sabato 20 aprile 2019

Speranze e rassegnazioni appenniniche: Casarola, Succiso, Buffanaro

Le speranze erano davvero ai minimi livelli, ma ancora qualcosa che batteva forte c'era. Con la bugia del "dai partiamo presto che così ci facciamo anche un tratto con la luna piena sulla neve che è sempre uno spettacolo" alle 4:00 mi trovo Succiso con Luca per poi dirigersi verso il Passo della Scalucchia. La verità sarà invece che tutto il primo tratto è esposto a est mentre la luna illumina i versanti a ovest.
Quando Luca mi aveva scritto, per descrivermi il possibile itinerario mi aveva mandato un messaggio che non stava nella schermata di un telefono: logico che la mia ingordigia non potesse non resistere a questo invito, e d'altronde oggi qualcosa è da fare.
Il primo puntino del disegno di oggi è la est del Monte Casarola. Una volta usciti dal bosco, risalito il primo pendio nevoso, ci si ritrova su un crinalone dal quale se ne può ammirare la parete est, e ancora più a sud le placconate della Via della Vela (che l'anno prossimo è da fare). Abbandonato il sentiero, perdiamo quindi un po' di quota per scorrere sotto i possibili canali, scartandone subito uno in quanto poco ripido, poi un altro in quanto sembra perdersi nel nulla e infine scegliendo il terzo.

La neve dura trovata sul sentiero che ci aveva illuso di trovare condizioni ottime, lascia presto il posto a una neve ben meno vigorosa, anche se non pessima. A metà salita ci godiamo lo spettacolo dell'alba, con rocce e neve che si tingono lentamente di rosa per poi essere illuminate più prepotentemente dalla palla di fuoco all'orizzonte. Prepotente è anche il vento che ritroviamo sulla cresta una volta usciti dalla parete.
"nord che non sono più Nord": ahimè constatiamo che la Nord dell'Alpe di Succiso prende già parecchio solo nella parte alta, e un pochino anche nella mediana essendo più un Nordest che un Nord. Questo fatto, combinato alla qualità della neve finora incontrata, ci fa desistere dal tentare qualche via su quella parete lì: peccato, ci speravo.
Una possibilità potrebbe essere il canale nord di Monte Alto, ma il versante della valle delle Sorgenti del Secchia è completamente o quasi sgombro di neve e la discesa sarebbe quindi poco veloce e piacevole. Tanto vale proseguire verso la cima e da lì valutare il da farsi. Intanto il vento soffia e soffia.
Dalla cima decidiamo di scendere per la cresta Sud che porterebbe al Passo di Pietratagliata. Ma le folate di vento sono talmente intense da rendere precario l'equilibrio, soprattutto per Luca che sta portando gli sci sullo zaino nella speranza di farsi qualche discesa una volta che la neve ci avrà smollato. Meglio abbandonare la cresta e scendere per un canale nevoso verso la conca dei ghiaccioni alla base del versante nord-ovest del Monte Alto.
Cambio di programma quindi, lasciamo il materiale da scialpinismo di Luca nascosto dietro un sasso e ci dirigiamo verso il canale nord di Punta Buffanaro. Appurato che le condizioni non sono proprio al top, l'obiettivo adesso è quello di far passare un po' di tempo in modo che la neve si scioglia ulteriormente e renda possibili e divertenti le discese per Luca (e Nicola che presto ci raggiungerà).
Scendendo per il ruscello innevato e poi per sentiero, ci dirigiamo verso il rifugio Città di Sarzana, abbandonando presto il sentiero per risalire una pietraia che rappresenta l'anticipo del canale Nord che stiamo puntando. Il canale è timido e ci vuole un po' prima di riuscire a vederlo. Si parte con un pendio nevoso blando che man mano si impenna nella parte alta e si restringe in mezzo a delle rocce.
Le placconate di punta buffanaro, sulle quali tra l'altro corrono anche delle vie, non mi danno l'impressione di essere molto solide accoglienti due punti ci sono dei piattini appoggiati sul inclinato che sembra che non aspettano altro che un colpo di vento un po' più forte per venire giù. E sono piattini magari delle dimensioni i 2 x 4 m
Finalmente il giochino si fa gustoso: in alcuni tratti, dove ha debolmente svalangato, la neve è bella dura da permettere l'infissione solo delle punte dei ramponi, e i polpacci raggiungono temperature da fissione nucleare. Goduria! Alla mia destra sembra staccarsi una piccola variante, ma per fortuna decido di non prenderla: sarei finito su centinaia di metri di placche inclinate visto che il canale non è ancora finito, qui c'è solo un cambio di pendenza che sembrava che sbucasse verso il cielo.
Raggiunto il crinale, immancabile vento forte. Mangio qualcosa, aspetto Luca, poi insieme andiamo su Punta Buffanaro visto che siamo qua e visto che siamo ancora alpinisti classici che puntano a solcare il pavimento della cima.
Adesso proseguire per la cresta con questo vento sarebbe un po' una rottura di scatole, cerchiamo quindi di tagliare per pendii nord cercando di tornare verso il circolo glaciale di Monte Alto e il materiale lasciato giù. Escluso un tratto di neve che sotto nascondeva placche insidiose, il resto del taglio è abbastanza fattibile e ben presto siamo assolati nel vallone.
Luca aspetta il buon Nicola con cui dopo salire a Monte Alto e scenderlo con gli sci. Per me non ha molto senso ravanare per salire a Monte Alto e ravanare per scendere da Monte alto, quindi una volta arrivato Nicola saluto entrambi e me ne torno indietro sui nostri passi.
Risalgo il canale che mi riporta verso la cresta Sud dell'Alpe di Succiso, e da lì per cresta fino alla cima già varcata qualche ora fa. Mi godo il panorama meno frizzante e meno ventoso di prima, ma non me lo godo nemmeno troppo perché inizio ad avere voglia di arrivare alla macchina e dormire un po'.
Breve spuntino sulla cresta Alpe-Casarola, di nuovo verso Monte Casarola e poi sentiero che mi riporta al Passo della Scalucchia. Alla macchina mi aspetta una birra fresca, qualcos'altro da mangiare, ma soprattutto due materassi da stendere sul sedile del passeggero e..Morfeo che non vede l'ora di accogliermi.
La sveglia delle 17:00 non suona, ma alle 17:30 apro spontaneamente gli occhi e mi ritrovo completamente da solo al passo senza più neanche una macchina, in uno scenario un po' surreale ma fantasticamente solitario. Me ne vado verso la pietra di Bismantova: finché sono qui tanto vale andarci e far la classica Ferrata degli Alpini.
L'idea era di salirla al calar del sole e poi godermi il tramonto in cima. Purtroppo il cielo si è pesantemente velato e il tramonto non sarebbe molto scenico. Dopo aver salito in velocità la ferrata mi fermo qualche minuto in cima, poi dopo scendo che è meglio andare a mangiare e bere piuttosto che stare qua per nulla.

Qui altre foto.

sabato 13 aprile 2019

Ma 'ndo Vajo?! Ravanar m'è dolce in questa nebbia (AG1 2019)

Driiiin! Suona la sveglia! Che cacchio di ore sono? Le 3:20. Mado' son solo tre ore che sono a letto, che sonno, ma 'ndo vado? Ah già, c'è l'uscita del Corso AG1 2019 del CAI di Carpi. Mi aspetta una bella giornata su neve ripida, a ramponare e vedere panorami mozzafiato: no, ferma sono sveglio e sto comunque sognando.
Le previsioni meteo non sono pessime, ma brutte. Anche le condizioni della neve non sono pessime, ma brutte. Per questo l'uscita da due giorni si è trasformata in un giorno singolo con destinazione Carega. Almeno lì le previsioni danno solo nuvoloso e addirittura qualche schiarita, e di neve non ne ha fatta tanta, e qualcosa mi dicono si dovrebbe riuscire a fare.
Invece a Recoaro piove. A colazione ce la prendiamo con calma che tanto il sole non ci corre certo dietro a scaldarci le rocce. Arriviamo a Campogrosso in mezzo alle nuvole e con una leggera pioggerella (o umidità al 100%). Vabbè ora che siamo qui, incamminiamoci e vediamo cosa riusciamo a fare, mal che vada ci ammazzeremo di didattica.
Il sentiero Dovrebbe essere lo stesso di due settimane fa, ma il suo aspetto è parecchio diverso dalle nuove condizioni, oltre al fatto che non riusciamo a vedere nulla. Un camoscio in mezzo a due campanili ci da il benvenuto in un parco giochi che oggi ha un aspetto più da Silent Hill. Ramponi ai piedi e proseguiamo sul sentiero 157, costretti ad attraversare varie valanghe e con una neve pessima: bagnata, pesante, per nulla trasformata.
Mi giro verso AnnaM che come me ha già salito il Vajo del Cengio, quello che vorremmo salire oggi, e le domando "ma non siamo già troppo avanti?" e lei "ma non lo so, forse" e io "Beh più o meno sì, perché il Pra degli Angeli l'abbiamo già passato": si vede tantissimo, ma 'ndo siamo?! Arrivati in prossimità della Guglia Berti è appena appena visibile il suo zoccolo: proviamo a salire traversando leggermente verso sinistra. Diventa sempre più lampante che oggi non saliremo nulla: la neve è davvero pessima e per nulla trasformata nemmeno dentro i corridoi di valanga. Sì affonda una spanna minimo.
Salendo ci si rende pure conto che la nuova nevicata è scesa sul secco su parecchi tratti, visto che poi la valanga ha portato via tutto facendo affiorare la ghiaia. Arriviamo nei pressi del Vajo delle Frane e ci ritroviamo a dover scavalcare un dosso dove l'accumulo nevoso fa affondare fino al ginocchio e anche oltre. FrancescoB che è passato avanti se ne accorge bene.
Ricompattato il gruppo ai piedi della fascia rocciosa a sinistra della quale ci si imbocca nel Vajo del Cengio, la situazione è che continua a non vedersi a più di 30 metri (e forse pure meno), la neve fa cagare, non c'è traccia e sono pure già quasi le 9:00. "Ragazzi voi cosa fareste?" "Ma io andrei" "A me veramente non piacciono molto queste condizioni, mi sembra pure un po' pericoloso": se ne discute un po' finchè non si decreta che "No ragazzi, andiamo giù perché è troppo tardi, le condizioni sono brutte e non ci godremo una fava perché la giornata fa cagare. Andiamo a fare un po' di didattica". Ma 'ndo vajo? Giù!
Accidenti, va bene brutto per brutto ma non pensavo così brutto: le previsioni davano un po' di schiarite al mattino e pensavo che viste le temperature dei giorni precedenti la neve fosse trasformata. Quando si dice "tutti finocchi col culo degli altri": Luciano e AndreaG provano a tracciare qualche passo nel vajo e resisi conto che si affonda fin oltre al ginocchio e la fatica annessa, esclamano "Sì sì meglio andare giù".
Tornando indietro sui nostri passi scendiamo fino quasi al sentiero, per poi risalire per pestare bene il pendio e prepararlo all'esercitazione di ricerca travolti in valanga. Prima di questa, alla base della Guglia Berti, tento invano di mostrare quanto tenga un fungo di neve, che invece proprio non ne vuol sapere di reggere: la neve è bruttissima e in mezzo ci sono strati talmente deboli che corda e giacca la tagliano come se fosse il tonno Rio Mare con un grissino.
L'esercitazione di ricerca in valanga va invece meglio, non fosse che un travolto viene trovato dopo 19 minuti punto. Infine una bella truna dentro la quale tentare di percepire quanto si stia comodi e ci si possa addormentare anche ore. Beh dai almeno si è fatta giornata adesso non resta che spingere con bicipite e falangi su boccale e forchetta: annamo ar rifuggio!

Qui altre foto.
Qui la guida del guru dei Vaji del Carega.