venerdì 29 dicembre 2017

Le sorprese, quelle belle: Monte Pellecchia innevato

Prendi una zona sconosciuta. Aggiungici l'ambizione di una montagna rinomata e su itinerari alpinistici che sfuma per la troppa neve dei giorni scorsi. Recupera con un trekking che parte davvero in basso, che arriva poco in alto. Prendi una montagna, una collina, dal nome poco invogliante. Immergi tutto in un paesaggio brullo. Poi mettici sopra una spanna di neve, e la sorpresa è servita. 

La trasferta laziale prevede una caldo, tenue, dolce, avvicinamento alla meta di Capodanno, che sarà Sperlonga. E così oggi ce la vogliamo dedicare a qualche ora all'aria aperta: Stefania studia e trova un itinerario che non pare avere nulla di speciale, ma oggi non si può chiedere di più. Ma prima di arrivare al parcheggio, la neve fa capolino sulla strada. 

Ci avviamo senza cartina (terribile per me), seguendo la descrizione trovata su web di qualcuno che ha fatto questo giro d'estate: già per la maggior parte del racconto non segue sentieri segnati, in più abbiamo la neve a cancellare le tracce e i segni del sentiero. Speriamo bene..
Partiamo su una forestale bianca ma che mostra ancora la sua brullità, ma ben presto giriamo l'angolo all'ombra, e qui la temperatura diventa frizzante, preannunciando qualcosa di magico. Passato il ponte si inizia a salire nel bosco, e tocca tracciare tutto in questa mezza spanna di neve.


Il bosco diventa ovattato, il cielo si vede di rado per colpa delle nubi: si passa quindi da un tenue e leggero whiteout a un splendente bianco abbronzante in pochi minuti. Un match a palle di neve è ben presto fischiato dall'arbitro! Cosciente che probabilmente non andremo molto lontano (non sappiamo bene cosa stiamo seguendo..) mi godo quel che c'è. 

La strada sbuca fuori dal bosco, tracce di animali ma non di persone, ma continuiamo a essere su una chiara forestale, e di certo possiamo tornare indietro seguendo le nostre tracce in quella che ora è una spanna completa di neve. Il sole splende, scalda: il vento non riesce ancora a indebolire il suo calore. Azzurro e bianco sono resi ancora più splendenti dai suoi raggi. Ma che spettacolo. 

Dubbiosi ma carichi continuiamo in questo piccolo paradiso. Nuvole sulla nostra meta (che sia quella?) ma tanto chissà se ci arriviamo.. Andiamo a naso, a logica, il gps ci riporterà a casa con un trackback nel caso (speriamo stia prendendo bene il segnale!). Un bel balcone panoramico dove varie tracce si incrociano, una pausa a osservare, sognare, valutare, ridere. Tracce sì, di animali: ma si sa che spesso essi seguono i nostri sentieri, visto che sono i più comodi. 

Proviamo a seguire queste tracce, sembrano umane ma non lo sono, probabilmente un cavallo. Dimenandosi di nuovo all'ombra, nel nulla, nell'omogeneo, troviamo forse quello che le ha fatte le tracce: un cavallo morto. Questa sarebbe una vista macabra normalmente: ma la neve ha rende la scena meno forte, ha coperto il sangue, e il freddo ha congelato odori e quella poca sostanza molle rimasta. Il bosco e i suoi abitanti non hanno di certo sprecato tutto ciò. 

Ed ecco dei cartelli, incredibile! Siamo sulla strada giusta! Allora non ci resta altro che risalire il crestone: sta a vedere che forse ce la facciamo. Il meteo volge al meglio, finite le nuvole restano solo gli ampi spazi. Ampi, bianchi e azzurri. 

Resto affascinato e inebriato: basta un tocco di bianco a rendere paesaggi semplici dei veri capolavori. Iniziano ad affiorare delle rocce, l'ambiente si fa più montano e meno collinare: tanto oggi non è certo il tecnicismo che cerchiamo, ma stare un po' di ore in serenità e gioia all'aria aperta. 

Seguendo il crestone, ubriaco di piante cariche di neve e tanto affascinanti stagliate verso l'azzurro possente del cielo, arriviamo alla croce del..Pizzo Pellecchia. Eh no Ste, non è la nostra cima, e un'anticima questa. E ora un po' di neve raffredda i caldi motori che siamo diventati. 

La cresta tra Pizzo e Monte è un saliscendi dolce, lunghetto, e panoramico. Oggi tutto da tracciare è magico, oggi che gli occhi vedono solo bianco e azzurro è leggero, oggi che il cielo è pulito è panoramico. Con accumuli che arrivano al ginocchio la salita è un po' più dura e la discesa più morbida. Ipnotizzato dai rami carichi di neve.. 

Ed ecco la cima, con la lingua di ferro. Ed ecco una persona che arriva dall'altro versante, quello che vorremmo scendere che dubitavo di percorrere perchè non conoscendolo non mi avventurerei su qualcosa di non tracciato: ma ora so che è tracciato! Prima e unica persona che troveremo sul  nostro percorso oggi. 

Stefania confonde il Terminillo col Gran Sasso (deve esser la fame), ma mi obbliga a starmene buonino in pausa "E vestiti se hai freddo, mo mangiamo qualcosa e poi andiamo con calma". Che giornata spettacolare, che paesaggi quasi incantati, e laggiù le pianure romane: salutare. 

Si riparte, dalla parte opposta, e una volta rientrati nel bosco non posso che rimanere incantato: mi giro alla mai destra, un dosso nevoso e dietro il cielo. Solo due colori, solo due "sostanze", ma queste due riassumono il concetto di una felicità semplice. 

Continuiamo a scendere, e ai due colori si aggiunge debolmente un terzo, il marrone. Guardo verso l'alto e scorgo labirinti di rami innevati immersi nell'azzurro del cielo: una calma caotica ma rilassante. Ma dobbiamo proprio scendere? Eh, la fame e la sete chiamano.. 

Il sole sta sciogliendo molto, dagli alberi cadono parecchie "palle di neve" e tutto è sempre più bagnato. Parlottando arriviamo al Rifugio Buon Pastore: è chiuso, ma deve essere un posto relativamente silenzioso, con quella collina che copre la visuale verso la civiltà. 

Sempre a naso scegliamo quali tracce seguire, e indoviniamo. Tramando, pardon, pensando alla cena del 31 ci facciamo salire l'acquolina in bocca di leccornie e piatti fantasiosi da provare: mi sa che sia meglio affrettarsi ad arrivare alla macchina e poi a casa per mettere qualcosa sotto ai denti prima che ci mangiamo un braccio a vicenda!

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lunedì 25 dicembre 2017

Caldi vaji Natalizi: Vajo del Cengio, Vajo delle Frande, Vajo Cima

E dopo Pasqua, e dopo Capodanno, tocca al Natale passare sotto la scure dell'Alpinismo i parenti li sistemo alla Vigilia, questa giornata è tutta mia. Spero nell'Appennino, sfogarmi come nella sbornia di questa primavera, ma il meteo dice meglio tornare in Piccole Dolomiti. Tra l'altro l'ultima volta, pochi giorni fa, con Giorgio dicevo appunto "la prossima volta che torno qui, vorrei esplorare la zona del Giaron della Scala", detto fatto.
A letto presto ma il sonno è tanto, e le 2:30 sono una bella sveglia. Devo auto incitarmi per partire, ma so che ne varrà la pena. Arrivo al parcheggio e lo trovo come me lo aspettavo: deserto. Ma mentre sono li che mi preparo, che tentenno ("ma sarà troppo presto.. aspetto la luce") arriva un'altra auto e una persona si avvia verso la sua giornata.
Parto per la mia allora, il solito sentiero che ancora non mi annoia, le cime che si colorano, la lama di luce verso la pianura: tutto molto simile alle tre volte scorse, ma mai uguale, sempre affascinante come una bella morosa che ogni giorno vedi come fosse la prima volta.
Oggi però salgo subito, dritto verso la Guglia GEI, su terreno nuovo e sperando di seguire le tracce corrette! Seguono tutto il sentiero, fin sotto il paretone della famosa torre, passano nell'angusto cunicolo di roccia, e si sbuca sul Giaron della Scala. Un luogo austero, non molto rassicurante con tutte queste rocce sparse e queste guglie irregolari a dominarti intorno. Ma bello..
Dove devo andare è chiaro, seguo le tracce verso destra su neve sempre più marmorea, ma intervallata da nevaccia farinosa. Ben presto sono all'attacco del Vajo del Cengio, che sulla carta dovrebbe esser facile, ma che vista la non abbondante neve che c'è, potrebbe riservare delle sorprese.
Il percorso è piuttosto rettilineo, e i polpacci sono già in fiamme: nei giorni scorsi non li ho tenuti molto a riposo, e me lo dicono a ogni passo sulle punte. Anche se la pendenza non è eccessiva, la neve è spesso marmo, e tocca stare sulle punte. Le pause a prendere fiato mi fanno temere di esser lento, e invece non vado male me lo confermeranno i glutei domani..
Tracce che scappano verso il Giaron della Scala: roccia e neve tutt'attorno e sopra di me il cielo, che magnifico posto. Coi suoi pericoli però, ed esser da solo oggi me li ricorda ancor di più. Massoni a interrompere la costanza dello scivolo nevoso, qualche passo in trazione su neve che incrosta la roccia, e ben presto vedo l'uscita.
Bene, posso ben sperare di uscire dal vajo, ciò che vedo  promettente, speriamo solo di riuscire a scendere dopo: la cresta del fumante non  proprio facile sulla carta, ma se c poca neve si vedrà il sentiero estivo. Eccomi fuori, ecco il Gruppo dello Zevola Tre Croci, ma il sole ancora manca, devo salire per trovarlo.
Tracce a destra e tracce a sinistra: volendo scendere per il Giaron della Scala, prendo quelle di sinistra. La poca neve rende evidente il sentiero, il resto lo fanno le tracce di chi è passato prima di me: altrimenti non sarebbe banale, con certe discese e traversi belli esposti e ripidi. Quasi a Forcella Lovaraste, le tracce si buttano nel Giaron, e mi butto anche io.
La neve farinosa portata dal vento sopra le lastre ghiacciate è una trappola in cui non voglio cadere. Cadere per l'appunto. Scendo molto adagio e attento, e comunque non riesco a evitare due scivoloni che mi fan paura.. Riesco a esser sgaggio, tornare sui miei passi, e infilarmi sotto al Vajo delle Frane..
Sulla carta più difficile del precedente, ma fino alla fine mi sembrerà una passeggiata: poi invece.. Non rettilineo come l'altro, qui si svirgola in mezzo a alte costole rocciose, senza sapere mai cosa ci sarà dietro, ma trovando sempre delle moderate pendenze da risalire, e degli scorci e delle finestre sui lati.
Ed ecco lassù quella che potrebbe esser la fine, anche se mi sembra presto.. Il terreno si impenna.. Noto tracce che salgono a destra, ma la vera uscita è a sinistra: seguo fiducioso queste tracce, su dei buoni 60° e neve non più bellissima, penso che forse li su ci sarà il traverso esposto per ributtarsi nel Vajo del Cengio e uscire sui suoi ultimi metri.
Porca putt, cordoni e maglia rapida di calata: per esser più leggero ho lasciato corda e imbrago e ferraglia e cordame a casa. Sta a vedere che.. Salgo, guardo di la, nessuno ha tracciato l'uscita originale. "Se adesso chiamo Giorgio, quanto ci mette ad arrivare qui con una corda e un imbrago?" Dai va la, scendi a gambero, delicatissimo, e vai fuori a destra.
Ma a destra ci sarà qualcosa? O si finisce su una cresta da cui c' da calarsi??? Che palle, vabbeh, andiamo. Risalgo, poca neve e un pelo di dry, 70° buoni e poi un'orgasmica goulotte stretta finale che deposita su..un pendio. Ok, ma ora? Qualche dolce metro per scoprire che di la, c è il sentiero. Meno male!
Ma non sono tranquillo.. Perciò non mi fermo e continuo a camminare per assicurarmi di avere una via di scampo; che ho già comunque, il Giaron della Scala, ma vorrei fare altro oggi, e scendo da li, non torno su. Si va, si avanza, un tratto ferrato, ecco il Pra degli Angeli, e la vista sulla restante cresta mi conforta che non ci siano passaggi interrotti. Posso fermarmi per una fetta di pandoro (e non solo).
Non c'è anima viva in giro, spettacolo. Scendo all'imbocco del Pra degli Angeli, ma il vaio che potevo pensare di salire è già troppo al sole, e fa un caldo vigliacco. Niente, continuo verso la cresta, verso l'Obante, e anche oggi verso Cima Carega.
Però quel pendio nevoso, sovrastato da un curioso camoscio che mi osserva da un po', è invitante, e io sono goloso, e io lo prendo. Neve marmorea e torno in cresta, a dimenarmi tra mughi e cengette nascoste, cengette esposte!
Sali scendi più o meno dolci, tratti al sole e tratti all'ombra, l'uscita di corti ma bellissimi vaji, attraverso tutto l'Obante, passando di volta su panorami diversi, fino a vedere la zona a me più familiare del bacino sotto Bocchetta Mosca.
Raggiunta la Bocchetta dei Fondi, il percorso diventa familiare. Mi cambio i ramponi per ovviare al problema dell'antiozoccolo dei Blade Runner: altre soluzioni al di fuori del doppio, non le ho trovate. I traversi che dieci giorni fa erano infernali, sono ben addomesticati da tutti i passaggi di questi giorni, e si rivelano una tranquilla passeggiata.
Sudata la risalita da Bocchetta Mosca (anche le mutande bagnate), traversone alto come sabato, e come sabato..Vajo Cima! Neve che regge ancora bene..no, sprofondo un metro e temo non uscirne, delicato proseguo, pochi metri, leggero, soave, fuori, fanculo! La cima mi aspetta, ma ancor mi più mi aspetta..
Il Pranzo di Natale, sulla panchina del Rifugio Fraccaroli. C è il sole, un po di vento, ma il topless  un regalo. Apparecchio in posa per la foto, la fetta di pandoro infilzata dalla piccozza, ed ecco fatta la foto per mandare gli auguri di natale, ora mangio! E prendo il sole. Un'ora di sollazzo.
Zoccolo di neve non mi freghi oggi, tie! Il doppio rampone è vincente, e posso trottare allegramente verso la discesa, sudare come una bestia (mi sa che metto a lavare anche i pantaloni stasera), e maledirmi per aver preso con me solo 2,8 litri di bevande: pochi.
Discesa dal Boale dei Fondi frescotta, ma almeno mi godo un po di sole sull'ultimo tratto di sentiero. Sento gambe e chiappe affaticate: nonostante il dislivello non sia stato eccessivo, vuoi la velocità, vuoi i giorni scorsi..c'è del marmo anche nei muscoli! Ma si attende un vicino rialzo termico..
Non ero solo oggi: quando arrivo al Fraccaroli tre persone se ne vanno, tre arrivano dopo: non sono l'unico matto. E al parcheggio ce ne sono tante altre: io una volta cambiato da capo a piedi, me ne vado a godermi il sole senza vento sui tavoli del Rifugio Campogrosso, mentre mangio, bevo, leggo una guida sulle nord della Alpi. Mai sazio.

Buon Natale!

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Qui la guida.

sabato 23 dicembre 2017

Cambiare idea: Vajo Nascosto poi Vajo Bianco e Vajo Cima

Weekend scorso le condizioni in Piccole Dolomiti erano davvero eccezionali: poca neve che rendeva i vaji pi facili ricchi di saltini imprevisti, ma quella che c'era era talmente dura da rendere i pi difficili pi abbordabili. Maledetto rialzo termico che già venerdì si fa sentire.. Però, speriamo che.. Magari potremmo..
Giorgio butta l'idea dell'Intramosca: duretto, ma magari se la neve è come il weekend scorso, potremmo farcela. Partiamo, poi al massimo ripieghiamo uscendo su roba pi facile. Anche il Nascosto ci stuzzicava, ma forse val la pena approfittare della bontà delle condizioni e osare.
Partenza molesta, ma nemmeno troppo: ma entrambi abbiamo dormito poco, e il viaggio d'andata richiede due cambi alla guida. Arriviamo al parcheggio del Rifugio Campogrosso già ben popolato: colazione al sacco e una stanchezza già vistosa sulle nostre facce vogliose ma non convinte. Ci incamminiamo che la frontale serve ancora per poco.
Il cielo sereno rende l'alba magica, colorata di tenue sulle cime che vorremmo solcare, su quel parco giochi che tanto amiamo. Le piccozze fremono, i polpacci dormono sapendo che presto dovranno svegliarsi di soprassalto. Una lama di luce taglia l'orizzonte verso la pianura e il mare. Tante frontali sparse a diversi livelli degli avvicinamenti. Fa caldo.
Bestia se fa caldo, non mi piace. Incontriamo Tarcisio Bello e amici, si scambiano due chiacchiere e lo scontato "Che andate a fare" "Pensavamo l'Intramosca" "Oh però, avete alzato il tiro", mannaggia se suona male questa frase! Certo, lo dice in senso buono, ma io che sono fifone di natura.. Va beh, vediamo le altre persone che troviamo che dicono.
Incontriamo varie persone, e tra queste due che esprimono perplessità sulle condizioni del vajo oggi. E non è che ci possa scappare tanto facilmente dopo.. E se all'attacco non dovesse piacerci, non possiamo nemmeno scendere per andare a prendere il Nascosto. Ecco, giusto alla partenza parlavamo di "rinunce", sta a vedere che ce la siamo tirata.
Siamo all'imbocco del Vajo dei Colori: inizia la partita. Si parte dolci, lo sò, me lo ricordo. Ben presto però arriva quella possibilità di un tratto pi ripido su poca neve su roccia, divertente e che lascia sbucare sul dossone che porta verso gli attacchi del Valdagno. La neve non come lo scorso weekend, cede spesso. Non brutta, ma nemmeno bellissima.
Finito il dossone, ci si ributta nel Vajo dei Colori, e siamo giusto giusto sotto il paretone che se traversato verso destra porta all'imbocco del Vajo Nascosto. Tastata la neve, non sono molto convinto dell'Intramosca, due parole col mio amico e decidiamo di spostarci sul Nascosto che "schifo non mi fa!". Speriamo non ci sia rimasto male..
Traversone ed eccoci sotto uno scivolo più ripido. Ci si diverte di più adesso! Modalità trazione e salire, più stretti. Dai che forse abbiamo fatto bene e troviamo qualcosa di bello lo stesso. Guarda anche che bello incassato quello scivolo a sinistra, ma chissà dove porta..non rischiamo dai. Proseguiamo nel relazionato.
Ma il prossimo bivio invoglia troppo "andare a scoprire".. Per nulla titubante all'inizio mi infilo nel budellino a sinistra dell'originale, chissà dove porta. Pochi metri dopo, un tratto verticale e poi chissà.. Ora titubo, ma fremo, il ragazzo dietro tifa, e allora andiamo a vedere, al massimo torneremo indietro a gambero. Un gambero dritto.
Bello bello, neve buona che cigola di sano! Poi ancora ignoto, e nessun raccordo visibile col vero tracciato sulla nostra destra, dietro a un crinale. Vabbeh, ormai saliamo e speriamo! Si sale ancora un pochetto, poi meglio dare un'occhiata a destra per vedere se si possa tornare dentro al Nascosto.. Delle tracce laggiù ci confermano che siamo su una variante, il cielo e l'ignoto sulle nostre teste ci confermano che sia meglio tornare al mondo conosciuto.
Scavallando un gioco di vento, e traversando su del soffice poco rassicurante, rieccoci dentro il vero Vajo Nascosto. Dai dai che andiamo bene! Ma ben presto cambiamo parere: sulla sinistra parte evidente il canalino camino tratto chiave del vaio (che a casa vedrò in foto essere uno scivolo nevoso. Tutto in ghiaccio, o quasi, visto che nei primi metri ne manca un pezzo..
Ci sono pure due che stanno venendo via. Ottimo auspicio! Metti anche che riusciamo a passare, poi sopra come sarà?! Che palle esser fifone.. Scambi di opinione coi due ragazzi e andiamo a vedere. Un vecchio chiodo per far sosta sotto al tiro, poi un passo su metro su quasi niente e forse leggermente strapiombante. Come spesso accade, tiro indietro io: magari anche Giorgio era molto poco convinto, di certo accetta i miei timori.
E via sul terzo vaio allora, ci infila nel Vajo Bianco. Estetico, ma molto pi facile. Gran parte dei timori che ho avuto sono per il riscaldamento, e quelle pareti sopra le nostre teste che già si stanno ben abbronzando lasciando cadere i primi lembi di pelle. Pelle piuttosto rocciosa e dalle masse non importanti ma fastidiose.. E anche il Vajo Bianco non è da meno..
Cerchiamo di esser svelti, ma la neve qui non è come prima: molto pi sfondosa, tanta riportata dal vento che ha cancellato tracce e coperto il duro che c'era. Ma ora l'importante è darsi una mossa e uscire! Si sale in appoggio sulle picche, e un bel masso al centro del vajo ci concede riposo e ristoro. Un masso grande come un ducato, caduto da qualche parte lassù..
Dopo aver studiato le possibilità di uscita (la guida sempre nello zaino!) continuiamo la nostra salita, cercando la neve migliore e schivando i detriti. Ambiente spettacolare, maestoso, grande: è impossibile non sentirsi piccoli dentro queste profonde viscere della montagna.
Ecco l'uscita classica, di sinistra. Banale dai, poi tocca finire in mezzo a dei pendii non molto rassicuranti: non dovrebbero esserci grossi pericoli oggi, ma se si può evitare.. Continuiamo a salire e vediamo com'è l'altra di uscita, che ci risulta nascosta alla vista al momento.
Eccola! Beh molto più bella, con una serie di possibili canalini tra le rocce: nulla di complicato, ma ben più estetico di un uniforme pendio.. Mi infilo dove delle vecchie tracce fanno capire che da qualche parte si va. Un bel tratto che rinvigorisce gambe e braccia. Si sale, si ride e si scherza ora che si vede la fine.
Amareggiati (forse) per le due salite che si voleva compiere, ma quelle volte che senti che non il caso, ascoltale le vocine. Già rischiamo tanto quando non lo sappiamo, almeno quando lo temiamo..non facciamolo. Lo so, non diventerò mai un grande alpinista di questo passo, ma chissene. Io devo divertirmi, non dimostrare niente a nessuno.
Guarda che sole! Senti che fame! Senti che sete! Ci svacchiamo un attimino, e poi la decisione: si va in cima! Anche oggi, la seconda per lui, la terza per me in una settimana.. Speriamo solo il traverso non sia così maledetto come l'altra volta. Ma siamo astuti, prendiamo quello che passa sopra..
Saliamo fin sopra la Sfinge, e ancora di più. Il sole è caldissimo, il riverbero aumenta l'afa, e le rocce non sono più incrostate come settimana scorsa. Scorrerci sotto non è comunque una passeggiata, qualche tratto ripido c'è e la sassaiola pure.
Giunti nei pressi del Vajo Cima, tracciato, "Giorgio ci finiamo i polpacci su quello?!" ma sì dai, e via su per gli ultimi 40m in piolet leggera, con la neve che regge ancora bene, ma le pareti laterali che scaricano: velocità, o come diceva il mitico, "ritmo ritmo!".
E sbuchiamo sulla cresta di Cima Carega, che sul versante all'ombra ha un bel plateau luccicante di ghiaccio.. Piccola esplorazione verso nord, per vedere i vaji duri del versante nordovest, e poi basta che il sole caldo, noi sudati, e il vento dispettoso. Cima, di nuovo. Foto di rito, e discesa verso il passo tra cima e rifugio e svaccata a bere e mangiare. Bere, ho pi di due litri con me, e non mi bastano..
Sta per cominciare la parte più straziante della giornata: la discesa. La discesa straziante?! Ma sei matto?! Porca putt, mettete voi questi bellissimi Blade Runner su questa neve papposa! Ramponi top per salire, ma che per quanto riguardano l'antizzoccolo peccano più di tutte le maremme del mondo! Tratti dove ogni passo bisogna colpire il piede con la picca sperando di togliere quella palla di neve che pi volte rischia di farci scivolare. Maledetta e maledetti.
Bocchetta Mosca raggiunta tra mille imprecazioni, ma non finita. C il sentiero fino alla Bocchetta Fondi, assolato, papposo, acquoso, merdoso. E colpisci il piede, una danza sembra, quelli che si picchiano le mani su caviglie e ginocchia mentre col loro bel naso rosso intonano canzoni da Octoberfest.
Per fortuna il Boale dei Fondi all'ombra, e li la neve bella e regge. Si scende ripidi, ma senza doversi picchiare da soli i piedi.. I passaggi sempre pi numerosi, lo hanno addomesticato maggiormente rispetto a sabato scorso, ma qualche tratto ripido che richiede attenzione c'è..
Praticamente da quando siamo partiti, sogniamo il rientro all'auto al sole, caldo, potersi svaccare con calma a mangiare, bere le birre che ho in auto e dormire al tepore della palla di fuoco Invece il cielo è velato, tira vento, fa freddo. Tocca mangiare col piumino sui tavoli del Rifugio Campogrosso (chiuso), e poi scappare di corsa verso valle, dove moriamo in un parcheggio tra le braccia di morfeo.

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