sabato 23 gennaio 2016

Tornando a orecchie basse: Cascatone del Pisgana (TENTATIVO)

Siamo carichi come delle molle, è tutta settimana che ci carichiamo. Le solite idee un po' folli, dei sogni che cercano di uscire dal cassetto per farsi strada, raccogliere qualche buon indizio per poter diventare realtà. Una cascata possente, in ambiente selvaggio e di alta montagna. Un grado abbordabile ma uno sviluppo estenuante. Meteo discreto, freddo che perdura, poca neve e rischio valanghe basso. Nessun report. Si va. Io e Giorgio. 

Ma un "state attenti" della collega di lavoro, una telefonata mentre preparo lo zaino, quel vento previsto in zona Tonale, mi fanno sentire odore di cattivi presagi. Un'altra telefonata sistema un po' le cose, e alle 2 si parte. Durante la colazione (ottima torta di Chiara), un altro presagio. Va beh, ormai siamo qui, andiamo a vedere che in ogni caso saremo in un posto fantastico. Le ciaspole le lasciamo fiduciosamente in auto. 

Siamo soli, anche la luna nascosta dietro le nuvole, tanto ghiaccio sulla parte iniziale della forestale, lascia poi spazio alla neve, ma con una buona traccia che mi fa ben sperare sia gente che ha salito la cascata nei giorni addietro. Saliamo con calma per non bruciare energie, per non sudare troppo che poi prendiamo freddo, e poi onestamente non mi sento ancor in formissima. 

Un'occhiata alla cartina, stiamo salendo correttamente. Finalmente la frontale non è la sola luce che ci aiuta a orientarci, il cielo si illumina debolmente, ma quel che basta per mostrarci, ormai fuori dal bosco, in che meraviglioso ambiente siamo: come dice Messner "sempre bello l'Adamello!". 

Notiamo qualche flusso ghiacciato, ma nessuna traccia del nostro cascatone: ma dove sta?! La neve aumenta, non è tanta, ma la consistenza inizia a farci sentire la mancanza le ciaspole. Continuiamo a salire, con calma, sembra che siamo soli, almeno per adesso. Finalmente una barricata rocciosa viene superata e il flusso appare in tutta la sua imponenza. 
In realtà si vede solo la parte alta, ma è sufficiente a mettere un po' di soggezione in noi minuscoli esserini. Più la osservi da ontano e più sembra "tanta", ti avvicini, ne osservi la parte bassa, esile e incuneata tra le rocce, ma una volta che gli sei sotto, nonostante ora incomba davvero su di te, ti sovrasti, sembra più addomesticabile. Quasi amica.
 Continuiamo la nostra faticosa marcia, le 2h previste di avvicinamento previste dalla guida saranno ampiamente superate. Una traccia c'è, ma non è sufficiente a evitarci la fatica; poi arrivati a un manufatto idraulico, sparisce. E questo è un nuovo presagio, il penultimo. Traccia finita vuol dire anche che nessuno è salito dall'ultima nevicata. Traccia finita vuol dire che ci mancano sì solo 500m con poco dislivello, ma sono tutti in neve inconsistente e con sotto pietraia a buchi. 

Ma già da un po' osservo spindrift che spazzano la parete. Quello che temevo quando ho visto il vento previsto. L'ho visto. ho temuto proprio questo, e nonostante ciò non ho fatto abbastanza per evitarlo. La Verte è sempre nella mia mente ogni volta che sono su neve o ghiaccio. Questo scenario però mi risveglia i ricordi della Tour Ronde. Dal primo sibilo di vento che ci urtato ero dubbioso sull'iniziare la salita, ora lo sono molto meno. 

"va beh dai, finchè siamo qui proseguiamo fino all'attacco" e via in mezzo a neve sfondosa in mezzo a buchi e pietroni. Giù fino alla vita, incastrati coi piedi. Altri spindrift: la parte bassa è flagellata, la alta pare meno. La vedo che finisce a birra e salsiccia. I presagi che si manifestano da ieri sera, stanno avendo la ragione.
Poi arriva lui, "the big spindrift": un minuto abbondante in cui il vento si scatena, spazza come una scopa indomabile tutta la parete, centinaia di metri quadrati di roccia e neve, lingue nuvolose di farina che scivolano verso la gravità, che si uniscono e acquisiscono forza. Spettri che scendono verso giù, verso di noi, sembrano deboli dita che cercano di afferrarci. Vento e neve ci urtano in faccia. 

Si torna a casa. Non c'è dubbio adesso. 

Durante la discesa incontriamo due cordate che invece salgono, in una riconosco un ragazzo incontrato proprio alla salita della Tour Ronde: presagio confermato anche con questo tassello! Gli diciamo perchè abbiamo rinunciato, loro proseguono per valutare cosa fare, uno di loro "ormai siamo qui, vediamo. Là c'è un corso, là un altro corso, là è troppo tardi per arrivare", maledetto affollamento in montagna! 

Si scende, delusi ma sereni, comunque vada agli altri ragazzi (saliranno tutti) noi siamo sicuri della nostra scelta: noi abbiamo visto, loro no, io ci sono già passato, loro non so. Errare è umano, perseverare è da stupidi. Mi piace pensare di non essere stupido, almeno quando è in ballo la vita. 

"Ci torneremo" questo è certo, troppo bello questo posto, troppo bella questa cascata, troppo scottante questo errore. La voglia di ghiaccio resta viva, la voglia di goulotte si accende osservandone tagliare i versanti delle montagne ora illuminate, le geometrie di cristalli di neve ci ricordano quanto magico, imprevedibile, vario, affascinante, sia il mondo dell'acqua solida.


Qui altre foto.

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