domenica 20 aprile 2014

Nell’imbiancato regno di Re Laurino: Rifugio Passo Principe

Sorpresa nell’uovo di Pasqua, insperata. Weekend lungo grazie al lunedì dell’Angelo, ma impegni in casa, non si può organizzare nulla di grandioso, meglio che il meteo sia infame, però almeno ci fosse una mezza giornata cavolo! E inaspettatamente arriva. 
Al sabato sera le previsioni danno una finestra per la mattina dopo, la neve fresca caduta stamani è ben documentata sull’account facebook del rifugio, quindi perché no? Dai che andiamo, speriamo nell’uovo di Pasqua di trovare una bella sorpresa.
In autostrada all’ingresso in trentino le nuvole offuscano il cielo, stai a vedere che ci frega! Ma nei pressi dell’uscita, è tutto sereno, forse ce la famo. Arriviamo in Val di Fassa, si sale verso Muncion (la strada la conosciamo, ci siamo stati qualche estate fa), e poi ancora oltre, poco dopo il ristorante La Regolina, fino al divieto in pratica. Ma prima di arrivare, due greggi di mufloni ci tagliano la strada.
Temperatura frizzante, temo la poca neve nella parte iniziale, e infatti spalleggiamo per una ventina di minuti, cercando di rimanere in equilibrio su una lastra ghiacciata continua che ricopre l’asfalto: una caduta a testa ce la schiviamo davvero per un soffio. Poi finalmente sci ai piedi, ma certe chiazze di catrame vengono aggirate su pochi mm di bianco, al ritorno sarà un togli metti estenuante!
Già dalla partenza la roccia dolomitica ci inebria alla luce del sole, sarà tutto un crescendo. La giornata è limpida, per ora, fresca, senza vento (o poco successivamente), ideale. E il percorso conta fare una graduale virata verso destra, abbandonando la civiltà e incassandosi nel Regno di Re Laurino. Uno sguardo alle nostre spalle rivela l’inconfondibile pronunciarsi verso il cielo della Marmolada (dove oggi era meglio non andare visto che già stanotte ne hanno soccorsi due!).
Ecco la est del Catinaccio (oggi protagonista di un book fotografico senza precedenti), poderosa parete solcata da numerose e agogniate vie, oggi teatro di spettacoli continui. La neve caduta ieri ha come nemico il sole, che ne rompe i deboli legami con la roccia sotto e la fa precipitare giù in una cascata di polvere bianca, fragorosa. Osserveremo almeno una dozzina di valanghe tra catino sud e catino nord, alcune non le vedremo ma le sentiremo. Il tracciato resta abbastanza distante dai conoidi, anche se qualche pallina di neve arriva dove scorrono gli sci. Bello spettacolo, basta solo che sia a debita distanza! Video.
Ben presto siamo al pianoro del Gardeccia, belli al sole, con la est del Catinaccio sempre più vicina, sempre più grande. Proseguiamo infilandoci in un rado bosco, sappiamo che d’estate fino al Vajolet si arriva in jeep, stiamo pestando una carareccia, niente bosco fitto. Osserviamo un gruppone di sci alpinisti davanti a noi, ecco di chi è la traccia che stiamo seguendo.
Il fragore delle valanghe dai catini del Catinaccio continua, e ormai siamo sempre più vicini a questa immensa parete, che ci fermiamo a osservare a più riprese. La pur più bassa Punta Emma, che è solo una propaggine nordica alla possenza del fratello maggiore posto più a sud, è estetica e mi rammenta ricordi di arrampicata settembrina.
Giungiamo al Rifugio Vajolet, splendido balcone sul Gruppo dei Mugoni che si erge proprio a sud di questo punto panoramico. Per prospettiva la est del Catinaccio si è assottigliata, ma sappiamo bene che parete sia. Lassù le Torri del Vajolet, simbolo dell’arrampicata di questo angolo di paradiso di roccia.
Non indugiamo, l’itinerario procede verso l’alto, addentrandosi sempre più nel cuore di questo gruppo montuoso. E questo “addentrarsi” è sottolineato ancor di più dal come si sviluppa il tracciato: ci si incunea in una vallettina stretta, senza centinaia di metri di roccia ai lati, ma quella decina è sufficiente a farti sentire piccolo piccolo. Si svolta leggermente a destra, leggermente a sinistra, si svirgola di continua in mezzo al bianco e al marrone, con sopra la testa l’azzurro.
Ogni tanto alle nostre spalle possiamo scorgere i Mugoni, articolati ma con un bel canale che li solca in mezzo, e ogni tanto davanti a noi possiamo indovinare dietro quale sperone roccioso si nasconde il Rifugio Passo Principe, all’ombra del mastodontico Catinaccio d’Antermoia. Ma sulle Zigolade iniziano a comparire le prime nuvole: che sia solo innocuo vapore di pioggia di valle di ieri scaldata dal sole mattutino? Sarebbe bello..
Si esce dalla valletta incassata, il campo si riapre. Dispersi/immersi nel Regno di Re Laurino. 
 Sotto di noi tre sci alpinisti hanno proseguito nella valletta incassata, seguendo le tracce del gestore del rifugio di ieri. Noi siamo usciti dalla valletta seguendo la pista del gruppo davanti a noi. Lo spettacolo è grande, sognavo un giro del genere, senza troppi tecnicismi, una cima da raggiungere, ma solo immergersi e lasciarsi avvolgere dalle dolomiti invernali. Video.
Il gruppone che finora ci ha battuto traccia inizia a salire verso sinistra, stanno puntando alla forcella Valbona per poi scendere per la valle omonima, un giro ad anello. Cavolo, questo gruppo si presta bene a giri ad anello, o meglio, a giri dove Sali e scendi per due versanti diversi. Poi c’è il problema di come tornare all’auto.. Anche noi oggi stiamo valutando la possibilità di scendere per il Rifugio Antermoia e la Val Udai, ma poi? 10 e passa km di cammino su asfalto? La stagione sciistica è chiusa, non ci saranno nemmeno autobus.. Prossimo inverno, si fa.
E così le ultime centinaia di metri sono tutte da tracciare in 30cm di neve fresca, ma come dislivello c’è poco. Siamo ormai in vista del passo d’Antermoia, che sarebbe da salire se volessimo scendere di la, ma..è piuttosto ripido. Con questa neve fresca..chissà. Il gestore del rifugio ci saprà dare consiglio.
La neve al sole luccica, segno che ha fatto freddino, il Catinaccio è un po’ nascosto dalle Torri, quello d’Antermoia si staglia maestoso verso il cielo. Noi, formichine in questa ampiezza, continuiamo modesti la nostra salita verso quella che finirà per essere la meta di oggi. Raggiungiamo la traccia che ormai siamo 20m sotto il rifugio. Alle 10e10, dopo 3h di immersione in questo mondo, siamo a poma. Verso nord il Passo del Molignon, che bello.
L’irraggiamento solare rende la temperatura ottima per un topless, ma prima entriamo dentro per scambiare quattro chiacchiere col simpatico e disponibile rifugista. Quattro battute, due consigli, e capiamo che oggi tocca accontentarsi (accontentarsi, puah) della salita fin qui percorsa. Prendiamo due birre, altrimenti saremmo troppo impomati dal panino che uscirà a breve dai nostri zaini.
Al sole, al tepore, panino, birra, e panorama mozzafiato, Pasqua ottima.
Quasi un’ora trascorrerà tra il nostro arrivo e la nostra partenza, ma qui si sta troppo bene. Peccato il cielo si stia caricando a modo,d’altronde le previsioni davano peggioramento dal pomeriggio: forse è un po’ in anticipo, ma che ci devi fare, la nostra passione è regolata dalla natura e dal clima, questi non si domano.
 Discutendo del fatto che questa sia la più bella sci alpinistica dell’anno o meno, ricordo a Riccardo Cima Forzellina: ecco, ci siamo capiti. Pronti a scendere, e come preannunciato al gestore, 10m e sono per terra, a ridere come un matto (una lastra ghiacciata ma preannunciata mi ha fregato). 
Scendiamo inizialmente seguendo il traverso che abbiamo tracciato, e che ora è solcato da una piccola scarica a debole coesione (oggi il grado 2 di meteotrentino è un po’ stretto, anche a detta di Sergio, sono lieto di non essermi avventurato su itinerari più belli ma più rischiosi), poi giù a sinistra verso la traccia dei tre trentini che ormai saranno già a valle per la loro grigliata pasquale (che bello essere un local).
Riccardo fa un capitombolo che mi pento non aver filmato, le risate, di entrambi, riecheggiano per la valle. Il bello di questa attività è che una caduta, su neve morbida, è ilare: in arrampicata, mai. Cerco di godermi la valletta come se fosse un pipe, ma sterzare su certi cambi di pendenza è forse qualcosa di troppo spinto per le mia non doti di discesista. Ma si può osare, la caduta non fa male.
Come se non volessi abbandonare questo posto, ogni tanto mi fermo per girarmi indietro e osservare di nuovo: poi faccia a valle per continuare la discesa e rendersi conto che le nuvole si fanno sempre più cariche. In nemmeno 20 minuti (“ma perché non abbiamo iniziato prima invece che muoverci con le ciaspole?!”) siamo di nuovo a contemplare il paesaggio dal balcone del Rifugio Vajolet.
Il sole ormai è un lontano ricordo, le nubi hanno preso possesso del cielo. La discesa si fa un po’ più impegnativa (video) ma sono contento di riuscire ad affrontarla decentemente. Si ripassa sotto la grande est, e poi si torna nel bosco, che ci dice che la discesa divertente è finita. Anzi, ora c’è pure da spingere e evitare le parti scoperte con cautela.
L’arrivo al Gardeccia segna, come se non fosse già chiaro, la fine dei giochi. Giù senza freni sulla strada dove la neve si è sciolta ancor di più, credo che almeno un 5-6 volte tocca togliere gli sci per non fare le scintille sull’asfalto. Alle 12e30 siamo alla macchina, e mentre ci cambiamo 2 gocce bagnano la schiena nuda. Giusto in tempo, la Pasqua è stata salvata.
Se sarà l’ultima sci alpinistica dell’anno, è stata una buona chiusura (di certo meglio del tentativo al Cevedale) della stagione, la prima stagione!

Qui altre foto.
Qui video di una valanga.
Qui video panoramico.
Qui video di Riccardo in discesa.
Qui report.

2 commenti:

  1. Figata la valanga dal catino del Catinaccio :)

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  2. Bellissime foto, notevoli quelle delle valanghe... quanta neve! fine aprile e sembra febbraio...

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