giovedì 15 agosto 2013

One Dream: Traversee Royale 3/3

Qui e qui le puntate precedenti

Ci siamo. Ce la faremo? 
Un report su on-ice della settimana scorsa dava con partenza dal Durier alle 2e30, arrivo all'Aiguille du Midi alle 17. E noi magari siamo più scarsi, e avremo più traffico davanti. Chissà. Preventivamente, ho prenotato la notte al Refuge des Cosmiques e avvisato i nostri cari che prima delle 20 non daremo nostre. E invece..
A colazione mi siedo un pelo in ritardo: grave errore, è rimasto pochissimo.. Va beh, salirò più leggero. È ancora notte, sono le 4e15 e ci mettiamo in moto. Tutti quelli che han fatto colazione con noi sono già avanti, pazienza. La parte che mi preoccupa di più è la sezione di roccia, non abbiamo una gran esperienza in queste cose, meglio la cresta di neve. E ormai è chiaro che quello sarà il collo di bottiglia del traffico umanitario che si dirige verso la Bionassay. 
Saliamo con calma per evitare di affannarci subito, pendio di detriti che si sgretolano e scivolano sotto i nostri piedi. Stelle in cielo, manca la luna, non è la sua settimana questa. E sotto di noi, tappeto di nubi: ciò da un po’ l’impressione di non capire quanto sei in alto non vedendo le valli sotto di te. Sarà un rogli-metti di ramponi questa salita. In alto scorgiamo le frontali di chi è stato più svelto a prepararsi, verso il Gonella chi sale la normale italiana del Monte Bianco: quattro frontali in tutto su quel versante.
Risaliamo un pendio di neve, che termina poi su una cresta di roccia, ma non ancora quella con del III. E infatti mi vado a perdere, sbaglio strada, pur seguendo i segni dei ramponi sulla roccia, erro strada, e tornando indietro ci passano davanti quattro tedeschi che han fatto colazione dopo di noi. Beh, ok che han fatto colazione dopo di noi, ma si sono preparati prima.
E intanto inizia a fare un po’ di luce, oppure siamo noi che come gatti ci siamo abituati all’oscurità e riusciamo a distinguere forme e lineamenti delle cose, dei monti. Ma il buio evita di farci capire quanto sia affilata la cresta che stiamo percorrendo ora, forse meglio così. Di certo è una salita sulla quale mantenere la concentrazione e guardarsi poco in giro.
Ed eccoci al collo di bottiglia. Vediamo le frontali di Carmelo & Co non troppo lontane da noi, ma ci sono i quattro tedeschi che devono ancora iniziare la loro salita. “Ricky, vuoi tirarlo te questo tratto di roccia?” “Sì va bene”. In cordata con Riccardo e Marco sono io a stare davanti di solito, sono il più pesante, quello con maggior esperienza, quello che di solito ha studiato bene il percorso. Ma su roccia il più bravo è lui, si merita di pensarci lui.
Alla fine sarà meno difficile di quello che pensavo. All’inizio solo qualche passo un po’ delicato, poi si arriva alla base del camino. Intanto, man mano che albeggia, si capisce il percorso salito in precedenza, la crestina di roccia e quella di neve, non male. Quattro francesi ci seguono famelici, ma bisogna stare calmi qui, non ci si può stare a scavalcare gli uni gli altri. E anche loro sono d’accordo.
Forza Riccardo, su nel camino, mentre il Bianco si fa ammirare la dietro. Lo supera pensandoci un po’, più che altro perché la catena di sosta in uscita è posizionata in un posto piuttosto scomodo.. Arriviamo anche Marco e io, dopo c’è solo da districarsi un po’ su del I massimo II e uscire sulla cresta/pendio nevoso finale. Il tratto tecnicamente più difficile è superato, questo è un sollievo. Beh, non è che fossi col cuore in gola comunque, mi sono ben divertito!
E ora Les Bosses e il maestoso Bianco si vedono bene e alla luce del sole. Mangiamo le ultime banane così Marco non si lamenta più, e dritti verso il primo 4mila della giornata. Sono le 7e40, e siamo in cima. Davvero bello. Per ora il Bianco si sta facendo accarezzare senza graffiare. Vediamo chi ci precede già avanti, dei francesi dietro di noi invece nessun segno, ma arriveranno. Addirittura il tizio che era dietro di me, arriverà in cima al Monte Bianco quando noi avremo finito il nostro picnic, e ci stringerà la mano a tutti festoso. 
La cima della Bionassay non è poi tanto larga, chissà la cresta come sarà. Il Lyskamm dovrebbe essere una barzelletta in confronto.. Ma siamo qui per ballare, balliamo! Un rapido conto, partiti da 3300, siamo a 4000, dobbiamo arrivare a 4800, mii se ne manca ancora! E ancora non abbiamo compreso quanti su e giù ci sono prima della vetta finale. E siamo ignari dell’ultima estenuante salita, i 300m dell’Aiguille du Midi. Qualcosa mi dice che a 2000m di dislivello in giornata ci arriviamo, e 1700 di discesa. Sti ca.
E ora, “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”. La cresta è davvero affilata, ma ben tracciata e in buone condizioni. Le relazioni parlano che ci vogliono dalle 2 alle 4 ore a seconda delle condizioni. Se certi tratti sono ghiacciati, l’unica soluzione è passarli a cavalcioni: con Carmelo ieri ci abbiamo scherzato “se vai a cavalcioni, ne esci che non sei più un uomo!” “eh, la morosa non ne sarebbe contenta..”. Il ghiaccio affiora solo in certi tratti, i brividi durano pochi passi.
Assaporo la grandiosità del luogo dove siamo. Già da tempo vediamo degli omini in cima, o in discesa, o che escono dal Gouter. Ma questo itinerario ritengo sia il più bello che si possa fare come salita al tetto d’Europa (beh certo, togliendo le creste della parte italiana, che però per noi sono oltre le nostre capacità).
Quanto stiamo scendendo..ci sarà da risalire poi! E dopo l’affilata e aerea cresta, qualche roccetta da equilibrista (con Marco che torna a porsi la domanda “Mamma, perché non mi hai dato 10cm in più di gamba?!”), sotto il Piton des Italiens ricominciamo a salire, per poi finire su detriti e massi. Intanto si continua a guardare la salita che ci attende. Superbamente bello, e da stare vigili.
Il vento continua a sferzarci, non è molto violento, non da perdere l’equilibrio (e meno male) ma si sente, e starci tante ore sotto è notevole. E finisce la cresta affilata (ci guardiamo alle spalle per gustarcene la vista da un punto comodo), anche questo tratto che poteva darci delle noie è passato, godendocelo, con l’adrenalina che fa a lotta con lo stare calmi. Ora mi preoccupano solo due cose: la lunghezza dell’itinerario (e la possibilità di fine in mezzo alla nebbia), e il Tacul.
Il sole inizia a essere forte, ancora non ci siamo messi gli occhiali, e si sente e vede. O meglio, vediamo una fava, c’è davvero da faticare a tenere gli occhi aperti, ma ora ci resta la salita al Dome de Gouter, secondo 4mila della giornata, facile anche se non mi aspettavo di trovare tutti quei crepacci. Iniziamo a essere un po’ stanchi, ma mal di testa o altro, nulla (meglio così).
Tac, eccoci sul panettone, nessuna nuvola o nebbia in vista, perfetto. Da qui “bienvenue sur l’autoroute blanche”, la via Gouter-Bianco è una superstrada con centinaia di persone che la solcano ogni giorno. Ci vorrebbe una bufera secolare per perdersi. Scendiamo un po’, e facciamo una buona sosta ristoratrice, anche per ravvivare creme da sole e burro cacao (le labbra sono davvero provate). Mando un sms a Roberto anche, così non sta a preoccuparsi il nostro capo spedizioni nonché corrispondente con gli altri a casa (al ritorno leggerò tutte le mail di aggiornamento, in pratica quelli della Verte ci han seguito passo passo, commentando pure!). 
Beh, adesso ci restano “solo” 500m di salita. Eh, ma quella che abbiamo già nelle gambe.. E poi qualche strappetto c’è, qualche tratto pari dove riprendere fiato, e Marco è piuttosto stanchino.. Ma ciò che ci circonda e la meta lasciano dimenticare tutto. Durante questo tratto le foto sono ridotte al minimo: non perché non ci sia nulla da fotografare, ma perché, almeno io, mi sento un tutt’uno con l’ambiente, tranquillo, affaticato sì ma vado avanti. Frequenti pause ma tutte brevi. E gli occhi iniziano già a inumidirsi.
Cerchiamo di non farci superare da nessuno, di superare chi va più piano di noi. Non perché ci sia una gara a chi arriva primo, tanto sappiamo che la cima è già stata pestata da innumerevoli persone, ma perché sappiamo che così come procedere a un passo più veloce del proprio stanca molto, anche procedere a un passo più lento del proprio è affaticante. E considerando quanto è lunga la discesa (abbiamo già avuto modo di osservarne lo sviluppo) occorre preservarsi energie.
L’altimetro è sballato, non l’ho regolato, Marco cerca conforto nel chiedermi la quota, ma non posso dargli un dato sbagliato (risulterà 200m più basso del reale) “dai Marco, manca poco”, e dopo un po’, vedo solo il cielo. Non c’è più nessuna cresta nevosa, nessun pendio, più alto di noi. L’SMS che invierò ai miei cari sarà “Più in alto di noi osano solo gli uccelli”.
Ore 11e52, 4810m, Andrea, Marco, Riccardo. Tutti esuberanti ora. Video mio, e di video di Marco.
Il panorama è mozzafiato, la giornata limpida. Menzionare tutto ciò che si vede sarebbe logorroico. La Barre des Ecrins sulla quale eravamo quattro giorni fa, il Monte Rosa sul quale eravamo l’anno scorso, la Verte sulla quale..ma lasciamo stare.
Sono commosso. E come non esserlo. Tre giorni attraversando il Massiccio del Monte Bianco da sud fino alla sua massima elevazione, un percorso non banale e aereo, due amici con cui ridere, scherzare, sdrammatizzare le difficoltà. Ma è presto per le congratulazioni, mancano ancora 5h di “discesa”.
Questa cima merita di essere vissuta ben più del nostro solito. Sul versante est non tira vento, ci sdraiamo sulla neve a bere, mangiare, ridere, mandare sms, e riposare. Il Monte Bianco di Courmayeur lo saliremo un’altra volta, così come Maudit e Tacul. Oggi direi abbiamo fatto abbastanza, poi diventa sempre più possibile arrivare agli impianti e riuscire a scendere oggi (come arrivare alla macchina sarà un problema da risolvere dopo), e non tirare troppo la corda.
Dopo 40min di meritata pausa e contemplazione del paesaggio, si scende. Dire “si scende” sembra che denoti un “ormai è fatta, finita la fatica”, tutt’altro. Chiaro che ora ci si lascia prendere dalla gravità, ma oltre al fatto che a volte ci sarà da combatterla, non ci si può nemmeno lasciare andare troppo, o si vola giù.
A dimostrazione di ciò, il Mur de la Cote: avanzo avanzo, mi pare che la traccia finisca nel vuoto, mah, chissà, “Riccardo, ma ti risulta una roba del genere?” e Marco dice “sarà qual posto dove si può far la doppia?” “No Marco, quello è il Maudit.. Questo è il Mur de la Cote”, e laggiù si vede il Maudit.
Al Colle della Brenva altra piccola pausa per spogliarci, fa un caldo infernale ora. Prossimo passo, la piccola salita al Maudit e il traverso sotto la sua terminale, dove incontreremo tre polacchi con degli zaini più grandi di loro. E il traverso è pure più lungo di quello che sembrava!
Va beh su, questa è fatta, ma che fanno quelli la? Azz, ecco il canale di discesa dal Maudit. Guardo la situazione, i tre già in loco gentilmente ci dicono di passare, che loro si calano, ma a ben vedere qui è meglio che ci caliamo anche noi. Dopo un po’ di valutazione, si opta per unire la nostra corda e la loro e scendere in doppia. Scendo per primo (ancoraggio sotto la neve, chissà cosa han messo le guide li sotto) e sotto le rocce trovo la corda fissa del Maudit, bella sommersa di neve. 
Ci caliamo prima noi, poi aspettiamo gli altri tre, ma solo uno di loro è esperto, perciò qui perdiamo più di mezzora. Va beh, speriamo bene.
Uno strano personaggio solitario scende anche lui. Seconda calata (saranno 65m in tutto, e con le nostre corde non ci stiamo) e si finisce sotto la terminale, dove osserviamo quante corde e cordini sporgono dagli anni. Aspettando che si calino gli altri tre, noi intanto finiamo famelici gli ultimi panini rimasti.
Ora però basta, occorre accelerare, anche perché si inizia a passare sotto case di ghiaccio. Nulla in confronto a quello che ci aspetta. La discesa dal Tacul. Penso non aver mai corso così tanto, quasi mi trascino Marco e Riccardo dietro di me. La roulette russa avrà molti buchi vuoti nel tamburo, ma non voglio aspettare quello carico. Veramente una corsa.
E abbiamo pure la sorpresa! Il salto del crepaccio alla base del Tacul, ma salto per davvero. Parto per primo, scendo un po’, gli appoggi non si vedono ma mi fido, ma al finale occorre saltare sull’altro lato. Marco non ci crede, ma quando tocca a lui si rende conto, così come Riccardo. E adesso me la rido io! Ridiamo poco in realtà, siamo sempre nella roulette, e i francesi che aspettano noi per calarsi lo sanno e si irritano. I toni si alzano un po’, ma non si litiga. Al Col du Midi chiederanno scusa se son stati un po’ bruschi, ma io avevo appena chiesto scusa a Marco per lo stesso motivo: fa parte della montagna anche questo.
Adesso è fatta! NO! Risalita alla funivia, non sembra a vista, ma le gambe lo sanno, sono 300m. Marco implora pietà, anche Riccardo adesso è cotto, e ciò ha su di me l’effetto contrario, mi rinvigorisce, non bisogna mollare ora, bisogna prendere quella funivia! Passiamo sopra dei buchi che fanno impressione, ma dove l’hanno fatta passare questa passerella?!
17e35, Traversee Royale..c’est fait! Fantastique!
In funivia io e Marco osserviamo le mogli di un mussulmano mettersi il velo davanti al naso per nascondere un po’ il nostro odore. Pochi alpinisti in funivia, tanti turisti. Preferisco appartenere alla prima categoria, anche se puzzo. Ma puzzo fieramente. Saliamo sul primo marciapiede di Chamonix e incontriamo Carmelo, che però non riesce a darci un passaggio perché ha già la macchina piena. Sua moglie gli dice “ma come mai loro tre sembrano meno stravolti di te?”
Parte l’avventura ora, come l’anno scorso. Treno per Saint Gervais, ma poi di bus non ce ne sono, allora taxi, condiviso con due tedeschi e guidato da Robert, di mamma trevigiana che non fa altro che dirci “pizza, pasta, mamma” e cantare “azzurro”. Ed eccoci alla macchina, finita? Macchè! La batteria a terra! Disperato chiamo il campeggio dove eravamo domenica e lunedì, e dove pensiamo tornare, Camping "Le Pontet". Gentilissimo viene a prenderci, attacchiamo i cavi e si va. Campeggio da consigliare. La gloriosa cena che avremmo voluto farci, finisce con una birra e pasta liofilizzata. Si rimanda a domani, ora troppo stanchi.
Molti meno 4mila dell’estate scorsa, ma di qualità! Fieri di noi stessi passiamo il resto della vacanza in cazzeggio, e io i preparo a mettere costume, pinne e maschera per il mare della settimana prossima (beh, in realtà metterò anche le scarpette da arrampicata e gli scarponi da trekking!). E anche il Bianco, è conquistato.

Qui altre foto.
Qui il mio video di vetta, qui il video di vetta di marco.
Qui il report.
Qui e qui le puntate precedenti.

1 commento:

  1. Bravissimi!!Bellissima traversata, e bellissimo modo di arrivare sul Bianco e davvero complimenti per essere riusciti a farla tutta d'un fiato!....lo stesso giro lo abbiamo fatto anche noi nel 2010 ma una volta sul Dome io non ne avevo più e siamo scesi dalla Normale del Gouter. Abbiamo poi completato la traversata l'anno dopo dal Gonnella. A questo punto è ora del Cervino!

    ciao


    Gian Poalo alpinistidellambrusco

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