sabato 19 ottobre 2013

Autumn in Reggian Appennin

OK l’esser razionali e ragionar prima di agire, ma quando l’istinto chiama può esser la scelta giusto ascoltarlo. E così è stato anche stavolta. Il richiamo di un bel trekking intenso nel mio caro Appennino Reggiano, a visionarne la fragranza dei colori autunnali e la solitudine astratta di questi luoghi, è stata la mossa giusta. 
Declino l’invito per una via di roccia fattami dai compagni di merende e decido di partire da solo alla volta dell’Appennino Reggiano: il giro che voglio fare è ambizioso, già un paio di volte avevo provato a farlo, anche solo un pezzo, ma poi desistendo causa meteo o tempo o mancanza di voglia sopraggiunta all'improvviso. L’idea è di partire da Case di Civago, prendere il sentiero che sale al Monte Ravino, cresta di Vallestrina, cresta del Cusna, discesa per la costa delle Veline e ritorno nei pressi del Passone, cresta nord del Cipolla e del Prado (tracce, ma non è un sentiero ufficiale), crinale fino al Passo delle Forbici e discesa verso il Rifugio San Leonardo per ritorno all'auto.
Qualche minuto prima delle 8 mi incammino, dopo essermi attrezzato i piedi con un po’ di scotch per prevenire le vesciche in questi scarponi che devo ancora deformare a mia immagine e somiglianza. Pronti via. Il cartello segna 6 ore fino al Cusna, ma devo metterci molto di meno. Ma partiamo male, spari in lontananza (ma non troppo) e l’incontro con un cacciatore mi fanno venire un po’ paura. Ma non è riserva naturale questa?! E poi, che caldo.. Non credevo, mi tocca mettermi subito in manica corta, e ricredermi sulla scelta dei pantaloni lunghi.
Ma i colori della natura sono già inebrianti: verde, giallo, rosso in varie sfumature, tonalità, mescolanze, e il sole coi suoi riflessi che accende o meno ciò che colpisce o no. Che bello, e che effimero, l’anno scorso (se mi ricordo bene) mi ero perso questo spettacolo: se non becchi il weekend giusto, sei fritto.
Questo sentiero lo percorsi già tempo fa con Riccardo, e ricordo un tratto non di facile percorrenza e individuazione. In realtà trovo un sentiero in alcuni tratti di non facile individuazione (ragionando da escursionista principiante..) e col passaggio nel canalone di pietre un po’ rocambolesco. Nell'ottica di percorrere questo sentiero in inverno con la neve, occorre tenere memoria di ciò.
Superata questa solitaria e rigogliosa boscaglia, si spunta sulla strada forestale, un po’ ritornare alla civiltà, ma lascio presto questa sensazione per procedere spedito verso il Monte Ravino. Sbuco così al sole, bello caldo, ma come sempre il buon vecchio Appennino riserva un allegro venticello: ordinaria amministrazione. E godo anche del panorama sull'alta Valle del Dolo e sull'Abetina Reale: abeti verdi tra i faggi rossi.
Cima del Monte Ravino, foto e si prosegue, mantenendosi sul filo della cresta senza scendere sul sentiero. Incrocio una famiglia di cinghiali, due adulti color grigio e cinque “piccoli” color marroncino. Meglio fare del baccano per farsi sentire, in modo che scappino, ok vederle queste bestie, ma un incontro troppo ravvicinato è da evitare..
Questa cresta è un progetto da fare in invernale, deve essere stupenda con la neve. Certo, anche temporalmente più lungo. Un reportage sul versante nord di Sassofratto e Prado, altro cantiere in progetto per l’inverno di ghiaccio. Dall’alto ora riesco a notare il mare di nuvole in Toscana, che cerca di sconfinare  in Emilia: speriamo di no, o la giornata si rovina..
Alpe di Vallestrina raggiunta, e poi giù verso il Passone, i cui flauti fischiano al vento. Dritto verso la cresta est del Cusna, che conosco ormai a menadito, e che mi permette una continua visione sul crinale facendomi osservare per la prima volta il versante nord-ovest del Castellino: qualche salita interessante su neve?! Eh già, sono in astinenza da piccozza e ramponi. Toh, le Apuane che spuntano sopra le nuvole.
La salita al Cusna si svolge per le immancabili roccette, e in meno di 3 ore dal parcheggio raggiungo la quota massima della giornata. Ho una maglietta di ricambio, perciò perché non usarla? E perché non mangiare? Per uno strano gioco di correnti, sulla cima si riesce a trovare un posto al riparo dal vento, e con un sole che scalda bene bene: che bello sarebbe farsi una dormitina qui, ma se chiudo gli occhi mi sveglio domani!
Speravo scorgere un po’ di bestie, ma niente. Sono sconcertato dalla mancanza di marmotte, che l’anno scorso vedevo spuntare come funghi dalle rocce intorno al Cusna, chissà che è successo. Scendo per la costa delle Veline, davvero assolata, potessi mettermi in mutande forse starei bene. Chi l’avrebbe detto che il “tepore” sarebbe stato tale.
Arrivo nei pressi del Passone, punto la mia prossima cresta, l’elegante e sinuosa nord del Cipolla. Porca vacca, sul crinale si addensano nubi, che faccio? Salgo? Scendo per il passo Forbici? O me ne torno indietro per il Bargetana e poi Segheria? Uffa.. No che palle, me ne starò in mezzo alle nubi ma voglio finire il mio giro come l’ho programmato.
Forza, ultima salita di un certo impegno della giornata. Anche questa vorrei affrontarla in invernale con ghiaccio e neve, non deve esser banale. Anche perché le tracce estive aggirano su cenge certe asperità rocciose, cosa che d’inverno non ti puoi permettere. Man mano la pendenza aumenta, ma ben presto arrivo in cima al Cipolla: la vetta del Prado è ancora distante. Laggiù il Lago della Bargetana. Segue le tracce, ricordo un passaggio un po’ delicato in un diedro appoggiato di rocce rotte, ma il ricordo era peggiore del previsto.
Ed eccomi in cima anche al Prado, bella cavalcata oggi, seguito dai colori dell’autunno. Giusto il tempo di ricambiarsi la maglietta (quella cambiata in cima al Cusna l’ho opportunamente stesa allo zaino e ora è asciutta) e mangiare un Twix al riparo dell’ometto in cima. E poi giù sullo 00 verso il Passo Forbici. A sinistra posso continuare ad ammirare i colori autunnali, con l’abetina reale che invece che si oppone al cambio cromatico stagionale mantenendosi sempreverde. A destra..le nubi coprono il versante toscano.
Percorro il crinale e ripenso alla cavalcata dell'estate scorsa dell’estate corsa, che roba. Che luna quella notte, che stanchezza all'arrivo al Cerreto, che sonno quella notte di agosto. Arrivo nei pressi di una sperone roccioso di un paio di metri, non posso resistere a tentare qualche autoscatto, e la corsa verso la cima dello sperone che intercorre tra la pressione del tasto e l’effettivo scatto mi stanca bene: ne farò tre.
I colori sono fantastici, verde, giallo, rosso, mischiati in modo incomprensibile nei prati sotto di me. Ci si mettono anche le nuvole, che con le ombre che creano insieme al sole sui prati stessi, raddoppiano le tonalità. Il vento sul crinale si fa importante, ma questo è l’Appennino che conosco: basso ma incazzoso.
Continuo nella mia camminata verso est e cosa vedo?! Due ungulati cornuti che scappano via, ma hanno delle corna strane.. Un gioco di sali scendi mi permette di avvicinarmi a dove sono scappati senza farmi vedere troppo, e noto così che trattasi di corna ricurve, dei mufloni appeninici. Due maschi e due femmine, che fuggono poi verso il versante toscano. Adesso però voglio vedere un lupo!
L’ingresso nella faggeta mi segnala che ormai il Passo delle Forbici è vicino: l’ingresso in questo bosco mi porta alla mente altri ricordi, come quella giornata in cui nonostante il meteo mi avventurai comunque in un giretto di sfogo, per poi rientrare veloce nel bosco quando constatai che sul crinale imperversavano fulmini. Avevo ricevuto una brutta notizia, che cambiò le nostre vite, avevo bisogno di sfogarmi.
Al passo trovo qualche macchina parcheggiata. In questa giornata di gente ne ho incontrata poca, sarà per il fatto di aver scelto sentieri poco percorsi, distanze lunghe, un sabato, una stagione in cui la popolazione di trekker cala drasticamente. Ne incontro quattro scendendo verso il Rifugio San Leonardo, che hanno pero il bivio per il loro sentiero, e ai quali darò un passaggio da Case di Civago a La Romita.
Il guado del Dolo preannuncia il ritorno nel versante dove tutto finirò, dove abbandonerò (temporaneamente) questi luoghi. Ma dal San Leonardo il bosco mi regala un ultimo scorcio di alberi colorati da un’esperta pittrice: madre natura.
Sono le 15e10, di nuovo alla macchina, poco più di 7h immerso nell'autunno appenninico, 1600m di dislivello o più (in Appennino è sempre difficilmente calcolabile, e non ho voglia di star li a esaminare la cartina), 30km percorsi, vissuti, respirati a pieni polmoni e osservati con occhi attenti e profondi. Anche le nostre “montagne” hanno sempre il loro fascino.

Qui altre foto.
Qui report.

2 commenti:

  1. E bravo Andrea.
    Bellissimi colori e quadretti.

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  2. Che splendido itinerario...e poi 1600mt di dislivello non sono pochi
    tanti complimenti

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