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domenica 21 luglio 2019

Everesting run: cricetando sul Cusna!

Non è che sia proprio una regola ferrea essere completamente centrati. Anzi, un pizzico di pazzia serve per sopravvivere in questo mondo e in questa società: come il sale che da il giusto condimento nelle pietanze, la giusta dose di rhum nel mojto, ecc. E quale miglior modo di sfogare questo bisogno di scentrarsi che una sfida fisica e mentale senza premi, senza sfidanti (a parte se stessi), incomprensibile ai più?

Eccola, si chiama Everesting: scegliere una salita, e percorrerla tante volte finchè il dislivello in salita accumulato eguaglia (e supera) quello della montagna più alta del mondo, in una sola volta (le pause possibili ovviamente, ma senza dormire). Nata per il mondo bici, e scoperta grazie a due amici ciclisti: ma io di stare in sella a spaccarmi il culo (nei due sensi) per tante ore non ce la posso fare (sempre che riesca poi a sostenere la fatica). Da qualche mese è stata creata la versione "run", ma anche qui io non voglio spaccarmi le ginocchia in discesa. Ferma tutto, nella versione run è possibile scendere con altri mezzi! Allora si può fare.. Dove? Quando?

La salita faccio presto a sceglierla: il mio terreno di allenamento, vicino casa e con la seggiovia che in estate in certi giorni è in funzione dalle 9 alle 24 (circa). C'è solo da aspettare la giornata con meteo propizio, senza venti che potrebbero fermare la seggiovia, e magari una giornata che mi senta in forma.. Già prima della LUT avevo pensato al primo weekend di ritorno dal GR20. Ma chissà se tutto si allinea nel verso giusto, se avrò tempo di prepararmi, pianifica, trovare qualche complice...

Scruta il meteo, caccia il bidone all'amico che voleva arrampicare (sorry, ma capiscimi!), telefona al gestore degli impianti, acquisisci la complicità della morosa nel portarmi su il saccone con viveri e cambi, opera una minuziosa pianificazione della spedizione (il giorno prima della stessa però). Sabato 20 luglio è il giorno. Per capirci, la pianificazione consiste nel redigere un foglio (excel) dove ipotizzo i tempi di ogni salita, pausa, discesa, cambio abito, spuntino; e sulla base degli orari della seggiovia, della previsione del tempo totale da metterci fare un tuning dell'orario di partenza e della logistica. Decidere a tavolino cosa mangiare e bere durante ogni discesa, con cosa riempire la borraccia per la prossima salita. Un certo lavorino di ingegneria.

Parto già in ritardo, ma stanotte dovevo dormire un po'. Dal parcheggio risalgo la prima parte delle piste fino alla partenza del secondo troncone della seggiovia, che da 1500m sale fino a 2000m. Ho 40 minuti di ritardo, che riuscirò quasi a recuperare. Start ai due orologi, il mio e quello prestato da Giorgio. Con lo zainetto parto per la prima salita.

Calma, devo andare con calma. Tanto devo farne 17, ho tempo per ascoltarmi, capire come sto, vedere come va, e decidere se poi tirarci o rilassarmi. Scendo senza esagerare con la corsa (non come settimana scorsa che da 2000 a 1100 sono sceso in 25min scarsi), risalgo. Riscendo. Risalgo. Finalmente la seggiovia è aperta e posso sfruttarla per scendere. Dalla finestra del rifugio una ragazza si affaccia indaffarata a comunicare con un suo collega, ci guardiamo "Sei tu?" "Sì sono io che ti ho chiamato ieri", sono io quello scemo.

Scendo e incrocio Stefania che sale con solo il borsone dei viveri "Maledetto, ma quanto era pesante?! Ho dovuto svuotarlo un po nello zaino dei vestiti, mi toccherà fare due giri in seggiovia! stellina, grazie. Quindi vuol dire che mi tocca aspettare a usare il materiale di ricambio.. Risalgo e trovo l'ospitalità e complicità delle rifugiste che mi fan tenere il borsone nel magazzino, che uso come la cabina telefonica di superman per cambiarmi (nelle prossime ripetizioni) e prendere cibo e bere.

Riscendo, incrocio Stefania, risalgo e finalmente posso cambiare assetto: via lo zaino, solo cintura in vita con un gel e la borraccia. Mangio in seggiovia mentre scendo, con lei che se ne va verso casa "Manco un libro ci stava nella borsa, cosa resto a fare!", e intanto ha già informato le rifugiste che "è scemo". E distratto, ho dimenticato i bastoncini su.

Inizia una nuova fase col nuovo assetto. Ora c'è da concentrarsi, non sbagliare, rimanere sul pezzo e ignorare la fatica. Che a dir la verità non è nemmeno tanta, vedo che i tempi restano bene o male gli stessi (certo, verso la fine qualche minuto in più ce lo metto): sono quei 13 minuti di seggiovia a giocare a mio favore sul riposo? Forse sì, anche se 13 minuti sono tanti (fossero 10, 3x17=quasi 1h risparmiata) e sono..freddi. Sudato così, c'è davvero freddo.

Ignoro tutto e tutti, salgo e scendo, salgo e scendo, evidentemente chi aiuta a salire sulla seggiovia qualcosa inizia a chiedersi. Ogni tanto quando entro nella mia cabina telefonica le ragazze mi chiedono se vada tutto bene: forse pensano più alla mia sanità mentale che alle gambe. Ma io vado, un panino quasi ogni discesa, the, coca cola, basta gel che mi infastidiscono.

Dopo 10 salite sono oltre il Monte Bianco: mando un messaggio da chi mi segue a casa per fargli sapere come va. Chissà, potrei scrivergli anche quando arrivo sul Denali, sull'Aconcagua, sull'Annapurna. Dai va, pensa a non perdere il ritmo e la concentrazione. Sono oltre metà, ma non resta di certo poco da salire.

Il caldo asfissiante della mattinata si placa nel pomeriggio costellato di nuvolette. Male sarà invece il vento che mi farà tremare di freddo in seggiovia dalle 18 in poi, per poi trovarmelo pure forte e contro nelle ultime 3-4 salite. Stefania mi ha già minacciato "Con la fatica che mi hai fatto fare, te adesso finisci sta cosa e vedi come ti piace". Piacere. SI può provare piacere a fare una roba del genere? No, piacere non è la parola giusto, al massimo "appagamento".

Sali, entra in cabina, controlla la tabella cosa dice, prendi quello che dice la tabella, scendi, mangia in funivia, riparti. Annota i tempi quando riesci. Cerca di iniziare a capire quando finirà: temo che prima dell'ultima salita dovrò scendere di corsa, e questo mi scoccia. Può essere una bella botta. E la roba che ho su come la porto giù?!

Arrivo su: una signora che deve avermi notato mi interroga su cosa stia facendo, e mi fa i complimenti in seguito alla mia spiegazione. Segue l'addetto alla seggiovia su. L'addetto alla seggiovia giù mi aveva già chiesto. Era ovvio che non potessi passare inosservato. Testa china e continuare a salire. Ormai conosco i sassi, le frasche per terra, le curve. Ma ogni tanto sbaglio di qualche metro.

Brucia l'interno coscia. Non ho pensato a metterci del lubrificante lì, e sto pagando questo ammanco. Ce lo metto ora, ma è tardi, mi tocca proseguire a gambe larghe e denti stretti. Salvo questo, inizio a sentire che ce la posso fare, che manca poco. Il poco sono ancora qualche migliaia di metri di dislivello, mica pizza e fichi. E la seggiovia, ce la faccio a fare la penultima discesa?!

Il tempo inizia a stringere, ma la forma regge, la testa pure. Alle 22 entro in cabina telefonica, mi reco dalle rifugiste, mi dicono che l'ultima discesa non è alle 23:15 ma alle 23:45 "ah ma allora ce la faccio!" anzi, a darmi una mossa potevo farcela a fare anche l'ultimissima discesa. Buio, serve la frontale da un po'. E la giacca, freddo e vento.

Penultima salita, entro in magazzino, faccio su i borsoni notevolmente alleggeriti per tutto quello che ho mangiato e bevuto. Lo porto giù con me, lo lascio vicino all'arrivo della funivia a 1500m e mi appresto all'ultima delle 17 salite. Ora mi sento solo: nella salita è stato sempre così, ma ora anche quando arriverò su non ci sarà nessuno. E nemmeno quando tornerò giù. La montagna sarà tutta per me.
Sono su. L'orologio di Giorgio segna 9201, da Google Earth avevo visto che la salita doveva essere 560m, per 17 uguale 9520. Ma la prima salita mi aveva segnato 520, e 520 per 17 fa 8840! Spero bene che l'altimetro complessivo abbia ragione. Mi fermo un attimo a godermi la cosa. La cosa vorrei godermela con chi mi ha aiutato e una bella birra. Ma non si può. Anzi, c'è ancora da fare per portare le chiappe a casa.

Scendo, non più con calma, posso sforare e corricchiare. Alla seggiovia fermo davvero la traccia, e vedo un fuoristrada allontanarsi: no, ma dammelo un passaggio! Faccio su il borsone e lo zaino, compatto tutto ma il peso è notevole. E il borsone a zaino non è così comodo. Arrivo all'auto stanco più per questi ultimi 35 minuti che per le 17h di prima. è già passata l'1..

Una veloce lavata alla fontana, poi tento di iniziare la guida verso casa, ma sono comprensibilmente cotto. Mangiucchio intanto per tenermi sveglio, ma poi diventa d'obbligo una pausa a dormire mezzora. Mi sveglio, guardo il buio, volto gallone, un altra mezz'ora. Riparto, mi fermo dopo poco, ridormo. Suona la sveglia, me ne sbatto di lei e dormo. Mi sveglio col sole. Arrivo a casa alle 7e30.
Nei giorni successivi avvio la richiesta di omologazione, incrocio le dita. Dopo qualche giorno arriva, ma al momento in cui scrivo..c'è qualche problema con la traccia, è in California e con pendenza media negativa.. Ma l'omologazione c'è! Il ragazzo che si occupa del sito italiano, raccoglie i miei dati, mi mette nella sua Hall of Fame e prepara l'attestato (grazie Fabrizio!)

Ok, è forse una roba da criceti, con poca valenza alpinistica e sportiva, zero avventura. Ma avrei da contestare: l'avventura non è forse far fronte a situazioni impreviste? Ed è prevedibile come possa rispondere il tuo fisico e la tua mente a una cosa del genere? La mia ha risposto bene, benissimo, e sono proprio contento. Ora però, per un po'..basta!

martedì 25 dicembre 2018

Alla ricerca della serenità: Natale Appenninico

Non voglio dire che la giornata di ieri abbia lasciato il segno, però ho proprio bisogno di una tranquilla giornata a stendere i nervi alla ricerca di serenità con un trekking tranquillo e senza impegno. Ma due picche me le porto dietro che non si sa mai che riesco a trovare qualcosa di ripido e salibile.
L'Appennino Reggiano mi fa sempre sentire a casa, e la buona conoscenza che ho dei suoi sentieri e luoghi mi permette di non mettere nemmeno mano alla cartina per pianificare il mio giro. Parto dagli impianti di Febbio armato di frontale ma con una luna che illumina ancora a giorno.
La risalita delle piste non è certo al ritmo trail, ma presa molto più con calma visto che tanto di chilometri da macinare oggi ce ne saranno. La zero neve permette il progredire comunque agilmente. E durante la salita sole e luna si contendono il primato dell'illuminazione del cielo, con una luna che all'ultimo tenta di accendersi come un neon ma nulla può fare di fronte alla potenza del sole.
Come all'Alpe di Succiso la situazione è desolante anche qui: non ci sono pendii innevati ma solo deboli lingue da dover andare a cercare e comunque la cui uscita è piuttosto dubbia su terra. Lascio perdere e me ne vado su cresta verso la cima del Cusna con un bel vento impetuoso che ti congela fino alle ossa.
Sulla discesa verso il basso sotto la cresta est non posso più rimandare la calzata dei ramponi: la cresta si dimostra poi piuttosto spoglia e poco impegnativa. Poche foto in vetta e poi giù di corsa sui propri passi alla ricerca di un maggior tepore: già queste sono le ore del mattino più fredde, inoltre il vento che mi scuote come un fuscello amplifica tutto il freddo che si può.
Trattando allegramente sulla schiena del gigante confermo l'idea che avevo di salire anche verso il Prado. Si conferma ora che le temperature sono molto migliorate e che noto che come orari non ho problemi e nemmeno come gamba. Inoltre spero pure di riuscire a farlo prendendo una qualche lingua di neve che mi eviti la salita per il sentiero normale.
Scorrendo sotto le pareti nordovest e cipolla inizio a temere che l'impresa sarà ardua. Sì, ma una volta raggiunto il Lago Bargetana noto una striscia che dovrebbe poter essere salibile fino in cima. E noto pure una persona laggiù che probabilmente ha avuto la mia stessa idea quindi vado. Peccato che lei (lui) in realtà se ne starà il più lontano possibile dalla neve cercando l'erba.
Accidenti, ci sono un altro paio di canalini piuttosto invitanti, ma non sapendo come continuano sopra evito l'avventura e me ne sto tranquillamente sul mio canale a 35-40 gradi nel quale le piccozze non sono per nulla necessarie e posso andare solo con bastoncini e ramponi. Meglio che niente almeno i polpacci friggono.
Che bella questa sensazione di salire su dritto per dritto coi Ramponi che mordono la neve a volte solo con le punte frontali a volte con tutte le punte per la gioia della caviglia punto questo freddo sano, non come quello nebbioso della pianura. Mi ci voleva proprio!
Arrivo praticamente in cima, dove trovo un altro disagiato come me che non è altro che la persona che mi precedeva sulla salita. Mi concedo un po' più di calma e di foto, "oggi si vede anche il Tibet" come direbbe il vecchio saggio: in realtà si vede mare e Monte Rosa ma per me è già abbastanza. Il vento però soffia ancora forte e non mi permette di stendere la tovaglia e concedermi il mio pranzo di Natale in quota.
Via giù allora, a scappare da questo vento che mi sta creando un fastidio agli occhi tipo congiuntivite. Devio continuamente a destra a buttare un occhio ai canali e alle lingue di neve per capire se quelli che vedevo da sotto riescono a uscire fino in cima o se ci sia solo terra ed erba.
Senza il vento impetuoso è tutta un'altra cosa, però ancora un po' di vento lo si patisce e quindi di nuovo non posso stendere la mia tovaglia e pranzare. Continua la discesa, e una volta giunto al Passo di Lama Lite riprendo verso il Passone: chissà forse là potrò concedermi cibo e birra.
E invece no manco lì, non riesco a trovare un angolino riparato dal vento dove non debba sedermi sul fango. Porta pazienza, scendi giù verso il bosco. Ma all'imbocco dello stesso ormai il sole se n'è già andato e quindi nemmeno qui mi posso godere il pranzo.
Come temevo, il mio pranzo finisce consumato sul cruscotto dell'auto dopo essermi dato una lavata alla fresca fontana al parcheggio. E come temevo finito il pranzo il sole si è nascosto dietro La Piella lasciando la mia auto all'ombra. Non c'è verso di cacciarci una dormita dentro l'auto con effetto serra. Mi tocca scendere verso la pianura.

Qui altre foto.

lunedì 4 dicembre 2017

No words: Luna Piena in Appennino Reggiano

Bisogna esser un po' folli nella vita per poterla apprezzare a pieno. Lanciarsi in qualche avventura, spingersi oltre per vedere cosa c'è di là. Esagerare. Sognare. 

L'idea nasceva sulla base della previsione meteo dell'abbondante nevicata tra venerdì e sabato, scemata invece in pochi cm. Ma la Luna Piena..la si prevede con anni di anticipo senza sbagliare. Confermato il cielo sereno il vento quasi (quasi! un cavolo!) assente, se non si fa la scialpinistica, si può almeno andare a "passeggiare" sotto la luce del nostro satellite. 

Nel dubbio fino alla fine, ma ormai ho imparato che "se riesci a uscire dalla tenda, allora hai già fatto il passo più difficile", alle 19 ormai passate mi incammino dagli impianti di Febbio, sotto gli occhi straniti di due scialpinisti: io con ciaspole e piccozze (che magari..). 

Salgo per il 615, come qualche tempofa, senza ciaspole: fatico ma non affondo troppo, sudo e devo rallentare. La luna nascosta dietro qualche velatura, sarà meglio che esci bimba mia! Una buona traccia fino a uscire dal bosco, poi più nulla.. O meglio, continua sul sentiero estivo, ma io volevo passare verso il Mangiadorna, un po' più tranquillo dal punto di vista valanghivo. 

Intanto lo spettacolo è qui. La luna illumina tutto con potenza, l'Alpe di Valestrina, la conca del Passone. La mia ombra, e il vento che sale man mano che salgo. Calzo i ramponi prima che sia tardi, e via sulla dorsale che dal Mangiadorna prosegue verso la schiena del gigante. 

Il vento mi schiaffeggia più che mia madre da piccolo quando la combinavo grossa: meno male era quasi assente, qui devo ripararmi e ogni tanto voltare la faccia dall'altra parte. Lo spettacolo è però tanto, rende tutto sopportabile. Giunto sul crinale, Cipolla e Prado sfoggiano il loro splendore a separare la valle del Dolo dalla valle dell'Ozola. 

La Luna Piena, le stelle. La neve, la cresta. La mia ombra, la frontale ormai spenta da ore. #nowords. 

Avevo pensato di dare un po' di pepe alla salita, ma meglio rimandare che se no arrivo a casa domattina. E con questo vento..ho voglia di scendere. Diretto verso gli impianti, a calcare questa cresta così diversa da poche settimane fa, con una luce spettacolare, con le stelle che luccicano, e la neve ghiacciata pure. 

Val la pena prendere un po' di freddo per qualche scatto, ma i migliori sono nella mia testa (finche l'Alzheimer me lo concede). Arrivo agli impianti, timoroso di non trovare una traccia chiara di discesa su questi pendii un po' ripidi per lo slittamento di masse nevoso poco piacevoli. 

Altri scatti, e via giù. Sarebbe bello rimanere qui ad ammirare, pensare, sognare, vagare con la mente. Ma non si può. 

Presto trovo la traccia del gatto delle nevi: porco cane che crosta, risale pendenze oltre i 45°! Scendo scendo, ma col naso sempre all'insù verso quella lanterna fredda ma possente: la Luna. Foto su foto per non lasciare questi luoghi.. 

Incontro tre scialpinisti che salgono, mi chiedono se su c'è neve: fa te che ce ne è! Continuo la mia discesa fotografica, ammirando le stelle, così chiare in cielo. Un cumulo di neve sparata mi fa assaporare pendenze più marcate da salire: come un bimbo al parco giochi prima lo risalgo, poi penso "ma ci sarà un lato meno ripido per scendere?!" 

Una lepre attraversa la pista all'improvviso, l'Orsa Maggiore mi segna la via. Arrivo all'auto: ora c'è da tornare giù, guidare fino a casa, stanco e affamato (ma due panini presi preventivamente mi sazieranno), dormire poche ore e andare a lavoro (ma prima lavatrice, colazione, preparazione pranzo). Ma chi me lo fa fare?! La Luna.

Qui altre foto.
Qui report condizioni neve.

sabato 17 dicembre 2016

Superando il sole, superato dal vento: alba sul Cusna

Stavolta ci arrivo in tempo. Anzi troppo in anticipo!
Il giro è il solito, la direzione la stessa della scorsa settimana, ma c’è un motivo: percorrere la cresta della schiena del gigante verso est, verso il sole. Parto dal parcheggio con la mia frontale, i bastoncini per fare casino e quindi avere due armi per spaventare le bestie con del preavviso. E invece nel buio pesto del bosco, un gruppetto di cinghiali mi sente tardi e mi fa prendere un bello spavento.
Continuo per la mia strada, timoroso del vento previsto dai siti meteo, ma che ancora non sento e quindi mi tranquilizzo. Le prime luci cominciano a vedersi quando sono già fuori dal bosco, non sapendo che ore sono mi affretto, che non voglio mancare l’alba per la seconda volta!
Ora però l’aria in movimento balla un bel tango. La neve è scomparsa, quel rimasuglio che ti faceva sperare che i cambiamenti climatici non siano così radicali, e invece sono proprio uno stravolgimento. Dritto per la croce di vetta, su un versante leggermente riparato dal vento, ma in cima.. mamma cara.
Sono in vetta, troppo presto accidenti. Meglio vestirsi: sotto guanti, guanti, moffole, coprimoffole, pile smanicato, giacca, wind chill maledetto! Il termometro in vetta segna -14°C, considerando che il vento quasi mi sposta direi che soffia a 45 km/h, il che crea un effetto wind chill di..-28°C: sole muoviti a sorgere!!!
Stavolta sono da solo in cima, mangia qualcosa, cammina per scaldarti, vai al riparo delle rocce, cammina, nuota a stile per scaldare le mani, sole?!?!?! Dove diavolo sei?!?!?! Esci!!! Ma chi me l’ha fatto fare.. Belle le nebbie a valle, le Alpi che sorgono, la toscana con la foschia, la Valle del Liocca con metà alberi bianchi dalla galaverna, ma soppa che freddo becco!
Finalmente eccola la palla di fuoco: scaldami un pochetto su.. Per usare il paragone dell’altra volta, oggi l’Appennino le ha messe le mutande, di castità!
Mi godo il momento, ma lo faccio durare poco perché qui c’è davvero voglia di scendere. Giù per la cresta est, veloce per spostarmi dalla furia del vento che ora è pure aumentato! Veloce percorro la schiena del gigante, guardandomi intorno, guardando il sole che si è fatto attendere come una bella ragazza che se la tira.
Sognando cascate di ghiaccio su questi versanti bassi e che di solito sono coperti di neve, arrivo al Passone, dove però la croce non fischia.. Ma non ho tempo e voglia di aspettare che emetta suoni, mi lancio giù per il solito sentiero, veloce verso l’auto. La toccata e fuga è riuscita nei tempi e modalità previste. Che fredd!

Qui altre foto.
Qui report.

giovedì 8 dicembre 2016

Risvegliando la propria natura: Cusna e Prado, my friends

La “prigionia” di quest’ultimo mese è stata opprimente. Ma contro i malanni di stagione (prolungati dal “non starmi dietro”), un po’ di brutto tempo, un bel po’ di impegni della vita “ufficiale”, non ci si può far nulla. Ora però basta, voglio qualche giorno per dedicarmi alla mia salute mentale. Salute. Inzomma..
Nonostante una cena ieri sera, un rientro a casa a un orario che non mi permetterebbe di dormire un numero di ore che si contano sulle dita della mano di un operaio che e ha perse 3, ho assolutamente voglia di un bel trekking nel mio Appennino Reggiano: la mia solita palestra, ma si sa che in montagna nulla è mai uguale.
Tre soste per dei microsonni lungo la strada, i nuovi scarponi ai piedi (quelli vecchi sono usciti malconci dall’Alta Via N 1 Dolomiti di quest’estate), e parto verso Pescheria Zamboni, deciso a salire il sentiero che poi sale al Cusna e vedere l’alba in cima. Ma è già chiaro che sono troppo in ritardo per farcela. Intanto una bella brina luccica in mille sfaccettature riflettendo la mia frontale.
E infatti esco dal bosco che i primi raggi già illuminano quella poca neve che ha resistito sulla schiena del gigante. Bei colori e sfumature di arancione, e poi il sole che mi prende in pieno, per poi abbandonarmi nella valle ombreggiata che giace ai piedi della “nord” del Cusna.
I polmoni respirano già ampi spazi, libertà, serenità e pace.
La cena di ieri sera mi ha davvero riempito, zero fame e buone energie per continuare la salita. Lingue di ghiaccio in formazione che mi rendono voglioso di spicozzare: arriverà anche questo momento. Le nebbie a valle mi fan riflettere su che brutta aria respiriamo tutti i giorni, mi sento un privilegiato a esser qui.
La (poca) neve dona quel tocco di purezza all’ambiente che fa bene all’anima. Il sole scalda una giornata che comunque non è fredda. Ormai la cima è vicina, e l’assenza di vento è quantomeno insolita per questi luoghi tendenzialmente patagonici: “L’Appennino senza vento è come una bella donna senza mutande, semplificato! Ma mica sempre dobbiamo averle difficili le sfide”.
Cima. Gli occhi spaziano verso vedute distanti km, verso sogni lontani e alti, nutrendo una mente sempre affamata di nuove gioie.
Una sosta non breve grazie all’aria ferma e non ghiacciata, poi trotterello giù per le roccette e proseguo sul crinale verso il Passone, col sole in faccia: non a caso ho scelto questo giro, per poter percorrere questo tratto in direzione est. Saluto due Federico incontrati in cima e tempo fa negli stessi luoghi, e mi dileguo verso il prossimo obiettivo.
Oggi voglio far gamba, macinare strada per piallare i pensieri. Vedere, solcare, pestare i “soliti luoghi” per tornare un po’ stesso, alla mia natura. Risalita della cresta nord del Cipolla, tra sole a est e ombra a ovest, due bei contrasti di temperatura e di neve per terra.
Il tratto arrampicatorio della cresta nord del Prado, dove mi ricorderò sempre l’issata della palla di pelo, è sempre quel pizzico di pepe in un bel piatto di pasta. Dopodichè non resta che continuare a camminare verso la vetta. E di nuovo vedere panorami. La giornata è limpida, hastang “oggi si vede anche il Tibet”.
Discesa verso un ghiacciato Lago Bargetana, e rientro classico verso il Passone e discesa a Pian Vallese e all’auto. Incontrando altre lingue ghiacciate, altra brina. Tornando alla vita “ufficiale”, tornando coi piedi per terra, destinazione un altro pomeriggio di “passione” nel senso negativo del detto: la “passione”, quella positiva, quella che arde senza dolore, è rimasta su quei monti. È sui monti.

Qui altre foto.
Qui report.

domenica 2 ottobre 2016

Libertà è..correre in ampi spazi: Appenino Reggiano Trail

E dopo la via di ieri, la sera si è fatta baracca, quindi la domenica meglio lasciare stare cose “serie”, che poi anche il meteo non è per la quale. Ma siccome “se mi rilasso, collasso", scarpette, zainetto, bastoncini, e trail o skyrace sia! Che poi, ci sarà differenza?
Alla partenza da Febbio mi accoglie un vecchio con la barba bianca che mi rivolge parola: siccome per me la barba è sinonimo di saggezza (tranne la mia) lo ascolto: “non andare lassu, c’è nebbia, c’è freddo, c’è vento!”, e sticazzi no?
Subito vertical per la vetta del Cusna, caldo sotto le nuvole, freddo umido in mezzo a esse e al vento. Ma la zona la conosco come le mie tasche, io non ho paura (ehhhhh). Giù verso Presa Alta, sbaglio pure il bivio visto che 10 persone stazionano sul sentiero senza aver pensato che fermarsi a picnicare così in mezzo..sei in mezzo alle palle.
Si risale verso Passo Romecchio, nei pressi del quale si respira atmosfera autunnale tra vecchi faggi e nuove nebbie. Crinale (amato crinale!) verso il Monte Prado, tra gli ultimi sforzi e la fatica, beata lei, che avanza. E mo? Almeno due volte ho già fatto lo stesso o simile giro fino qui, senza attentarmi a continuare sullo 00, ma oggi..
Giù in mezzo alle nebbie spazzato dal vento, poi ne sono fuori (sono più basso) e con un bellissimo single track che taglia il versante mi pare di essere leggero. Libertà, spazi aperti, nessuno in giro, un orizzonte lontano e sopra le nuvole, quasi a toccarle.

Dal Passo delle Forbici scendo al Rifugio Segheria, ma speravo fosse più ripida la discesa, in modo da potersi “lasciare andare”: invece tocca correre seriamente, e intervallare con del cammino. Dal rifugio ultima salita verso Passo di Lama Lite e poi Passone, dove i flauti ovviamente fischiano.

Salita finita, si viaggia in discesa. Quante pecore! Arrivo alle spalle di un signore che quando si accorge di me si spaventa come avesse visto un fantasma: ok che sono brutto e puzzo, ma un po’ di contegno! Come quella che per farmi passare si lancia sulla destra come per evitare un tir: ok che son grosso, ma educato!

Dopo 34km, 2350m D+ (e D-), percorsi in 6h, almeno una birra piccola me la merito da Dona. Piccola però, perché va bene abbinarla a un panino, ma se la bevo media, con le sole 4h di dormita di stanotte (e 4 di ieri, e le poche degli ormai due-tre mesi a questa parte).. non arrivo a casa.

W lo skyrace!

Qui altre foto.