domenica 31 agosto 2014

Le buone abitudini sono difficili da perdere: alba sul Baldo

Tornato dalla Turchia la voglia di arrampicare, il meteo non concede altro che qualcosa in giornata: dopo Stallavena ieri con Riccardo, oggi si profila Sant’Ambrogio con ex corsisti  corso A1 2014 del CAI di Carpi. Però ho voglia di sgambare, quindi perché no, mi prendo su, carico i materassi del dondolo in macchina, vado a Prada, dormo un po’ e poi salgo sul Baldo per l’alba.
5e15 in cammino, alle 6e30 in cima, in mezzo alle nuvole. Alba nel grigio, praticamente nulla. L’abitudine della pioggia non si tradisce. E scendendo peggiora pure, tantoché al ritrovo con gli altri al bar di Affi il mega temporale che ha bagnato tutto ci costringe a tentare di andare a Marciaga. Dopo un po’ si asciuga e un po’ si arrampica.
Ma che palle sta pioggia.

Qui altre foto. E che foto.

venerdì 29 agosto 2014

Turchia Holiday

Di solito non pubblico sul blog “avventure” che non riguardano la montagna, ma in questo caso farò uno strappo alla regola, regola che mi impongo anche per una privacy un po’ maggiore (già che è difficile da mantenere anche così..). A dire il vero mi limiterò per la gran parte del post a raccontare dei trekking in Cappadocia, quindi alla fin fine sono tutto sommato vicino al tema preponderante del sito.
La vacanza parte male. Aereo che invece che decollare alle 2 di notte, parte alle 4e30, arrivo a Instambul sotto la pioggia (si vede che me la porto dietro dalle vacanze dolomitiche), ma poi riusciamo a passare due bei giorni in questa caotica capitale, e infine 11 ore di bus per Goreme.
Ed eccoci nella Cappadocia, ambiente desertico, caldo, leggermente tridimensionale, nel senso che non ci sono catene montuose strabilianti che ispirino dislivelli esagerati (almeno nella zona in cui siamo), ma ci sono canyon.
La camminata per la Red Valley e la Rose Valley iniziano con te che guardi dritto e non vedi nulla, deserto, solo il cielo alla tua stessa altezza, insomma pianura sterminata e arida. Avanzi avanzi, e man mano scendi, fino a poi calarti in modo repentino in un canyon rigoglioso, alberi, cespugli, verde, orti privati in ogni cantone.
Ti ritrovi sormontato da pareti di..terra (dai, non si può chiamare roccia), il sentiero svirgola in mezzo a torri e torrette, ogni svolta il paesaggio cambia, scopre un angolo nuovo, è una scoperta continua. Mi sento un bambino, un piccolo Indiana Jones affamato di scoperta, pronto a farne indigestione. Vorrei girare a ogni svolta, esaminarne ogni anfratto, salire ogni possibile protuberanza per avvistare intorno a me quale sia il prossimo luogo che ha più senso andare a cercare. Il tutto per la paziente “gioia” della mia ragazza..
Per un colpo di fortuna, o un’ottima intuizione, devio dal sentiero standard intravedendo qualcosa di carino, e infatti bingo, si trova una “costruzione”, una formazione rocciosa scavata come alloggio dentro la quale si riesce a risalire, guardare, brigare, scoprire, un paio di cunicoli e balconi “panoramici”.
Fa caldo sì, ma non lo sento. Si suda sì, ma la mente è fresca di nuove esperienze. Si fatica sì, ma lo spirito è appagato di nuove scoperte. Il tempo vola, vorrei passarci ore interminabili qui in mezzo, ma non si può. Il sentiero non è ben segnato, ben pestato ma non segnato, non vorrei perdermi, anche se non credo sia facilmente possibile.
Che colori. Che posti.
Finite queste due valli abbiamo ancora fame, e dopo un pranzo turco continuiamo verso Zelve. Era molto più bello prima come paesaggio, ma anche qui non scherza e l’avventura è maggiore visto che o sbagliamo sentiero o questo sentiero è nella fantasia dei local. Arriviamo a Pasabagi dopo ore di solitudine, qui ci si arriva anche con autobus perciò..
Camini delle fate, la natura che mescolando i suoi elementi e le sue forze ha realizzato in modo involontario uno spettacolo formidabile. Come le migliori invenzioni avvengono per caso.
Troppo tardi per Zelve, torniamo indietro per farcela tuta a piedi, chissà quanti km abbiamo macinato, direi almeno 20. Chapeaux alla mia ragazza. Ma si vede che quando ti diverti, la stanchezza arriva dopo, quando la mente è “distratta” da cose belle, le gambe non hanno voce in capitolo. Meglio!
Il giorno dopo si opta per la Love Valley, chiamata così per le formazioni rocciose, terrose, a forma di..pene! Ad accompagnarci all’ingresso della valle e a darci indicazioni, è il gentile gestore dell’hotel dove alloggiamo, il Gedik Cave Hotel.
Il giro parte in perfetta solitudine, solo noi, la valle è più ampia, il che ne concede una risalita senza dover deviare a destra e a manca, ma..un po’ devio lo stesso per andare a toccare con mano ciò che gli occhi vedono da lontano.
Questa valle ce la mangiamo in poco tempo, quella di ieri era molto più articolata e varia e “nascosta”. Risaliamo al livello della civiltà e sostiamo a berci un succo d’arancia (la Turchia è piena di queste micro bancarelle che ti spremono arance sul posto), un po’ di sano svacco e poi saliamo verso Uchisar.
Dall’alto del castello (o meglio, della formazione rocciosa dentro la quale hanno scavato stanze, scale ecc, fino a giungere sulla sommità per fare un posto di avvistamento) si contempla tutto il paesaggio intorno, vedendo anche in lontananza un 3900, sigh. Ma quanta roba ci sarebbe da esplorare, calarsi in ogni vallettina che si vede, infilarsi in tutti i camini delle fate per risalirne le vecchie abitazioni.. Il cappello fa molto Indiana Jones, dei poveri.
Dopo un pranzo in svacco anche quello, si scende nella Valle dei Piccioni per tornare verso Goreme. I camini delle fate sono meno pronunciati, ma tutt’intorno le formazioni geologiche sono spumose, viene voglia di cavalcarle. A un certo momento rubo anche qualche minuto alla morosa per lanciarmi in una veloce esplorazione risalendo la valle in un altro punto per osservare cosa c’è.
Quanto ci sarebbe da scoprire.. E nel tornare indietro mi “perdo” pure non ritrovando il punto in cui risalire! Poca roba e pochi minuti persi, ma questo mi fa rendere conto di quanto siano ancora selvagge queste zone e non addomesticate.. Si continua a scendere, verso l’ennesima meritata birra.
Il quarto giorno in Cappadocia ci affidiamo a un tour organizzato, Green Tour, visto che quello che si poteva esplorare intorno al mio alloggio lo abbiamo già fatto, andiamo altrove. Era meglio essere indipendenti, più libertà, meno tempi morti, ecc, ma vabbeh.
Lungo viaggio in navetta bus, dormitona, in mezzo al deserto su queste strade che sembrano cozzare con l’arretratezza del paesaggio intorno. Visita a una delle città scavate nella roccia più grandi, nella quale ci lasciano qualche decina di minuti per scorrazzare liberamente: fortuna ho portato la frontale, perché mi infilo in ogni buco che trovo!
Poi Valle di Ilhara, stupenda, incastonata in un canyon di roccia ben più solida che quella delle valli dei giorni passati, ma alla mia domanda se si arrampichi, la guida risponde in modo superficiale, mi sa che non sappia nemmeno cosa voglia dire “arrampicare”. Ma che voglia che mi viene.. In realtà non percorreremo tutta la valle ma sono un pezzetto, e già c’è parte della comitiva che vede questo pezzettino come una maratona interminabile..
Anche qui, in 15 minuti di libertà, torno indietro correndo per andare a visitare una grotta vista solo da lontano. La curiosità non è solo femmina, mi divincolo tra turisti che affollano il sentiero in camminate troppo lente per il poco tempo che ho, sorpasso di qua e di la e poi arrivo al bivio, salgo ed eccola. Ne valeva la pena, anche questa è in realtà una vecchia abitazione o chiesa semicrollata. E si vedono pezzi che devono ancora crollare ma lo faranno presto, meglio andare.
Il tour prosegue in una delle città sotterranee più grandi, e che impressione. Ci si cala dentro la Terra per metri e metri, in cunicoli stretti per poi trovare stanze ampie. Capisco cosa sia la claustrofobia! Pensare che ci vivevano per degli anni interi per scappare alle persecuzioni, che crosta ragazzi, e che ingegno nel creare condotti di aereazione, espellere rifiuti e simili, metter animali e scorte di cibo. Ovviamente non resisto a scendere in tutti i cunicoli possibile!
Poi la giornata finisce nel peggiore dei modi, sosta a una fabbrica di gioielli dove il riccone di turno si ferma a contrattare degli acquisti. La parte di vacanza in Cappadoccia finisce qui. Ora 9 ore di bus per la costa sud, mare, caldo, ma poi una giornata si fugge a fare il bagno nelle piscine naturali di un ruscello (Sapadere Canyon), che acqua fredda! Troviamo sulla strada una tartaruga da terra, un camaleonte, e poi visita alla grotta Dim Cave, semplicemente stupenda.

Link a altre foto, qui troppo poco spazio per tutte (Cappadocia sono i day 3,4,5,6):

sabato 16 agosto 2014

Vacanza dolomitica, day 10: Col dei Bos, via Ada

Prologo e Epilogo.

E oggi ce la faremo? No perché visto l’andazzo anche di ieri.. Però oggi le previsioni dovrebbero essere anche migliori, la coppia di polacchi che per colazione si prepara e mangia panini con formaggio, pomodoro e cipolla ce lo conferma.
Optiamo per una via con della sostanza, un po’ per le premesse migliori di ieri e un po’ perché oggi è l’ultimo giorno di una vacanza dove avremmo dovuto salire grandi cose, e invece ci siamo ritrovati a fare attività che non ci aspettavamo: non che non ci siamo divertiti, però.. L’altro ieri un po’ abbiamo esplorato, ma tra la Torre Piccola di Falzarego e il Col dei Bos, optiamo per quest’ultimo, che ha vie più lunghe. Vada per la Ada, che le altre sono più dure.
Alle 8 siamo già in cammino, sveglia presto per sfruttare al meglio il mattino. Il cielo è strano, verso la Marmolada bello grigio a far da contrasto alla neve fresca caduta ieri, sopra di noi si vede dell’azzurro tra il grigio, ma non sembra male tutto sommato. Poi però il vantaggio accumulato per la sveglia, lo perdiamo tirando troppo dritto alla base della parete, e giungendo fino alla Alverà. Dietrofront.
E così arriviamo alla zona di attacco con un paio di cordate di teutonici che salgono la via classica, e una che si appresta a partire sulla variante più difficile, cosa che faremo anche noi, lasciandoci dietro una cordata che poi non rivedremo più (direi che si sia ritirata).
Attacca Ricky, un bel diedro incassato e mica banale, continuo, a lui che i diedri non piacciono deve parre una goduria. Tanto goduria che man mano che la corda scorre mi chiedo cosa stia facendo, secondo la relazione dovrebbe essere già in sosta, invece prosegue. Salendo a mia volta troverò verso metà tiro degli anelli cementati che indicano probabilmente la prima vera sosta, oltre che la fine dei monotiri che stanno alla sinistra dell attacco.
Ora tocca a me, sono carico a molla, oggi ho proprio voglia di fare una bella salita in tranquillità. Il mio tiro è ben più facile, e infatti vado a cercare di complicarmi la vita con qualche passo ricercato, insomma voglio arrampicare anche io! Poi sbuco su parete più aperta, dove la sosta (le soste, ce ne è più di una) è il punto di ricongiungimento con le cordate che hanno salito la partenza classica, più facile. Quanti sono.
Riccardo prova a partire, ma presto deve fermarsi alla base del tratto un po’ più difficile perché i secondi di altre cordate sono diventati troppo alle calcagne. E con che biacchi arrampicano: uno con una singola del 12 gonfia, uno avrà almeno una corda del 15, sempre gonfia! Lo vedo poi che armeggia in quell’abbondante fessura, poi si sposta a destra invece che a sinistra come tutti, scoprirò poi per affollamento della sosta. Anche questo bel tirello.
Oh che bello un po’ di spigolo, anche se prima di arrivare allo spigolo devo vedermela con un pezzettino di placca per riportarmi verso sinistra. L’ambiente è spettacolare, ampio per adesso,anche se l’affollamento rende la montagna meno selvaggia. Ma d’altronde osservando ciò che succede sulle Torri di Falzarego..la sembra di essere in piazza.
Intanto che recupero Ricky faccio due chiacchiere con una cordata di tre ragazzi, uno di loro ha già fatto questa via ed è li al telefono che dice che probabilmente non riuscirà a finirla perché il meteo si mette male. Già, in effetti quel poco azzurro che trapelava dal grigio è ormai un lontano ricordo. Se guardo verso il Pelmo mi viene paura, tutto nero e con un chiaro muro d’acqua. Stai lontano da noi..
Arriva Riccardo, pronto per godersi un tiro con una bella placca con scarse e piccole mani, insomma uno spasso per lui, e anche io me la godrò notevolmente. Siamo rimasti quasi soli, si sente qualche voce dall’alto ma nulla più. Si sente anche qualche goccia leggera leggera, si può continuare.
E adesso il mega traversone, condanna a una ritirata impossibile (eh no, invece mi sa che hanno previsto doppie fuori via lontano da qui!), esposto anche se facile, insomma sempre qualcosa di emozionante, visto che mentre guardi dove prosegue la via, è inevitabile vedere il vuoto che le sta sotto. E uno dei passaggini finali mi fa sudare un po’, ovviamente l’avrò letto male.
E col tiro dopo la faccenda si complica, si fa croccante. Si fa complicata anche la situazione meteo, sempre più tetro intorno a noi. Riccardo supera i due tratti più ostici del tiro, cero di memorizzare i suoi movimenti per poi imitarli. Quando ci arrivo provo a farlo, una volta, due, poi però mi impongo di azzerare e amen: la via è ancora lunga, il meteo può diventare infernale da un momento all’altro, e vie di fuga non ne vedo. L’imperativo è esser svelti adesso. E infatti anche Ricky concatena i due tiri, vedendo che la cordata dei tre ragazzi davanti a noi ha fatto lo stesso.
Gocce più grosse, qualche fiocco di neve, chicchi di ghiaccio, ah che bella l’estate dolomitica! Arrivo in sosta e con Riccardo dico che parto, se riesco concateno anche io per fare più alla svelta. E nel primo tratto trovo un bell’anello cementato da doppia, mi sa che in questo canale che sembra finire nel nulla ci si può calare. Si si, ma andiamo va la che questa paretina, lama eccetera è divertente. Che inferno verso il Pelmo. Sta la.
Arrivato sotto il fittone non me la sento di proseguire, mi sa che non avrei abbastanza corda per arrivare in sosta, e mettersi a fare il V+ con la corda che tira non mi pare igenico. Certo che comunque su questa via ormai si potrebbe sostare in più punti. Ci sono bolli a indicare la via, numerosi anelli cementati. Ormai da metà via non integriamo più di tanto le protezioni, anche per esser più svelti. 8m non protetti sono ormai un’abitudine.
Dal fittone, su cui sosto, il panorama sarebbe fantastico, che non fosse coperto. Forza Ricky, annientami questo strapiombo. Ma fa un po’ di fatica, anche perché vedo che uscire dal passaggio non è comodo. Quando toccherà a me, scoprirò la quantità d’acqua nella quale affoga la presa buona, e dopo un paio di tentativi vincerà la regola di prima: l’imperativo è esser svelti adesso. Non siamo ancora fuori e il meteo è sempre peggio, e siamo soli. Al Passo di Falzarego sembra piovere, insomma siamo ancora sotto una buona stella. Azzero dopo qualche tentativo, ma mi sa che anche azzerando non diminuisci la fatica..
Dalla nostra nona sosta, che sarebbe l’undicesima secondo il Bernardi, naso all’insu, bella lama, bella rampa, bel camino, bel tiro anche per me! E poi amico mio, io provo a concatenare per uscire! Parto deciso e voglioso, anche perché se riesco a uscire mi faccio un bel po’ di metri, e soprattutto siamo poi fuori. Una volta fuori può anche scendere il diluvio universale, tanto domani non faremo nulla, c’è da tornare a casa che la Turchia mi aspetta.
Alla base del camino di uscita bagnato, continuo o meno..dai tiro dritto! Forse leggo male e mi incastro come un nuts umano, ma poi con estrema gioia trovo l’anello cementato di sosta all’uscita, è fatta! Fanculo ai muri d’acqua che si vedono all’orizzonte, alle previsioni rocambolesche, repentine, promesse infrante e sogni distrutti!
Arriva anche Ricky, poco prima delle 15 siamo sui pianori sommitali entrambi, si distendono i nervi, si calmano gli animi, pericoli temporali o pioggia o neve in via superati. Anche se un po’ di amarezza già c’è, finita la vacanza attiva. Sigh..
Dalla fretta abbiamo bevuto e mangiato poco, o nulla forse, ora ci rifocilliamo con anche l’ausilio del mitico TWIX di vetta (“grazie Pelle che mi sfami), mentre dal cielo iniziano a cadere palline bianche.. Per un pelo, ci prendiamo la falistrata di neve e grandine fine quando siamo a sedere, a osservare una Tofana di Rozes sempre nelle nuvole, la cui cima non si è mai concessa al nostro occhio (tra un po’ lo farà, ma questione di 3 secondi!).
Iniziamo la comoda discesa, con un cielo plumbeo ovunque, da soli anche adesso, solo una marmotta esce dalla tana a dimostrare che c’è vita quassù. Intanto la pioggia va a e viene, poi viene bene e ci costringe a coprirci: divento un arlecchino tra giacca, ombrello e copri zaino.
Alle 16 siamo all’auto, ovviamente, piove. Ovviamente domani, giornata in cui ci mettiamo in macchina per tornare verso la piana, ci sarà il sole. Ohm.

Qui altre foto.
Qui report.

venerdì 15 agosto 2014

Vacanza dolomitica, day 9: Piccolo Lagazuoi, via Cengia Martini

Prologo e Epilogo.

Oh bene, è da quando siamo arrivati a Cortina che dicono che oggi ci sarà bello, e anche Claudio è da qualche giorno che ci dice che può essere la giornata per uscire, siamo carichi a molla! Per un discorso di temperature, esposizione, avvicinamento, discesa, la zona di Falzarego esplorata ieri fa al caso nostro. Sveglia di buon ora per godersi la giornata finalmente!
Ma al passo fa freddo e il cielo non è sereno.
Ma porca vacca che nervoso, e questo è ancora nulla! Ce ne stiamo un po’ in macchina gioginare in attesa che il sole spunti dalle nuvole a scaldarci, e nella speranza che il bar apra per un caffè, ma alle 8e30 ci incamminiamo verso la parete del Piccolo Lagazuoi. Siccome la giornata è meno promettente di quello che doveva essere, via corta e poi vediamo di fare qualche monotiro alla base per allungare.
Su per il sentiero, quanto fuma il Lagazuoi, neve fresca sulla Marmolada (quando la regina si vede). Il sole ora un po’ scalda, ma se ci si guarda intorno questa sembra un’isola felice, e nonostante la speranza che resti tale per ancora parecchie ore, non ne siamo convinti.
Parto io, l’arrampicata è divertente, non troppo obbligata e la roccia è davvero ottima, compatta, difficile che resti qualcosa in mano. Ma questo è anche frutto del fatto che si tratta di una via parecchio ripetuta, anche se oggi..ci siamo solo noi. Come mai?!
Ora tocca a Ricky, e le nuvole iniziano ad avvolgere la parte alta dell’ammasso dolomitico che stiamo tentando di scalare. Le premesse per quello sarà più tardi iniziano a esserci tutte. Osservo lo spigolo sud della Torre Piccola di Falzarego, sarebbe stata una meta ben più ambita per oggi, ma il meteo trovato ci ha fatto desistere. Che linea però..
Inizio il terzo tiro, e se mi guardo intorno verifico che ormai siamo ad altezza nubi: non ancora in mezzo, ma temo mancherà poco. Beh poco male, la discesa dovrebbe essere abbastanza facile, l’importante è superare il prossimo tiro, il chiave. Ormai ci ho già dato a mucchio, mi sa che usciti dalla via abbiamo finito la giornata.
Tocca al mio amico, e inizia a piovere. Gustoso affrontare il tiro col passo più duro sotto l’acqua, che non è un acquazzone ma nemmeno una pioggina fine. Ormai però facciamo forse prima a uscire che calarci, e poi che cazzo, sembrava dovesse essere giornata memorabile dopo tre di stop! Supera il passo, mi urla poi dalla sosta ma non sento, i tre strattoni sono chiari. Metto il turbo. Ma già le mani erano fredde per la temperatura, ora il bagnato rende la sensazione molto più acuta!
Il prossimo tiro dovrebbe essere facile facile, ma la solita insidia sul facile è la consistenza del terreno: friabile! E infatti su con passo felpato, qualche protezione più per tenere la corda lontano dal terreno che per me, e inizia a tuonare in modo cospicuo. Porco cane, c’è una ferrata sopra le nostre teste.
Arrivo sulla Cengia Martini, ma dove sosto?! Sul cavo della ferrata non mi sembra in caso, trascino la corda che fa attrito verso degli spuntoni, e parto a scheggia a recuperare il mio amico, e con ancora le scarpette ai piedi e legati fuggiamo sul sentiero di discesa, trovando una grotta in cui rifugiarci.
Piove per la miseria, in realtà scende pure qualche falistra di neve, e visto che tuona e fulmina, ci infiliamo bene in fondo nella grotta, nella quale vediamo passare delle frontali di persone che nonostante il meteo proseguono la loro escursione nelle gallerie del Lagazuoi. Una volta ben vestiti e coperte le corde (domani speriamo bene siano asciutte!), andiamo giù che è meglio.
 Incontrando le classiche persone da chiamata al soccorso alpino (ok noi che ormai dove eravamo dovevamo proseguire per poi tornare giù più svelti, ma voi cosa continuate a salire? E con dei bambini?), scendiamo di fretta per allontanarci dalla montagna. Dalla pista da sci guardiamo sconsolati la parete dove corre la via: fatta anche questa, ma sempre col cardiopalma.
È ferragosto e piove da matti, e fa freddo, e a Passo Giau (e non solo) nevica. Ma che estate è?! E ieri mattina il meteo era dato buono per oggi: è la sera alle 20 che l’hanno cambiato! Doccia calda in campeggio e andiamo a fare un giro verso San Candido, polenta e salsiccia a una sagra deserta causa temporale, e così si conclude in modo sconsolato la giornata. Speriamo in domani.

Qui altre foto.
Qui report.