sabato 31 maggio 2014

Una sorpresa inaspettata: Monte Cevedale

Io non credo nel destino e in tutte quelle storie che ti fan credere che tutto sia affidato a qualcosa di già scritto, che il tuo potere decisionale è nullo. Credo però al caso, all’allinearsi di certe condizioni, fatti, circostanze, che devono spingerti a dire “beh, se i pianeti e le stelle stanno assumendo una configurazione che così chiaramente mi porta a dire che questa è la scelta giusta..”. Credo nel lasciarsi trascinare degli eventi, soprattutto quando l’indecisione su quale strada prendere è alta.
Venerdì pomeriggio un sms di Riccardo inizia a mostrarmi questo allineamento: “noi andiamo sul Cevedale”. Ma come, ancora sci? Non avevi finito la stagione? Il Cevedale ciscappò tempo addietro, è rimasto un conto aperto, anche se da un’altra valle, più facile (ma quella volta sfidammo un meteo che sapevamo probabilmente avverso).
Già, però sono mezzo raffreddato dopo la marcia dei tori, non ho preparato nulla a casa (di solito preparo già al mattino, così la sera si può partire subito dopo finito lavoro), e devo essere a casa entro le 17e30 di sabato. Ma la questione orario la risolviamo con un orario di partenza presto, il materiale si prepara, il raffreddore si ignora. Poi non ho impegni per stasera, il meteo sembra ottimo, l’innevamento ancora abbondante (anche se resta l’incognita di quanta salita sarà da fare con gli sci non ai piedi), c’è Lorenzo che ci insegna. L’allineamento è fatto.
Si parte dopo cena, si arriva al parcheggio di Cogolo giusto in tempo per dormire quelle 2h30 sui comodi sedili dell’auto. Ma prima una pisciatina: dove però? Lorenzo dice “ma dai, attraversa la strada e la fai li”, titubo, vado, aspetto, passa una macchina, i carabinieri, che tempismo. Il cielo è stellato, ottimo, io temevo nuvole sparse. Buonanotte.
Sveglia, ancora buio, caffelatte e biscotti “sani” della mamma di Riccardo, e siam pronti per..finire l’avvicinamento in auto. Si arriva fino al parcheggio estivo, abbiamo saputo da poco che la frana che sbarrava l’ultimo tratto di strada è stata rimossa. Sono dubbioso: scarponi da sci o normali e poi me li cambio quando mettiamo gli sci? Riccardo non ci ha pensato, Lorenzo mi consiglia gli scarponi da sci, tanto c’è poco senza neve..
Partiamo che sono le 4 passate ormai, un pelo in ritardo per la tabella di marcia. Un solitario sale a piedi (era a piedi già km fa sulla strada asfaltata), con scarpe normali, senza ciaspole, mah, e ci dice che la sua destinazione è il Cevedale. Non lo vedremo più, deve aver rinunciato, meno male.
La salita è lunga, o meglio lo sarebbe, ma la smania pialla le pendenze e i km: il cervello è qualcosa di strano, di potente. Di neve manco l’ombra, in compenso gli sci appesi sui laterali dello zaino si incastrano tra i rami più bassi dei pini.
Usciamo dal bosco, Pian Venezia, chiazze di neve sparse, ma nulla che consenta di calzare le aste, si prosegue sul sentiero. La luce avanza, si possono ammirare le cime di Brenta e di lei, la magnifica, la Presanella. E il Cevedale laggiù, tutto bianco. Non proseguiamo verso il Larcher perché poi ci sarebbe da ridiscendere, tagliamo il pendio tra le insidie dei ponti di neve sui ruscelli, belli ghiacciati.
Dopo più di 1h30, finalmente sci ai piedi. Si inizia a giocare, con le cime che si sono infiammate sotto i raggi del sole. Scrutiamo l’itinerario di salita, non ci sono tracce nette e non c’è nessuno in giro: evidentemente solo a noi piace farsi 600m di salita sci sullo zaino..
La risalita del primo pendio ci evidenzia due fatti. Uno, quanto cazzo è dura la neve, bisogna tagliare un casino le pendenze e andare di lamine; oppure mettere i rampant, ma ormai è troppo tardi. Due, mmm, mi sembra che siamo stanchino, il ritmo è un po blando per il nostro solito! Scolliniamo sulla morena e ci dirigiamo verso il sole! Che profondità alla nostra sinistra, e..salgono altri due sci alpinisti che presto ci supereranno.
Questo scollina mento ci apre il parco gioco di oggi, che poi in realtà di questo parco giochi solcheremo si e no un 5%. Ma che dico 5%, meno! Non si può quantificare, man mano che Sali si apre sempre più, e quando vedremo le nord dalla cima..auhhhh! Ma intanto calma, che sarà lunga e tortuosa la salita!
Al sole ci ritroviamo a salire un altro pendio leggermente incassato, neve al sole ma sempre dura, e ora iniziamo a sentire un fastidioso vento che scende dai versanti più alti. Sole una cippa, c’è sa ripararsi bene! Salgo il pendio, pause ad aspettare gli altri, dai su che oggi c’ho fretta! Non me ne vogliate, ma ho il corpifuoco..
Altro scollinamento, altro vasto panorama che si staglia, gli spazi si aprono, dietro di noi le cime che prima ci guardavano dall’alto ora sono un po’ meno presuntuose. Dalle retrovie chiamano un tie break, alla disperata ricerca di un posto riparato dal vento, mi butto verso destra. Non mi spiace questa pausa, ho una fame! Ma si capisce che Riccardo oggi non è in forma, e presto anche io subirò il colpo.
Dormito poco? Raffreddore? Mi sto dando il colpo di grazia con questa gita? Pensieri? Preoccupazioni? Quota? L’avvicinamento a piedi? Forse un mix di tutto ciò mi appesantisce la salita, me ne ricorderò. Si riparte, e svoltato un angolo immaginario, ecco i seracchi. Ecco il ghiacciaio anche, ma essendo tutto tappato si confonde con la neve intorno.
Lorenzo prende il comando, alla ricerca della via di salita che evita tutte le possibile pendenze. Guardo lui che sale, un puntino scuro immerso in un bianco duro che si oppone all’azzurro cielo (e all’invisibile vento). Guardo giù, Riccardo, un puntino nero che cerca di assomigliare a un’improbabile roccia che emerge dal ghiacciaio. Che giornata ragazzi.
Ma l’attenzione ora è tutta per loro, le star, madame e monsieur..i seracchi! Belli, imponenti, ghiacciati, sferzati dal vento. L’importante è che siano..immobili! Le nuvole intanto hanno preso il possesso delle cime dolomitiche e della Presanella, speriamo solo che se ne stiano lontane accidenti a loro. Capisco e temo che la salita sarà lunga, troppe pause a riprendere le forze, troppo tempo regalato alle nuvole per avvicinarsi.
Immersi in questo spettacolo il tempo perde senso, solo il vento ti sveglia e ti fa desiderare di raggiungere presto la meta per poi fuggirne! Certo speriamo che il sole picchi bene sulla neve, perché se devo scendere su questo asfalto bianco la vedo difficile per me! E invece sarà peggio.
Verso l’alto, la cima si avvicina, ma mai abbastanza, oh arriverà bene! Dopo un tempo indefinibile raggiungo Lorenzo in sosta a poche decine di metri dalla cima, dove il panorama sulle 13 cime inizia a ingigantirsi. Mangio qualcos’altro perché poi su non ci fermeremo mica molto visto il vento. Arriva Riccardo “pensavo di morire, beh in realtà lo penso ancora!”, dai Ricky, ormai ci siamo, pochi metri. Ma ancora insidiosi, maledetto ghiaccio!
11e00, 3769m. Forse la seconda montagna che ha visto la mia carriera alpinistica nascere. La prima la Presanella, prima alpinistica seria ma con guida alpina, poi traversata Vioz-Cevedale, prima alpinistica in autonomia con Riccardo e Marco.
Terza volta su questa cima, il panorama è grandioso. Il Pelmo si riconosce da lontano, il Brenta emerge solo per poco, il Gran Zebru, una delle più belle montagne che abbia mai visto, il San Matteo and company. Peccato la fretta, ci sarebbe da rimanere qui ad ammirare, respirare alta montagna. Ho proprio bisogno di respirare tutto ciò, per calmare le preoccupazioni, per un po’ di gratificazione che non trovo altrove, per un po’ di pace con me stesso e col mondo.
Foto di vetta in autoscatto, poi chiesta a due tedeschi che però sembra ci inquadrino i piedi (in realtà verrà bene). Ora giù di corsa che il tempo stringe! Solo che..è dura. Tutti col casco oggi, Lorenzo parte, per un attimo ci illude con un “che bella neve” “no, è una merda”. Già, perché la prima parte della discesa sarà caratterizzata da un colore e un’apparenza uniforme del manto nevoso, ma in realtà sarà un intervallarsi ogni 4-5m di strato di farina, crosta non portante, ghiaccio.
Parto in derapata trasversale ( si chiamerà così?), ma poi il ghiaccio lascia posto alla crosta, e non posso continuare con questa scappatoia. Numerose cadute accompagnano la mia discesa, ma non solo mia. La concentrazione è alta, Lorenzo da buona anima prova insegnarmi, oggi purtroppo non sono connesso, annebbiato solo dal coprifuoco che ho, e che mi spingerà comunque a osare quando il terreno sarà un po’ migliore.
Al primo pianoro, in zona appena sopra i seracchi, decido che mi sono rotto il cazzo di questa neve dalle tre personalità ma con la stessa faccia e connotati. Taglio tutto il versante verso sud, sembra che la sia un po’ meglio. Tra la salita e la discesa ho i quadricipiti in fiamme, beh più per la discesa! Troppo arretrato sto sulle aste..
Ed eccola, neve migliore, posso scendere con le mie belle curve, non che faccia semicerchi, in realtà sono più rettangoli smussati con un lato molto più lungo dell’altro.. Ma sto per lanciarmi. Lorenzo e Riaccado sono rimasti sulla via di salita, presto li raggiungo. Ora si che mi fermo ogni tanto a guardare i miei disegni sulla neve, senza troppa vergogna.
Raggiungo gli altri due, “dai forza” ora la neve ha subito il sole, molto più sciabile, riesco quasi a seguire le curve degli altri due, la velocità aumenta, il tempo cala. Ora mi diverto, ma sempre coi quadricipiti in fiamme causa..sto troppo arretrato.
Rimettiamo piedi sulla morena, scendiamo per dove siamo saliti, fa un caldo bestia ormai, il vento gelido è un lontano ricordo. Ma mi spoglierò solo dove abbiamo calzato gli sci stamani, giusto per evitare sorprese. Da li poi scenderemo il più possibile su neve, alla ricerca di una lingua sul alto destro del ruscello più marcata possibile, slalom tra i sassi, e poi..stop.
Quasi sul pianoro del Pian Venezia (ma sul lato verso il Larcher) deponiamo le armi, belli contenti, oggi ce la siamo sudata davvero. Dai che ce la facciamo a scendere in tempo, ma ora c’è da trovare il modo di guadare il torrente per tornare sul lato corretto: girovaghiamo lungamente, finiamo sulla riva opposta, per fortuna laggiù un ponte di neve ancora bello saldo ci consente di tornare sulla retta via. Scialpinismo primaverile, dal bianco al verde. Arriviamo alla macchina con tempismo perfetto.
Così come questa gita è stata inaspettata, anche le ore iniziali e finali sci sullo zaino lo sono state, così come la fatica, così come la neve difficile nella parte alta. Ma sono sorprese tutto sommato piacevoli, i problemi sono altri.

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sabato 24 maggio 2014

Aspettative negate: Guglia GEI via diretta

Tre piccioni con una fava: prova delle possibile vie per la prossima uscita Corso A1 2014 del CAI diCarpi, aggiornamento istruttori sezionali della Scuola Montanari, giornata formativa per AiSA 2014. In cammino verso Campogrosso! Ma dopo una lauta colazione al bar, che Nicola consiglia (Nicola=viamichelin dei bar). 
La giornata è soleggiata ma freschina, oggi passeremo tutti gli stati di termoregolazione. Soleggiata verso la Guglia GEI, perché chi va verso il Baffelan invece avrà la compagnia di nuvolaglia per un po’: ci dividiamo in tre gruppi.
Ci si incammina sul 157, in breve troviamo qualche rimasuglio di neve.. Inverno nevoso questo, infatti nello zaino i ramponi me li sono presi, la picca l’ho lasciata in auto, gli scarponi ho optato per non prenderli perché averli a penzoloni dietro al culo sarebbe stato scomodo. Vedremo, la difficoltà per noi può essere la discesa, a nord e dentro un camino colatoio.
Il paesaggio è suggestivo, la neve bianca non vuole abbandonare la base delle rocce grigie, ma il verde inizia a fare da contrasto la dove non ci sono ghiaioni. Noi guardiamo e saliamo, nella speranza di patire poco questo contrasto. La Guglia GEI è visibile fin da subito, era visibile anche dalla salita in auto: un complesso di guglie propaggini nordiste del Gruppo del Fumante.
Una sosta mi obbliga ad abbandonare il gruppo, che prosegue. Finisco e mi rimetto in cammino, cercando di salire veloce per non perdere tempo. Finisco il bosco, le sterpaglie, sono in vista della base della guglia, ma non vedo ne il mio compagno di cordata Alfredo, ne l’altra cordata Ivan e Olivetta. Urla e urla, ma nulla. Mah. Esploro il Milite intanto, poi ecco finalmente che mi pare udire una risposta ai miei richiami e dopo un vederli arrivare.
Già pestiamo un po’ di neve, e ci portiamo alla base della Guglia GEI. Finalmente, intorno alle 10, attacchiamo la Via Diretta. Parto io, e mi ritrovo un po’ spaesato su questo III che mi pare tendente al IV. Abbastanza verticale, bei gradini sì, ma per le mani bisogna stare attenti a cosa afferri, queste montagne sono famose per non essere troppo solide. E infatti mentre salgo si ode una bella frana da est..lontana da noi comunque!
Più che altro, accidenti a me che uso tutti i chiodi che trovo, mi creano degli angoli che ben presto mi ritrovo a issare a fatica la corda che arriva dal basso! Uff! Mi sembra duri un’eternità questo tiro, non vedo l’ora di trovare la sosta. Eccola! E arriva ben presto anche Ivan, che cerca di sistemarsi alla bene e meglio, ma su questo terrazzino ci sono troppi detriti.
Arrivano i nostri compagni, e dopo una breve valutazione partono per il secondo tiro, facile che serve poi a un trasferimento sotto il terzo tiro. Anche se chissà che non si possa salire su dritti..mmm, prossima volta magari ci guardo dai. Noi arrampichiamo, e altri stanno ancora sciando.
Terzo tiro, meno ricco di chiodi ma qualche clessidra la si trova. Indecisioni se sia meglio proseguire dritti, leggermente di qua, di la, ma è abbastanza chiaro ci sia da salire verso quel balcone dove sembra finire tutto, con sotto quel camino stretto. La prendiamo a destra del camino, e quel balcone pittoresco è un po’ scomodo come sosta! Ma pittoresco, una forcellina aggettante verso nord e con una strettoia verso sud.
Sale Olivetta, che si vede tremare davanti un armadietto quando lo abbraccia.. Momenti di emozioni forti, poi ci raggiunge salendo nel camino. Occhio Alfredo, li giù non toccare quel pezzo.. Per il quarto tiro ci si infila tra la porta di roccia e si prosegue nascondendosi verso lo spigolo che non riesco a vedere. Tiro carino e suggestivo!
Eccoci all’ultimo, arrivo che Ivan sta già provando a salire dritto sulla variante di V, ma gli vedo i piedi scivolare come sul marmo. Ripiega verso sinistra, chi me lo fa fare di provare a salire dritto? Andiamo a sinistra; che tanto ricordo che Roberto mi ha riferito che non è solo III, qualcosa deve essere venuto giù e ha complicato il tutto. C’è una freccia anche verso destra, ma pare ardua.
Traverso esposto, e poi..sì sì, qui qualcosa deve essere franato. Non trovo piedi, mi tiro su di braccia con un piede alto alto, ma ce la si fa dai, la vetta è vicina, Ivan aspetta un attimo a recuperare o mi seghi un braccio sul passo chiave! Eccoci in cima a questa gulgia, un golfaro conficcato a mo di spada nella roccia in un masso di un metro cubo che pare solo appoggiato, a fare da sosta..
13e15, anche gli altri due ci raggiungono, io aspetterei alle strette di mano, c’è da trovare le doppie e sperare che la neve sia poca! Già stabilire la prima doppia non sarà facile. Impossibile che sia questo golfaro, concede di scendere solo a est o ovest, mentre noi dobbiamo andare alla forcella con la guglia che ci sta a sud. Ho ancora le scarpette, con una veloce sicura cerco e cerco, scendo alla ricerca del terrazzino col golfaro. Dopo parecchi minuti, eccolo. Mica evidente come discesa.
Attrezza la doppia e via giù alla forcella bella innevata, meglio fare un cambio pneumatici ora.. E mentre gli altri scendono tutti, cerchiamo la prossima calata: esploro sulla Guglia GEI con dei traversi tra roccia e neve (la neve, ancora abbondante, è staccata dalla roccia, e ci si appoggia quasi la schiena, a volte, ma se scivoli..è effetto crepaccio!). Trovo un cordino marcio tranciato, ma niente golfari.
Cerca guarda, la sotto sulla parete della Guglia Negrin un cordone con maglia rapida, c’è da andare la, ma per andarci c’è da scendere un pendio di neve dura. Torna alla forcella, spostati sulla Negrin col solito traverso roccia neve crepaccio, cerca qualcosa per attrezzare un’altra doppia, ecco una clessidra! Cordone e maglia rapida, e scendo alla sosta che vedevo, e sotto il golfaro. Ma a giudicare da quanto sono in alto ancora, mi sa che ce ne sarà un altro.
Mah, proviamo a scendere, e infatti eccone un altro, mentre osservo creste di neve dura al mio fianco che gocciolano inesorabili, ma che non vogliono mollare. Giù un’altra corda (le doppie per evitare spiacevoli incastri di nodi di giunzione, le facciamo con una mezza doppiata, portata giù dal secondo che si cala, per velocizzare), ma finisce nel “crepaccio” senza possibilità prima di finirci dentro di saltare sulla neve.
Vado giù, cerco come fare, tocca traversare stando sulla parete della Negrin, meglio non scivolare. Cerco un punto per poter andare sulla neve e quindi finalmente scendere, ma non è comodo. Finchè non arriva Alfredo che trova un’altra clessidra e propone, sono d’accordissimo, di abbandonare ancora qualcosa e fare un’altra doppia. Sarà tardi di sicuro, ma perché rischiare.
L’ultima doppia ci porta sulla neve, evitando anche il tratto più ripido, e depositandoci quasi su un’isola di ghiaia, la cui lingua scende quasi fino al sentiero consentendoci una discesa non più imbiancata (o poco). Si sono fatte quasi le 16 quando ci ricompattiamo tutti, che fame e che sete, e ci sono due cordate che stanno salendo l’ultimo tiro della via che abbiamo appena salito noi!
SMS a Nicola che si starà preoccupando e via giù, è tardissimo! Invece al Rifugio Campogrosso mancano ancora quattro all’appello. Intanto ci sediamo a fare due chiacchiere, due bevute e risate. Finalmente arrivano anche gli ultimi quattro, peripezie anche per loro. Un taglio di torta (compleanno di Nicola), una birra per i ritardatari e poi meglio andare verso casa che l’ora avanza!
Giornata istruttiva, la testa deve risettarsi ad arrampicare in ambiente, non sugli spit: anche se mi paiono un po’ sotto gradate come vie. Rocambolesca ma appassionante discesa, spero che i quattro che finivano la salita mentre noi finivamo la discesa abbaino apprezzato le due soste supplementari che gli abbiamo lasciato!

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domenica 18 maggio 2014

Doppietta in Pietra: Pincelli variante Alta+Zuffa Ruggero

Amata odiata temuta appagante Pietra. Una roccia tutta strana, vie mediamente difficili (almeno per me), una propaggine rocciosa isolata e pittoresca. Una propaggine che definire rocciosa è forse un complimento. Tant’è che per recarci da essa non c’è da pagare autostrada e in 1h20min (traffico escluso) ci si arriva. Volente o nolente, minima spesa, massima resa. E oggi vogliamo massimizzare al massimo.
Cerchiamo di partir presto, è domenica, meglio evitare affollamenti in via e godersi l’arrampicata nel modo più montano possibile. Me nemmeno troppo presto per non patire il fresco dell’alba e la successiva calura del giorno. Alle 8e45, più tardi comunque di quel che credevo, io e Giorgio siamo alla base della Pincelli, la più classica (ma non la più facile) via della Pietra.
Giorgio avrebbe forse voluto fare la Zuffa Ruggero, ma il timore che mi incute questo luogo mi porta a richiedere di salire prima la Pincelli e vedere come ci troviamo, poi decidere se siamo abbastanza in forma per la Zuffa. Pincelli con variante Alta ovviamente, la salgo sempre al corso AR1 (2013 e 2012), quindi perché non dovrei riuscirci oggi? Poi il mio compagno con questa variante non l’ha mai salita, perciò..
Parte Giorgio, così mi cucco io il tiro più duro. Sarà facile, ma i primi metri lasciano sempre perplessi, sarà per lo sporco sarà per i non appigli. Ma Giorgio sale tranquillo, nonostante non si ricordi al 100% la via di salita, ma da sotto gli indico. Certo che anche tutto questo verde deve averlo spaesato non poco, quanta erba e fiori!
Ma non è ancora nulla in confronto al secondo tiro, col passagino (presagio del quarto tiro), che trovo paragonabile a un campo di viole. La giornata è raggiante, un bel sole ma ancora non fa caldo: in realtà non lo farà nemmeno dopo visto che un allegro venticello renderà la giornata quasi fredda (maniche corte e pantaloni ¾ parlando..). Il Cusna  ci osserva, ma oggi per nulla.
Salto la sosta memore di quello che faccio sempre al corso AR1: trovando la sosta affollata di solito mi reco a quella successiva un po’ spostata verso destra, che sarebbe poi quella per proseguire verso il diedro dei Bolognesi. Ma oggi non è una buona idea, si può evitare visto che siamo solo noi, quindi torno un po’ giù e sosto in mezzo al ronzio degli insetti che impollinano i fiori che invadono il terrazzino: la Pincelli richiede un giardiniere.
Forza Giorgio, terzo tiro, anche qui essendo facile i fiori e erba lo invadono bene. Accidenti, le piogge dei mesi scorsi devono aver fertilizzato bene! A ben pensarci si poteva anche valutare di fare la variante mediana, prossima volta. E ora tocca al tiro più duro, ma che ormai conosco abbastanza. Conosco conosco, ma quel passaggio atletico non mi ricordo mai come prenderlo, e anche oggi ci penserò un pochino.
Un passetino che ci inganna, si pensava fosse questo quello difficile, ma me lo ricordavo più difficile: e infatti non è questo, si passa oltre a quello successivo, strapiombo con mani lontane, piedi nascosti, dove rischi di arrivare un po’ rannicchiato, insomma da leggere bene! Ma si supera anche lui, e questa è una certa soddisfazione, così fuori forma non lo sono allora. Ma aspetta un attimo..c’è la placca dopo!
Placca che si può fare anche in diedro: io scioccamente me la salgo in placca e tenendomi pure sullo spigolo a cercare con le mani di stringere lo stesso. La caratteristica colata di calcare praticamente quarzo e quell’orecchia da afferrare. Oh bene, terrazzane di sosta, è fatta. Annebbiato dal sole non vedo gli anelli cementati su cui attrezzare la sosta, ma la faccio sull’albero. Come si sta bene qui all’ombra!
Giorgio sale, lui affronta il tratto finale in diedro e sembra fare molta meno fatica: me lo ricorderò per la prossima volta! La via intanto si è popolata, il CAI di Forlì è giunto qui per un’uscita domenicale in cui attaccheranno un po’ tutte le vie della Pietra (infatti li ritroveremo anche dopo).
L’ultimo tiro è parecchio esposto, un bel traverso coi piedi che guardano giù senza vedere roccia ma solo aria, ma per le mani c’è una bella lama che da una fiducia piena. E in mezzo a un po’ di verde, si esce sul pianoro sommitale che non sono nemmeno le 11. Oh che fame, panino poi..dai è andata bene, proviamo al Zuffa Ruggero!
Prendiamo la scorciatoia che passa vicino al Sirotti per recarci all’attacco della Zuffa Ruggero. Che poi in realtà si attacca la Via dei Lumaconi come primo tiro, sia per una difficoltà nettamente inferiore (ma comunque non banale e non solo III) sia per il fatto che l’attacco originale sembra transennato da una fettuccia. Ma ci sono già due cordate alla base e una che sale.
Va beh dai, sono le 11e30, dovremmo avere tempo. Parte una delle cordate alla base, intanto osserviamo come piazzare il primo rinvio su una via dura, resta una cordata a tre composta da un italiana e due francesi. Mi immagino queste due ragazze d’oltralpe venute fino qui per arrampicare sulla Pietra e questa guida locale che le porta su una via non banale. Invece ho sbagliato tutto!
Quando tocca partire a loro, parte una delle francesi (finora non le ho detto nulla in francese, così ha pensato che mentre parlava male di noi, noi non avremmo capito) e dopo le mie domande viene fuori che l’italiana non è una guida, e non è nemmeno italiana, è portoghese, e queste tre vivono a Parma. In ogni modo, sul primo tiro arrancano. Han già parlato di lasciarci passare avanti dopo..
Giorgio sale, sono ormai le 12e30, e quello che da basso sembrava un tiro facile è invece delicato, insomma non banale, speriamo farcela dopo! Partiti come siamo partiti il traverso, che dovrebbe essere il passaggio più duro e che mi ricordo bello esposto quando lo feci due anni fa, tocca poi a lui, mentre i camini e fessure a me. A Giorgio le fessure non piacciono..
Arrivo recuperato in sosta e osservo il camino: oh però. Le tre ragazze mi lasciano passare, hanno già concordato con Giorgio che lui gli porterà su la corda almeno al primo rinvio: si prevede una nuova cordata a grappolo! Invece no, su consiglio di Giorgio scenderanno e andranno a provare la Pincelli, magari paragonabile sulla difficoltà massima (se se ne fanno varianti), ma la Zuffa è ben più sostenuta.
Sostenuta, questo camino non molla mai! Mi ci infilo un po’ dentro, troppo forse a vedere dove restano certi spit, ma se osservo i terrazzini.. E dire che lo danno di III+ certe guide, ma mi pare un po’ poco, molto poco! A meno che..lo abbia letto male. Infatti qualche giorno dopo parlando con Riccardo viene fuori che se stai all’esterno è più facile. Intanto salgo con l’emozione, e alla sosta..si sta da re!
Osservo già il terzo tiro mentre recupero Giorgio, lo ricordavo ancora più esposto, ma anche così non scherza. E se ne accorgerà bene Giorgio, che da primo dice che è più psicologico che difficile, ma sulla placca successiva diventa dura.. Abbastanza dura, da richiedere qualche resting, qualche voletto controllato dovuto alla cottura di dita e braccia. Prova e riprova..finisce con un A0.
Ma chi se ne frega, va bene così, in fondo Giorgio è anche da un po’ che non arrampica e viene da un lieve infortunio. Io però voglio forzarmi di farla pulita. Il traverso anche da secondo è un’emozione, anche chi mi fa sicura poverino non si può rendere conto che mi sta tirando, con l’attrito della corda non si capisce mai bene. Poi grazie alle mie dita (e alla tranquillità di essere un secondo, anche se di solito non ce l’ho questa) riesco a superare al primo tentativo la placca: ma c’è poco da vantarsi, visto che dei piedi non mi fido, e alle dita e braccia affido tutto.
Altra gente di Forlì ci raggiunge in sosta, questo tizio è davvero forte porca miseria. Osservo il prossimo tiro, c’è da fecondare la roccia, abbracciare con amore quel pilastro che esce dal diedro. Salgo, meno continuo come difficoltà ma con qualche passaggio al cardiopalma, oltre che un pezzetto bagnato che non consente una buona presa. Ma ne esco, sferzato da un implacabile vento che ci ha dato pure la sensazione di freddo su questa via.
Potrei procedere..ma meglio di no dai, tempo ne abbiamo, meglio recuperare Giorgio con poca corda fuori, anche perché dopo i tentativi e superamento del terzo tiro, accusa la stanchezza. Osservo alla mia sinistra uno scoglio di roccia che pare completamente talgiato alla sua base e su tutto il lato che vedo e che va verso l’alto: io non so certi pezzi della pietra come siano tenuti su, ma so che verranno giù!
Arriva Giorgio, avevo già pensato di chiedergli se potevo tirare io anche l’ultimo tiro, idea che poi mi aveva proposto lui stesso per “pareggiare” il conto, e che quando arriverà in sosta mi ripeterà, visto che è un po’ stanco. Vado, con gioia, ormai è fatta, quasi, qualche passo e poi si finisce in mezzo all’edera per un’uscita “verde”.
Recupero Giorgio e..volià, anche la Zuffa Ruggero è vinta! 15e30. E così in 8 giorni le tre classiche della Pietra, Pincelli, Zuffa Ruggero, Oppio, sono salite. Sarebbe da pensare di concatenarle tutte in un giorno solo.. Per concludere la giornata decidiamo di andarci a fare una bella doppia nel vuoto al Sirotti, ma ahimè, inspiegabilmente una volta scesi entrambi la corda non viene, risaliamo a recuperarla (senza constatare nodi o altro), che fine ingloriosa..

Qui altre foto.
Qui report.
Relazioni della Pincelli: immagine, schizzi con gradi,
Relazioni della Zuffa Ruggero: testuale, testuale, schizzi con gradi.