domenica 23 luglio 2017

Moschettoni tintinnanti: Spigolo SudEst all'Odla da Cisles

Ci sono di quelle giornate dove tutto fila liscio: un meteo perfetto, una via piacevole dalle difficoltà giuste per adrenalinizzarsi ma senza impiccarsi, una cima panoramica, una discesa comoda, un rientro a orario dignitosa, un'ottima compagnia. E poi ci sono le giornate come questa. 

Beh, credo che ormai qui potrei farci il mio secondo domicilio: un angolo delle dolomiti dove parcheggi nel bosco, cammini nei prati e poi sbuchi su pareti rocciose. Sono anche le montagne in cui feci la mia prima vacanza montanara con Marco, l'anno scorso le lambii con la riflessiva Alta Via N2 delle Dolomiti, e dopo la Dibona al Sass de Mesdi e Victoria alla TorreJuac ho iniziato ad arrampicarci parecchio quest'anno (Spigolo alla TorreFirenze, Spigolo alla Torre JuacSpigolo alla Gran Fermeda). 

Comoda, bella, silenziosa, è una zona che regala emozioni. Oggi sarà un po' meno comoda vista la logistica di ieri. Sarà molto meno silenziosa per colpa di quella grottesca (visto il contesto) musica tirolese a tutto volume, ma di emozioni ne regalerà davvero tante. Tante e divergenti. 

Dopo una colazione a base delle leccornie della Dolciaria Fassana, ci incamminiamo da Daunei che non sono ancora scattate le 7. Il cielo non è limpido ma nemmeno minaccioso: dopo la cantonata di ieri, oggi non vorrei ripetere. Stefania ha accettato di buon grado la mia proposta: è raggiante e di buon umore, io invece in via sarò un po' nervoso, chissà perchè. Forse un sesto senso ce l'ho anche io. 

L'avvicinamento è tale e quale a una settimana fa, esatta: la dolce salita, il Rifugio Juac coi suoi panoramici prati sul Sassolungo, la vista delle Odle, queste ultime che si specchiano nel laghetto, l'arrivo al Rifugio Firenze. Noi che ci beviamo un caffè, e la maggior parte degli escursionisti che parte per la loro giornata. I prati con le mucche, il sole che ci scalda come al microonde, le montagne che si avvicinano. Le marmotte che fischiano. 

Le montagne, le dolomiti in particolare. Questi giganti geologici che tanto ci divertiamo a scalare. A domare. O sarebbe meglio dire ad abbracciare, perchè da domare c'è ben poco: più che un animale selvatico che istruiamo a farsi accarezzare, è lui che ci porge la guancia e ci permette di posare la nostra mano su di lui. Blocchi all'apparenza solidi, ma nel cuore deboli, che si innalzano dai prati, dopo averci deliziato con i residui della loro fragilità: i ghiaioni. 

Settimana scorsa anche lo Spigolo della Odla da Cisles era una tra le mete papabili, poi Emanuele prese la strada della Gran Fermeda, e ne uscì una gran bella giornata. Ecco, quella sì che era abbastanza liscia. Oggi si continua a scorrere sotto le sorelle occidentali delle Odle, poi si risale l'immancabile ghiaione misto erba verso l'immancabile canalone detritico (detritico.. ci sono certi blocchi grandi come un SUV) che separa le sorelle tra loro. 

Una cordata ci precede, ma devia verso la Dibona al Sass de Mesdi. Siamo soli al momento, ma dopo il traffico di ieri non può che farmi piacere. Vestiti e imbragati, aspetto a metter le scarpette, che i primi metri su zolle erbose ripide e umide mal si conciliano con la suola delle mie Mythos. Però mi lego, che giustamente la mia amica non è molto dell'idea di salire slegata. 

Parto io, sotto il buco nella roccia che evidente evidenzia la zona di attacco. Un passo su roccia, e poi si finisce nei prati verticali, con qualche traccia e i gradini terrosi a volte infidi in quanto vuoti. Meglio proteggersi un pochino mettendo giù qualcosa, quando Stefania partirà saremo in conserva; e la conserva sprotetta è un suicidio- omicidio. 

La sento che mi urla corda finita, giù subito una protezione e "Stefania parti!": continuo la mia salita. Se riusciamo ad unire qualche tiro, facendoli lunghi quanto ci pare sostando dove vogliamo (stile Gran Fermeda) non sarebbe male, ci mettiamo meno tempo, il che vuol dire essere per un minor tempo esposti a pericoli. 

Ecco una buona zona dove potrebbe essere la sosta, ed ecco le fessure evidenti del prossimo tiro. Uno spuntone ed ecco pure il chiodo: sosta veloce per poter recuperare la mia amica in sicurezza. Per guadagnare tempo intanto mi cambio le scarpe, cosa non comoda appeso alla sosta e recuperando nel mentre. 

Parte Stefania, allegra e spensierata: strano che non sia tesa, ma molto bello che non lo sia. Tra qualche ora questa spensieratezza sarà un lontano ricordo. Qualche ora dopo almeno torneranno i sorrisi e le risate. Sale subito a puntare le fessure, inizia a traversare, cerca e trova il chiodo: tutto torna. Si spaesa un attimo a cercare di capire dove andare: cercare la via non è banale. Eccola che sale ed ecco che, dopo un po' che non la vedo più, mi urla i tipici messaggi delle buone notizie: è in sosta. 

La raggiungo, e il mio nervosismo si mostra subito quando le dico che deve viaggiare, non fermarsi a guardarsi mille volte intorno: la via è lunga, la discesa non banale e il meteo prevede instabilità. Chi la fa l'aspetti, e nel tiro dopo sarò subito a io a cercare la via: parrebbe evidente, invece non proprio. Quel chiodo sulla placca a sinistra (vecchio ma massiccio) mi ispira, ma poi ricordo che la guida ne mostra uno fuori via. Proseguo, ecco infatti, c'era da andare qui dietro. 

Mi raggiunge Stefania, ho qualche dubbio di essermi fermato troppo presto, invece no dai, torna il tiro successivo con gli strapiombi lassù. Sposto la sosta in uno spuntone più bello (ma possibile che non l'abbia visto prima?!) e faccio partire la mia amica, testone nel volergli consigliare io dove andare. Invece prende la strada giusta di sua testa, forte del suo buon umore. 

Scorre verso l'alto, verso quegli strapiombi che riparano dandoti una sensazione di protezione. Il problema è che quando ci arrivi sotto, ti danno anche un senso di "e adesso dove cazzo vado?!" se non trovi la via d'uscita. Mi urla che ha trovato lo spit, allora è giusto, la via d'uscita ci sarà. 

Riparto, su dritto a esasperare le difficoltà, e tanto mi basta per rimettermi un po' più quieto, per rilassarmi: che cazzo c'ho da esser nervoso? Divertiti scemo! Un serie di bei passi per superare lo strapiombetto, e poi per passare al di la dello spigolo, totalmente esposto, totalmente figata. 

Risalita a zonzo a cercare la via su questo pezzo di parete uniforme, poche protezioni per esser svelti, la convinzione di essere troppo a dx, rientrare a sx e trovare i due chiodi. La lunghezza del tiro non torna, ma i chiodi son qui: oddio, sono pure nella stessa fessura e ravvicinati, speriamo bene. La mia amica non compie il mio stesso traverso, ma più in basso, sulle punte e con le orecchie dritte. 

Benissimo, ora due tiri di II per andare a cavalcare lo spigolo: immagino tanti spuntoni su cui fare sosta, un percorso "obbligato" e chiaro. "Ste vai e concatena se riesci, quando finisce la corda parto", lei va, ma gli attriti della corda non le permettono di salire molto. In ogni caso in questo momento smettiamo di percorrere i tiri ufficiali ma di salire finchè si può. Nulla di strano o drammatico o irresponsabile. 

Probabilmente siamo a metà di L8 (secondo la guida) quando torno in testa. Metri facili prima di arrivare a passo di IV- verticale: la forcella è evidente, la clessidra c'è. Tutto bene, ma la fessura a destra dello spigolo.. Boh, seguo lo spigolo, tanto dobbiamo starci sopra bene o male. Ma le corde ormai tirano troppo, mi fermo. Però questa forcella sullo schizzo non c'è, ed è evidente. 

Dove diavolo sono? Non posso essere così distante dalla via, segue quasi scrupolosamente lo spigolo. Ma davanti a me vedo un muro che non può esser III. Non sò, quel nervosismo nascosto forse aveva sentito qualcosa. Arriva Stefania, le esprimo i miei dubbi ma anche le mie certezze (oh, lo spigolo è questo), e le dico chiaramente "guarda, i prossimi metri non mi sembrano di III, te la senti o vado io?" e lei serena "se hai questo segno premonitore, vai pure tu". 

Bello, divertente, non banale, anzi. Di certo non è III, e probabilmente è più duro dei IV- precedenti: ok sbagliare a scrivere le relazioni, ma così tanto no. Chissà dove diavolo sono. Almeno il meteo è ancora bello, per poco. Non guardo l'orologio, non voglio aggiungere benzina sul fuoco del mio nervosismo.

Procedo per salire il più possibile, non dovrei trovare difficoltà. La corda che inizia a tirare nonostante mi sia astenuto dal proteggermi molto, quella è una difficoltà. Ma anche il nuovo muretto che mi si para davanti: più facile dello strapiombetto sotto, ma anche questo un po' più di verticale e con la corda che mi tira giù.. Mamma mia che sforzi! 

Impossibile continuare, sosto su uno spuntone. Dopo poco alla mia sinistra arriva un signore, lo saluto e lui prende paura, non aspettandosi la mia presenza. La sua invece emi rincuora perchè è uscito dalla via Dulfer, che ha gli ultimi due tiri in comune con la nostra via. Forse prima no, ma ora siamo in via. Recuperare la corda è uno strazio, son ghisato, metto su un cordino in machard per paranco veloce, e quando mi vede farlo "ma perchè? Lo spigolo dovrebbe essere tutto III grado" mi dice l'uomo della Dulfer. Ma dove diavolo sono passato? 

Stefania arriva,provata perchè "accidenti esser corta, non c'arrivavo a quella presa! Hai sentito il mio urlo alla Ondra?! Mi verrà fuori un'ernia per quel passaggio!" "Dai Ste, segui loro che sanno la via e ci portano avanti!" il cielo si sta facendo minaccioso, e a nord delle Odle vedo bene la nuvola d'acqua scendere dalla nuvola che fino a poco prima la portava al suo interno. 

La mia amica parte svelta, ma la seconda dell'altra cordata è già lontana. Dopo una decina di metri la mia amica si gira verso di me e "Cazzo non ti ho preso i friends!", e ormai è tardi.. Sale svelta, speravo fare un tirone unico di conserva, tanto ci aspettano metri facili, ma anche stavolta non diventa possibile a causa dell'attrito delle corde. Dopo una 40ina di metri, esausta, mi urla "molla tutto!". 

La raggiungo, seminati dai due davanti, le nuvole in Val di Funes belle carichi, qui ancora un po' di sole ma la cosa non mi piace. Calma però, non perdere tempo ma non fare cazzate. Riparto svelto, un pezzo di parete e poi si finisce in cresta, su rocce non sanissimi ma facili, giro attorno a spuntoni per evitare di perdere tempo con cordini e rinvii, ma qualcuno lo metto giù. 

Stefania parte, modalità conserva lunga protetta, mi si stanno segando i maroni, di nuovo. Vacca boia che fatica! Ma voglio raggiungere la cordata davanti, lui o è esperto o è una guida, voglio vedere dove si calano visto che la partenza delle doppie pare non siano facile da trovare. Un bel tiro alla fune, una bella esposizione, finalmente quella che sembra l'anticima. 

Uno spuntone tozzo ma basso, comodissimo per recuperare la mia amica. Un'occhiata sul versante est, eccoli che si calano. Il cielo non è bello, e infatti anche loro hanno optato per evitare i due tiri finali che portano in vetta (da quali poi bisogna tornare indietro per scendere) e calarsi subito. Scelta saggia, un po' mi dispiace, ma prendere un temporale anche no. 

La mia amica arriva, già d'accordo con me nell evitare la cima e calarsi diretti, ma prima mangiamo e beviamo qualcosa. Io mi cambio pure le scarpe: inusuale che i tolga le mythos così presto, ma sono fiducioso sul fatto di trovare le doppie, e dopo camminare sulla ghiaina con le scarpe da arrampicata non sarebbe comodo. 

Foto di via, Mars, due risate ma ancora nessun "complimento" visto che manca la discesa, e panorami tormentati intorno a noi. Dalla Val di Funes le nuvole iniziano a risalire le pareti nord delle Odle, e quei lembi filacciosi iniziano a invadere il nostro versante. 

Iniziano le peripezie. 

Facciamo su la corda gialla (le 7 calate iniziali sono tutte corte, massimo 27m), legato sulla blu scendo alla forcella e poi giro a destra per andare all'anello di calata. Tutto facile, troppo facile rispetto a quello che ho letto. Mi assicuro con la longe, mi slego e faccio passare la mia corda dentro gli anelli, recupero Stefania col mezzo barcaiolo. 

"Ste, a sto punto ti calo direttamente col mezzo e amen" "ok ma vai piano" "Daimo su, 25m e trovi l'anello di calata della prossima!" scende ma "Pelle qui non c'è niente". Ma come ziocca, c'è quel terrazzino comodo, impossibile che non sia li. "Guardati intorno!" e lei gira, vaga, arrampica, disarrampica, nulla. Impossibile.

Sia Bernardi che Zorzi parlano di "doppie verticali", deve esser li sotto. Magari qualche metro a sx o dx, ma deve esserci. Lei di ferma in un posto comodo dopo aver arrampicato un po'. Scendo in doppia, con lei ancora su un capo. Porcaputtana non c'è nulla davvero. Che sia venuta via?

Penso che la cordata davanti a noi aveva una corda intera. Magari c'è da scendere 30m, 35m, hanno messo un ancoraggio nuovo: faccio sosta, uniamo le corde e ci caliamo un altro po' a cercarla. Ho la visuale di circa 10m sia alla mia dx che alla mia sx e non vedo nulla, non trovo altra spiegazione: la D2 deve esser saltata via.

Stefania disarrampica verso di me, ancora legata col nodo delle guide (manovre funamboliche), io non trovo nulla di meglio che uno spuntone alto 3 dita. Tre dita in orizzontale.. Tre dita dopo aver scavato un po' di terra e sassolini per abbassarlo ancora di più. Mi metto in longe su sto coso, Stefania pure ma anche ancora legata alla blu, recupero la gialla, unisco le corde e recupero la blu da parte della Ste, faccio salire il nodo di giunzione delle corde fino al primo salto roccioso, non oltre per evitare incastri.

"Ste, ti ricalo che abbiamo guadagnato 15m" mezzo barcaiolo sullo spuntone basso e la faccio scendere. Su quel terrazzino DEVE esserci qualcosa! Lei scende e di nuovo quella frase "non c'è una mazza!" inizio a vederla grigia. Non nera ma grigia. Dopo un minuto "Beh però c'è questa bella clessidrona!" "Facci sosta e ci caliamo da li. Speriamo trovare qualcosa sotto!" 

Fa sosta (un po' spartana inizialmente, poi la sistemiamo), si mette in longe, mi calo. In realtà siamo rimasti tutto il tempo con le corde dentro la doppia sotto l'anticima. Scendo da lei, e cosi abbiamo fatto 40-45m. Clessidra scomoda, è alla base di un terrazzino, non sopra. E ora la genialata: siccome voglio risparmiare un cordino (anche perchè inizio a pensare ne serviranno tanti oggi se non troviamo le doppie attrezzate) faccio passare le corde della doppia direttamente dentro la clessidra.

CHE IDIOTA! Ah ma la imparo.. Mi calo, dopo poco sulla dx vedo dei cordini con maglia rapida "Ste cazzo, era qui sotto la calata!" "Oh bene, allora siamo sulla buona strada!" illusi. Probabilmente è la calata della scuola Guido della Torre: anche loro non hanno trovato le doppie. Scendo ma non trovo nulla: D1 25m, D2 20m, D3 20m secondo Bernardi, deve esserci ormai.

Mi rassegno, siamo troppo a dx, ci scommetto. O meglio, le doppie attrezzate sono a sx, non sulla verticale. Ma che cazzo di indicazioni. Posso capire la salita non descritta a puntino, ma la discesa no, sopratutto se in doppia, non me la puoi sbagliare. Sulle vie si trovano delle frecce a indicare dove andare, cazzo mettimele anche in discesa, o solo in discesa!

Trovo una nuova clessidra dopo 45m, mi tolgo lo zaino a cercare i cordini da abbandono, che lungimirante avevo spostato da "sotto a tutto" a "sopra a tutto". Dentro lo spezzone di corda intera, chiuso con nodo e asola direzionale, niente maglia rapida, non è necessaria per calarsi in doppia (necessario per fare della moulinette sì!). Si cala la mia amica, che inizia a esse tesa. Ci sta, comprensibile.

Io invece devo tenere duro. Come capita in questi casi, mi sento la responsabilità del mio compagno di cordata sulle mie spalle. Dobbiamo cavarcela. Il canale poi è li sotto, non sembra lontano. Mah, 7 doppie, noi con 3 pare ci arriviamo dentro.. Ma forse non dobbiamo buttarci dentro così presto.

Arriva Stefania, si mette in longe, inizio a recuperare le corde, che non vengono. TIra con forza, non mi pare ci fossero gradini che il nodo deve saltare. Tira tira. Non vengono?! Ma perchè? Ma perchè.. Ma perchè.. "Ste sono un coglione. Ho capito perchè ci va messo il cordino dentro gli ancoraggi naturali. La corda non scenderà mai."

Che errore da pivello. Terra, sassolino, roccette dentro la clessidra dentro i quali la corda tesa dal nostro peso è finita a incastrarsi. E con 45m di elasticità, che forza vuoi mai arrivi lassù per sbloccarla? Che idiota. Che poi ragionandoci, se anche non fosse per quello, io tiro la gialla, ma dall'altra parte di sono 5kg di blu schiacciati a fare attrito intorno alla roccia, e già quelli forse bastano per non fa scendere la corda in questi casi. Sono un coglione.

"Ste, e niente, torno su." non vedo altre possibilità. Assicurato solo dal machard inizio a salire: non la risalita, ma inizio a salire. La parete non sembra difficilissima, posso arrampicare finchè riesco invece che imbastire la faticosa e lunga manovra di risalita della corda. Faccio bene dal punto di vista dei tempi, ma di certo non risalgo del II grado. Nemmeno del III. E con le scarpe da avvicinamento, mezze sbrindellate.

Ma non c'è tempo da perdere, siamo già messi abbastanza male. Nulla di drammatico, ma si stanno inanellando una serie di eventi che non lasciano bei presagi. A metà parete, il tuono. Ecco ci manca solo questa: il temporale. Pioggia che bagna, freddo porco, sassi che cadono dall'alto, vento, il canalone che si trasforma in un torrente, trascinando a valle le pietre, con noi dentro che vogliamo solo scendere.

Mi giro, "Ste vestiti!" e dopo poco "Ste, manda un messaggio a Giorgio!", minchia se sono in alto, e minchia se è verticale. "E che gli dico?" "Gli spieghi la situazione". In questo momento, nonostante non mi senta ancora davvero in pericolo (oddio, risalire col machard, che tiro su ogni 2-3m, se cado qui faccio un bel volo e un po' pure pendolo) vedo che potremmo finirci a breve. Meglio avvisare qualcuno a casa che se non ci sente entro qualche ora..chiami i soccorsi. 

Sembrerà che voglia fare il figo (mi sto dando del coglione e dell'idiota da un po'..), ma minchia che sangue freddo e che "bravura" a risalire qui e così. Il bambino che è in me, quello che non capisce i rischi, quello che non si vede mai in pericolo, è quasi divertito, appagato da questi nuovi 45m di arrampicata. L'adulto invece ha le chiappe tanto strette che non ci passa uno spillo! 

Ecco la clessidra, santiddio. Ora non fare cazzate. metti il cordino dentro la clessidra, chiudilo bene. Mettiti in sicura con la longe. Fai un nodo delle guide sulle corde per poi inserirlo in un moschettone all'imbraco ed evitare di perderle (addio se cadono giù), sciogli il nodo di giunzione delle corde (guarda come scorre bene ora che non ci sono i 5kg a fare attrito! Coglione!), fai passare la blu dentro l'asolina direzionale del cordino, rifai il nodo di giunzione.

Ok, tutto torna. Bene. Coglione! sciogli l'asola che mi ha evitato di perdere le corde, e giù in doppia a ritrovare la mia amica. Ho evitato di guardare il cielo, non voglio vedere il temporale che arriva. Non voglio il temporale. "Ste, non è mai stato così bello rivederti" "Pelle se ne usciamo vivi divento cristiana!" "Ehi piano a dire ste cose, che lo diventi davvero!.

Sento moschettoni tintinnare. No, non è l'energia elettrostatica del temporale, cariche richiamate dal fulmine che sta per scoccare tra noi e la nuvola: cazzo, siamo dentro una gola, prenderà bene una cima il fulmine dei miei maroni! E la mia amica che trema. Forse di paura, più probabilmente di tensione: muscoli tesi per le posizioni non rilassate. "Dai ste, tranquilla"

Mi calo, e come mi aspettavo di nuovo non trovo nulla. Le doppie devono essere belle nascoste a dx faccia a monte. A casa guarderò la foto scattata dall'anticima ai due che si calavano prima di noi, e in effetti tenevano quella direzioni. Verticali sto cazzo.

Riesco ad arrivare a una zona di cengette, vedo un kevlar per terra. Guardo lontano verso sud e vedo un ometto. Ok, siamo sulla parte da camminare verso il camino che porta dentro al canale. Ci siamo ora, sto meglio ma non canto vittoria.

Arriva la mia amica, per fortuna sono molto a destra, perchè scarica un po' di pietre. Intanto è da parecchio che sentiamo scaricare il canale, e a volte delle voci: che ci sia qualcuno che si cala da li? Madonna che scariche, solo che non ci arrivino in testa dopo quando saremo anche noi nel canale!

Sosta su un nuovo spuntone poco pronunciato "Ste immagino tu preferisca rimanere legata vero?" "Sì" "Ok, vado in avanscoperta a cercare il prossimo step." Camminata esposta con qualche passo di disarrampicata, ghiaina infida, rocce marciotte, tutto normale, ma oggi vorrei roba più facile. Mi urla che la corda sta per finire, vedo un ometto! E al di la dell'ometto mi pare ci sia il camino, bene! Una volta nel canalone non ci ci può più sbagliare.

Ma qui deve esserci anche un ancoraggio di doppia..dove diavolo è?! Il camino deve esser questo, non c'è dubbio. Vago, esploro, giro ogni angolo alla mia portata. Una cengia bassa a nord, ci vado, la scorro ma nulla. Mi guardo intorno, cazzo non c'è uno spuntone uno! O una clessidra!

Riutilizzo il cordino in kevlar appena trovato per mettermi in sosta su un nuovo spuntone alto con un topolino sdraiato. Recupero la mia amica che ci mette un'eternità. Sta reggendo bene psicologicamente a non mollare, ma è molto cauta, troppo. Scarica un po' di sassi che quasi mi vengono addosso, e le rispondo male: anche io non sono proprio serenissimo.. 

Di nuovo insieme, di nuovo in un cul de sac. Dov'è l'ancoraggio! Ricerco mentre lei è ferma al riparo, comoda. Nulla. Rassegnato a piantare un chiodo, non trovo fessure idonee. Torno sulla cengia bassa, vado fino alla fine stessa. Ecco l'ancoraggio. Ma zio cantante, ma metterci un ometto no?! Dovete tenerle nascosta questa discesa?!

A casa leggerò la discesa di Iacopelli: lui non ha nemmeno trovato l'ancoraggio sotto l'anticima, ed è sceso per il canalone attrezzando varie piccole doppie, ravanando e provocando tante piccole frane. Un po' come stanno facendo quei due che sentiamo che sono usciti dalla Livanos. Ironicamente Iacopelli dice che le guide gardenesi "sono molto gelose dei loro segreti: se sanno che l'avete scoperta possono fare gli offesi!". 

Vedere questi anelli di calata nuovi è per noi un momento di gioia indescrivibile. Ci rincuora. Mi calo, poco sotto trovo un nuovo anello. Madonna che felicità! Siamo dentro il canale. Mi raggiunge Stefania, vorrei abbracciarla per confortarla (il tintinnino dei moschettoni l'ho udito in varie volte..) ma lei perentoria "quando saremo all'attacco della via, ora può esser presto", ha ragione, può esser presto. 

Per tracce scendiamo nell'incassato canale, incuneato tra le montagne. Abbracciati o stritolati da essi? Speriamo abbracciati: siate magnanimi ora, ne abbiamo già passate abbastanza. Ben presto trovo una paretina da disarrampicare: speriamo la mia amica se la cavi bene.

Scendo, non la trovo tanto comoda, ma sopra non ho visto nulla da poter fare una calata. Tocca alla mia amica, che non la prende benissimo, ci prova ma poi risale. La sprono, anche un po' brusco (le chiederò scusa poi), dopo vari tentativi e "invocazione di santi" arriva da me. I due che scendevano per il canalone ci raggiungono e superano.

Sol che arriviamo alla base. Ancora giù per il canalone, i due davanti a noi trovano una nuova doppia, devono essere le ultime, alleluja. Stefania con calma scende, lei che odia i ghiaioni, questi terreni sconnessi: le manca un po' di esperienza, ma se la sta facendo. Quelli davanti a noi uniscono le corde: dovrebbe esserci un ancoraggio intermedio, vediamo come vanno loro. 

Ok vanno bene, hanno solo smosso mezze dolomiti nello scendere, ma va bene, unisco le corde anche io. Madonna quanto detrito, fatti 55m mi porto al riparo da ciò che inevitabilmente la mi amica farà cadere. Eccola da me, recupero le corde e le dico di iniziare a scendere mentre io le faccio su. Inizio a rilassarmi: non che sia mai stato agitato, ma un po' teso e preoccupato lo ero. Se no non facevo avvisare Giorgio.. 

Stefania è ferma pochi metri sotto, bloccata da un tratto di disarrampicata. Non banale è vero, ma si fa, si deve fare. Ci sarà un altro pezzo così, forse due non ricordo bene. Sono gli ultimi momenti di tensione. Ancora un po' di camminamento nel canale. Il meteo per fortuna ha retto. Laggiù vedo i bastoncini. Posso sorridere ora, non quel sorriso forzato per far vedere alla mia mica che va tutto bene e che sono tranquillo, ma quel sorriso perchè queste cose le penso e provo davvero. 

Di nuovo all'attacco, sono le 19e30. Per scendere ci abbiamo messo lo stesso tempo che per salire: direi questo dato sia esplicativo. 

Ancora niente abbracci, resta un pezzo di ghiaione da scendere: roba da escursionisti esperti, ma la mia amica ha ancora qualche remore per questi terreni. Adesso però è molto più sgalvita, lo scende bene! Sarà che quando passi a fare robe più dure, ciò che prima sembrava difficile ora è una passeggiata. 

Corricchio sull'erba verso il sentiero, mi gusto il tramonto, il sole che illumina come può le montagne, mezze coperte dall'ombra delle nuvole. Piogge e temporali sparsi a vista, ma non sopra di noi. La pace con intorno la tempesta. La serenità ritrovata quando poche ore fa c'era la preoccupazione. Sorrido, di nuovo. Un messaggio a Giorgio per tranquillizzarlo. 

Arriva la mia amica, ora possiamo abbracciarci, siamo salvi. A mente lucida, col senno di poi, non è che siamo mai stati davvero in pericolo. Eravamo sempre legati, in sicurezza, dotati del materiale necessario per attrezzare discese. Abbiamo usato la testa, non ci siamo fatti prendere dal panico, ed eccoci qui, interi. In ritardo è vero, ma ci siamo. In fin dei conti, due pacche sulle spalle ce le possiamo dare! 

Anche Stefania avvisa Giorgio che l'ha cercata più volte. Scendiamo verso il Rifugio Firenze, assetati e affamati. A metà sentiero mantengo la promessa che avevo fatto a me stesso: mostro alla mia amica il freno moschettone per le doppie! E lei che quasi si mette a piangere "ma che cazzo me ne frega del freno moschettone adesso!", i nervi quasi ci mollano, ma ora possono.

Sono le 20e30 quando ci sediamo al tavolo fuori, la cucina già chiusa non può offrirci niente di meglio di un panino al formaggio, e l'immancabile birra. Birra che però Stefania non finisce, lascia a metà: solo una volta l'ho vista fare una cosa del genere, al Lagghinhorn. Deve esser veramente cotta. 

Sono cotto pure io. Ora che l'adrenalina è svanita, ora che la mente ha tirato i remi in barca perchè le rapide sono passate e si ritrova in un laghetto dall'acqua calmissima, ci mollo anche io. Cottura psicologica come poche altre volte. Ma anche la fisica non scherza.

Ci si trascina verso l'auto, ci arriviamo con le ultime luci, alle 21e30, dopo 14h30. Non male. Tutto in auto e via verso casa, consci che ci sarà da fermarsi a dormire, a prendere caffè. Che giornata (d)istruttiva!

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Qui la guida di Bernardi (da noi seguita), qui la guida di Zorzi..

sabato 22 luglio 2017

Cantonate e ripieghi: Piccola Micheluzzi al Ciavazes

Altra idea folle, un sequel del Sass d'Ortiga. Organizzazione perfetta: materiale già spartito a casa, colazione sistemata, ritrovo pianificato (colpa mia che la sera prima sono a una cena di addio al celibato). Siamo pronti. Meteo ottimo, coi soliti possibili temporali alla sera, ma meteotrentino sia per precipitazioni che temporali dice "probabilità bassa". 

E invece in A22 sono lampi fin da Verona, ma noi vogliamo andare più lontano, quindi chissene. Ma piove anche a Trento. E anche a Bolzano. Non si vedono stelle, nuvole basse. Arriviamo al parcheggio e la situazione meteo è tipicamente autunnale: piove, tutto bagnato, visibilità a 50m in quanto in mezzo alle nuvole. Ci si collega ai siti meteo e loro danno ancora sole. 

Previsioni. Si chiamano previsioni. Non si chiamano certezze. Però cazzo che cantonata. Non voglio assolutamente dare contro ai meteorologi, ma cosa è andato storto? Ben presto capiamo che cui non si becca nulla. Fuga verso Canazei, ma il meteo resta lo stesso. Bar, triste colazione con le pive nel sacco, un saluto a Paolo e Luca che vanno a fare la dolomiti skyrace

Tutto bagnato, mentre facciamo colazione piove anche bene. Onestamente sono già rassegnato, quando le cose partono male è il momento di non opporsi troppo per non rischiare altri "mali". Giorgio un po' più testone di me, opta per andare a fare un giro a vedere il Ciavazes com'è messo: quella parete che sconsiglio a tutti per via della folla e dell'untezza che ci si trova. 

Siamo sotto la parete, il cielo si è placato da un po' (oddio, mica che splenda il sole): Micheluzzi bagnata, ma tanto li non ci andrei (se Bernardi consiglia il magnesio, vuol dire che andiamo male come levigatura delle prese), la Piccola Micheluzzi pare meglio. Ok, andiamo a vedere, 10 tiri non facciamo notte. 

Attacchiamo alle 9e30, praticamente potevamo dormire 2h30 in più. Meteo e parete umida, ma proviamo. Altre cordate sono partite prima di noi, mi sa che oggi in tanti ripiegheranno qui, e sarà ancora più caos. Non certo la montagna che mi piace, traffico in via, rischio di trovare maleducati, nervosismi, il godersi poco la salita per colpa di chi fa fretto dietro. E poi qui c'è il grosso problema di tutte ste cazzo di moto. E di auto anche, ma le moto fan più baccano. 

Una cordata di ragazzi di Lecco attaccano la via molto più a sinistra di noi. I primi tiri scorrono veloci e nemmeno un gran che piacevoli. L1 e L2 delicate per via del bagnato, e in più quando mi ritrovo a S2 a far sicura a Giorgio che sale L3, una cordata arriva svelta in sosta e mi vedo già il film delle discussioni su chi deve proseguire prima di chi. 

Giorgio su L3 va un po' a farfalle: partito con un "tanto è un tiro tutto di I verso destra" dopo aver modificato con un "oh ma per me il I è un'altra cosa", mi viene il dubbio, guardo la relazione e gli dico "Gio, ma hai guardato il tiro dopo, te devi andare a dx e non è I!". Torna sui suoi passi, cerca passaggi ma la roccia non è buona, scende e risale giusto. Ma nemmeno abbastanza, sale troppo a sx, salta la sosta e finisce a concatenare due tiri. 

Lo raggiungo, glielo dico e lo ringrazio di avermi così lasciato il canalone di I, rampa larga e facile. Va la, trotto verso la sosta che almeno così finiamo prima e andiamo a riposare! Sopra di me vedo un'altra cordata, sono i ragazzi di Lecco. 

Riparte Giorgio, e di nuovo mi finisce a farfalle, tagliando troppo presto quello che per noi è L5, ma per la relazione è L6 e lo finisce su L7. Va beh, di nuovo, così finiamo prima. Ma mi hai rubato due tiri, marrano! In realtà fa sosta a metà dell L7 ufficiale, lasciandomi così almeno il passo di IV-. 

Parto io, arrivo alla vera S7 dopo aver disincastrato il nut che Francesca non riusciva a togliere la guardo e cortesemente le dico "ascolta, io di solito rispetto e aspetto, ma dietro di noi ci sono altre cordate che arrivano.. Ti scoccia se proseguo il tiro prima che parta tu?" (lei è la seconda della loro cordata) e gentilissima acconsente. Vado, finalmente la via si fa un po' interessante. E unta. 

Traversone con salita fino al grottone giallo dove trovo il ragazzo in cordata con Francesca (non me ne voglia se non ricordo il nome..) che ancora più gentilmente mi dice che avrebbe fatto passare noi davanti. Il meteo è ancora capriccioso. Sprazzi di sole si alternano a nuvole, caldo e freddo si mescolano ed è un continuo di tira su i pantaloni, tira giù i pantaloni. Ohi, parlo dell'esposizione dei polpacci, mica d'altro. 

Riparte Giorgio per il tiro chiave, quello un po' più duro e anche lui unto: dalla sosta si vedono bene le prese che riflettono la luce, gli appoggi su cui quasi ti puoi specchiare. Ma che cazzo. E il caos delle moto sotto. Ci manca solo quello col parapendio che compie parecchi voli a pochi metri dalla parete: che paura che cavolo. 

Raggiungo Giorgio, lo ricazzio perchè mi ha rubato ben due tiri oggi, e parto per l'ultimo per uscire dalla via. Di nuovo basta seguire la lucidità dell'itinerario: non la logica eh, la lucidità nel senso che la roccia è lucida! Ho visto di peggio, ma anche questo non è male. E un IV+ levigato diventa anche V+ a seconda dei casi. 

Alle 12e45 scattiamo la nostra di via, per poi spiaggiarci un attimino a cambiar scarpe, bere e mangiare, mentre aspettiamo i due lecchesi per scambiarci mail per invio foto. Ma stiamoci poco va la, che il cielo non è che sia splendido, e magari arriviamo giù presto in modo da riposarci e rientrare umani. 

La cengia dei camosci è un'allegra sgroppata dove mi sento una sottiletta: mi sento sottile data la dimensione della cengia, data la dimensione delle pareti rispetto alla mia piccolezza, e anche perchè siamo in mezzo a due fette di pane (parete sotto e parete sopra, inespugnabile per noi). 

Scorriamo a rivedere la Rossi Tomasi, finalmente riesco a spiegare al mio amico che razza di variante mi sono andato a pescare, e lui "ma infatti si vedeva un cordino lassu" "eh lo so cazz, ma è fuorivia!". La parete è comunque meno affollata di quello che temevo, ma ogni via ha almeno una cordata: pure Italia61! 

Una doppia veloce per arrivare prima di altri che stanno scendendo dalle torri del sella, e vado verso la prossima per "prendere il posto": si è mica capito che visto com'è andata la giornata, a questo punto mi aspetto almeno di riposare, che magari domani ci infilo qualcosa.. Una doppia unica da 45m ci deposita alla base. 

Non resta che scendere verso il parcheggio, ammirando le alte pareti, la maestosa ovest del Sass Pordoi (seghe!) e in lontananza quella che era la nostra mira avvolta tra le nubi, che solo in rari momenti ha visto sprazzi di sole. Cantonate e ripieghi. Ora ripieghiamo su birra pane e formaggio però. E del gran traffico in A22..

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