domenica 21 luglio 2013

Sulla scia di Totò: Giordani e Vincent, po’ a ca’

Varchiamo emozionati l’ingresso nella valle di Gressoney: torniamo da te. Dopo la stupenda traversata dell estate scorsa (qui, qui e qui), ci sono rimasti alcuni 4000 facili da salire, e questo weekend sembra buono dal punto di vista meteo. Ovviamente al Mantova e al Gnifetti non si trova un buco nemmeno a pagarlo, perciò l’alternativa più plausibile sta nel Bivacco Felice Giordano: speriamo non trovarlo pieno.
Partiti il venerdì sera dalla bassa, a mezzanotte siamo a Staffal, dove piantiamo tenda a 1860m per dormire nella speranza che ciò un po’ di acclimatamento faccia. La mattina il latte non caldo di Riccardo ci da una fresca colazione. Lo scoprire che entrambi ci siamo dimenticati l’accendino per accendere il fornello (parlo della sera che verrà al bivacco per fare acqua) ci fa venire i brividi. In zona cesarini il bar apre, e la cameriera molto gentile mi “vende” un suo accendino, che il girono dopo gli riporterò. La ringraziamo ancora.
Primo impianto preso, giornata con sole, sappiamo nel pomeriggio potrebbero arrivare temporali, ma puntiamo a essere veloci ed efficaci: Punta Giordani e Piramide Vincent sono i due 4000 obiettivi della Giordani.
L’innevamento rispetto all’anno passato è nettamente migliore, non si vede ghiaccio sul Ghiacciaio d’Indren, sono immagini che fanno bene al cuore. Partiamo decisi alla volta della cima che vediamo già. Ok esser veloci, ma non vogliamo nemmeno strafare, stanotte toccherà dormire oltre 4000 metri, e chissà se il mal di montagna si farà sentire. Anzi, non se, ma quanto si farà sentire.
Seguiamo la traccia, la neve è buona e siamo carichi come delle molle. Davanti a noi qualche cordata, la maggior parte della gente sale verso i rifugi, e ci sono ancora scialpinisti. Verso metà salita le prime avvisaglie di peggioramento si manifestano: dal versante est sale qualche nuvola che rapidamente si dissolve. Guardo l’altimetro, sembra non andare mai avanti. Invece in due ore siamo in vetta.
Finalmente, il mio 17imo quattromila. Sapevo che non poteva essere la Verte, doveva esser per forza una cima un po’ del piffero. Perché come diceva Toto’ “essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. E accidenti a come è andata sulla Verte.
Bella vista su parte della est del Rosa: che abisso! Un po’ di nebbia oscura il panorama, ma ancora è poco questo disturbo. Una cordata è alla base del gendarme da superare per salire alla Vincent, parlottiamo con due tizi in cima: quei due alla base del gendarme ci stanno mettendo un sacco di tempo, ci dicono aver fatto un po’ di fresca nei scorsi giorni, e che quindi probabilmente la cresta è delicata. Ma perché non traversare sotto la sud della Vincent e poi salire per uno scivolo di neve? Là ci sono pure dei paletti!
E partiamo così per un traverso sopra la terminale del ghiacciaio Indren, ripassare sotto una parete mi mette un po’ i brividi, ma la neve sopra di noi è poca, non c’è così caldo, non scarica nulla. Ma non ci sto tanto sotto a indugiare, cerco di esser rapido. Nei pressi del primo paletto inizio a salire, ma la neve fa un po’ cagare, si va giù fino al ginocchio, vado a cercare la roccia. E che roccia. Io che non volevo arrampicare, minimo del II lo facciamo.
La nebbia oscura la visuale, solo a tratti scorgiamo qualcosa, la punta Giordani, quanto siamo saliti, quanto manca alla fine, chissà. I paletti li abbiamo lasciati a destra, ma zigzaghiamo un po’ alla ricerca della miglior progressione. Poi ecco un bel ometto obeso, che segna il fatto che siamo vicini a qualcosa che non sia la variante “AR” (Andrea-Riccardo). Recupero Riccardo per poi proseguire sulla cresta nevosa, che appiattendosi ci fa presagire che la cima non è lontana. Ora le tracce di peste sono più marcate, ne sono confortato.
Riccardo è provato, e come non capirlo, alla fine ci siamo fatti una bella salita e in poco, e non banale nel tratto finale. Mangiucchio una barretta e ne lascio metà nella neve per lui. Poi avanziamo, le voci della gente in cima arrivano prima che possiamo vederli.
Tac, e siamo a 18. Il panorama non c’è, siamo nella nebbia, quindi che ci stiamo a fare qui? Una foto e filiamo verso il bivacco. I due ragazzi che erano sulla cresta del Soldato mi informano che hanno tentennato un po’ perché si era incastrato un friend.. Riccardo mi informa che per risalire quei 50m potrebbe morire 47 volte. Speriamo di no! Ogni tanto si scorge qualcosa, urca quanta gente in cima al Balmenhorn: speriamo non siano tutti li per soggiornare.. È la cosa che mi spaventa di più di oggi.
Ciuf ciuf, forza forza, due francesi ci sorpassano, loro ci salutano in italiano, noi in francese, bizzarro. Arriviamo al bivacco, ma i due francesi prima di noi: va beh, sono due, più due noi, ci stiamo. Ma dentro c’è già del materiale, roba sui materassi, non si capisce quanta gente ha cercato di prenotare il posto in questo modo. Beh amen, ci stringeremo! La fame è tanta, iniziamo a riempire le pentole di neve per poi iniziare a sciogliere lì’acqua, che lavoraccio e quanto tempo.
Ci prepariamo un risotto agli asparagi (pipì che puzza!) ma timoroso della mancanza di Sali minerali nell’acqua di fusione, esagero col sale, porca vacca che schifo! Siamo costretti ad allungarlo con dell’acqua..diventa un risotto in brodo. Riempiamo le borracce con Polase (forse troppo): più apro lo zaino di Riccardo, più cibo trovo! Arriva anche un altro italiano, ora siamo in cinque. E mancano quelli che han lasciato la roba. Intanto fuori arriva il brutto tempo.
Ci rifugiamo in alto a dormicchiare un pochino, in testa c’è già il martello pneumatico, ma normale, a 4165m di altezza: vedremo come va! Mentre dormiamo arrivano i tre polacchi che occupavano il bivacco, meno male che sono solo tre, ma fanno casino per dieci.
Il tempo passa noioso, un po’ fuori nevica, cerchiamo di riposarci ma invani, piuttosto usciamo a dare un’occhiata alle luci che si affievoliscono. Cerco di allieva ire le pene del cesso, ma nemmeno una pentola di acqua bollente riesce a sciogliere il tappo presente nello scarico: solo per stomaci forti. L’italiano ci confessa che se dice a sua moglie che ha dormito in bivacco, non lo fa più entrare in casa. Io non vedo l’ora di fare una doccia, forse anche due docce!
Ora di cena, facciamo un panino, e intanto sciogliamo altra acqua, bisogna bere! Col francese facciamo un esperimento per dare qualche dato alla scienza. Alle 20 invito i polacchi che sono ore che giocano a carte ad andare a letto, che io e Riccardo alle 2 ci alziamo, i francesi e l’italiano verso le 4e30. Io e Ricky ci offriamo di essere quelli che dormono giù per terra, se ci danno un materasso. Andata, così non rompiamo le balle a nessuno quando ci svegliamo.
Che dormita male. Ogni 15 minuti mi sveglio, un mal di schiena su questo “materasso”, sto stretto nel sacco a pelo, non posso girarmi di lato che mi viene il vomito, vorrei andare in bagno ma mi tira il culo uscire al freddo. Poi sento Riccardo, “non sto bene, ho il vomito” “Riccardo tranquillo, quando suona la sveglia vediamo cosa fare, se non te la senti andiamo giù e amen”. Driiin “no no, non ce la faccio”: immaginavo che la Dufour sarebbe stato dura farla (anche se l’italiano ci aveva confortato dicendo che ne aveva visti salire tanti oggi). “dai, ci svegliamo quando si svegliano gli altri e vediamo che fare”.
“Bonjour” “Bonjour” “Vous etes encore la?” eh sì, colazione con calma, gli altri tre partono, poi Riccardo mi dice “andiamo giù, non me la sento di salire al Margherita” “no problem Ricky”. Scendiamo ammirando il Monte Bianco che pian piano si illumina, il meteo non è bello come le previsioni davano, anche se non sembra nemmeno freddo come doveva essere. Una marea di gente sale, se ne vedono di tutti i colori, è agghiacciante. L’affollamento mi fa venire la nausea, ma questo è il parco giochi dei provetti alpinisti, ci siamo passati tutti.
Arriviamo agli impianti che devono ancora aprire, sono le 7e15. Pronti per scendere aspettiamo pazienti. Arrivati giù non ci resta che andare a fare colazione al bar dove restituisco l’accendino ringraziando sentitamente la barista, e filare verso valle con qualche sosta nei paesini alla ricerca di cibo (una bella focaccia con la cipolla) e birra, che ci scoleremo su una panchina del parco giochi.
Weekend finito prematuro, ma che ci ha insegnato tanto. E Quota 18 personale raggiunta, forza Totò!

Qui altre foto.
Qui relazione.

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