Why not?! Weekend con meteo splendido,
addirittura caldo, so che i prossimi due non potrò far nulla, perciò
perchè no? Perché non partire con la prima alpinistica dell'anno?
Pardon, dopo
Marmolada,
Punta Oberettes,
e altre, dire" la prima" non è corretto..bando a queste finezze,
andiamo. Siamo carichi come delle molle, lo sms di Riccardo a
mezzanotte in cui gli chiedo “cosa fai ancora sveglio?!” è
emblematico: “adesso vado a letto, sono tutto eccitato”. Io non
sono da meno: sul Rosa siamo stati solo ai tempi del corso di
alpinismo da allievi, e andò maluccio: il regno dei giganti di
ghiaccio non fu molto accogliente. Per Marco sarebbe il primo 4000, e
quindi anche lui freme.. Non si può tornare con le pive nel sacco!
Poi
Nicola mi ha prestato la
sua macchina fotografica, “così almeno fai qualche foto decente!”,
glielo devo.

La giornata inizia come previsto:
giocando a tetris. Siamo io, Riccardo, Marco e Gianluca, sulla Musa,
4 zaini voluminosi e le borsette varie. Ma ce la fecimo per il San matteo, ci riusciremo anche stavolta! Poi si parte.
Come sempre, l'attesa per una sfida
importante ha una serie di step. Mentre si insinua l'idea la volglia
cresce, e c'è solo della positività. Poi l'idea diventa progetto, e
nella frenesia generale le insidie si tengono in considerazione, ma
passano in secondo piano con un “oh, vedremo dai!”. Poi gli sms e
le mail di invito e conferma, con in allegato il programma. E
iniziano le domande che insinuano dubbi. Ma te hai redatto il
programma, devi essere sicuro delle tue proposte. La partenza: tutti
sono eccitati, è il momento più carico (dopo la cima). Ma durante
il viaggio..pian piano i dubbi si insinuano.
Gli impianti aprono settimana prossima,
perciò tracce ce ne saranno? Forse qualcuno è salito dal rifugio.
Ma la neve? Il rifugista ha detto che ce ne è ancora.. E il Bernina
ne è pieno da quello che mi ha detto il capo del marco e Rosa.
Saremo solo noi sul ghiacciaio? È bello esser soli, ma..fa più
paura. Ce la faremo sulla cresta? E il fisico? Ciaspole si ciaspole no..? Da Saint-Jacques al
rifugio sono 1700m di salita.. E in questa fase, non dico che viene
voglia di tornare indietro, ma subisci un ridimensionamento tale da
farti crollare i sogni. Poi entri nella valle d'Ayas, e li vedi,
laggiù.
Sembriamo quattro ragazzetti appena
entrati in pubertà davanti a una donna che ci apre le..beh avete
capito. Gli occhi sono là, puntati, dritti, non si staccano. (beh
spero quelli di Riccardo che guida siano sull'asfalto). I giganti.
Arriviamo. Ce la faremo. Almeno il Polluce, a costo di metterci il
triplo del tempo e battere traccia! E che cazzo!
Alla piazza di Saint-Jacques due cose
ci rincuorano. Uno, il servizio jeep che ci toglie buona parte della
strada (che vediamo essere una pallossisma strada forestale),
portandoci al Pian di Verra Superiore, 2900 e sblisga. Due,
parcheggio pieno, probabilmente c'è molta gente che ha voglia di
aria rarefatta, batteremo traccia un po a testa.
Poi due chiacchiere con l'autista della
jeep hanno un doppio effetto. Ci rincuorano “ho già portato su una
trentina di persona”. Ci preoccupano “domani dopo pranzo mettono
pioggia” “per dove pensate di salire sul Polluce? Lo scivolo è
una lastra unica pronta a venire giù..”. Siamo qui, ormai si va,
testa bassa e pedalare!
La salita al rifugio ce la prendiamo
abbastanza comoda. Gianluca è sempre la davanti a tutti, io dietro:
un po' insolita come situazione. Ma non sto bene, il pranzo, le curve
per strada, il non essere andato in bagno si faranno sentire oggi.
Che palle. Questa cosa mi preoccupa. Ma sono MTR, eh eh! Come per il
viaggio in auto, la prima parte nasconde i giganti e ci fa ripiombare
nei timori, poi quando ci riappaiono loro, ancora più vicini, la
mente mette il turbo.
Da qualsiasi parte voltiamo lo sguardo,
seracchi, seracchi, seracchi. E scaricano, porca vacca se scaricano.
Dopo i primi 5-6 frastuoni ci facciamo l'abitudine, cercando di
vedere dove sia la caduta di ghiaccio e pietre, invano spesso. Ma i
primi ci fanno accapponare la pelle. Anche in virtù della
considerazione del caldo che deve fare.. Ergo, neve pappa, ergo
fatica tanta!
Gianluca e Riccardo ci indicano i monti
intorno a noi alla pausa al Rifugio Mezzalama dove mangiamo e beviamo
qualcosa. Speravo fosse aperto per prendere una coca cola digestiva,
ma niente. Poi si riparte, lasciando la cresta della morena (che
ghiacciaio che doveva esserci una volta) per le rocce e le chiazza di
neve..bagnata. Davanti a noi in alto un altro gruppo sale, dietro di
noi nessuno.
Dopo esser scivolati abbondantemente
sulle roccette ghiaiose burrose prima delle corde fisse, arriviamo al
Rifugio. Ora non si torna indietro. Entriamo, e succede subito il
patatrac: Riccardo perde gli occhiali. Li appoggia sul bancone per
firmare, si allontana due minuti, e non ci sono più. Li cerchiamo
tutti per un'ora, niente. Come farà domani? C'è da diventare ciechi
con questo riverbero! Fortuna che davanti a una birra ispiratrice mi
sovviene che con me ho la maschera da sci! Siamo mezzi salvi..
E come sempre prima di cena, si discute
con le altre persone che trovi al rifugio: che fate domani, che
itinerario, notizie sulle condizioni, ecc. Siamo noi, due spagnoli,
un gruppo di 4, e 26 del CAI di Biella per un corso di alpinismo. Ora
c'è da decidere: partiamo tutti insieme per alternarci sulla
traccia, o cerchiamo di partire per primi per evitare traffico?
Immaginerete già cosa decidiamo..
Il rifugio è accogliente, caldo (forse troppo), la
cena discreta (forse il mio malessere
pomeridiano mi si trascina dietro ancora..). Dopo cena vorrei
aspettare il tramonto per fare qualche foto, ma c'è da spettare
troppo, andiamo a letto. D'altronde Marco è uno straccio, e te lo
credo: ha fatto il turno di notte. Io riesco a dormire abbastanza,
gli altri non so. Alle 3e30 la sveglia suona, è ora di essere
carichi di spirito! “Riccardo, apri la finestra e dai un occhiata”
“Mamma mia che cielo”, evviva. Solo in seguito mi dirà che
durante la notte ogni volta che si svegliava guardava i vetri e li
vedeva annebbiati: pensava già “ma schifo di tempo, che cazzo
facciamo domani?!”, poi al mattino dopo aver aperto capì che la
nebbia che vedeva era la condensa dei nostri respiri sul vetro..
È ora di partire, dopo la colazione
ci vestiamo da capo a piedi, ora si che gli zaini son leggeri. Le
cordate, per cercare un po' di equilibrio sono io con Gianluca e
Riccardo con Marco. La luce notturna sul ghiacciaio è una favola,
che spettacolo. E presto albeggia, si vede il Gran Paradiso che pian
piano diventa rosa, poi bianchiccio, poi soleggiato. Sono sempre
emozioni queste. Come previsto siamo partiti per primi, perciò siamo
soli. Ma c'è una traccia evidente che possiamo seguire per stare
tranquilli, in mezzo a questi, seppur distanti, giganti seracchi.
Cra cra, i ramponi mordono bene, le
condizioni sembrano buone, speriamo che tengano se dopo vogliamo
farci anche il Castore: meglio fare prima il Polluce, finché la
cresta è tutta per noi! Si ride e si scherza, anche se si sentono i
fiatoni. Fischietto, anche se oggi non ho una canzone ispiratrice in
particolare. Sali sali e ti senti sempre più piccolo, sempre più in
soggezione. Sempre più vivo.
Avrei voluto salire per lo scivolo, ma
quello che ci ha detto l'autista della jeep mi ha spaventato un po'.
Attacchiamo la cresta, probabilmente troppo presto, avremmo dovuto
prendere il canalino di neve più avanti che saliva più in alto. Ma
va bene, sul misto c'è da allenarsi e prendere confidenza. Salendo
su queste rocce a volte instabili, altri giganti appaiono: i Lyskamm,
la cui traversata è sul taccuino dei progetti. Appaiono anche le
altre cordate sul ghiacciaio, come formichine percorrono in fila
indiana.
La cresta ci porta via un sacco di
tempo, e ci rende inquieti perché tracce non ce ne sono, non ci sono
percorsi obbligati, e abbiamo poca esperienza su questo terreno. E
infatti quando arriviamo ai canaponi, ci arriviamo trovandoceli alla
nostra destra, mentre le relazioni dicono a sinistra.. Va beh, siamo
arrivati, questo è l'importante. Penso già che sarebbe meglio
scendere per lo scivolo. I canaponi non sono nemmeno così comodi: da
stringere sono veramente oni, e c'è da tirarsi su bene, anche perché
un po' di verglass rende difficoltoso fidarsi dei piedi. Non parliamo
di quello scellerato di marco davanti a noi, che ci scarica addosso
di tutto! Ma ci vendicheremo sul Castore..
E arriviamo alla Madonna, altro
panorama che si apre, ma la visione della cresta finale per la cima
ci fa dimenticare le foto e partire. Gianluca accusa il colpo, dice
di esser stanco..mmm, dai forza! E così, è cima. (
qui video di Riccardo, ultimi metri e panorama) Polluce, giornata
strepitosa, un po' di vento, ma è normale, sole, nessuna nuvola
(tranne che sul Bianco), Weisshorn, Zinalrothorn, Dent Blanche,
Lyskamm, Dufour, tutti li davanti ai nostri occhi. Qualche momento di
ammirazione. Più di qualche momento. Torniamo alla madonna, mangiamo
qualcosa e giù per lo scivolo. La mia idea è stata ben accolta, e
scendiamo dritti dritti giù: meglio non tagliare il pendio se il
Jeepista ha detto che è una lastra!
Siam giù, e Gianluca ribadisce di
esser stanco. Sono onesto, inizio a preoccuparmi, perché il Castore
è li e vorrei davvero salirci su, ma siamo in cordata insieme, e la
dura legge della montagna è che si torna indietro se uno non ce la
fa. Cerchiamo di motivarlo, e riusciamo a proseguire fino al Passo di
Verra. Mii che sole, ci si cuoce! Che bella sensazione.. Gli opposti,
sei su un ghiacciaio, e hai caldo. Niente da fare, al Passo di Verra
Gianluca dice basta, “vi aspetto qui, oppure sento un'altra cordata
se posso legarmi con loro e scendo con loro, ci vediamo al rifugio”.
“sicuro? Mi dispiace, ma se vuoi torno giù con te” “ no no”.
Grazie Gianluca.
E così, la cordata diventa da tre, ed
è la stessa del battesimo alpinistico: la traversata Vioz Cevedale,
la prima alpinistica in completa autonomia che abbiamo affrontato.
Quanti ricordi. Forza su, la cresta del Polluce poteva presentare
difficoltà tecniche, qui c'è solo da salire, gamba e polmoni. Ma
siamo abbastanza stancotti, e numerose brevi pause intervallano la
salita. Salita che dopo un primo momento sotto un sole cocente, poi
passa all'ombra (con una bella transizione del sole che scompare
dietro la cornice), e si fa fresca: ma la sudata scalda, eccome!
Incontriamo un ragazzo istruttore del
CAI di Biella che scende con la sua cordata, e gli chiediamo se c'è
qualcuno che abbia posto nella sua cordata per prendere su Gianluca,
che vediamo ormai come un puntino laggiù. Ci dice che loro qui sono
full, ma sta scendendo una cordata a due, istruttore e allieva
(guarda te che culo Gianluca, anche un'allieva!), che ci penseranno
loro: grazie! E infatti più su li troviamo, e ci danno risposta
positiva: così siamo più tranquilli.
Eccoci, manca davvero poco adesso.
Siamo sotto la crepaccia terminale, poi c'è la crestina finale,
corta ma aerea. Adesso sì che ci sono le difficoltà tecniche, ma ci
fanno un baffo, la frenesia è alta. Riccardo supera la crepaccia,
poi passa sul ripido, una ventina di metri. Io lo seguo a ruota, poi
tocca a Marco: avremmo potuto sciogliere le bambole e salire
distaccati, ma di fronte a questo spettacolo non ragioniamo più. E
la crepaccia non scherza, parecchio coperta da ponti, ma la cui
solidità è meglio non testare. E la profondità? Mah..
Poi si sbuca. Come uscire da un uovo,
ti appaiono i Lyskamm. E tutte altre cime. Ghiacciai estesi,
seracchi, neve. Se non avessi gli occhiali mi strofinerei gli occhi
per appurare non sia un sogno. Mi giro a destra, c'è la cresta e la
cima. Dai che ci siamo, è fatta! Lo spazio per due piedi c'è, si
riesce anche a piantare la picca, ma come precipita da una parte e
dall'altra è notevole.
Ed è cima, 4221m, il punto più alto
mai raggiunto da tutti e tre. Che spettacolo. Il Cervino è la, il
Bianco si concede, spazzando via il cappello che lo avvolgeva da
stamattina. Il Polluce sembra piccolino in confronto, in cima a lui
alcune cordate del CAI di Biella, una foto gliela devo fare, viene
davvero bene. Ripeto, che spettacolo, giornata stupenda, condizioni
buone, visibilità ottima (non pretendo di vedere il Cusna!) e
compagnia eccellente. Perfetto. Praticamente ci siamo giocati il
jolly 2012. L'anno scorso fu sul Bishorn, primo 4000 per Riccardo, il
mio primo in autonomia, una giornata spaziale. Adesso temo per la
Barre des Ecrins, voglio una giornata come questa!
Foto di rito, video (venuto male però, perciò non lo pubblico),
ci godiamo questa impresa.
Poi scendiamo da dove siamo arrivati, e
scatta il momento commozione. Sento le lacrime sgorgare dolcemente e
lentamente dagli occhi. Questa sensazione mi mancava. E già mi
manca, voglio ripetere questa giornata. Ho fame, ho appena finito un
piatto di spaghetti, ma ho già visto quanto sia imbandita la tavola.
Forchetta e coltello cameriere!

Per scendere adesso è meglio fare le
cose serie. Smolliamo le bambole e caliamo Marco. Arrivato alla
crepaccia gli finisce un piede nel vuoto, e noi sentiamo odore
di..avete capito. Ma gli va bene, resta ancorato con gli altri tre
arti. Si fa la piazzola e poi tocca a me. Arrivo alla crepaccia e
penso bene di passare più a sinistra. Già perché a furia di bufali
questo ponte è stato ben utilizzato, ed è visibilmente provato.
Ottima scelta, scivolo, finisco per fortuna con il culo sulla neve
che fa da bordo, ma con le gambe dentro. Riccardo sentendo la corda
tirare all'improvviso si è correttamente lanciato all'indietro, ma
ridendo come un matto (mi svelerà in seguito)! D'altronde sono due
anni che dico “calatemi in un crepaccio”. Metto subito la gamba
sinistra fuori, restando a cavalcare la neve che fa da spartiacque
tra il pendio e l'abisso. Vorrei una foto, ma Marco si rifiuta, e io
non voglio stare qui a lungo in bilico. Poi Riccardo, guidato dai
nostri consigli, scende senza problemi.
Poi è tutta una corsa tirando giù
dritto per dritto, lanciando a Marco (che è il primo di cordata
adesso) tutto lo scibile in fatto di palle di neve, ghiaccio, pezzi
di crosta. Avvicinandoci al Passo di Verra, dove abbiamo lasciato
Gianluca, vediamo qualcosa di scuro. Avrà dimenticato qualcosa. Ma
come si fa a dimenticare qualcosa di scuro sul bianco della neve?
Mah, è uno zaino? Maledetto! Dai, avrà avuto i suoi motivi. No, è
uno zaino ma non è suo, fiuuuuu.
E si apre così il picnic al Passo di
Verra. Manca la grigliata sì, ma lo spirito c'è tutto. Ragazzi che
giornata. Una lunga pausa poi scendiamo di nuovo (legandoci bene
adesso), sappiamo che triturata di palle ci aspetta fino a dove la
jeep ci può prendere. E quante ore di auto da Saint-Jacques a Carpi!
In più si sta annuvolando, vuoi dire che il jeeppista avesse
ragione? C'è comunque che sono 8 ore che siamo in giro..
Arriviamo al rifugio, dove Gianluca ci
accoglie chiedendo come sia andata, risposta scontata. Poi
realizziamo l'ultima fatica della giornata: trovare un posto sulla
jeep a un orario decente. Già, perchè visti i 26 di Biella, gli 8
posti della jeep, i 40-60 minuti tra un carico e l'altro, si rischia
di aspettare tre ore, ergo arrivare a casa dopo le 22e30!
Invece andrà meglio del previsto,
discesa triturapalle sulla cresta della morena, ma una volta arrivati
al Ppian di Verra Superiore aspetteremo relativamente poco prima di
poter salire sulla jeep, anche perchè ci concede di salire in 9 per
viaggio, grazie anche alle insistenze del CAI di Biella. A loro porto
una giacca che hanno dimenticato al rifugio, e una ragazza di loro
porge gli occhiali da sole di Riccardo a lui stesso: ci vorrebbe la
musica della Carrà! Giornata coronata da queso ritrovamento, che
culo.
Giornata fantastica, faticosa sì, ma
deve esserlo, nessuna conquista è tale se non la si suda. E se
l'appetito vien mangiando..non dico altro!
Special thanks to Nicola, che grazie alla sua bontà mi ha prestato la sua macchina fotografica.
Qui altre foto.
Qui il report.
qui video di Riccardo, ultimi metri verso il Polluce e panorama