniamo giù. Ma lei no, le dispiace, e insiste perché io me ne vada da solo in cima: tanto lei aspetta qua. Assolutamente no, per me non è concepibile sfaldare la cordata e separarsi. Ma questo è un posto tranquillo, lei insiste, e ho quasi paura di farle un torto se almeno non ci provo ad arrivarci in cima.
Allora mi faccio convincere e parto, bello leggero senza zaino con picozza e bastoncino e la macchina fotografica, e l'imbrago. Arrivo sulla cresta, ma già mi pervade un malessere: nonostante la sua insistenza mi sembra di aver abbandonato qualcuno. Sono ben conscio che se anche arrivassi in cima, non me la godrei per nulla. Anzi sarebbe proprio una forzatura e un disgusto totale.
Non è questo il mio senso di andare in montagna: come dico sempre, è meglio una brutta cima in buona compagnia che viceversa. Sì, è vero che spesso capita che calchi delle cime da solo, ma quando parto da solo: se si parte insieme, si arriva insieme e si scende insieme, dove..dipende, ma siamo insieme. Sono insomma qui a chiedermi cosa diavolo stia facendo: qualche passo su delle rocce esposte, neve dura da salire un po' scomodo, sì la cima è lassù, ma che senso ha? E che piacere potrà darmi? Ma v*********, io torno giù da Stefania e amen: così mi piace, così mi diverto, così ha senso.
Quattro chiacchiere a sedere sul blocco di ghiaccio e neve, e poi cominciamo la discesa su una neve già incredibilmente cotta dal sole. Scherzosamente chiedo a Stefania se veda il rifugio, lei scruta l'orizzonte e mi dice di no. Capisce in quale trappola l'ho presa: quanta strada c'è ancora da fare per arrivare!
Ma rispetto alla salita il morale è ben più alto, la fatica molto più bassa e quindi scherno e scherzo si alternano amabilmente. Nella parte bassa del ghiacciaio un sacco di formichine delle scuole di alpinismo si concentrano in manovre su manovre.
Di nuovo i nevai trappola dove le gambe scompaiono e tutti diventiamo nani. Il casinatissimo corso di alpinismo giovanile lo evitiamo scegliendo opportunamente quale tratto di scoscesa morena percorrere.
Rieccoci al rifugio, dai gestori matti: il tempo di bere una coca-cola, di mangiare i panini di ieri e di rifare lo zaino menhir, e scendiamo abbandonando questa bella valle in versione primaverile, con la  promessa di ritornarci: magari al terzo tentativo ce la faccio a raggiungere la vetta del Pizzo Cassandra! Giunti al parcheggio di fianco al ruscello non c'è niente di meglio che mettere i piedi a mollo nell'acqua gelida di scioglimento delle nevi.
Una ciambella senza buco, ma davvero dolce.

Qui altre foto.