domenica 19 agosto 2018

Vacanza Vagabonda 9/9: Stava skyrace (percorso 2016)


La tre giorni di trail la concludo così. Scendendo verso valle, verso "casa", in modo da avere meno strada da fare per il rientro. Un'altra gara (la Stavaskyrace) di cui mi ha parlato bene Luca, e che a casa mi sono scaricato: peccato però che ho scaricato il percorso "vecchio", non certo quello degli ultimi due anni. E infatti noterò in vari punti come le indicazioni dei cartelli non tornino per nulla con quello che mi dica la mia mappa. Ma vabbeh, mica devo vincere delle coppe.

Parto dal centro di Tesero, dopo aver studiato ieri sera la partenza vado a colpo sicuro a imboccare il sentiero di salita al Cornon. Beh, che dire, il più duro vertical che abbia mai fatto credo. In 5,5km si percorrono 1200m di D+, con tratti dove si usano anche le mani per superare (facili) gradini di roccia. Mi sembra di metterci un'eternità, e invece in 1h40min sono alla croce del Cornon, che già da ieri ammiravo da basso. 

Panorama a 360°, i camosci che ho spodestato dalla cima, e ancora nessuna nuvola. Sembra che io abbia la nuvolafobia, ma dato il meteo instabile e la pelle rischiatasul tracciato del Kima...ora ci sto molto attento! Parto conscio che devo stare attento ai prossimi bivi: il primo lo prendo giusto, continuo a correre in discesa, anche il secondo ok, ma il terzo (coi cartelli che invece che esser alla mia altezza sono 3m più su) lo sbaglio di netto.

"Strano che sto salendo" penso, ma solo dopo 1km e delle salita mi accorgo che ho sbagliato. Che palle, ma non mi demoralizzo, ho del tempo davanti, posso tornare indietro e prendere la strada corretta. Notando che il cartello che indica "Casera vecia" c'era, dall'altra parte del paletto. E via per il bosco a correre liberamente, sperando il ginocchio si sia ben ripreso dopo la caduta, e che entrambi non siano troppo traumatizzati da tutti i km percorsi in questi giorni. 

Bosco fresco, nessuno in giro, la risalita che mi fa sbucare al sole. E in mezzo alle vacche. Vai di cresta ora puntando al Monte Agnello, ma prima un intermezzo a una Baita: famissima che cerco di placare, ma qui ci vorrebbe un piatto di pasta, non ste cavolo di barrette. Per prati proseguo, mi dispiaccio nel constatare che la mia meta, la mia cima, è piuttosto triste: un'antenna.

Mi dispiaccio pure nel notare come ci sia arrivato al tempo limite del cancello previsto: ok che ho percorso 2km in più, ma cavolo che gara dura! Metto via i bastoncini, la restante salita è poca mentre la discesa tanta. Metto i guanti senza dita, per proteggere il palmo in caso di caduta.. E si scende!

Dal Rifugio Agnello breve risalita. Ma scappo, il caos della civiltà ritrovata mi infastidisce, a me, bestia del bosco. Si sale, ma per poco, e cerco di correre i tratti in piano: in vista della prossima gara, mi sono imposto che devo adottare un'andatura al risparmio, correre solo in discesa, ma a volte non resisto e..mollo le briglie.

L'ultima salita, quella al Doss dei Branchi invece non me l'aspettavo. Ma sarà il caldo e l'afa della vegetazione che me la fa pesare ulteriormente. Fatta questa però, il pranzo e il rientro a casa si avvicinano sempre più! Discesa fino al passo dove sono già transitato stamane subito dopo il Cornon, e da qui giù.

Giù insomma. Discesa a volte tecnica, tante radici, sassi, tratti esposti e qualche risalita. Pensare di essere all'auto alle 12 diventa impossibile: pace. Mi godo la solitudine, la pace del bosco e la tranquillità del suo essere immobile, mentre io mi dimeno per attraversarlo.

Giunto al bivio che mi richiama a sinistra per andare verso Tesero, al sorpresa: mi aspetta pure della salita. In breve il sentiero si trasforma in un single track che taglia il bosco, stando quasi sempre al fresco dell'ombra. Taglia di netto su pendii scoscesi, attraversa torrentelli che hanno distrutto il passaggio. E qui, nonostante i più di 2000m di D+ sulle gambe e i quasi 20km già accumulati, non riesco a frenare la voglia incontenibile di correre. 

Correre, spensierato, lasciare andare tutto, gambe e testa. Non pensare (ma concentrarsi). Nella mente zero pensieri: i problemi, il lavoro, la vita, la prossima gara, nulla. Solo correre correre correre quasi senza meta: in realtà la meta c'è, ma molto più lontana di quello che credevo. Mi godo questo momento dove il tempo si dilata.

Ritrovo il bivio di stamane, quello che proseguiva sul vertical del Cornon: ormai ci siamo quindi, il paese è lì. Quasi lì. Alla prima fontana immergo la testa a cercare refrigerio, a risvegliarmi dal trans della corsa perchè adesso..c'è da tornare alla vita di tutti i giorni. Non brutta eh, ma coi suoi problemi e le sue complicazioni. Qui in montagna invece è tutto semplice: mangiare, dormire, correre. And repeat.

Qui altre foto.
Qui il percorso.

sabato 18 agosto 2018

Vacanza Vagabonda 8/9: Circumnavigando la Val Monzoni

Voglia di esplorare una valle conosciuta solo in un caso in inverno, e magari avventurarmi su quella cresta che la domina. Non sapere bene quanto dislivello, quanto tempo ci vorrà, ma solo prendersi su e partire. Bello partire così a volte: va dove ti portano le gambe, e finchè regge il meteo.. (E invece no pirla! Ci sono già stato! Memoria corta..)

Da Pozza di Fassa salgo fino quasi a Malga Crocifisso: va bene tutto, ma almeno un po' di asfalto toglietemelo.. Passo deciso nel fresco del bosco, umido per le piogge di ieri sera e stanotte (come si dormiva bene in macchina col ticchettio della pioggia!). La povera vecchia Baita Monzoni bruciata, e poco più su la nuova Baita Monzoni alta.

Proseguo, senza ancora vedere la mia meta. Tira la pendenza della forestale, ci si riposa poco, e continuare a non vedere la meta la rende ancora più lontana. Incontro un appostamento di adulti e bambini con binocoli professionali: passo e saluto sottovoce per non disturbare ciò che guardano (ma cosa?!). Eccola la bandiera del Rifugio Vallaccia

Avanti tutta, ora in spazio aperto e con vista sulla Cresta dei Monzoni che vorrei percorrere dopo.. Ma prima Cima Undici, dalla quale scende un altro trail runner mentre io salgo. Cima iper panoramica, merita una sosta a fare un po' di foto. 

Dovrebbe esserci un sentiero che rimanendo in cresta porta alla Forcella Vallaccia: seguo la traccia, e con la dovuta attenzione arrivo alla forcella. Avevo pure pensato di salire per il Bivacco Zeni e poi di qua, ma ho fatto bene ad evitare.. Proseguo verso un'altra forcella, dalla quale si sale poi a Cima Vallaccia.

Il cielo non è limpido, ma nemmeno carico di nuvole: è piuttosto una situazione di cielo timidamente coperto che mi nasconde il sole. Cosa positiva per dopo, ma adesso un po' di calduccio lo gradirei.. Scendo per tornare alla sella dalla quale parte il Sentiero Federspiel, ovvero la Cresta dei Monzoni. Sentiero attrezzato, con passaggi esposti: ce la faccio a percorrerlo in assetto trail? 

Carico di dubbi, mi incammino. Al massimo torno indietro, di tempo ne ho a disposizione. Beh, che dire, spettacolo. Un bel sentiero in cresta, panoramico su tutte le Dolomiti che mi stanno intorno: Catinaccio, Sassolungo, Sella, Marmolada, Pale di San Martino, Lagorai. Dietro anche Cima d'Asta, e un po' annuvolati il Pelmo e il Civetta. Cammino e corro a fil di cielo, in salita sembra davvero che la meta sia l'azzurro. 

Qualche salita che spezza il fiato, ma va sempre bene per farsene ancora di più! Il fiato e la gamba servono sempre. Qualche tratto attrezzato facile, più che altro dei corri mano, ma anche uno con gradini che scendono quasi a strapiombo. Beh, son qua, balliamo, giochiamo, andiamo.. 

Geologicamente interessante. Oltre alle tipiche rocce della zona, pure delle vulcaniche e del granito stile Adamello! E spiritualmente raccapricciante: postazioni di guerra, spazi angusti e stretti nei quali i militari erano costretti a passare, trasportare, passare giorni e notti in estate e inverno. Che schifo la guerra. 

Guardo l'orologio e il cielo, sono fiducioso che al Rifugio Passo delle Selle arrivo senza problemi. E infatti eccomi. Sosta cibo cercando riparo dal vento, offerto da un piccolo monumento con tanto filo spinato: che schifo la guerra. Il sentiero Bepi Zac è troppo per l'assetto da trail, scendo giù che oggi ne ho da fare (lavanderia e negozi). 

A capofitto verso il Rifugio Taramelli, e poi a ricongiungermi alla Baita Monzoni Alta. Segni evidenti degli smottamenti delle piogge dei giorni e mesi precedenti, sentieri mezzi cancellati con passaggi alternativi: e andrà sempre peggio in futuro.. 

Pallossisimo asfalto per guadagnare la macchina, il cibo, e..un bagnetto nel ruscello fresco! Gran bel giro oggi, senza pretese e senza obiettivi troppo stringenti. Libertà.

Qui altre foto.

venerdì 17 agosto 2018

Vacanza Vagabonda 7/9: cercando la Dolomiti skyrace

Non abbastanza stanco da ieri, e ritrovandomi solo soletto, riprendo i miei allenamenti panoramici. Quella volta che con Giorgio ripiegammo sulla Piccola Micheluzzi, trovammo Pleo al bar di Canazei pronto a disputare la Dolomiti Skyrace. A casa me l'ero guardata e stampata, e oggi la provo.

Giunto alla fine dell'asfalto, appena finito il paese, però un invitante cartello mi indica già "Pordoi": e allora perchè non prenderla ancora più dritta? Segue questo sentiero, che tira e passa i primi tornanti senza passare dal Lupo Bianco. Invece che sul 655 sono sul 627. Passo Pecol, arrivo all'Hotel Pordoi e non vedo l'ora di fuggire dall'umanità.

Mi pare di camminare da ore, sudato, e invece sto pure facendo un buon tempo. Al Passo Pordoi i posti auto sono già esauriti. Salitona finale dribblando chi scende (probabilmente percorre l'Alta Via delleDolomiti 2) e chi sale a passo tranquillo. Il temuto ghiaione fila pure liscio, ma giunto alla fine noto già le prime avvisaglie di brutte nuvole.. 

E adesso che sono sul piano, posso mollare le briglie e corrichiare un po' ballando sui massi, ancorandomi alle funi metalliche, e rimanendo in coda sui tratti dove non si può superare. Accidenti, in 2h20 dalla partenza sono in cima al Piz Boè! E che panorama posso godermi! Le nuvole.. 

Mi vesto, mangio qualcosa e scheggio giù, che tanto qui non c'è trippa per gatti. Con le dovute attenzioni arrivo al Rifugio Boè, di nuovo al sole, a godermelo. I bastoncini sono già messi via ora che mi aspettano salitelle e solo discese. Ma anche tratti in piano dove si corre sulla luna, sul pianoro del Sella. Davvero bello, davvero libertà. 

E così dopo tanti anni che passo in queste zone, vedo la Val Lasties. Bella e meno selvaggia di quello che credevo, ma lunga quanto credevo. La roccia lascia spazio all'erba, e mi fermo un attimo a godermi questo balcone sulla Val di Fassa.

Siccome ho accorciato la salita al Piz Boè (in km, non certo in D+) allora vado a PassoSella a vedere se ritrovo il friends caduto a Giorgio a ferragosto. Questo implica altra salita, e pure ripida, per immettersi sulla strada, e poi..la strada. I tacchetti delle mie scarpe non sono felici di questo terreno, ma durerà poco.

Purtroppo del friends nessuna traccia. Un'occhiata alla cartina mi mostra che dal Rifugio Valentini scende un sentiero fino al Lupo Bianco e poi a Canazei: d'altronde per passare da Pian Schiavaneis dovrei rifare l'asfalto, e pure di più. E come al solito, il meteo instabile consiglia di darsi una mossa: oltre al fatto che oggi una doccia vorrei farmela..

E allora addio Dolomiti skyrace (che tanto non è che l abbia seguita fedelmente finora) e giù per una forestale dove incontro troppe ebike e poche mtb. Caldo afoso ma anche un po' d'ombra, giunto al paese mi vorrei tuffare nella fontana ma mi trattengo e bagno solo la testa. Anche oggi la pagnotta si è guadagnata.

Qui altre foto.

giovedì 16 agosto 2018

Vacanza Vagabonda 6/9: via Dimai+Harrer a Punta Grohmann

La testardaggine. Quella profonda, quella dura. La determinazione. Quelle che rischiano di sfociare in stupidità a volte. Ma non oggi. La fuga di ieri dalla sud della Punta Grohmann è stata forse troppo rimandata, ma alla fine siamo fuggiti. Con l'idea però magari di riprovarci oggi..e infatti eccoci. 

Almeno abbiamo concordato che sia ben più opportuno di attaccare la Dimai e spostarci sulla Harrer dopo: ci sono due soste vicine, e ho letto di report che hanno fatto lo stesso. Le difficoltà delle due parti basse sono simili, ma almeno ci togliamo un po' di parete (e quindi di tempo), ci togliamo la parte data con roccia discreta, e ci togliamo la parte nella quale ci prendiamo tutti i sassi mossi da chi percorre la Dimai. Scelta azzeccatissima. 

Partiamo ancora più presto di ieri, e scorgiamo comunque gente davanti: speriamo vada altrove, anche ieri ne abbiamo viste di cordate scorrere verso il Dente e la Innerkofler. Godiamoci questo momento adesso: l'alba è sempre un momento magico, e data l'ora riusciamo ad apprezzare un sacco di montagne tingersi di rosso.. 

Raggiungiamo e superiamo i tre che avevamo visto, puntano anche loro alla Dimai. Si attacca lo zoccolo spigoloso, inizialmente al sole (tepore) poi all'ombra (frio). Saliamo svelti per passargli davanti, che altre pietre non le vogliamo. Ci fermiamo per una sosta a "scaricare del peso", e una volta ripartiti ci superano due ragazzi. Amen. 

Cerchiamo la strada, un po' si arrampica già, ma c'è troppo detrito e ghiaia ancora. Su una collinetta ghiaiosa si cerca la via che non faccia tornare indietro di mezzo passo a ogni passo che si avanza: toh che stelo d'erba dritto! In realtà è il fittone della relazione di Bernardi. Ci imbraghiamo, e intanto ci ripassa la cordata di tre. Che palle. 

I due ragazzi salgono i primi 3-4 tiri in slego. Noi saliamo il primo non trovando una sosta di partenza idonea, ma alla sosta con chiodo cementato arriviamo dopo il gruppo di tre austriaci: una guida e due clienti, e la guida ci invita ad aspettare e non incrociare le corde. Che palle. Arrivano tre italiani, che palle. Ma quanta gente sulla Dimai?!

Giorgio parte alla ricerca della via, ma gli fanno strada i tre austriaci. Si vede che ha smania, non mette giù quasi nulla. Tocca a me: ho notato che la guida è salita troppo rispetto ai due che ci stavano davanti, e ci mette del tempo. I tre italiani incalzano. Fanculo, io parto, e stando più basso seguo forse la linea corretta, arrivando a una sorta nicchiona gialla con due clessidre. 

Riparte Giorgio svelto: si vede che abbiamo fretta, nessuna foto in questi tiri. Ma il suo punto di riferimento è enorme, il canale, perciò arriva veloce a fare sosta e ci ricompattiamo tutti di nuovo. Ci aspetta l'ultimo tiro prima di deviare sulla Harrer. La guida è avanti, i clienti qui, ma vado avanti lo stesso senza incrociare le corde. Qualche metro verticale e poi si scorre su, me ne sto bene a sinistra delle sue corde per non avere problemi. 

E siamo sulla cengia dove 10m più a sinistra si può prendere la Harrer: io avrei qualche esitazione (la Dimai pare molto più percorsa, forse è più facile da trovare ed è ben attrezzata) ma Giorgio assolutamente no (tra l'altro troppa gente su questa via). Andiamo dai, al massimo scenderemo e torneremo sulla Dimai (ma a chi la vuoi raccontare?!). 

Il trasferimento lo fa il mio amico, ma poi mi pare corretto farlo ripartire visto che ha solo camminato 10m. In questo modo, non avendo studiato la via, mi toccheranno i tiri più facili, corti e brutti della via. Che cavolo, imparerò a studiare un giorno! Intanto mi accontenterei uscisse il sole a scaldarci.. 

Parte Giorgio con un bel diedrone che una volta finito chiama un traverso a sinistra su una placca esposta. E aspetto. Aspetto. Il mio amico cerca la via, la sosta, ma nulla. La corda è quasi finita e sento che gli si è bloccata, ma almeno una sosta l'ha trovata. E io come salgo ora? "Giorgio recupera, libera, cavolo!". 

Nulla da fare, non ce la fa. Devo salire. Dieci metri di bambola, machard sulla corda che sale, e parto. Ogni due passi tiro su il machard e aumento la bambola: una progressione comoda, sicura, da manuale. Che pallissime! Sol che non mi tocchi fare anche la placca esposta così! Ed esposta è esposta, ma almeno le corde sono state sistemate. 

Giorgio non è alla sosta corretta però. Il mio più grosso timore, perdermi in parete aperta: calma e gesso, sopra di noi c'è un bel diedro, magari è quello del tiro chiave. In lontananza si vedono cordini, ma mi sa che sono fuori via, magari altra gente che si è persa, o altre vie. Punto lì. Un chiodo, cazzo uno solo, la relaizone ne chiama due di sosta, ecco l'altro! Sìììì. 

Possiamo ripartire. E tocca a Giorgio gustarsi il bel diedro fessurato del tiro chiave. 30m e trova una clessidra, ma una, mentre lo schizzo ne chiama due di sosta e a 45m. E allora lui continua a salire, salire, fino a uscire dal diedro e sostare sulla cengia che sarebbe stata a metà del mio tiro.. 

Già il mio tiro sarebbe stato triste, pensa ora.. Ma giunto in sosta (un po' di sole!) continuiamo ad alternarci, che abbiamo già perso troppo tempo con la bambola, machard e corde bloccate per Dio. Vai Giorgio che dovrebbe essere più facile ora! Ma temo sempre di essere fuori via: sembra giusta ma anche no, e lo spuntone di sosta sarà questo scomodo?!

Vado io, mi proteggo a friends poi inizio a pensare che ne ho troppo pochi se poi devo fare una sosta improvvisata sfruttando loro perchè non trovo la clessidra.. E smetto di proteggermi. La clessidra infine la trovo, ma mii se è piccina! Un'altra, ma di nuovo piccina. Rinforzo va la.. 

Dai Giorgio, portami fuori, che poi è fatta! Sale il ragazzo, ormai siamo soli in parete, anche quelli della Dimai saranno fuori da un pezzo e già sulla via di discesa. Solitudine che schiaccia.. Raggiungo il mio amico, in sosta su un'interpretazione tutta sua de "lo spuntone", mi guardo intorno e..mah. 

Altro periplo. L'ometto di uscita della Dimai è netto. Lo schizzo sembra chiamare una docile passeggiata su sfasciumi o ghiaia con un paio di passaggi in roccia. Ma il naso all'insù mi mostra un tratto iniziale così, poi solo pareti nere o gialle e labirinti. E nessun ometto. Boh, traverso verso destra, magari il passaggio è la dietro. E così vago per nulla, a rischiare con le scarpette sul ghiaione, e per niente. Non si va in la, non c'è un passaggio ben visibile. 

C'era da salire dove eravamo. Inizialmente su ghiaia, ma poi si arrampica. Mi ricongiungo a Giorgio non senza fatica (era meglio slegarsi e mettere le scarpe normali): cambio scarpe e ci mettiamo a conserva corta. Qualche metro di arrampicata ed ecco il camino nascosto (avessi guardato altre relazioni, si capiva subito che non c'era da gironzolare..). Giorgio sosta, e io parto ad arrampicare: sì, arrampicare, altro che un paio di passi. 
Nuova sosta, tutta a friends e manco tanto affidabile a sensazione.. Dai Gio, vai avanti e portami in cima! AM ancora da arrampicare c'è, per poco però.. Lo raggiungo su un altopiano tutto particolare: tanti sassi e pietre, come fossero stati creati da una frana, ma il cielo non può franare.. Come si sono disgregati e rimasti qua?!

Almeno siamo in cima, con un cielo non limpido ma nemmeno bruttissimo. Sono le 15e30, non ci fossimo persi due volte porca miseria! Panorama spettacolare, veloce sosta a bere e mangiare e sistemare il materiale. Un sacco di foto e un messaggio a casa. 

Però meglio muoversi adesso, ed aspettare per le pacche sulle spalle: la discesa non deve esser semplice. Invece lo sarà più di quello che temevo! Ma trovare in cima un paio di bivacchi di pietra non è di buon auspicio. Figurarsi i pezzi di telo termico in discesa e alla forcella con le Cinque Dita. 

La relazione di Bernardi è fatta bene. Passo avanti a condurre la discesa. Dopo la prima doppia, si risale un po' e trovo metri di corda avvolti attorno a un masso-spuntone che permettono di evitare la seguente disarrampicata, calarsi in doppia e finire ai due chiodi cementati vicini (vicini insomma). Poco sotto una catena non raggiungibile con una sola mezza. 

Scendo di nuovo, le doppie vanno in verticale perciò mi calo con la gravità. Ma invece del cementato trovo uno spuntone con cordini e maglia rapida: devo comunque fermarmi qui. Guardo alla mia destra faccia a monte, e in quel troiaio si vedono altre calate artigianali, che suonano come "improvvisate", non ufficiali (e in una conca brutta..). 

Ma il cementato e di la, un po' sotto di noi, e dalla parte opposta di come è orientata questa doppia! Vado di la, approdo più facilmente del previsto sulla guglia. Da qui seguono altre facili e ben trovabili doppie fino alla cengia e forcella svalicata la quale c'è il tratto di I. Comunque il classico camino pensare che sia solo un IV..mah! 

Che labirinto questa montagna. Che ambiente cazzuto il Sassolungo. Guglie e guliette labirintiche, che nascondono passaggi o ti portano in vicoli ciechi: chi ha aperto le vie normali di queste montagne è stato davvero bravo. 

Un altro paio di doppie facilitano la discesa ed evitano disarrampicate, siamo quasi tranquilli non fosse il ricordo della sorpresa del canalone a scendere dalla Cima di Valbona: speriamo non ci sia neve nel nostro! E per fortuna non c'è, ma gli avanzi di telo termico ci rimettono sugli attenti. Scendere da questa normale col maltempo deve essere un incubo. 

Il canale non è un sentiero ma si va abbastanza bene. Pensare di fare tutto questo in salita e percorre la normale alla Grohmann in salita ci viene male: non credo torneremo su questa cima.. Mettiamo piede sul sentiero che verso sinistra faccia a valle si ricongiunge a quello del Demetz e bona, ora possiamo stringerci la mano! 

Stendiamo i nervi e riprendiamo a ridere e scherzare. Ma oggi non fantastichiamo molto sulle prossime salite, sulle prossime vie: non è stato uno scherzo, il Sassolungo ti lascia sempre con le orecchie basse. Lui poi ora va in ferie, poi ha impegni. Io allenamenti. Va beh, qualche sogno nel cassetto lo tiriamo fuori, ma bisbigliandolo..

Qui altre foto.
Qui report.
Qui nostra relazione sulla base del Bernardi.

mercoledì 15 agosto 2018

Vacanza Vagabonda 5/9: via Kasnapoff alla Seconda Torre del Sella


E dopo qualche giorno trascorso da solo o quasi, eccolo che arriva: Giorgio. Alla carica, voglioso di arrampicare, con ancora quella salita tanto agognata ma che temo e che vorrei tentare se e solo se tutte le altre condizioni fossero favorevoli. E non mi pare lo siano. E allora vada per fare qualcosa in zona Passo Sella

Solo che il ragazzo ne ha un'altra di salita coi controcoglioni: la via Harrer a Punta Grohmann. Già la salita non è uno scherzo, la discesa mi pare pure lei complicata. Ma va bene, andiamo a vedere com'è, il grado dovrebbe essere abbordabile, speriamo si trovi bene la via. Via lunga, si parte presto. E presto vuol dire che il sole deve ancora sorgere, il vento e freddo possono impossessarsi di noi. 

Si passa vicino al Rifugio Valentini e si continua, e intanto scorgiamo un'altra cordata più avanti di noi: ah però! Sulla cresta che si affaccia sulla Val di Fassa il panorama è grandioso, e ora che il sole illumina e colora tutto, la giornata inizia a sorridere di più. Saliamo verso lo spigolo est e poi scendiamo per andare a cercare l'attacco alla base della parete sud. 

Che parete ragazzi, alzi gli occhi e ne manca prima di intravedere la fine. Dopo un po' di titubanze su dove sia l'attacco, decidiamo sia questo con un chiodo. Ma, dall'alto, scendono già pietre: quei due che abbiamo visto stanno salendo la Dimai, e sono ben più in alto di noi e poco delicati pare. Schiantati contro la parete a cercare riparo. Inizio a esser poco convinto. Giorgio parte, sale svelto: la difficoltà dei primi tiri sono trovare la via giusta. Altri sassi. "Giorgio? Sei sicuro?", io sarei già scappato a gambe levate, me lo ricordo bene il Pizzo d'Uccello. Poi la situazione pare calmarsi, inizio a salire anche io, ma verso la fine del tiro si sentono dei bei fischioni, arrivo in sosta e la decisione e unanime: "Giù!". Abbandono di cordino e si scappa, pure allacciarsi le scarpe alla base della via è pericoloso. Ma che cavolo! 

Diventa una gioia tornare al sole sull'erba (la parete seppure a sud era ancora bella all'ombra, angusta, cupa). Un po' meno trovarsi nel bordello della gente che sale ovunque, urla, scalpita, dimostra di non capire un cavolo di dove si trovi, perchè e come. Vabbeh, misantropia portami via. 

Ma ora che fare? Su cosa ripieghiamo? La Kasnapoff alla Seconda Torre del Sella la guardiamo entrambi da tempo, solo che la sua recente notorietà l'ha resa piuttosto affollata in genere. Ma ormia che siamo qui, e con poche idee, andiamo a vedere che dice, se c'è coda o meno. In fondo, Giorgio ha pure già stampato le relazioni.. 

Gente ce ne è, che già sale avanti, e una cordata alla base. Ci lasciano passare perchè gli sembriamo più pronti di loro: se ne pentiranno. Dopo la metà ci raggiungono e gli tocca mettersi ad aspettare chi abbiamo davanti, e anche noi ovviamente. Prima è partito Giorgio, ora parto io. 

Da un'occhiata veloce mi pareva il primo tiro fosse tutto di III. E se così fosse sarebbe una batosta mica da ridere questa fessura e muro verticale che tanto mi impegna. Per fortuna quando arriva il mio amico mi dice che era IV, e che anche lui ha fatto fatica. 

Le cordate davanti a noi ci indicano la strada, anche se una delle lezioni base sarebbe quella di non seguire a gregge chi sta davanti ma metterci del proprio. Saliamo disinvolti, data l'asperità della parete precedente, qui ci si sente più tranquilli, e sbagliamo.. E intanto vola giù pure un friends a Giorgio, mentre mi maledice perchè io gli metto il moschettone mentre lui li infila nel porta materiali. Adieu BD blu del 3.. 

Fino alla quinta lunghezza (Bernardi), la rampa tutto fila piuttosto liscio. Sì, siamo leggermente in coda e aspettiamo la cordata davanti a noi, ma tutto va ancora piuttosto bene: ovvio vorrei essere fuori al più presto dato il cielo non proprio sereno. Siamo sempre all'ombra e abbiamo pure freddo.. 

Ma qui mi sa che stiamo iniziando a sbisciolare un po' per la parete.. Ormai a ogni sosta raggiungiamo Cecilia a Annalisa, mentre il loro capocordata è già avanti. E complice il fatto che non possiamo passargli sopra, ci "fidiamo" delle loro soste e le raggiungiamo ogni volta. 

Arrivo a sostare (la nostra settima sosta) probabilmente troppo avanti rispetto a quanto indicato dallo schizzo (Bernardi), finendo nella nicchia che starebbe a metà del tiro: ma oramai sono qui.. Meglio, così Giorgio ha il passo chiave di IV+ subito alla partenza. 

Studiando bene la situazione, e come si sono mosse le ragazze prima, il mio amico passa e sale..poi..il dramma: va troppo a destra. Col senno di poi, guardando lo schizzo è chiaro che abbiamo sbagliato: ma seguendo gli altri, e vedendo che la sosta è in mezzo a due spigoli, sembrava giusto. Peccato che uno spigolo lo avessimo già passato, e quindi non ci fosse da superare anche l'altro. 

Fatto sta che ci ritroviamo su una piazzola nemmeno troppo scomoda ma con una sosta non proprio bella. In quattro, visto che io ci arrivo quando il capocordata davanti è già andato e con Giorgio che mi dice "ora sono tutti cazzi tuoi": vedo un boulder. 

Prova a partire Annalisa, ma già vedo che il ragazzo davanti ha fatto un tirone lungo con la corda che gli tirava tantissimo. Prova ma non passa, "vola" un po' di volte su questa sosta non esemplare..no good. Cecilia le offre la schiena, ma Annalisa è entrata un po' nel panico: ci sta, questo passaggio non è di certo un IV (lo daremo di VI).

Chiedo e ottengo di passare avanti, così riusciamo a spostarsi su una sosta migliore, sovraccaricare meno questa, e magari riesco a dare una mano a parancare le due malcapitate. Sempre che io riesca a salire però.. Non ci provo nemmeno mezza volta: la combriccola è ilare, con le due ragazze abbiamo già scherzato parecchio nei tiri prima, e ora paventiamo l'alpinismo di una volta, quello delle scale umane.

"Cecilia ci conosciamo da nemmeno un paio d'ore, ma se mi offri la tua schiena, la uso volentieri". Detto fatto, anche se in tutta onestà la uso pure poco: partire non è facile, ma il piede la lo devo spostare se voglio salire. E salgo. Bene, il più è fatto. Ehnno! Proseguo seguendo la corda di chi mi sta davanti (ha urlato di esser tornato in via).

Traverso ascendente verso sinistra, rari chiodi e difficile possibilità di proteggersi: parecchia corda "fuori", cosa non positiva nemmeno per il mio amico padre di famiglia. Ma sono fiducioso di potercela fare, anche se sento le corde che iniziano a tirare. Chiamo il ragazzo per sentire dove sia, è vicino, devo solo salire un altro..cazzo non vengono le corde, e non sono su del III.

Tira come un matto, tienile in mano, cerca di salire, eccolo ed ecco la sosta! Ma da me a lui ci separano 4m di ghiaina su terreno appoggiato: io non riesco a salire con la corda così bloccata. Se scivolo m'ammazzo e tiro giù un fracco di pietre "Mi passi una corda che mi isso?", e così riesco a salire mezzo parancato. La sosta non è poi bellissima manco questa, lavorano quasi solo i friends..

Piazzola larga e comoda. Corda bloccata, fatica immane per recuperare, mi tocca fare il paranco. Manovre da CAI, risate a non finire, ma due braccia ghisate come non mai. Piano piano ci ricompattiamo tutti e tiriamo un sospiro di sollievo. Ora la cima pare vicina e le difficoltà blande. Poveretto il tedesco che ci ha fatto passare alla base e che ora attende a ogni sosta il suo turno vedendo quanto siamo brocchi.. 

Due tiri e siamo in cima. Due tiri spensierati dopo le fatiche precedenti e la paura del "dove diavolo siamo finiti?!". Meno male doveva essere un ripiego: non è stata mica banale! Almeno la discesa lo sarà, se mi ricordo bene

Di nuovo tutti insieme in cima, a ridere e scherzare e mangiare qualcosa. Mi pareva tutti avessimo comunque fretta visto il cielo, quindi dopo poco io e Giorgio ci avviamo per scendere verso la prima doppia, convinti che ci avrebbero seguito. E invece a malincuore i due toscani e la modenese restano indietro: niente birretta insieme ahime.. 

La discesa è un po' tortuosa, qualche doppia per evitare di disarrampicare del II grado esposto. Meno male siamo tra gli ultimi a scendere, così nessuno ci lancia pietre in testa, che io sono già abbastanza traumatizzato dai fischi gravitazionali. 

Impossibile arrivare all'auto in tempo per poter scendere a prenderci la colazione per domani, toccherà fare coi biscotti che mi sono portato di scorta da casa. Ed è meglio mettere a posto la roba adesso, che dopo cena non ne avremmo voglia mezza: alla fine non abbiamo scalato la Punta Grohmann ma abbiamo trottato parecchio oggi. Una bella pizza ci sta, poi a nanna al nostro "chalet fiat".

Qui altre foto.
Qui qui report.
Relazioni a bizzeffe su web e su guide (Bernardi, IV grado, ...), ma come detto..tante varianti e soste intermedie e chiodi e protezioni sparse...