Direi che dopo la giornatina di ieri, oggi cerchiamo qualcosa di un po' meno ingaggioso, direi quasi
plaisir. Oddio, plaisir in Brenta c'è poco mi sa, ma la via che ieri vedevamo dallo spigolo del Campanile Alto può far per noi.
Colazione con calma, guardiamo le
relazioni, e concordiamo sulla meta: si va alla Torre Prati! In
tantissimi sono già partiti, noi siamo tra gli ultimi. La giornata è
sempre fresca (infatti anche oggi patiremo freddo) ma limpida (per il
momento..). Un cartello sul bivacco invernale del Rifugio Brentei non è di buonissimo auspicio, ma le due milf che ci fanno da carota
davanti..ce lo lasciano guardare solo di sfuggita.
Risaliamo il sentiero verso il Rifugio Alimonta, estasiati dai paretoni, dal gran diedro, dalle lontane torri: madonna
quanta roccia. Giunti al rifugio, la strada da seguire non è
chiarissima, mentre la meta è proprio laggiù: ma occorre aggirare
delle depressioni in modo furbo.
Un sacco di ghiaia, sassoni, e tac!
Trovo pure un vecchio chiodo: di certo mai piantato, ma d'epoca.
Senza traccia puntiamo alla parete, la raggiungiamo e così ci
ritroviamo su una cengetta stretta ed esposta: perchè il casco non
l'abbiamo ancora? Una corda incastrata ci fa intuire da dove si
scenda: la salita invece deve essere più avanti. Ma avanziamo
troppo, torna indietro.
Rampetta sfasciumosa verso l'attacco,
dove scopriamo con nostra sorpresa che una cordata ci precede:
avevano altri programmi, ma il freddo al risveglio li ha fatti
desistere.. Che siluro il Bimbo di Monaco! Parte Giorgio, come quasi sempre quando sono con lui, e
inizia un'altra bella giornata fredda su uno spigolo ovest che non
prende mai il sole: dei geni nello scegliere le vie.
Primo tiro con già un po' di pepe:
d'altronde la via è data di IV sostenuto, siamo a orecchie basse. Ma
le soste sono spittate, e anche la discesa, quindi siamo almeno
tranquilli su quell'aspetto. Non fosse che il mio amico sosta su due
clessidre con cordone vecchio..
È la mia volta, e infatti dopo pochi
metri trovo la sosta ad anello. Ma che bel tiro! Difficoltà
continue, esposizione massima, un vero tiro di spigolo! Roccia
eccezionale e panorama stupendo (quando lo si può guardare..), cosa
volere di più? Un po' di tepore.. Le dita non sentono la roccia..
Da qui c'è da calarsi: Giorgio cala
me, io calo lui dopo aver approntato la sosta, e lui riparte. Riparte
ma..a farfalle. Sale troppo a sinistra, ma come dargli torto: lo
spigolo è già finito, siamo in parete, sotto c'era un passaggio a
destra ma non si vedeva. Così gli tocca disarrampicare sul duro, e
traversare con un "Andre perdonami, il traverso non ti piacerà".
Riparto io, le difficoltà sono
inferiori rispetto a prima ma comunque una vietta che si fa dare del
lei. In ogni caso, la soddisfazione di oggi è quella di percorrere
una via di Armani: non sono per nulla storico, ma ricordo che questo
nome è abbinato a certi vioni che sono dei classici da non farsi
mancare.
Va Giorgio ora, un tiretto che ci
deposita su una cengia dalla quale dovrebbe vedersi il camino finale.
Un po' di sfasciumi che cadono verso basso, verso di me, no good.
Titubanti sulla descrizione della relazione, non ci capisce se il
prossimo sia l'ultimo tiro o meno: dico già al mio amico che cerco
di chiudere la via, ma lui no! Vuole arrampicare ancora, perciò se
c'è una sosta intermedia, falla! (ma sì cucciolone!)
Ma la sosta non ci sarà. Un bel
caminone poco proteggibile, un'apertura di gambe da far invidia a
Carla Fracci, e via verso l'alto, via verso il sole! Il sole, che
goduria sarà raggiungerlo.. Fine del caminone, no sosta, a destra
pietraia nel vuoto, vado verso sinistra: preso di petto la parete
senza mani, ecco che poi sguscio verso il plateaux sommitale. Due
spit a terra per una sosta comodissima!
Scomodissimo, una vera rottura di
coconets, è il drone. Giorgio me lo aveva già segnalato, ma solo
dopo aver fatto sosta lo noto. Lo sento. Un fastidiossimo ronzio che
si avvicina sempre più. Zero privacy. Gli mimo il dito davanti alla
bocca ("stai zitto"). Nulla. Recupero le corde. Mimo le
orecchie tappate ("fai troppo rumore"). Nulla. Recupero le
corde. Mimo il gesto di "vai via". Nulla. Recupero le
corde. Lo rimimo. Nulla. Recupero le corde. Prendo un sasso in mano
(ormai è a 5m da me). Nulla. Recupero le corde. Se ne va dopo
qualche minuto ancora.
Ci ritroviamo in vetta, su questi 3-4m
quadri che poi calano a picco, ma che ci permettono di svaccarci un
po', mangiare, goderci i raggi che ci scaldano, e ammirare il
panorama e pure la via di ieri. Niente traversata, meglio scendere
presto così il mio amico raggiunge la famiglia a cena. Ma
intanto..pausa.
Giù a cercare le doppie, che anche
queste avranno il loro da dire. Gigi rovente per la verticalità
delle stesse: la seconda che dobbiamo allungare quando siamo a metà
perchè non ci fidiamo della sosta nel grottino umido. La terza che
arriva a pelo all'anello solo grazie all'elasticità della corda.
L'ultima che nel dubbio facciamo con entrambe le corde, rivelando a
metà un tettone e uno strapiombo che si scende nel vuoto.
Uff, eccoci alla base, senza incastri
di corde ma con un po' di sassaiola presa qua e la.. A ritroso sul
percorso di andata, un ghiaione ora caldissimo, un percorso che un
po' troviamo e tanto no, e l'arrivo al Rifugio Alimonta molto più affollato
di prima. La vista di tante pareti che ci invogliano ad arrampicare
ancora..
Niente milf-carota a scendere al Rifugio Brentei, rifatti gli zaini
ci fiondiamo giù per non perdere tempo. Fiondiamo, corriamo,
incappiamo in chiacchierone che si bloccano in mezzo al sentiero a
fare conversazione. "oh ma voi avete arrampicato, e correte pure
a scendere?" "oddio che paura, credevo fosse un cavallo"
in men che non si dica siamo all'auto.
Porco cane, io che credevo aver
seminato Giorgio, che già mi gustavo i piedi a mollo nel freddo
torrente, me lo vedo arrivare quando sono a metà preparativi per la
messa a posto della roba.. Uff, pediluvio rimandato.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.
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