domenica 28 gennaio 2018

Sembra bella linea..andiamo là: Canale della Vela con Variante Diretta sulla Vela

"Ma perchè non andiamo all'Alpe di Succiso?" non c'avevo pensato, ma Giorgio ha avuto una bella idea. Ok, più avvicinamento rispetto ad altri itinerari, ma di certo meno bolgia umana, condizioni più sicure data l'esposizione e la minor quantità di roccia, e un parco giochi dalle difficoltà ampie. Peccato sia un po' a casa di Dio, ma pace. 

La combricola di oggi è variegata, l'alzataccia notevole: 2e30 per me, ma ben prima per altri/e.. La guida sportiva del pilota ci fa arrivare ben presto a Succiso Nuovo, pronti per una colazione al sacco senza patire freddo. Speriamo ce ne sia abbastanza per avere un terreno di gioco idoneo: ice ice baby. Alle 5e40 siamo in marcia per un avvicinamento piuttosto noioso, ma che il buio rende meno.."visibile" anche su questo aspetto. 

Solo noi in zona, e c'era da aspettarselo. Al Rifugio Rio Pascolo ci cambiamo d'abito e ripartiamo allegramente verso la valle del parco giochi. Parecchio allegramente. "Guardate l'Appennino che si tinge di rosa!" e via di perculate.. Perle ai porci.. 

I ramponi mordono con ingordigia la neve ghiacciata: non credevo che le condizioni fossero ancora così buone nonostante il rialzo termico, ma d'altronde il weekend scorso (qui e qui) avevo visto e assaggiato un ghiaccio che..mamma mia prima di scioglierlo ce ne vuole! 

I miei amici salgono nel vallone, io scavalco sopra a seguir eil sentiero (tutto innevato, ma so che è qui) per avere una visuale migliore da un'angolazione leggermente più spostata. E piano piano la parete nord schiude i suoi segreti ai miei occhi, lasciandomi il tempo di sognare quale linea salire. 

Le linee papabili da provare a salire oggi sono il Canale della Vela o il Canale della Placca, scorriamo sotto la parete Nord dell'Alpe di Succiso e iniziamo la consultazione per capire dove possano girare questi itinerari. Scorgiamo una possibile via di salita, e in base alla guida potrebbe essere il Canale della Vela, ma non siamo sicuri. 

La vela sarà quella? O quella più in basso? Ma nella foto della guida c'è talmente tanta neve che chissà.. Però questo nome lo avevo in testa da ieri sera.. la linea che scorgo e condivido coi miei compagni sembra logica: strettoia iniziale e uscita su canalino di neve in piena parete: bella, andiamo la! 

Dritto di fronte a noi, un pendio iniziale di quelli bastardi con queste condizioni: entrano quasi solo le punte, e se non si vuole progredire in frontale tocca scavigliare bene a modo. Le picche d'altronde non possono trazionare per la scarsa pendenza. Insomma, i polpacci iniziano già a godere, e la corsa verso la fascia rocciosa basale serve per raggiungere un punto di riposo. 

Avrei l'acquolina in bocca per il ghiaccio a sinistra..ma oggi non è il caso, si va verso destra, ma comunque a infilarsi nella strettoia di neve e ghiaccio tra le rocce. Avrei proposto, pattuito, imposto che le cordate siano io con Roberta e Tommaso e Giorgio con Mattia e Stefania ("No, io con quei due cavalli da corsa non ci sto!"), e mi avvio per valutare le condizioni e la salita di quel tratto ("Dai che magari manco ci leghiamo"). 

Daje de picca daje de punta quanto è bona la neve raggiunta! Son partito troppo spanizzo ("Avevo già rivisto il solito film!") ma comunque sereno di cavarmela. Io. Su questo tratto il ghiaccio è spaccoso, e quella che sembra neve è in realtà quasi ghiaccio: insomma, mica banale, e dalle buone pendenze, e col misto Appenninico di terra, erba, roccia, ghiaccio, neve. Superato il tratto "Ragazzi faccio sosta e vi lancio la corda". 

Continuo a salire su buone pendenze e con condizioni che necessitano un discreto impegno di forza per lanciare le piccozze, sferrare calci coi ramponi, e poi faticare da matti per l'estrazione degli attrezzi. Che spettacolo.. Sol che raggiungo quel poco di roccia che affiora per far sosta, se finisce davvero come il film già visto weekend scorso

God bless the padellone: fortuna mi sono preso con me il friend blu del 3.. Lui, suo fratello minore, e un bel fittone per assicurarmi e recuperare i miei due compagni di cord..ma Tommaso che fai qui? Ormai è quasi in sosta.. E Mattia laggiù che sale fuori dal tratto chiave. va beh, faccio scendere la corda per Roberta. 

E ci si lega Mattia perchè Roberta e Stefania sono già legate con Giorgio che sta seguendo Mattia. Qualche allegro e simpatico sbraito verso il basso, e Giorgio che mi dice la frase riferita dalle due innocue fanciulle  "Ma sì, ma tanto va sempre così. Te lasciali fare, che poi le cose vanno come diciamo noi". Sale di 10m, e poi la sua voce si trasforma in quella di un formidabile e talentuoso Eunuco "Datemi corda che mi segate i maroni!" 

Giorgio sale a fare sosta oltre, io mi appresto a ripartire per puntare quella riga di neve che si vedeva bene da basso e che ci ha ispirato la salita. Neve..ghiaccio travestito: sembra tutta bella bianca, ma appena mezzo cm sotto è dura come..è dura. Ma che figata. 

Raggiungo la base rocciosa con all'attivo una vite e un fittone di protezione: un po' pochino per far partire i miei in conserva, che già mi avvisano "5m!". Sol che qui non ci va una mazza su "roccia": sgaggio il ghiaccio dalle fessure, ma son troppo svase, in quella il chiodo non entra, il fittone trova roccia a metà infissione, che palle! Evvabeh, "Ragazzi smontate che salgo più su!", magari la qualcosa riesco. 

E invece questa scarsa e poca roccia è solo scenografica. ma quanto è scenografica.. Chissà cosa stiamo salendo.. Il bello di questo tipo di attività è che a seconda delle condizioni tutto può cambiare, possono apparire salite fantasma o scomparire salite classiche: è il top della fantasia e dell'avventura (in formato mignon, lo ammetto). 

Qualcosa metto giù, ma nulla che mi soddisfi a tal punto da dire faccio sosta. Intanto tutti e sei siamo a portata di voce, schiamazzi, perculate: tanta tantissima allegria. Sopratutto quando i secondi di cordata arrivano in sosta a riposare i polpacci.. Sosta, ecco un bello spuntone che fa la caso mio! 

Spuntone, parolone: anche Giorgio quando passerà tra poco mi dirà "ma è uno spuntone o un sasso appoggiato?", meglio non saperlo, sembra reggere. E comunque il fittone che ho messo giù potrebbe reggere un tir! Non esageriamo, e non cadiamo. 

Arrivano i miei, ormai con questo lungo tratto di conserva mi sa che è rimasto poco da salire. Riparto arzillo e contento, mamma mia se mi sto divertendo, altro che alpinismo inflazionato sotto il quale prendere il numerino e poi mettersi in fila per poter salire: siamo solo noi, in tutta la valle (forse, per ora). 

Ultimo tiro, sempre scenografico, sempre su neve ghiacciata con le braccia che faticano di più a estrarre che a infiggere: con che potenza stiamo lanciando queste picche, per la paura che non ci reggano bene i piedi! Ben presto il pendio spiana, il sole mi prende, un grido di gioia verso il basso e quasi la corsa verso la cresta (divento quasi Eunuco io). 

Sostone da manuale, ma scomodissimo a terra: e allora mi sdraio a terra pure io mentre recupero i miei, che ben presto arrivano tutti festanti soddisfatti della salita e del sole che ci scalda le membra (non che ci sia freddo, anzi, ma sempre piacere). 

Arriva  pure Giorgio, che nel tratto finale lascia fluire verso l'esterno tutta la sua bimbesca felicità: contento come un bimbo affamato davanti alla tetta! Per la nostra cordata inizia lo svacco (dopo delle buone strette di mano), ma non prima di aver ripreso e diviso tutta la promiscuità di materiale, implicita nel legarsi in cordata, ma che non deve protrarsi per i giorni a venire. 

Ecco le due fanciulle in dirittura d'arrivo, Roberta poverina con dei problemi a un dito, Stefania che a fronte dei nostri "Daje che è fatta" ci risponde con un "Perdindirindina che fatica di cacca!". Beh, non proprio usando questi termini, ma mica voglio farmi bannare il blog.. 

Si spiaggia pure la cordata di Giorgio, ma in modo molto più plateale ed esilarante; e nemmeno tutta la cordata a dire la verità, ma non diciamo la verità. Va bene dai, ora però basta cincischiare, c'è da raggiungere la cima "Se volete lasciate pure zaino o corda qui, tanto ci ripassiamo. Però se lo fate non è che siete arrivati davvero in cima eh..", e tutti sei prendono tutto con se. 

Fantastica la visuale dall'Alpe di Succiso: si vedono le Alpi Marittime, il Monviso, la Est del Monte Rosa, forse il Bernina, Adamello, Carega, e più facilmente le Apuane. Cima dove torno sempre volentieri, io che sono un figlio del Secchia, sono quasi figlio suo.. 

Com'è che si dice? L'appetito vien mangiando? Mado' che appetito che ho.. Corricchio sulla cresta nord per andare su quel pulpito a trottare, sperando di rientrare per qualche pendenza. Ma intanto per farmi fare una bella foto. Un'occhiata alla secca parete ovest (meno male non ci siamo andati) e al canalone Nord Ovest

Torniamo dai miei amici a fare la foto di vetta, tentando pure una foto artistica con tutte le piccozze piantate davanti a noi. I miei amici sono allibiti che la mia già notoria stupidità possa spingersi in composizioni artistiche strampalate. Ma mi lasciano fare, che cari.. 

Basta con le ciance, si torna sui nostri passi, ripercorriamo la cresta est, ci spogliamo: che caldo assurdo.. Non avrei creduto di trovare queste condizioni con questo caldo! Un solitario sale la parte finale di Anni Settanta, e porcocane che appetito! 

Arriviamo alla sella, Mattia già scende, le due signorine si avviano, io, Giorgio e Tommaso ci si guarda in faccia "Io se ci state ci salirei al Casarola!", e allora via che si va, così possiamo avere una vista migliore sulla parete nord dell'Alpe di Succiso. 

In cima troviamo pure un simpatico signore (ragazzo non posso dire, con la barba grigia che ha) col quale scambiamo parecchie chiacchiere "Ah io alla vostra età se ero in voi, con queste condizioni, ne facevo un altro di canale!", e allora uccidimi! 

Scendiamo per la cresta nord del Casarola, per poter ammirare ancora di più questa parete magnifica e sognare altre salite, altre linee, chiedendoci ancora cosa abbiamo salito oggi "secondo me la vela è quella" "a me sembra quella" "io ne vedo tre, pensa te!" 

Discesa per canalone fin dentro il vallone principale, verso il Rio Pascolo dove troviamo gli altri nostri amici. E ora la terribile discesa su pietraia, lunga, lunga, sempre lunga la discesa. Quando sali sai che vai a divertirti, la digerisci meglio; magari la fai pure a buio, così non la vedi. Ma quando scendi, sai che vai a casa, sai che è finita, la vedi tutta. 

Vedi bene anche l'arrivo all'auto, il lambrusco, la torta avanzata dalla colazione, il gnocco, la fontana fredda dove immergere i piedi. E l'auto che si accende e ti porta verso il ristoro, meritato, alla Foresteria: tocca, perchè a qualcuno (a) si è stato menzionato un tiramisù ieri, leva potentissima per farle dire "va bene qualsiasi cosa, basta che mi date il tiramisu!". 

Gran giornata di Appeninismo, con nuovi Appeninisti?

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Qui la guida.

domenica 21 gennaio 2018

Giornate ghiaccio-strane: Via della Roccia Rossa al Monte Giovo

Quando le cose partono storte.. Va beh dai, "storte" è esagerato: diciamo "strane". Arrivare alla base della parete sulla quale corrono diverse vie, ancora dubbiosi se salire quella o quell'altra, o magari quell'altra ancora. Aprire lo zaino, tirare fuori la guida (la guida, non le fotocopie della relazione, perchè a noi piace portarci dietro tutta la guida), e..scoprire di averci messo dentro quella sbagliata.. 

Le condizioni trovate ieri in Appennino non possono che spingerci a tornare da lui, e la zona del Lago Santo è la zona giusta: varietà, bellezza del posto, dislivelli contenuti (ieri ci ho dato, oggi posso risparmiare). Inoltre quella parete la sogno da quando la vidi l'anno scorso, e oggi dovrebbe esser buona. 

Ci incamminiamo da un parcheggio già affollato, ma io e Stefania abbiamo scelto una zona ben meno affollata dei classici canali del Monte Giovo. La salita al Rifugio Vittoria è insidiosissima, mettiamo i ramponi dopo pochi metri, e la frontale può già esser spenta: siamo in ritardo. Risalito il pendio dopo il rifugio, percorso un tratto di bosco, i primi raggi di sole infuocano la nostra meta. 

Davanti a noi tre alpinisti che poi continuano verso la parete nord, lasciando la NordEst tutta per noi: però, da vicino non sembra male, ma a Stefania avanzo un "magari riusciamo a salire anche senza legarci". Ma il casco sì, poso lo zaino, tiro fuori ciò che mi serve, la guida..la guida mi serve ma è quella sbagliata! Che facciamo ora? Oh, io le altre relazioni non le ricordo, ma quella della Roccia Rossa sì.. 

Attraversiamo il vallone per poi risalire il cono valanghivo, col cole che lascia già scollare un po' di ghiaccio dalle rocce e il sole che lo aiuta, facendo cadere pezzettini a valle. Stefania m'aveva mandato in avanscoperta per vedere da vicino se quello scivolo che pareva magro poteva esser salito. Bello ed estetico, col ghiaccio sulla placca rocciosa, dai si può fare! 

Si può fare..insomma. Ghiaccio sottile e all'uscita neve brutta: una volta che ci sei in mezzo non puoi fare altro che continuare a salire e sperare di uscirne presto, ma a lei le dico subito "ti lancio giù la corda dopo". Già, ma serve una sosta. 

Uscito dal budellino, le pendenze sono sui 55° e totalmente ghiacciate (tanto che provo a mettere giù una vite, che quasi tiene): impossibile fermarsi, togliersi lo zaino e allestire tutto, devo continuare a salire un po'. Dai che lì sopra spiana. No. Dai che lì sopra spiana. No. Cazzo ma non sarò salito troppo per far arrivare giù la corda alla Ste?

Ghiaccio, pendenze, mi tocca arrivare alle rocce e sperare in fessure per i friends e un pelino di addolcimento pendenza per esser meno impiccato sulle punte dei ramponi. La scalata me la son goduta forte, ma ora viene la parte dura.. 

Proprio fin sotto la roccia rossa per metter giù un paio di friends, perdere la frontale che rotola verso valle mentre apro lo zaino, allestire la sosta. La parete scarica un po' di roba (il forte vento aiuta questo processo) ma la nostra zona sembra più risparmiata di altre.

Lancio giù la corda, che scorre benissimo sullo scivolo ghiacciato. La vedo scomparire dentro il budellino (ci sono un po' di curve) e aspetto. Ma non succede nulla. Urlo, ma non ci sentiamo. Mi tocca scendere per vedere.. Machard e disarrampico "in sicurezza", per 25m, fino a vedere che la corda è ben al di sopra del tratto duro. Mo son cazzi: i 55m della corda non arrivano dove devono.

Recupero la corda, e comodamente in punta di ramponi (non posso manco appendermi, non sono sulla verticale della sosta) cerco di allungare "la cosa". Ah niente, tutti i cordini, moschettoni, friends che ho, li metto in serie per guadagnare quei metri che mancano, anche se temo ne manchino troppi. Cala la catenella, ma nulla.

Recupera di nuovo, ci aggiungo i due rinvii che mi legavano al machard, sostituiti col moschettone di un friends, ricala. Sento che Stefania mi dice che manca ancora un po'. Ultima chance, appendersi alla corda per sfruttarne l'elasticità. Problem solving alle stelle. Provo. Sento che deve aver afferrato il "capo della corda-catena", e infatti il mio machard è bloccato! 

Ma devo risalire per farle sicura con la piastrina (quella l'ho tenuta). Ma non riesco a salire, tira troppo, e ciccia, mi slego e via su veloce! Inizio a recuperare, finalmente dei segnali che preannunciano il ricongiungimento della cordata. La vedo sul pendio neve-ghiacciato, sale coi polpacci in fiamme, con la catenella a penzoloni.

Arrivata in sosta "io e te dobbiamo parlare", azz. Non mi dirà mai di cosa, ma il giorno dopo per messaggio mi confesserà "penso a come è andata ieri, e nonostante tutto ho la scimmia!". Però Stefania capisce che non sono serenissimo: nonostante lei rida io sono piuttosto serio, anche se adesso posso rilassarmi.. Che bell'inizio di via! E anche lei perde del materiale verso il basso: a questo punto è deciso, una volta sù torniamo giù per la normale a sperare di recuperare vite da ghiaccio e frontale.

Imbastita a dovere la zona della sosta, preso tutto il materiale (i cari buoni e vecchi fittoni all'imbraco che fanno effetto campanaccio delle mucche), riparto per il secondo tiro, sgusciando in traverso a sinistra della roccia rossa, per poi risalire il tratto più ripido del tiro, e con neve peggiore.. Calma e sangue freddo, riporto le mie propaggini metalliche a mordere con forza l'acqua solida. Madonna che specchio!

Il pendio spiana leggermente, mantenendo la pendenza giusta per ghisare i polpacci. Spero solo di riuscire ad arrivare in una zona comoda per fare sosta, ma ahime temo di no. Beh, i primi 5-6m di tiro sono in traverso comodo, posso guadagnare quelli muovendoci in conserva. 

Le pause forzate in cui la mia compagna di cordata disattrezza la sosta o compie altre manovre che non consentono alla corda di continuare a salire, e quindi mi obbligano a fermarmi, sono da maledizione: polpacci che implorano pietà, e io non posso fare nulla. 

Lassù vedo il pendio spianare, magari su neve più morbida. Mi rassegno al fatto che ci muoveremo in conserva protetta, anche se avrei sperato farle salire il tratto più duro sorretta da una sosta (che vuol pure dire, con me sorretto da una sosta). 

Spiana il terreno, pure bene, ma Stefania è ormai fuori dalle difficoltà. Una sosta con piccozza piantata e recupero a spalla è più che sufficiente. Eccola che arriva! Esausta per lo sforzo insolito degli arti inferiori, con le punte dei ramponi che mordendo bene, ma solo loro, obbligano a un gran lavoro muscolare. 

"Dai Ste, anche se ormai non restano più che 30°, portami fuori tu": parte e sale, dopo poco pure io, e infine siamo sulla cresta ovest del Monte Giovo. Ma non prima di essermi perso ad ammirare pendenze e cornici della parete posta proprio sotto la croce: uno scivolo che mi fa sognare, che mi fa sperare di tornare qui presto.. 

Il vento sferza, ma ormai siamo relativamente al sicuro. Impressionanti crepe sulla superficie, come nelle cascate di ghiaccio. Fatte su le cose, lei va verso la cima mentre io devio alla ricerca di qualche muro di neve dove sfogare gli ormoni che si sono caricati a dovere. Ne trovo uno misero, sopra il quale un bel pratone di giochi di neve e ghiaccio fa riflettere di quanto può esser divertente la natura. 

In vetta troviamo altre persone, dopo una pausa confermiamo di scendere per la normale: tocca andare a vedere se riusciamo a recuperare qualcosa di quello che abbiamo perso. Peccato, avrei chiuso con la classica traversata Giovo-Rondinaio ma amen. 

Che poi anche la discesa non è comoda: questo ghiaccio che impregna tutto rende ogni passo da dosare bene anche sui 30°. I ramponi vanno sferzati per piantarsi, le caviglie non godono di certo: primi metri a faccia a monte, e poi concentratissimi nello scendere. Sempre ammirando la parete dei sogni.. 

Traverso verso l'attacco della via, ma non vedo nulla. Perlustro io in alto, lei in basso, ma sto perdendo le speranze.. Lei trova la mia frontale, ma io non la sua vite.. Meglio che nulla. Che poi se fosse stato nulla mi darei pure incazzato perchè tanto valeva stare in giro di più!

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sabato 20 gennaio 2018

EsplorAppenninismo Cusna-Piella-Cipolla-Prado: il mio piccolo paradiso

Tutti noi abbiamo un luogo, reale o immateriale, che sentiamo casa nostra, dove ci sentiamo a proprio agio. Dal punto di vista alpinistico, per me questo luogo è la zona dell'Appennino Reggiano del Monte Cusna, Monte Cipolla e Monte Prado. Zone che restano poco battute d'inverno, ma che hanno tanto da offrire; zone in cui puoi sbizzarrirti come feci l'anno scorso, o semplicemente andare e vedere cosasi può fare, come oggi. 

Primo obiettivo, la parete NordEst del Monte Cusna, sognata da un racconto di Nicola e vista spesso senza mai andarci a mettere il naso (anche perchè data l'esposizione, non facile trovarla in condizioni). Parto al buio dal parcheggio degli impianti diFebbio, direzione Peschiera Zamboni: subito un inciampo, poi due scivoloni, partiamo malissimo, Non mi preoccupo di queste premonizioni, sbagliate. 

Tutto secco in basso, neve poco prima di sfociare sul pratone da percorrere verso ovest ed è meglio calzare già i ramponi: vacca boia che viagra ha preso questa neve! Dai che magari c'è da divertirsi. Spero nella clemenza del vento e delle previsioni meteo: è previsto sia il vento che le nubi da metà mattina, e nel caso sò cosa fare, ma spero di fare altro. Farò. 

L'orizzonte verso il Monte Cimone si infiamma proprio mentre risalgo il pendio del Monte Contessa, fuori dal bosco. Osservo affioramenti rocciosi sul pendio alla mia sinistra, e mi sale già la voglia di esplorare: ma prima, la Nordest del Cusna. Sbuco sulla Borra, un po' di vento e la mia montagna ricoperta tutta di bianco, un mega pandoro irreale. Avanti tutta. 

Casco, piccozze, e mi avvio verso quel versante a me sconosciuto: e già intravedo una linea in mezzo a quelle due creste rocciose affioranti..potrebbe esser divertente.. Dopo la parte pianeggiante, il terreno si fa sempre più "ripido", l'uso di due attrezzi ci sta e la neve è quasi sempre ottima. Non lo è dove serve, ovvero quando sotto o vicino c'è della roccia: alla ricerca dell'erba e terra ghiacciata sotto per fare un po' di presa. 

Fuori dal tratto divertente, spiana un po', salendo mi sposto progressivamente verso sinistra per infilarmi sotto altri affioramenti rocciosi: sotto completamente bianchi per increspature, incrostazioni, funghetti di neve e ghiaccio sparata dal vento, completamente pieni d'aria e quindi per nulla utili alla mia progressione. Anzi, pericolosi, me li lascio da parte e cerco un pendio. 

Ed eccolo sbucare, il Sole, dietro la riconoscibile cuspide del Sasso del Morto. Raggi luminosi su cui è difficile tenere lo sguardo direttamente, ma lo sguardo si sposta volentieri sulla neve che a poco a poco acquista colore. 
Il bianco-blu di quando c'era buio, il bianco-grigio alle prime luci, colori di attesa e con un pizzico di tristezza. E ora quel rosino che diventa rosa, colore che scalda, che risveglia dal torpore. Diventa poi arancione, vico, colore che accende gli stimoli, le passioni. Un crescendo di colori, luci e sentimenti. In simbiosi con la natura. 

La linea scelta mi porta sul panettone finale, con la croce ben vicina, ricoperta pure lei come le rocce da sputacchi di neve ghiacciata. Il sole c'è, non ancora altissimo e possente, e non scalda; il vento invece, quello sì che raffredda. Uno spuntino veloce e scendo per la cresta est, a godermi la palla di fuoco che man mano fa sempre più fuoco. 

Cresta insidiosa: quelle costruzioni di neve create dal vento sono a volte ingombranti, grosse, invogliano a metterci sopra il piede per poi sgretolarsi come grissini sotto un trattore. Meglio starci lontano e romperle quando troppo grandi: belle e pericolose, come le donne. Dov'è la faccia della scimmietta che si copre la bocca con le mani?! 

Sceso alla sella, prendo a salire il pendio all'ombra che continua a farmi solleticare la schiena del Gigante; nuova breve discesa, e prima di risalire verso il Sasso del Morto, a sinistra laggiù noto delle rocce affioranti, e un pendio dalla pendenza invitante. Il sole mi ha acceso la voglia di esplorare, scendo e vado a vedere cos'è e com'è. 

E la neve dei versanti ovest e nord ovest dimostra di esser molto simile al ghiaccio. Tocca mettersi in progressione frontale per non scivolare (i ramponi li ho già eh), su questo specchio di ghiaccio dalla scarsa inclinazione ma dalla possibile scivolata tutt'altro che innocua. Arrivo al mio "attacco" coi polpacci già ghisati, e quello che verrà. 

Mi infilo tra le rocce, loro durano poco, ma il ghiaccio dura parecchio. Talmente ghiaccio, che si notano le tipiche crepe che vengono sulle cascate a fronte di repentini gradienti termiche che stirano e tirano l'ammasso uniforme. Impressionante. Ma ho poco tempo per far delle foto, e pure poca possibilità di fermarmi comodo: si avanza sulle punte, piantando con forza picche e ramponi. 

Il pendio spiana, torno al sole, ma sempre su ghiaccio. Il Sasso del Morto la davanti, lo raggiungo, lo scalo, lo scendo e me ne vado verso gli impianti, anch'essi incrostati di neve: la natura che si riprende i suoi spazi. Sosta nei pressi dell'edificio, dove un invitante muro di neve, se scalato, porterebbe in linea verticale sul balcone sul tetto. Ma è troppo strapiombante per provarci.. 

La mia attenzione si concentra laggiù, in quella conca: sopra le piste, verso est, la conca chiusa a est dall'avancorpo nord del Monte La Piella, è tempestata di rocce su un pendio dalla discreta pendenza. Esploro, Appenninismo. Traverso inizialmente, ma devo scendere parecchio per poter semplicemente camminare e non disarrampicare. 

Raggiungo la pista, la segue, e al tornante traverso verso quella sorta di morena che chiude la conca: che piccolo paradiso! Cerco la linea più estetica, senza peccare di rischio: eccola, a lato delle rocce. La punto. Neve sempre ghiacciatissima, i polpacci stasera li sento.. Vento e sole smollano gli sputacchi sulle rocce,  robe piccole dal rumore poco confortevole però. 

In punta di ramponi, lanciando le becche con forza, estraendole a fatica. Di nuovo, dopo il pendio del Sasso del Morto: sorprese appenniniche. Movimento omologo e incrociato si alternano, e con l'incrociato non posso che canticchiare nella mia mente "We are human after all" dei Duft Punk, in ricordo del memorabile video di Ueli Steck sulle Gran Jorasses. 

Riecco il sole, riecco spazi aperti. Accumuli sopra il Fosso della Piella, la vista che fantastica verso nuove mete: beh, fantastica, adesso ci vado anche. Proseguo il solletico verso il Passone, i ramponi continua a stridere anche sul piano per la presenza di ghiaccio. Stridere, un rumore straziante che nasconde un giochino allegro: l'Appeninismo. 

Da lontano vedo la prima persona di oggi. Da vicino vedo uno dei classici giochi di neve di questa zona: il vento ha creato un muro di 2m a 80° in un fosso. Vado subito a salirlo! Ora Passone Grat verso il Passo di Lama Lite: il sole caldo che però non deturpa le condizioni del manto nevoso. Uno sguardo al Sassofratto e a tutto quello che c'è ancora da fare laggiù: zone alpinisticamente interessanti, ma che non caga (quasi) nessuno: il mio piccolo paradiso. 

Alla base della Cresta Nord del Monte Cipolla, devio a destra: la neve ha piallato e reso uniforme il pendio nascondendo la forestale. Ciò per me vuol dire scavigliare! Scorro la parete, ho in mente il canale che vorrei salire, ma questo mi piace di più: di nuovo verso l'alto, in punta di ramponi, su ghiaccio. 

Incredibile l'Appennino: collinette quasi sempre erbose, mirtilli ed escursionisti, ma d'inverno possono raggiungere condizioni difficili anche per semplici passeggiate. Vedi ora, dove pioggia, neve, temperature, hanno trasformato la candida neve in massiccio cemento. Altro che neve col viagra, qui siamo un altro pianeta! Salita divertente, che si impenna man mano che si lascia il livello del mare, che ci si innalza verso il cielo. 

Dall'ombra al sole, ancora, non mi resta che percorrere questo pezzo di cresta per atterrare su un altro panettone, quello del Monte Cipolla. Avevo in mente di proseguire sulla cresta Nord del Prado, ma forse è tardi. Quasi di certo la cresta oggi è pericolosa: la roccia ricoperta di neve sputata dal vento, senza compattazione, cariata. No dai, lascia stare, scendo. 

Ma alla sella..perchè non andare comunque a darci un'occhiata? Tanto sono pochi metri prima di trovare le difficoltà. Tanto.. E infatti, raggiunte le prime impennate poco invitanti..ma dai, in cima voglio salirci, potrei traversare sul versante ovest e poi risalire in cresta, aggirando la parte difficilmente in condizioni oggi. 

E parto così per un bel traverso a 55° o più, bello esposto  e ghiacciato. La velocità diventa sinonimo di salvaguardia della muscolatura dei polpacci: riposarmi non è possibile in queste condizioni. Divertirsi è facile: soffrire e divertirsi allo stesso tempo, gli psicologi con noi alpinisti farebbero i miliardi. Un altro solitario mi saluta dalla cima del Cipolla, e segue le mie tracce. 

Già lo vedevo, ora che sono sotto confermo: risalgo questa sorta di canalone in mezzo alle rocce, e devo godermelo visto che so esser l'ultimo di oggi. Me lo godo eccome.. Sole, possente, una est del Prado tutta bianca e con un accumulo notevole: meglio lasciarla tranquilla oggi. Raggiungo la cima, e contemplo. 

Bene, ora vediamo di scendere veloci e agili, quindi canalone nord del Prado. sarebbe solo un F+, ma con questo ghiaccio c'è da stare in campana a scendere. E mentre scendo, vedo che quel solitario è sulla cresta del Prado. Mi saluta, mi chiede dove vado "scendo, vado a casa", stupito da quella richiesta di dialogo surreale, non riesco a proferire altra parola. 

Aggiro tutto il Cipolla e i suoi versanti, torno sulla Passone Grat, pregusto la birra che ho in auto, al sole, a sonnecchiare. Anche la discesa dal Passone, così ghiacciata, richiede attenzione. Poi rientrato nel bosco, basta, posso scendere liberamente. Libertà, quella che trovo in montagna è davvero totale.

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